domenica 5 luglio 2020

MARISA COSSU LEGGE: "NEL FRATTEMPO VIVIAMO" DI NAZARIO P.



Marisa Cossu,
collaboratrice di Lèucade

Marisa Cossu legge “Nel frattempo viviamo”
di Nazario Pardini


Nel frattempo viviamo”, delicato e musicale settenario, indica subito gli argomenti della riflessione poetica del Pardini: il Tempo e la Vita; non un tempo qualsiasi, sebbene l’avverarsi nell’esistenza del poeta e nella sua visione del mondo in una avvertita contemporaneità degli eventi nel percorso del divenire. Vita e Tempo sono ampi concetti che la cultura, la maestria e la sensibilità del Poeta mettono in relazione biunivoca in modo che quel “frattempo” respiri un profondo senso di umana partecipazione tendente ad un’armonia immaginata.
Già il titolo riecheggia motivi e suggestioni letterarie: viene alla mente lo straordinario verso oraziano “Dum loquimur fugerit invida aetas: carpe diem, quam minimum credula postero” (Odi,1, 11) non tanto nell’accezione più diffusa dell’invito a carpire i piaceri del giorno fuggitivo, quanto nel significato etico di un tempo goduto pienamente, come immersione totale, dignitosamente umana, nel mistero che nel frattempo viviamo.
Quell’avverbio contiene il segmento di eternità che mette in sintonia con l’infinito, fa immaginare un giorno il cui sole non sia oscurato da pensieri troppo tristi e si possa convivere in armonia con le accettazioni necessarie a ritrovare tra sé, gli altri, la natura e le tensioni inevitabili degli opposti, l’equilibrio di tutte le “cose”. L’immaginazione consente di esplorare l’invisibile, sublima l’anima, possiede la forza spirituale da cui origina la disposizione alla poesia. In questa zona il Poeta incontra uno stato di grazia in cui si manifesta la musica del verso, l’amore per l‘Arte che prende forma e passione mediante la parola. È un attraversamento del “giorno”, che giunge a soluzione oltre la morte e, se il futuro è incerto, sono costantemente presenti i pesi e le gioie, l’amore, la fatica del vivere. Il mutare delle stagioni e l’incalzare della vecchiaia nulla tolgono all’intensa voglia di vivere che si manifesta nella memoria come “restituzione” delle passioni e dei sentimenti. Altri se ne accendono, in questa originale opera, nelle brevi e dense poesie che sorprendono per il ritmo, il verso, la forma, il realismo e la grande spiritualità: “Spazi, culto, pensiero, / Resurrezione, /sorte, vita, /non finisce il discorso, / è già finita” (pag.39). Sfugge al Poeta una nota di pessimismo leopardiano che dà luce a pensieri appena sussurrati tra sé e sé nella potenza della riflessione intorno al fluire delle azioni e delle idee di cui l’uomo si avvale per dare spessore all’ incerta percezione del sensibile.
È affascinante constatare quanto il desiderio della conoscenza intersechi i temi cari a Nazario Pardini.
È la condizione umana il fulcro della speculazione in versi, la condizione del Nostro, a permeare ogni parola, ogni scelta lessicale, a scavare nella coscienza e sapienza del Poeta con la ricchezza creativa e l’incisività delle immagini. Nazario dà voce alla fragile frammentarietà dell’esistente, alla soggettività fondata sulla effimera attendibilità dei sensi; ma avverte una forte unitarietà spirituale, rappresentata dall’Arte, che assiema ogni frammento, “il sesto senso che l’anima possiede” (pag. 16).
La condizione del corpo abbarbicato alla terra si stempera nell’idea che l’anima, attraverso la Bellezza e l’immaginazione abbracci in un sistema universale quei frammenti di realtà di cui è composto il mondo. Non sono atomi distanti questi, ma particelle dell’esistente che non avrebbero senso, prive della funzione unificatrice dell’Arte: “È nell’anima/ la stessa geometria/ molecolare”. (pag. 16)
Così il giorno che non muore contiene in sé tutto ciò che  s’annulla nell’eterno divenire :” Eppure quello strappo di cielo,/ quei campi brunastri,/il respiro di foglie di viti amarognole/ e il sole che prova le voglie/ di bersi le pigne stellanti di luce,/ immagini eppure si fanno, /essenze di corpi,/ per dirmi che l’anima un giorno,/era tatto, colore, profumo di fieno,/ sapore di bosco” (pag.43).
 Tutto rivive nell’ alito musicale del vento che restituisce le cose: l’ombra del fico, il rustico sul colle, le stanze vuote, le pietre e un barattolo che rotola. Il molteplice, con i suoi opposti, si manifesta nell’ unità a-temporale di una complessa topologia. Qui l’invisibile assume i contorni della realtà, forse un inganno dovuto alla mobilità e mutevolezza delle “cose”: “Siamo incastonati/solo per un attimo/ in un’immensità di vuoto/ che per non scorarti/ finge di essere blu” (pag. 42).
Lo spazio e il tempo stabiliscono tra loro una relazione possibile nella visione profetica del Poeta e nell’Oltre. Gli oggetti e i ricordi sono ombre che richiamano atmosfere, suoni, voci, affetti ancor vivi e penetranti: il barattolo che rotola, spinto da un ragazzo troppo presto sorpreso dalla morte, ripete un rumore cadenzato che ancora rintocca nella mente:
“Saltava contento, gioioso,
non aveva bisogno di riposo,
era decenne
indenne da ricordi.  (pag. 24)

Un serpente, “nel frattempo”, trangugiava insaziabile, un rospo: è il verificarsi della vita e della morte, in una contemporaneità fuori da ogni tempo: “il presente del presente, il presente del passato, il presente del futuro. Essi sono tutti e tre nell’anima.” (Agostino, Confessioni).
  La vita che esiste perché accaduta, assalta il Poeta scavando impietosa, ma allo stesso tempo provvida, nei sentimenti che ne hanno forgiato la poetica, le relazioni e la concezione del mondo. Nazario Pardini fa riferimento a fenomeni che non sono astratti e inafferrabili ma connessi all’esperienza dove ogni “cosa” è parte dell’altra, destinata a ricongiungersi nella realtà. Il tema della solitudine origina dal senso di incessante cambiamento del mondo visibile e di quanto immaginato nella contemplazione interiore. Si è soli perchè ad ogni istante viene perso un frammento di gioia, dolore, emozione; perché si cambia, si è diversi, mentre si assiste impotenti alle regolarità del Tempo, alla sua tirannia.; la solitudine è connaturata all’esistenza sebbene al Poeta sia chiaro che “nel mutamento le cose trovino quiete” (Eraclito, Frammenti).
“Si muove il cielo, la terra,
il sole,
l’universo;
ma dove andremo?
Come mi sento sperso!” (pag.29)

Incombe il silenzio dei mondi e la fragilità dell’uomo si confronta con misure planetarie; solo il fluire persiste, eppure una piccola foglia svenata dall’autunno e conservata in un barattolo, restituisce al Poeta e alla Vita un colore senza fine.
Il forte impatto emotivo di quest’ultima riflessione è diretto ad una realtà fenomenica più profonda dell’apparente, verso la quale si rivolge la domanda inquietante del Poeta, la sua ricerca di pacificazione. Il colore della foglia fa pensare al tempo del relativo e dell’assoluto, all’esperienza di un oltre tempo in cui sono calati le cose ed i vissuti, orientati verso l’infinito:
“Comunque
godiamo del beneficio
di esistere
o non esistere
a seconda delle occasioni”
(pag.77)

La vecchiaia è il frattempo che viviamo immaginando, pensando, amando, in una solitudine esistenziale ricca di consapevolezza e di ricordi; è un gancio che avvicina all’infinito e riesce ad estraniare il Poeta dal meccanicismo degli eventi.
Nella seconda sezione del libro conosciamo un Nazario Pardini volto alla considerazione di fatti concreti con la parlata, le massime, gli aforismi, della sua terra natale. Gradevolissima la lettura di queste pagine da cui trabocca un Pardini propenso all’autoironia, alla sagacia delle notazioni, ispirato da una cultura popolare che l’Accademico trasforma in saggezza narrante e in poesia. Tornano tutti i temi cari al poeta: la vita da gustare prima che sia troppo tardi, l’amore spesso calpestato o “soffio di un alato“, l’amore senso di “eterno e di infinito”; la gioia difficile da trovare. Di fronte alle cose concrete il poeta formula la domanda essenziale sull’esistenza: ciò che i sensi percepiscono esiste davvero?
“Se io penso che l’acqua esista
ma non la vedo e non la tocco
o non esiste l’acqua o non esisto io;
perché può darsi che io mi trovi
in un posto dove non esiste l’acqua,
ma io esisto?”
(pag. 77)

Si può forse coesistere senza esserne “coscienti?”
“La parola non è forse sostanza?”
E poi i “fatti” che il poeta narra con disincantato realismo ma anche con uno sguardo compassionevole carico di pietas verso i protagonisti e le vittime di un mondo banale, corrotto e crudele. Nazario non vuol vedere più nulla.
“Cessate, occhi, di nutrire la mia anima!

“Non ho più parole da consumare
e mi abbrucia
l’immensità imprigionata”
(pag.105)

Il Poeta fa quindi esplodere la poesia che gli canta in petto e la lancia nel volo di “palloncini di cuori”, in una “regata di poesia” dedicata allo stupore dei bambini di fronte ad un mondo incantato. E quando si fa sera si accendono a rischiarare l’incipiente oscurità “fuochi di fiabe”, perché nel cuore del Pardini brucia ancora la sorprendente fiamma creativa dei bambini.

Marisa Cossu


6 commenti:

  1. Marisa cara, un'elegia di raro valore la tua esegesi dell'Opera del Maestro. Scandisci i passi delle liriche con il suono dei suoi versi e ti riveli una superba lettrice delle Opere altrui. Sono incantata da tanta profondità unità a tanto pathos. Il respiro del Poeta diviene il tuo e il suo testo apparentemente più enigmatico sfocia nell'innocenza tipica di questo eterno fanciullo. Sei fantastica! Lo asserisco con il cuore e con tutti i sensi. La grande Poetessa che vive in te si libra in volo e crea un connubio d'Amore sublime con Nazario. Complimenti a entrambi e un abbraccio circolare...

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    1. Carissima Maria, ti ri grazio del bel commento. Mi hai rivolto parole gentili, amichevoli, rese più importanti per averti incontrata alla premiazione del tuo "Voci". Ti sono grata per quell'emozione e per le parole di oggi. Dobbiamo a Nazario l'opportunità di incontrarci s questa magnifica isola. Un abbraccio
      Marisa Cossu

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    2. Marisa mia, sei una persona che non si dimentica. Si porta nel cuore e nella vita per sempre! Grazie ancora...

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  2. Trovo affascinante questa recensione di Marisa Cossu sull' opera di Nazario Pardini "Nel frattempo viviamo". Comunica l' immensità dell'opera e la vastità dei temi e degli interrogativi trattati.
    Colpiscono e commuovono alla fine " i palloncini di cuori" lanciati in volo in una " regata di poesia", " perché nel cuore del Pardini brucia ancora la sorprendente fiamma creativa dei bambini".
    Un caro saluto
    Loredana D'Alfonso

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    1. Carissima Maria, ti ringrazio per il tuo delizioso commento.Le tue gentili parole d'apprezzamenti e di amicizia mi riempiono il cuore di gioia.Ti abbraccio.

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    2. Gentile Loredana,ho molto gradito il tuo commento e ti ringrazio di cuore. Anche questo nostro approccio è segno di grande compartecipazione al progetto poetico del grande Nazaio. Un abbraccio

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