martedì 2 settembre 2014

LUCIANO DOMENIGHINI: "LA LAMPADA DI ALADINO"



Luciano Domenighini: LA LAMPADA DI ALADINO. TraccePerLaMeta edizioni. Milano. 2014



Ho ricevuto oggi, 22 agosto, un libro di non comune fattura, che si presenta in maniera accattivante per veste grafica, impaginatura, composizione e copertina. Veramente ben fatto ed elegante. E questo è importante per un testo di qualsiasi genere letterario: invoglia a sfogliarne le pagine, a captarne in qua e in là le varie espressioni, le impennate linguistiche, il dispiegarsi dei lemmi, le sfumatura lessicali, il metodo di ricerca. Insomma un prodromico avvio per una lettura attenta e meditata. E qui la prima cosa che emerge è l’acutezza esegetica dell’autore. Domenighini si accinge ad analizzare il tessuto poetico di una ventina di scrittori contemporanei e, in appendice, quello di composizioni di alcuni capisaldi della nostra letteratura, quali Foscolo, Manzoni, Pascoli, e Campana. E lo fa con perizia analitica, e con un linguaggio semplice ed arrivante, pur tecnicamente preciso e plurale. Ogni autore è accompagnato da un profilo critico in cui l’esegeta dimostra tutta la sua attenzione speculativa, tutta la sua forza creativa, e tutto il suo bagaglio analitico-culturale da vero ermeneuta. Trecento pagine di diegesi letteraria che offrono spunti per ulteriori riflessioni e approfondimenti e che ci avvicinano a stili di polisemica varietà ispirativa. D’altronde è a queste opere che dobbiamo volgere lo sguardo; a opere, appunto, che si svincolino un po’ da retaggi di sapore scolastico per affacciarsi su ambiti che da sempre le cosiddette case editrici “nobili” trascurano volutamente, facendo danni non trascurabili alla cultura letteraria. Visto e considerato che fra questi nuovi scrittori, alcuni dei quali ho avuto il privilegio di conoscere tramite recensioni o prefazioni, non pochi hanno dimostrato e continuano a dimostrare, con le loro pubblicazioni, risultati di grande valenza poetica; risultati degni di interesse letterario.  
E’ a questi giovani che noi critici dobbiamo volgere l’attenzione ed è a questi che la cultura esegetica dovrebbe dedicare pagine oneste, puntuali e connotative, visto che non solo spendono sangue e amore per la scrittura, ma riescono a proporci prose e versi nuovi, costruiti su ampie conoscenze storiche, valorizzando, anche, una poetica che non disdegna, pur nuova, connessioni con la nostra tradizione letteraria. Dacché in definitiva anche la critica può essere un atto d’amore, come afferma Domenighini: “…quando non divaga in digressioni vanesie e narcisistiche ma si rivolge esclusivamente all’oggetto artistico, la critica, dicevo, nel suo approccio conoscitivo, nel manifestarsi come volontà di comprensione, può essere anch’essa un atto d’amore. O, almeno, a me è piaciuto che lo fosse.”. Ed è così che io la vivo, dedicando gran parte del mio tempo a cercare il buono in un’opera invece di condannare il cattivo.            

 Nazario Pardini

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