sabato 21 ottobre 2017

LIETTA MANGANELLI: "IL ROMANTICISMO SLOVENO E FRANCE' PRESEREN" DI MARIJA PIRJEVEC

A CURA DI LIETTA MANGANELLI COLLABORATRICE DI LEUCADE


Francè Prešeren
  
Francè Prešeren (Presheren, Prešerin, Preširn), nacque il 3 dicembre 1800 a Vrba, villaggio nei pressi dal lago di Bled (in Gorenjsko o Carniola Superiore) poco discosto dal paesaggio ch'egli descrive all'inizio del Battesimo. È una regione pittoresca assai bella («par che intorno si specchi il paradiso»). La sua famiglia era contadina ma vantava, nella propria genealogia, alcuni sacerdoti, e la partecipazione alla velika puntarja.
A otto anni Francè fu mandato a studiare presso lo zio Joža, cappellano a Kopanje; poi a Ribnica, dove, dal 1813 al 1824, si trasferì, per frequentare il ginnasio e le prime due classi di filosofia, a Lubiana. Qui ebbe fra gli insegnanti anche padre Valentin Vodnik (1758-1819), il popolare poeta sloveno dell'Illiria napoleonica. Trasferitosi a Vienna, Prešeren finì l'ultimo anno di «filosofia» e s'iscrisse alla facoltà di giurisprudenza, dove si addottorò nel 1828. Studente diligente e volenteroso, Prešeren a varie riprese, per aiutarsi, si impiegò come precettore presso nobili famiglie: divenne, così, precettore del diciassettenne contino di Auersperg ( Turjak, in sloveno), il futuro poeta Anastasio Grũn; e di un conte, Dubski, che lo ospitò a Lysice, presso Brno, in Moravia. Tornato a Lubiana fece pratica legale presso un avvocato; si presentò a Klagenfurt (Celovec), dopo due anni, per l'esame di abilitazione all'esercizio della professione. Lo scarso margine di voti con cui Prešeren l'ottenne, come pure la fama di elemento irrequieto e liberale, che egli s'era guadagnato a Vienna, dove s'era distinto fra la gioventù in fermento contro Metternich, influiranno sfavorevolmente su tutto il suo avvenire. Per lunghi anni, dal 1834 al 1846, resterà infatti come aiuto dell'avvocato Chrobat ( Hrovat) di Lubiana, senza ottenere il permesso di esercitare in proprio l'avvocatura. L'otterrà solo tre anni prima della morte. La lotta di Prešeren contro l'ambiente contiene elementi sociali e nazionali tipici che ricorreranno spesso, fino ai giorni nostri, nella biografia degli scrittori sloveni, i quali provengono, di solito, dalla campagna o dalla minuta borghesia, e che devono affermarsi in ambienti per lo più tedeschizzati, dominati dallo spirito mercantile e rigidamente chiusi in orgogli e pregiudizi di casta e di classe.
La prima vittima di questo scontro fu appunto Prešeren. L'8 novembre 1849, a Kranj, «dopo lunga malattia e confortato dai sacramenti», come scrive l'annunzio dello «Slovensko društvo» l'illustre poeta signor Francè Prešeren, dottore in legge e regio imperial procuratore legale si spegnava; e lì venne tumulato. Sulle «Novice» si aprì una sottoscrizione per porre, sulla sua tomba, un ricordo degno al mojstr naših pevcov (al maestro dei poeti nostri). Nel 1852 sulla tomba fu elevata una stele, coronata dalla croce; e sopra l'iscrizione è scolpita la lira delle Muse. Nel 1869, accanto a lui, verrà sepolto Simon Jenko.

Il Romanticismo Sloveno e Francè Prešeren 
di Marija Pirjevec
Università di Trieste



Il Romanticismo sloveno e Francè Prešeren

Di Marija Pirjevec
Università di Trieste



L'età del Romanticismo nella prima metà dell'Ottocento apre un nuovo capitolo nell'evoluzione della letteratura slovena. È questo
un periodo in cui vengono rapidamente recuperati i ritardi nello sviluppo letterario grazie alla capacità e volontà di alcuni intellettuali
di aprirsi ai nuovi fermenti e impulsi spirituali,ideologici e letterari dell'Europa contemporanea. Sembra evidente che la causa prima di tale rapida evoluzione della poesia slovena, dal balbettio settecentesco alla piena maturità raggiunta nel periodo prequarantottesco, vada ascritta al presentarsi sulla scena di un'eccezionale personalità quale fu quella di Francè Prešeren.  È da chiedersi però se Prešeren, nonostante il suo genio, avesse potuto raggiungere gli alti risultati ai quali pervenne
senza il soffio vivificante del Romanticismo che diede nuovi impulsi
alla letteratura slovena con le sue idee sulla lingua nazionale, sulla
validità della poesia nella vicenda di ogni popolo, sulla riscoperta del
passato e sullo sviluppo futuro dei popoli slavi.
Lo storico inglese A.J. Taylor sostiene nella sua MONARGHIA ASBURGICA
(1809- 1918) che alcuni popoli soggetti al dominio austriaco presentatisi per la prima volta sulla scena politica nel 1848, erano stati creati da poeti e intellettuali di origine contadina. Questa tesi si adatta assai bene alla condizione del popolo sloveno che dopo aver perduto nell'alto Medioevo la propria autonomia politica,viveva ormai da secoli smembrato tra i vari domini della Casa d'Austria. Privo di una nobiltà consapevole dei propri diritti storici, privo di una borghesia desiderosa di affermarsi come soggetto politico, fu ridestato a nuova vita grazie ai suoi pochi intellettuali che nella seconda metà del Settecento e nei primi decenni dell'Ottocento s'impegnarono in un'avventura culturale che non può non essere considerata eroica. Questo processo iniziatosi sotto la spinta dell'Illuminismo raggiunse piena maturità durante l'età
del Romanticismo.
È caratteristico che le due personalità di spicco di tale movimento, il poeta France Preseren e il teorico e critico letterario Matija Cop abbiano avuto un atteggiamento nettamente ostile nei confronti del filologo sloveno Jernej Kopitar e delle sue tesi sui tempi e modi dello sviluppo culturale degli sloveni. Kopitar rimase infatti per tutta la vita favorevole a una letteratura folkloristico-didattica, nella convinzione che la lingua slovena fosse ancora immatura per testi letterari di maggior impegno. A suo avviso il lavoro degli intellettuali
sloveni doveva essere indirizzato soprattutto verso il rinnovamento
della lingua allora fortemente germanizzata, la pubblicazione di grammatiche e
dizionari, l'elaborazione di un alfabeto razionale e unitario e la raccolta di poesie popolari. Insieme ai suoi seguaci Kopitar riuscì a compiere un lavoro
estremamente prezioso per gettare le basi della rinascita culturale e el rinnovamento linguistico di un popolo immerso nell'analfabetismo e nell'ignoranza. Tuttavia, nell'ambito sloveno il suo programma letterario fu destinato a fallire. Questo va attribuito soprattutto all'impegno svolto da Prešeren e Cop, che sembravano pretendere l'impossibile: coltivare la propria lingua secondo gli insegnamenti di Kopitar senza rinunciare però a inserirsi alla pari nel grande concerto delle letterature europee. Prešeren osò infatti bruciare le tappe, strappare la parola slovena dagli umili casolari dei "pacifici agricoltori", per dirla con Herder,e lanciarla nell'arena della più alta cultura europea. Dinanzi a questa sfida Kopitar rimase fermamente ostile.
Che il suo atteggiamento non fosse senza ragioni è dimostrato dal fatto che l'ambiente sloveno in cui Prešeren si mosse non seppe rispondere alle sue sollecitazioni,rimanendo freddamente muto dinanzi alle su POESIE (1847). Ma che il gesto provocatorio del poeta romantico facesse compiere alla letteratura slovena un salto di qualità eccezionale, permettendo di concentrare nel breve spazio di pochi decenni esperienze maturate altrove, in tempi ben più lunghi,è dimostrato da tutto il successivo sviluppo culturale e politico degli sloveni.
Sia Kopitar che Prešeren e Cop partirono dalle stesse premesse ideologiche,da quel Romanticismo tedesco che aveva così esplicitamente innalzato sugli altari i valori della lingua e della nazione,vista come comunità ideale in cui l'individuo poteva esprimere in modo organico le forze del suo intelletto e del suo sentire. Tuttavia, mentre il filologo si accontentò di assorbire soltanto quella parte dell'insegnamento schlegeliano che riguardava la cultura della lingua, considerata come immagine più preziosa di ogni soggetto nazionale, i suoi due più giovani compatrioti vollero applicare alla letteratura slovena la dottrina letteraria dei fratelli Schlegel nella sua interezza e in tutta la sua complessità. Proprio perché  fu per molti aspetti seguace degli insegnamenti schlegeliani sulla poesia, Prešeren si sentì spinto a scoprire il mondo letterario italiano, soprattutto quello dell'Umanesimo e del Rinascimento e a modellare su di esso la propria lirica.
I fratelli Schlegel considerarono infatti Dante, Petrarca e Boccaccio come
maestri dei poeti dell'età romantica.
Prešeren elesse a modello Petrarca per affinità di sentire e di temperamento
scrisse molti sonetti che,  per puntigliosa ricerca di perfezione formale, sono vicini al Canzoniere. Ciò però non vuol dire naturalmente che il poeta sloveno fosse un mero imitatore di Petrarca.
Egli infatti introdusse nella propria poesia un sentire del tutto romantico e nello stesso tempo personale,intessuto talvolta di ironia e sentire e segnato da dubbi, speranze e insicurezze esistenziali che rendono il suo discorso assai originale. Tuttavia il fatto che la poesia slovena abbia avuto nel momento in cui toccò il suo vertice, una predilezione per la forma classica di stampo umanistico-rinascimentale non fu senza significato anche per il suo successivo sviluppo. L'insegnamento della scuola italiana fu in questo senso molto importante, in quanto impresse nella letteratura slovena un amore per l'equilibrio che è rimasto vivo a lungo e che forse non è del tutto scomparso neppure oggi.
L'eccezionale mobilità dell'intelletto di Prešeren, che riuscì ad abbracciare tutta la complessità della coscienza culturale europea contemporanea, fu tuttavia in manifesta contraddizione con la sua modesta e provinciale biografia. Egli nacque in un piccolo paese, presso Bled, Vrba, nel 1800, terzo fra gli otto figli di una famiglia contadina. Compì i propri studi, grazie al sostegno degli zii sacerdoti,prima a Ribnica, nella Carniola Inferiore e poi a Lubiana, dove frequentò il liceo. A Vienna si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza,laureandosi nel 1828. Il suo spirito ribelle fu evidente già nella prima gioventù,quando non si sottomise alla volontà dei genitori che lo volevano sacerdote, come voleva
la tradizione per i ragazzi dotati di origine contadina da avviare agli studi.
Il fatto che sia rimasto per lunghi anni praticante presso uno studio legale e abbia potuto aprire un suo ufficio solo verso la fine della vita, dopo ben cinque richieste respinte, presentate in occasione di concorsi statali, va ascritto alla sua non celata condizione di "libero pensatore", malvista dal regime di Metternich.
Nella biografia di Preseren ci si i batte in due relazioni sentimentali, in un amore "spirituale", nutrito nei confronti dell'inaccessibile Julija Primic, figlia di una distinta e agiata famiglia di Lubiana, e inoltre nell'amore "concreto" nei confronti di un'umile governante, Ana Jelovšek, dalla quale ebbe tre figli illegittimi. Morì in ristrettezza economica, a Kranj nel 1849.
Le poesie giovanili di Prešeren non ci sono giunte, poiché il poeta stesso
diede alle fiamme il manoscritto risalente agli anni viennesi, decidendo
di conservare soltanto alcuni testi. In vita pubblicò un'unica raccolta
di Poesie (1847), redatta con ogni cura da lui stesso. Nel periodo della
sua prima attività letteraria è possibile cogliere ancora forti tracce
della poesia settecentesca, che vanno dall'anacreontica tardobarocca alle
ballate e romanze preromantiche (Il genio del fiume, Rosamunda di Turjak).
La seconda fase della sua poesia che abbraccia gli anni Trenta, è legata
al periodo del Romanticismo. L'accento è posto sulla lirica come espressione
della vita interiore: nella poesia Addio alla giovinezza si fa strada
così la coscienza di una totale dicotomia tra ideali e realtà: il poeta,
costretto a confrontarsi con la rozza lotta per il successo, in cui la misura
dell'uomo è la sua ricchezza e la sua origine, conosce la sconfitta
dei valori umanistici. Nel ciclo dei sei Sonetti del dolore si manifesta
quello scetticismo che lo porta agli estremi limiti del dubbio,
della disperazione e del disgusto nei confronti della vita.
L'amore per Julija Primic gli ispirò invece il  Serto di sonetti, la sua
opera più complessa dal punto di vista formale, costituita secondo i modelli
senesi del Quattrocento, da 14 sonetti e da un sonetto riassuntivo
(Magistrale). Il poeta riuscì a intrecciare in mirabile unità, superando brillante-
mente l'artificiosità della struttura prescelta, i tre
momenti costitutivi della sua lirica: l'amore, la coscienza nazionale e la
meditazione sul ruolo della poesia.
Nel Serto viene attualizzato il mito di Orfeo e
di Ifigenia: il suo autore desidera diventare un Orfeo sloveno, capace,
grazie al sentimento ispiratogli da Julija - Ifigenia - di creare
una poesia vera, in grado di illuminare e nobilitare il suo popolo incolto
e strapparlo all'arretratezza cui è stato condannato dalla plurisecolare
e avversa esperienza storica.
Una cesura nella vita e nell'arte di Preseren fu la
morte dell'amico Matija Cop. Alla sua memoria e a quella di Julija egli
dedicò la sua opera epico-lirica più importante Il battesimo presso
Savica (1836). Le due parti di questa complessa opera d'arte, l'introduzione
in terzine, e il Battesimo, scritto in stanze, sono legate tra loro
dal protagonista Črtomir e dalla sua esperienza di vita che spazia
da un momento di ribellione a quello di una rassegnata accettazione
dell'ineluttabile destino. Il quadro storico nel quale il dramma personale
di Črtomir si colloca è quello della cristanizzazione forzata degli
sloveni nella seconda metà dell'VIII secolo. Nell'introduzione viene descritta
l'ultima ribellione delle tribù slovene rimaste ancora pagane
contro l'esercito cristiano dei Bavari e dei loro alleati locali
(772).La lotta si conclude con la totale sconfitta di Črtomir,il capo del
la fazione pagana, che nella disperazione pensa per un attimo al suicidio.
Ma dalla profondità della sua desolazione egli riesce a salvarsi grazie
al pensiero dell'amata Bogomila; tuttavia anche nella sfera dei sentimenti
Črtomir è predestinato alla sconfitta. Bogomila, figlia di un sacerdote
pagano, s'era convertita al Cristianesimo durante l'infuriare della rivolta,
promettendo a Dio di rinunciare a Črtomir, se egli avesse avuta salva la vita,
affinché le loro anime potessero vivere eternamente unite nell'oltre-
tomba. Nonostante il suo scetticismo Črtomir accetta il battesimo e diventa
addirittura sacerdote per portare la luce della fede e della cultura tra
la sua gente. Ma lo fa più con rassegnazione che con ardore, pienamente
consapevole che questa decisione significa per lui la rinuncia alla felicità
personale. Il poema si conclude in un tono di catarsi, pregna tuttavia di
accenti elegiaci.
Črtomir porta in sé i tratti dell'uomo moderno, scisso nella coscienza,
roso dal dubbio perfino nel momento della conversione. Il Battesimo presso
Savica è comunque un poema aperto, che offre a ognuno, per dirla con
Umberto Eco, la sua chiave di lettura.
Il terzo capitolo della creatività di Prešeren coincide con l'ultimo
decennio della sua vita e si colloca già nel periodo postromantico.
A questo punto il poeta dà l'addio alle forme rinascimentali e classiche
della lirica europea (sonetto, stanza, terzina ecc.) e si avvicina a forme
più semplici, che spesso riecheggiano la poesia popolare. È di questo
periodo la sua più nota poesia politica, II brindisi, che a causa dei suoi
accenti risorgimentali non poté apparire nelle Poesie, ma fu pubblicata
solo nel 1848, dopo la caduta del regime di Metternich. In essa Prešeren
manifestò la sua fede nell'uguaglianza e nella fratellanza dei popoli,
innalzando un inno alla forza vitale della nazione slovena che allora
stava costituendosi come soggetto politico pienamente maturo.
È ben possibile dire,  in conclusione, che il fascino del Romanticismo
sloveno, così come si rispecchia nell'opera di Prešeren, sta, al di là
dei validi risultati raggiunti, proprio nella sua rapida maturazione,
simile a certe mutazioni nella natura di cui si dice che trasformano nel
breve spazio di due generazioni una specie in un'altra.



Poesie

1834


Vrba, paese natio felice e caro

Vrba, paese natio felice e caro,
dove sta la casa di mio padre,
se dal tuo mondo la sete di sapere,
infida serpe, non mi avesse strappato!

Non saprei come in veleno si trasforma
tutta la dolcezza cui il cuore anela;
non avrei perso la fiducia in me,
non sarei preda delle mie tempeste interiori!

Un cuore fedele ed una mano laboriosa,
dote che non possiede una milionaria,
l'avrei insieme alla vergine prescelta;

la mia barca si muoverebbe quieta;
e il mio vicino San Marco veglierebbe
la casa dal fuoco e le messi dalla grandine.



Terra natia smata, Vrba beata  (nella traduzione di G. Depangher)

Terra natia amata, Vrba beata,
dov'è ancora la casa di mio padre;
se la voglia di scienza – serpe d'inganni -
non m'avesse distolto dal tuo mondo,

non saprei come le promesse dolci
del cuore si facciano veleno,
la fede in me stesso non avrei smarrito,
né sarei gioco dentro la bufera.

Cuore fedele e mano laboriosa
in dote – invidia d'una milionaria -
nella fanciulla amata avrei trovato.

Quieto il mio tempo sfiorerebbe il mare
con San San Marco vicino a scongiurare
dei miei giorni la grandine e il fuoco.
  
1836


Quando la scienza medica capisce

Quando la scienza medica capisce
che non si può contrastare la morte,
non impedisce di bere e di mangiare, ciò che vuole,
al malato, né lo tormenta più con medicine.

Quando la forza delle tempeste è troppo grande,
e la loro ira non vuole placarsi,
quando l'onda spinge la barca, le mani
disperate del timoniere la lasciano volare via.

Non berrò più da te, coppa amara di lacrime!
Sguardi, pensieri, passioni ardenti!
Vi lascio liberi, perché non ho speranza di salvarmi:

andate, dove vi spinge sempre la cupidigia,
ubriacatevi del dolce veleno
che mi strapperà il cuore bramoso.

  
Quando il sapere del medico s'inchina  (traduzione di G. Depangher)

Quando il sapere del medico s'inchina
alla morte che non si può fermare,
a cibi e a vini toglie ogni divieto,
né costringe in malato a cose amare.

Allorché violenta scoppia la burrasca
e la sua ira non si vuol placare,
spinge l'onda il battello, disperato
al destino lo lascia il marinaio.

Più non ti berrò, amara coppa di pianto!
Sguardi, pensieri e desideri ardenti!
Senza speranza ormai, vi libero.

Seguite la brama che v'attira,
annegate nel dolce veleno
che soffocherà il cuore mio voglioso.
  
1838


Al poeta  (traduzione di P. Vascotto)


Chi può
rischiarare la notte oscura che pesa sull'anima!

Chi sa
scacciare l'avvoltoio che lacera il cuore,
dall'alba al tramonto, dal tramonto all'alba!

Chi insegna
a cancellare il passato dalla memoria,
a far svanire l'angoscia del futuro,
a sfuggire il vuoto che opprime il presente!

Come
vuoi essere poeta, se dentro di te non sai
l'inferno o il paradiso sopportare!

Ricorda
che sei un poeta, soffri senza tregua!



Al poeta   (traduzione di G. Depangher)

Chi sa
schiarire la notte che opprime la mente?

Chi osa
scacciare il rapace che il cuore divora
dall'alba al tramonto, dalla sera all'aurora?

Chi aiuta
il passato a morire nella memoria,
l'occhio a negarsi all'oscuro domani
a fuggire dal nulla che spegne il presente?

Come
sarai poeta se dentro ti pesa
portarti insieme la vita e la morte?

Nel tuo canto
specchiati sempre, una pena infinita.
  
1847

Ho sognato di essere in paradiso   (traduzione di P. Vascotto)

Ho sognato di essere in paradiso
con te, ed eravamo infinitamente felici:
era trascorso il breve periodo della vita
dove i tempi e i luoghi mi separano da te.

Eri seduta accanto a Laura, sua sorella minore,
davanti a voi lo scorrere dei giorni passati,
e tra voi parlavate dolcemente
sul modo in cui ciascuna era degna di lode.

E lì, sulla bilancia di San Michele,
ho messo i miei sonetti insieme a quelli di Petrarca,
ed essi si sono levati in alto.

Abbiamo messo, ciascuno nei propri canti,
la virtù tua e quella di Laura, e il braccio
suo della bilancia non era più basso del mio.



Noi due sognai nel santo paradiso  (traduzione di G. Depangher)

Noi due sognai nel santo paradiso
felici come non si può pensare:
lontano m'appariva il momento della vita
dove stagioni e luoghi ci tengono divisi.

Come sorella sedevi accanto a Laura,
rivisitando insieme i giorni andati
e conversando in quel soave idioma
come tra voi fosse prova d'amore.

E lì, sulla bilancia di San Michele,
messi a confronto i sonetti con Petrarca,
il piatto mio su balzò verso il cielo.

Aggiunte poi la sua virtù e la tua
ciascuna ai propri versi, il piatto suo
non andò verso il basso più del mio.







1 commento:

  1. Interessante dissertazione letteraria: apre spazi larghi e originali. L'ho letta con piacere e voglia; la rileggerò attentamente per approfondire conoscenze di cui non ero in possesso.
    Complimenti a Lietta Manganelli per avercela proposta.

    Mariagrazia

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