domenica 1 ottobre 2017

N. PARDINI LEGGE "INEDITI" DI SERENELLA MENICHETTI


Serenella Menichetti,
collaboratrice di Lèucade

Poesia vera, dolorosa, di profonda e perspicace analisi introspettiva; di un realismo lirico di memoria capassiana,dove il verso, fluente e  monotono (come direbbe Pavese in accezione positiva), risente della esperita frequentazione del canto da parte di Serenella. Anche se il suo è un lavoro di continua ricerca verbale e strutturale, non di meno ci sfugge il filo rosso che tiene unite le varie espressioni poetiche della Nostra. Il suo è un vero travaglio esistenziale, un confronto ontologico con la realtà, spesso amara, che la circonda. E i sentimenti trovano sempre posto in un canto vissuto, riposato, armonico, anche, per la scelta di lemmi che  spontanei si affacciano alla luce della poesia; a un senso d’infinito verso cui indirizza le sue emozioni, i suoi guizzi meditativi, o le sue  generose fughe esistenziali: malinconia, inquietudine, sogno, realismo di tensione conflittuale, ricerca di un’isola che appaghi le sottrazioni umane e sociali. Da questo deriva la vertigine del suo poema; da una verticalità speculativa, da una coscienza fattiva della precarietà dell’esistere, dalla visione di una società  ricamata di troppe ingiustizie, e dalla spinta verso un mondo troppo azzurro per le possibilità umane.

Nazario Pardini 


IL DIVANO A RIGHE

Sono stati i parenti a trovarla.
Adesso è Il divano a righe
a trattenere il corpo.
Sono trascorsi ben sei giorni
da quando il tempo l’ha espulsa
dalla sua corsa.
Se fosse uscita sarebbe accaduto
al parco.
Sulla sua panchina, quella a destra
della magnolia.
Vicino a lei la busta di latte scremato
comprata al bar dell’Ortensia.

Sarebbe forse potuto accadere,
anche sul prato.
Poco più in là dalla mano sinistra
un rivolo di latte scorrerebbe
nel verde, fino a convogliarsi
in una piccola pozza candida.
Quelli dal passo veloce
non se ne sarebbero accorti.
Emilia invece avrebbe sicuramente
chiamato un’ambulanza.

-Al telefono non rispondeva- giustifica la figlia,
-davo per scontato fosse al parco.-
Nemmeno l’Ortensia, con la testa sempre
fra tazze, tazzine cappuccini e caffè
non né aveva notato l’assenza.

Sono stati i parenti a trovarla.
Adesso è Il divano a righe
a trattenere il corpo.
Il macellaio è convinto
che avrebbe potuto salvarsi.
La parrucchiera denuncia la solitudine.
Il postino dà la colpa all’indifferenza.
La figlia con loro, è invece assai
clemente.
Lei sembra avere le idee chiare
sul colpevole.
Telefona alle pompe funebri
 e fra una lacrima e l’altra
accusa il destino.

Serenella Menichetti


IL SIGNORE DEI TRENI

Lo trovo ogni volta che salgo.
Lo trovo ogni volta che scendo.
Il signore che guarda i treni
ha un vestito di grisaglia grigia.
la camicia, bianca immacolata.

Osserva i passeggeri salire.
Osserva i passeggeri scendere.
Non possiede orologi.
Le sue scarpe sono nuove di zecca.

Appendice della panchina grigia.
Installazione artistica, di cui la gente se ne fotte.
E' presente, nell'universo di questa stazione.
come lo sono: la pensilina e il lampione.

Sono certa che dalla sua postazione
scruti ognuno di noi,
nella nostra quotidiana fretta.
E poi se la rida.

Stamani ho rallentato
l'ho guardato negli occhi.
Essi sono grigi ma sornioni.

Non ci crederete!
Ma vi posso assicurare
di aver incontrato un sorriso.


Serenella  Menichetti

5 commenti:

  1. Carissimo Nazario l'attenzione che dimostri con questa lettura così dettagliata nel confronto dei miei testi, mi gratifica e mi emoziona moltissimo e soprattutto mi sprona a continuare a scrivere. Grazie infinite. Serenella

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  2. Cara Serenella,
    mi hai fatto commuovere, poesia che coglie, raccoglie e poi fa una disamina attenta delle troppe amarezze della vita che sono attorno a noi; purtroppo sono ancora in pochi, troppo pochi ad accorgersene.
    La tua sensibilità ti fa onore e ti faccio i miei complimenti. Un caro abbraccio.

    Emma Mazzuca

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    1. Grazie cara Emma della tua attenzione.
      Serenella

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  3. Cara Serenella, questa volta non Ti faccio appunto sulle Tue poesie come la scorsa volta, ma ti faccio i miei complimenti per la forma poetica sobria e incisiva, e qui mi fermo; ma soprattutto per il tema trattato il quale per metterlo in nero sul bianco, -dietro le quinte-, bisogna avere un cuore che come un imbuto capovolto che si proietta verso i propri simili, per accopglierli, dargli una mano
    perchè tali sono cioè UMANI e per ciò fatti "A SUA IMMAGINE". Quanto sarebbe migliore il mondo se tutti (in senso metaforico) ci dessimo la mano tanto per scomodare S. Endrico. Pasqualino Cinnirella.

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  4. Grazie caro Pasqualino, sono felice che questi testi ti siano piaciuti.
    Serenella

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