venerdì 17 giugno 2016

VERA BONACCINI: "LITTLE TOWN BLUES"

Vera Bonaccini




Una poesia schietta, nuova, arrivante, rocambolesca, decisa; una poesia che dice di tutto e tutti, ma soprattutto di una realtà malata e soffocata dal mal di vivere e da comportamenti idioti. Il linguaggio scorrevole e fluido, come un ruscello di maggio, nasconde nel sottofondo maliziose stroncature per una società becera e inconcludente, disimpegnata e accomodante come una lumaca sulla canna al sole di luglio. Sta lì fino ad essere seccata; fino alla morte. Piacciono e attirano queste poesie che, non di rado, sanno anche assumere una tonalità lirica pur se l’Autrice fa di tutto per allontanarsi da tali risvolti teneri e bucolici. Ma quello che maggiormente convince è la novità dei nessi stilistici e il loro incontro con il pozzo di un’anima volta a narrare la vicenda intima e l’impatto con un mondo liquido di viandanti sperduti. Narra tutto questo. E lo fa  bene, modernamente bene, en passant, trattando di amore, di tempo, di paranoie, di ingiustizie, di malinconie, di stupori… guardando il tutto da una torre d’avorio, quasi ariostea. Satori “abbiamo avuto insieme dieci anni tu e io. campi di fragole quantiche in cui girare scalzi e sorrisi dirigibili colmi di idrogeno felice – caramelle karmiche di stupore azzurro inesauribili a frizzare sulla lingua – abbiamo avuto insieme dieci anni io e te. e sedici. e mille.”. Anche con ironia e sarcasmo più oraziano che giovenaliano. Un libro da leggere e sui cui meditare. Un libro altro, diverso, non perché l’Autrice lo voleva diverso, ma perché è così per la sua originalità; per la sua spontaneità come detta il cuore.

Nazario Pardini


Vera Bonaccini LITTLE TOWN BLUES Matisklo Edizioni Little Town Blues “Comete”, collana di poesia © 2016 Vera Bonaccini © 2016 Matisklo Edizioni Edizione aggiornata a giugno 2016 ISBN: 978-88-98572-53-3 Immagine di copertina di Sergio Olivotti Associazione Culturale Matisklo Via alla Rocca di Legino 1/7 17100 Savona (SV) matisklo@matiskloedizioni.com www.matiskloedizioni.com


Indice La poesia di cui abbiamo bisogno di Roberto Keller Veirana Little Town Blues Ciao, volevo dirti che l’ha già fatto Queneau 13 Sofismi 15 Spleen/Melancolia 18 Multidimensionalità in sospensione artificiale [in memory of Russell D.] 20 L'Era del Topo 22 Satori 25 Miskatonic University 26 L’antitesi di un sole 28 Tra titolo e tritolo 29 To Scratch 31 Io non lo so 33 Oroscopo 35 Incantevole 37 Un requiem per i mesi in cui fa caldo 39 Paradice 41 In un Helvetica elegante 43 Rosso 44 Cercando di fuggire dall’odore del pop corn 46 Nessun motivo, nessun cielo e neanche il mare 49 Ti si è ripiegata l’intelligenza agli angoli come un letto rifatto in fretta 50 Massacro in rosa 51 Fai come cazzo vuoi 53 Riaffiora 55 Etichette 57 In fondo (già lo sapevi) 59 Poetical Reloaded 61 Analitica[mente] 63 La cosa più bella che non ho 64 Facciamo 65 Oltre il confine delle ciglia armoniche 66 Non ci sarà un altro Dicembre a Torino 67 La fotosintesi è un processo violento e colorato 68 La nausea o del socialniente 71 Impossibile 72 Aspetto primipiani 74 Impazzire è riordinare i precipizi 76 Un giorno, tre autunni 77 Cavallette perfette 79 Ma a Roma ogni moto è una Lambretta 80 Nessuno vuol giocare 82 e menomale che è solo Aprile 85 Lost in translation 87 La conta dei morti [su Facebook dopo Parigi l'ossessivo rumore bianco del Niente] 89 Mistral 92 ghost track – la crisi 93 L'autrice 95 Nota dell'editore 97



La poesia di cui abbiamo bisogno di Roberto Keller Veirana


Di che poesia abbiamo bisogno oggi? Siamo sicuri che dal cappello a cilindro dell’arte sia ancora necessario tirare fuori conigli e colombe? Io non credo. Come non credo che ormai siano necessari eccessi formali e strutturali. I virtuosismi lasciateli a chi ha bisogno di trovare il modo di non dire nulla. Siamo circondati di esegeti della parola, di lacrime destrutturate. Di campionamenti e riletture post-adolescenziali di quarantenni sfatti in cerca di un briciolo di autocommiserazione. La solitudine delle parole è già un prezzo troppo alto da pagare e a conti fatti quelle povere parole non ci hanno fatto nulla e non si meritano così tanta crudeltà. Lasciamo da parte finalmente l’anima bella, “quel mazzolin di fiori che vien dalla montagna” e anche e tutte le turbe da “maledettismi” patinati che oggi affollano il catalogo del quotidiano tediare dell’arte e della comunicazione. Siamo soli. Da soli. O in due o tre. Da soli in compagnia, da soli in gruppo. Da soli in strada, a letto o al cesso. Da soli di fronte all’amore, alla morte o alla bolletta della luce da pagare. Eccola che arriva, allora la poesia di cui abbiamo bisogno. La poesia che è la parola che ci sveglia. Che ci fa da specchio. Che non ci consola e non ci illude. Perché di speranza a basso costo non ne abbiamo più bisogno e ancor meno di poeti che ci raccontino l’ennesima storiellina per farci sentire appagati. E allo stesso tempo nel cortocircuito di parola e senso ci regala anche il suono. Melodia. Nella e della semplicità. Senza sprecare attese. 7 Perché questo libro, questa raccolta di testi ad opera di Vera Bonaccini altro non è che un piede, un braccio, un fiore, un muro o quant’altro di un corpus che non si definisce in un singolo testo o nell’opera in sé. È parte di un insieme, rizomantico, dove la parola, il pensiero e la necessità d’espressione – non la libertà di parola – trovano il loro senso. La poesia è testimonianza di un accadere dove l’unica consolazione possibile è quella di non esserci persi quel momento. Allora grazie, Vera, per esserti prodigata a raccogliere questi momenti e averceli consegnati, qui e ora, in parole e suoni. Ne faremo tesoro. In attesa della prossima mietitura. Della prossima raccolta. Del prossimo germoglio.

Vera Bonaccini
Little Town Blues
Seconda edizione, giugno 2016
ISBN 978-88-98572-53-3 eBook, 2,99 euro
ISBN 978-88-98572-80-9 cartaceo (98pp. formato 15x20cm brossura), 10,00 euro
Prefazione di Roberto "Keller" Veirana, immagine di copertina di Sergio Olivotti
Quarta di copertina
La poesia di Vera Bonaccini prende le mosse dal nuovo “Underground”, quello dei blog e dei collettivi letterari che hanno eletto il Web a proprio ecosistema. Un’esperienza importante – spesso ingiustamente ignorata dalla critica, cieca di fronte a realtà interessanti, formidabili incubatrici di talenti – dalla quale però, pur senza rinnegarla, l’autrice di “Little Town Blues” prende il volo per trovare il proprio respiro e una vena poetica estremamente personale e potente, lontana da qualsiasi etichetta o scuola di pensiero, dal ghetto della Rete come dalla “solitudine della parola” della “lirica dell’Ego” accennata da Roberto Keller Veirana nella sua nota introduttiva a questa raccolta.
Il mondo che fa da contorno ai testi di "Little Town Blues" è quello della globalizzazione e della post-globalizzazione, quello del “sentirsi fuori luogo / in ogni posto”, le piazze vuote, i centri commerciali e gli altri non-luoghi della modernità dove “fioriscono le milf e il botulino”, le maschere sociali e soprattutto il rumore bianco del vuoto della provincia.
Un mondo che ci è contemporaneo e quindi famigliare, eppure se visto sotto la lente di questi versi presenta inquietanti analogie con quello post-apocalittico descritto da numerose opere, come se la "fine del mondo" fosse accaduta in un passato recente e nessuno, a parte l'autrice, se ne fosse davvero - ancora - reso conto.
Sinossi
Le 45 poesie che compongono "Little Town Blues" devono molto, in termini di ispirazione, alla provincia italiana, ghettizzata e ghettizzante, dove molte di queste sono ambientate.
Abbondano i paesaggi urbani ma sono quelli della periferia urbana, vero e proprio cosmo a sé dove la vita procede su binari paralleli a quella del "centro" ("tanto per dire / – per me – / l’apericena / è un gradino / con due birre / contornato / di sorrisi.", Lost in transation). Lo stesso punto di vista è quello usato nei confronti dell'altro mondo, quello virtuale, fatto di social network e filtri instagram, osservato sì dall'interno ("Col sorriso / di Luna un pomeriggio / di Ottobre soleggiato sulla spiaggia / di smartphoto-smartphone di noi, / divinità distorte.", Spleen/Melancolia) ma mantenendosi sempre vicino al margine, punto d'osservazione privilegiato e forse l'unico che permetta una visione il più possibile distaccata ("vorrei vedere altre foto di voi. / quella in bianco e nero in cui vi dicono / che vostro padre sta morendo di cancro. / la panoramica in cui vi masturbate la notte / sui corpi acerbi di adolescenti asiatici. / la foto in cui piangete disperati / mentre vi accorgete di essere falliti. / l’istantanea mossa e sfocata del vostro scippo. / vorrei vedere foto reali, dei miseri umani che siete.", Aspetto primipiani; "e Giano bifronte / si fa i selfie bipolari / sushi vegano con la camicia bianca / [quella nera per gli amici neonazisti]", Un requiem per i mesi in cui fa caldo).
Quello che però potrebbe essere sembrare un pessimismo di fondo, una profonda sfiducia nella società, è equilibrato da frammenti di bellezza che, pur in un contesto per altri versi negativo, emergono ugualmente. Si tratta non di una bellezza "assoluta", ma di istanti come d'illuminazione nei quali lo scoprirsi vivi, soprattuto in un mondo visto come morto o moribondo, riesce a restituirgli senso  ("so solo che sei bello / e che ti amo / e che nel caso / di un’esplosione atomica / non mi dispiacerebbe / sopravvivere insieme", Io non lo so; "ma almeno / daremo un senso al metallo / che ci portiamo addosso / partiamo adesso / che forse il tempo / ancora/ non ci ha visto.", La fotosintesi è un processo violento e colorato).
Dal punto di vista ritmico i brani procedono per versi brevi, spezzati, come a sottolineare un respiro corto ed affannato ("e devo girare / tipo cento sigarette / che mi è entrata la crisi / nei polmoni / e non posso sparare / con le dita impegnate, / la mira ne risente.", Massacro in rosa) ma che a volte si allungano per "accelerare" la sequenza di immagini ("e gli zingari che drogano i bambini / per mendicare meglio / e gli immigrati / che vengono a rubare il lavoro a noi italiani / quando non ci riempiono il mare di corpi / e menomale che è solo Aprile / altrimenti sai che brutto / il bagno col cadavere / ad Agosto", e menomale che è solo aprile).
Un discorso a parte meritano punteggiatura e utilizzo delle lettere maiuscole, la prima usata in funzione di pausa - assieme alla frequente divisione in strofe -  e le seconde come sottolineatura del tono, fungendo quindi entrambe da meta-segni slegati dalla loro normale funzione.
L'autrice
Vera Bonaccini (Milano, 1977) vive e lavora in Liguria. Scrive da sempre su tutto quello che le capita a tiro: fogli, scontrini, muri, a volte anche sulle proprie mani. Fa parte del collettivo Nucleo Negazioni, col quale ha pubblicato la raccolta di racconti "Nagasaki Luna Park" (Edizioni La Gru, Padova 2013) e partecipato all’antologia poetica "I ragazzi non vogliono smettere" (Matisklo Edizioni, Mallare 2013). Suoi testi sono presenti su numerose riviste e antologie, fra cui "Guadagnare soldi dal caos" (Edizioni La Gru, Padova 2013). In poesia ha pubblicato "Le stelle sono andate tutte al cinema", "Biologica al 97% - poesie lomografiche" e "Cartoline da un paese in dismissione" (Edizioni La Gru, 2014). È parte del collettivo letterario Bibbia d’asfalto - Poesia urbana e autostradale e redattrice della rivista digitale Bibbia d’asfalto. Per Matisklo Edizioni è curatrice della collana Vertigini, dedicata alla narrativa italiana contemporanea.


Nessun commento:

Posta un commento