venerdì 5 settembre 2014

FRANCO CAMPEGIANI: LETTURA DI "LE ALI DELLA NOTTE" DI S. GIOVANNETTI


Franco Campegiani collaboratore di Lèucade

"Le ali della notte", di Sonia Giovannetti

Questo stupendo saggio di Nazario Pardini mi ha stregato, così come mi aveva stregato "Le ali della notte" dopo averne affrontato la lettura. Sono racconti sospesi tra mistero e realtà, facendone percepire la stretta interdipendenza, in funzione provvidenziale. Interiorità ed esteriorità si rincorrono perennemente tra di loro, ed è in questo reciproco cercarsi che si gioca la partita dell'armonia. Credo sia questo il cuore della poetica e della visione del mondo di Sonia Giovannetti, scrittrice che invita a prendere contatto con quanto di più elementare e profondo risiede nel gorgo interiore: quella sorgente di saggezza abbagliante pronta a guidarci verso i verdi pascoli, spesso confusa con la spocchiosa coscienza che sempre discrimina, conducendoci a sfracellarci sui dirupi.
Gli orizzonti della coscienza sono ristretti all'ambito razionale, mentre quelli della saggezza sono immensamente più ampi e travalicano i confini della ragione affondando nei territori sconfinati del mistero. Il grande richiamo del mare, che la scrittrice sente e racconta in pagine ricche di fascino, sta qui. Il mare è, metaforicamente, il mistero, il gorgo profondo da cui la vita viene, l'abisso incomprensibile, ma sempre amorevole, che vuole la nostra felicità, liberandoci dalle pastoie e dagli steccati che noi stessi ci costruiamo nel piano della vita collettiva. E' sempre e comunque di rinascita interiore che Sonia parla e scrive; di un'umanità smarrita nei labirinti esistenziali, che gradatamente torna all'ovile di se stessa, nella propria armonia, nella propria saggezza elementare. E qui mi piace citare il seguente passo dal libro:
"Non capivo, allora, che non sono i ruoli a darci il senso della vita. Anzi, soprattutto quando non scelti, sono proprio i ruoli a impedircelo, a metterci addosso una divisa, un abito artefatto e uguale a tanti altri, una maschera che ci rende anonimi, inautentici, che ci estirpa l'anima... Ci vuole coraggio a uscire dai condizionamenti, bisogna sforzarsi. E il coraggio, ora posso dirlo, va trovato sempre. I malintesi vanno dissipati, le intenzioni dichiarate e così le aspettative, i desideri, il possibile e l'impossibile... Il mare ha una voce tutta sua, semplice da capire, che dice: " Ogni volta che arriva il giorno, mettiti davanti allo specchio, punta gli occhi nei tuoi e chiediti chi sei. Vedrai come è difficile mentirsi scrutando bene il proprio sguardo. Allora continua a guardarti e prendi in mano la tua vita. Tuffati nell'onda senza futuro che è la vita".
Lo specchio, l'alter ego, la dualità. C'è sempre il rovescio della medaglia, in ogni situazione. C'è sempre un aldilà, e sta qui la salvezza, in questa possibilità di guardare il mondo da un'altra angolazione. Così il nero evoca il bianco, l'estate l'inverno, il maschile il femminile, e via dicendo. Così il bene ed il male si alternano, avvinghiandosi tra di loro, in un comune progetto di armonia. Concetto, questo, espresso molto bene in quel racconto dove la scrittrice invita, per superare i traumi dolorosi, a guardare nel passato, alla ricerca delle cose belle che la vita ci ha comunque e gratuitamente dato in dono. Ecco la fede: una fede non fideistica, fondata sul plagio dell'"ipse dixit", ma costruita sulla propria macerazione interiore.
E' la fede di chi si affida alle parole di Todorov ("la bellezza salverà il mondo"), "di chi si aggrappa alla poesia e alla bellezza del vivere, credendo che alcuni di noi, dentro, hanno un mondo che non si spegne e io lo so che, pur se a volte non c'è poesia nel mondo, negli incontri, nelle esperienze, ce la farò con altri - non pochi per fortuna - a cambiare e salvare qualcosa". Ma tutto questo senza proclami roboanti, perché "le persone belle ti attraversano con i loro silenzi e non si ha bisogno di parlare". "Una delle cose più rischiose tra due persone che non si vogliono capire è parlare", perché "le parole, come spesso accade, non sono fedeli alle intenzioni... mentre lo slancio che conta viene dalle cose che si sentono prima delle parole". "Il linguaggio non sa esprimere la Verità; ne è anzi una maschera, o un ostaggio". Per questo probabilmente Wittgenstein ha detto: "Ciò di cui non si può essere certi, è meglio tacere".
C'è tuttavia un altro tipo di linguaggio, quello della poesia, che è autentico e profondamente radicato nel vero: "Uso la parola per ascoltarmi, per viaggiare nel mio dentro e farlo uscire fuori, allo scoperto. La poesia diventa così il tempo interiore che riesce ad esprimersi... Si, la poesia ha bisogno di silenzio per nascere, per essere ascoltata". E una parola che nasca dal tacere del mondo, andando a pescare nelle acque del silenzio e del vuoto mentale, nomina per la prima volta il mondo, per cui non può non essere vera. Se il tacere è figlio dell'incertezza, esso è anche padre della certezza che viene dal mistero. Il vero artista crea nel silenzio della propria festa interiore. E giustamente Sonia dice che scrivere è "come fare un dolce e poi mangiarlo... Non è importante che qualcun altro legga il mio impasto. Mi basto in questi momenti, mi basta che rimanga nell'aria quello stesso ardore che dal forno si espande nella cucina. E poi, certo, dopo lo lascerò volare".

Franco Campegiani



1 commento:

  1. Con gratitudine accolgo lo straordinario saggio che Franco Campegiani ha dedicato al mio libro.

    RispondiElimina