domenica 5 agosto 2018

MARIA RIZZI: "VIAGGIO A LEFKADA"


ALLA VOLTA DI LEUCADE

Maria Rizzi,
collaboratrice di Lèucade


Quest’estate mi sono recata a Lefkada, ovvero Lèucade, per visitare un’altra isola della Grecia, ma soprattutto per onorare il luogo che il nostro “nume tutelare” - prendo a prestito l’appellativo dato a Nazario da Alfonso Angrisani -, ha adottato per intitolare il suo magnifico blog.
E ho compreso le motivazioni che possono aver spinto un Uomo della levatura artistica e morale del nostro Condottiero, a dare questo nome al suo ‘scoglio’, come ama definirlo.
Lèucade, dal bianco (lèucos – dal greco) che acceca, dalle acque turchesi, che acquisiscono questo colore anche grazie al riverbero delle rocce, è un’isola nella quale si riscontra una dicotomia che affascina e coinvolge. Conserva, infatti,
zone antiche, selvagge, poco popolate, nelle quali la natura è lussureggiante e si respira la purezza della grecità. In questi posti ho vissuto la strana sensazione di ‘ritrovarmi’, di provare sensazioni che mi legavano all’infanzia, agli usi e ai costumi dei nonni materni. Le taverne in tali zone, sorgono all’interno di uliveti e consentono agli abitanti di coltivare verdure dal sapore indimenticabile. La loro accoglienza rende l’atmosfera magica.
Va detto che in Grecia in genere e a Lefkada  in particolare, il tempo rallenta. 
E viene naturale pensare ai lunghi dialoghi platonici, epicurei, e di tutte le correnti del passato.
Tornando alla dicotomia, accanto ai luoghi selvaggi fiorisce la cittadina di Leucade , che nel 1684, su iniziativa del veneziano Francesco Morosini, fu costruita sul modello urbanistico di Venezia. La cittadina è ricca di chiese, di giardini e possiede il porto più moderno di tutta la Grecia, che si snoda sulla parte orientale e ha la possibilità di ospitare più di cinquecento battelli. Lo si potrebbe definire ‘una città nella città’.
Cosa dire della storia e della mitologia, che a mio avviso, non vanno distinte?
Lèucade

Esiste una spiaggia, la più celebre di Lefkada, Porto Katsiki, nei pressi di Capo Lefkada. In queste zone il paesaggio toglie il fiato. Rocce verticali a strapiombo sul mare creano uno spettacolo sconvolgente. Il grande faro
dell’intero promontorio è stato costruito sopra l’antico tempio di Apollo. Il tempio era noto in tutto il mondo e vi si tenevano cerimonie religiose panelleniche di propiziazione
delle divinità del mare, che comprendevano anche sacrifici umani. La leggenda vuole che da queste altissime rocce – probabilmente a Porto Katsiki, la poetessa lirica Saffo si
gettò in mare per amore del giovane Faone. Leggenda…

Lèucade

ovviamente, ma il tempio è esistito e vari studiosi, tra cui l’architetto - archeologo Wilhem Drpfeld, che collaborò con Heinrich Schliemann negli scavi di Troia e di Tirinto, promosse, insieme a quest’ultimo, la teoria secondo la quale Lefkada sarebbe stata l’Itaca omerica. Mostrò elementi geografici e reperti provenienti dagli scavi e scrisse l’opera “Alt Ithaka”. La sua teoria ha conosciuto detrattori e partigiani, ma la suggestione resta e arricchisce il mistero di Lèucade.
Molti studiosi , storici, scrittori, scienziati e poeti hanno reso celebre quest’isola. Cito il grandissimo poeta Angelos Sikellanos, che fu promotore dell’idea delfica e riunì nella sua poesia i valori della Grecia antica e del cristianesimo.
La sua visione mirava a rendere Delfi il centro mondiale di riconciliazione dei popoli.
Non so perché acquistando il libro dell’artista greco ho pensato intensamente a Nazario…
Il suo proposito, viaggiando ‘Alla volta di Lèucade’, potrebbe essere, a livello inconscio, vista la sua straordinaria umiltà, di porsi come leader spirituale di tutti noi?  


Maria Rizzi




Fuga da settembre


E furono le Eumenidi a portarmi
dove non vi è stagione. Ventilava
zefiro eterno l’isola di Lèucade             
eternamente dolce nel respiro
di lavanda e di timo. “Dallo scoglio”
mi dissero “Ove siedi ad osservare
gli ampi spazi del mare ricamato
da sciami di gabbiani, si gettavano
gli sfortunati umani per disperdere
reminiscenze estreme. Ed anche Venere
restò meravigliata nel sentirsi
serena dopo il volo. Gli infelici
a  Lèucade accorrevano                 
dai più lontani luoghi. Preparavano
con offerte ad Apollo e sacrifici
la loro prova. Ed erano sicuri
coll’aiuto del dio di sopravvivere
all’eccelsa caduta. Proprio qui,
dove tu siedi, stette il piede tenero
dell’infelice Saffo che Faone
abbandonò. Nel cielo di quest’isola,
lucido ed armonioso, riscontrava
solo dolore; andava su altre sponde
dove il mare violento tormentava
gli scogli dissestati per rivivere
il suo triste destino. Dalla cima,
sfiorata dalle mani
della dimenticanza, si gettò
in quest’onde fatali. Ed Artemisia
regina della Caria ed altre ancora
raggiunsero la meta, ma scambiando
la vita con la morte.” “Mi sovviene
il mio settembre tanto logorante
nei palpiti di umana inconsistenza,
nei flebili lamenti di esistenza,
nei pallidi scolori di tristezza
di un borbottio leggero di rumori
quasi alla fine. Ma non so se vale
di più restare immoti nella stasi
di un eterno sereno che provare
il dolce senso del dolore umano.”
“Proprio il poeta, diciamo di Nicostrato,
gettandosi dall’alto della rupe
non lasciò col patire
il respiro di vita. Forse il dio
volle che poesia perpetrasse, dopo il salto,
il suo divino suono. Ci chiediamo
se più grande pacato che in tormento
come da scoglio umano.” Ed io fuggii         
scabro settembre, mese addolorato,
dal sangue che si sperde in ogni dove
dell’ultimo respiro della vita.
Io ti lasciai e un salto nelle oniriche
acque di Lèucade non mi concesse
morte né oblio, ma solo la ricchezza
d’immagini feconde rivissute
da un’anima al di sopra delle povere
storie del giorno. E ti rivissi, vita,   
con un sentire lieve e tanto amato
che in ogni fatto lieto o meno lieto,
ma scampato, vidi un superbo dono.

N. Pardini da ALLA VOLTA DI LEUCADE, VIAREGGIO, 1999





9 commenti:

  1. Il tuo poemetto, Nazario, dà senso e scopo al mio umile dire. Ti sei seduto su quegli scogli palpitanti di sofferenza, hai ascoltato l'eco del dolore e sei riuscito a uscirne salvo. Non è in te il desiderio di cedere all'infelicità, ma piuttosto quello di aprire ogni giorno un nuovo spiraglio di speranza e di amore. E forse, nel mio piccolo, avevo ragione. Leggerti sotto il mio dono allo scoglio che ci ospita è immenso Onore!
    Grazie sempre di tutto. Ti stringo.
    Maria Rizzi

    RispondiElimina
  2. Cara Maria, posso solo immaginare la trepida emozione seduta su Leucade, tantè che l'hai descritta in modo superbo ed eccellente, mi hai fatto quasi rivivere quanto da Te cronometrato, un diario di bordo. Ti ringrazio se di riflesso un pò mi sono emozionato anch'io anche perchè è ancora un sogno visitare la Grecia. La poesia del caro prof. Pardini catalizza appieno il Tuo scritto e sono sempre positivamente attonito quando leggo le Sue poesie. Tanta bravura e bellezza espressiva non può certo derivare solo dalla Sua opulenta cultura se non innestata in una sensibilità artistica alquanto copiosa. Ho letto due colossi di comunicabilità artistica: narrativa e poesia. Pasqualino Cinnirella

    RispondiElimina
  3. Davvero intriganti queste note di Maria Rizzi su Lefkada, "un'isola dove si riscontra una dicotomia che affascina e coinvolge": da un lato "zone antiche, selvagge, poco popolate, nelle quali la natura è lussureggiante", e dall'altro "la cittadina di Leucade... costruita nel 1684 sul modello urbanistico di Venezia". Natura e cultura nel punto di incontro e di divaricazione. Ed è la grecità colta nei suoi tratti costitutivi, nei suoi miti essenziali. Da un lato, sull’esempio di Saffo, la splendente e purissima bianchezza delle rocce spinge al salto gli amanti non corrisposti, ed è la fine del viaggio. Dall’altro, secondo il mito odisseico, l'isola non è approdo definitivo, ma semplice tappa di un viaggio che non ha mai fine. Da un lato il mito orfico del sogno impossibile e sempre negato; dall’altro il mito omerico di un sogno mai raggiunto, ma ritenuto sempre e comunque a portata di mano. Da un lato la visione rinunciataria e decadente dell’esistenza che caratterizza ogni processo di civilizzazione; dall’altro la visione vitalistica e battagliera dell'esistenza, legata ai ritmi incessantemente creativi della vita e del creato. Proprio come scrive Pardini: "E ti rivissi, vita, / con un sentire lieve e tanto amato / che in ogni fatto lieto o meno lieto, / ma scampato, vidi un superbo dono".
    Franco Campegiani

    RispondiElimina
  4. Ringrazio di cuore Pasqualino e Franco per i loro commenti. Sono molto onorata del tributo di Nazario e credo che ogni verso e ogni parola renda più dolce il ricordo di quest'isola intrisa di magia, di echi e di speranza. Una speranza che porgo a tutti nel calice di pace.
    Maria Rizzi

    RispondiElimina
  5. Sembra di leggere un poeta premoderno di cento anni fa. Una poesia orgogliosamente aristocratica.

    RispondiElimina
  6. Cara Maria, bentornata dalle tue vacanze storicamente magiche! Grazie della partecipazione e serenità che hai trasmesso col tuo emozionante dettato.
    Mi congratulo vivamente con te per l'omaggio rivolto a Nazario....
    La tua visita a Lefkada, l'isola che, ci dice Nazario, " ed io fuggii, settembre...; io ti lasciai..." , io penso, per ritrovarsi, al di sopra delle tante miserie umane, per riprendersi, col Suo animo nobile, com'è la sua poesia, la gioia della vita....: "E ti rivissi, ... un superbo dono".: eccolo lì, il bimbo "futuro", -com'è bello il tuo commento!- che non ho mai avuto l'onore e il piacere di conoscere personalmente ma solo attraverso i Suoi scintillanti scritti, e mi appare chiaro quanto la Sua libertà interiore dia senso a padroneggiare la semantica, la sintassi, il Suo smisurato patrimonio culturale al fine ultimo del raggiungimento della vera libertà, cuore della poesia, umanamente giovane.( pensiero tratto in luce nei dialoghi intercorsi con Lui per email).
    Tu hai sensibilmente compreso..., è vero, Maria e allora grazie a te, grazie a Nazario per l'onore che mi riservate a leggermi, per le vostre attente parole, per la sensibile capacità ad afferrare la mia filosofia di vita d'espressività poetica.
    Sicché, come ebbi già a fare nei tuoi confronti, dedicandoti una mia poesia, permettimi, umilmente, di unirvi in questa dedica con la stessa:

    E così io ...
    -all'artista-

    E così tu
    dal nulla
    che frapponesse
    la considerazione di me
    a quella mia e sola,
    venisti a cingermi il capo della magnificenza
    che non chiedevo, nemmeno
    al mare o al cielo.

    Eppure loro sono eterni.

    Eppure anche io
    esisto
    nella emblematica capillarità
    della loro anima e canto.

    Un caro saluto, miei cari artisti.
    Rita Fulvia Fazio


    RispondiElimina
    Risposte
    1. Rita, che commento affettuoso e autentico! L'autenticità si avverte subito, come la diplomazia. Tu sei una donna di istinti forti e la lirica, cara, calda, intensa, immaginifica, lo dimostra ancor più delle parole. Sono felice che questo mio viaggio abbia dato l'opportunità di rileggere il poemetto di Nazario. E vi stringo entrambi al cuore...
      Maria Rizzi

      Elimina
  7. Ringrazio Giorgio per la pennellata sulla poesia 'orgogliosamente aristocratica' e Rita, calda, vera, accogliente e sempre tesa al dono. Il tuo è il mondo di coloro che sanno separarsi dal sè e vivere a cuore nudo il 'noi'. Il mondo che amo di più, amica mia. Sei una perla di Donna e un'ottima poetessa!
    Maria Rizzi

    RispondiElimina
  8. Grazie Maria, la tua sincerità arriva dritta al cuore!
    Sono commossa delle tue parole!
    Condivido con Giorgio Linguaglossa: poesia aristocratica, questa, per un animo nobile, come dicevo, per il Poeta Nazario Pardini.
    Affettuosità, un saluto caro ad una cara amica.
    Rita Fulvia Fazio

    RispondiElimina