mercoledì 9 aprile 2025

Note a :" L’arcobaleno nella pozzanghera" di Maria Rizzi


Maria, come scrittrice, ha compiuto il suo primo omicidio in età adulta, circa una dozzina di anni fa. La vittima, una ragazza di età indefinibile, fu trovata in posizione fetale, accanto a un cassonetto della spazzatura. Da allora non si è più fermata e qui, su uno scaffale della libreria alle mie spalle, i successivi omicidi sono tutti allineati, in sequenza, uno dopo l’altro. Ma l’autrice è anche donna di legge e ha sempre disegnato investigatori dediti al lavoro, talvolta condizionati da problemi personali o famigliari, da umane insicurezze, ma sempre carichi di una profonda umanità. Poi, in una nuova elaborazione creativa, Maria ha aperto il cassetto dell’anima, trovando appunti, note, bozze lasciate incompiute, ricordi e odori nostalgici.

Dall’unione di questi elementi nascono due storie, una di testa con il suo intreccio, il suo ritmo, i suoi colpi di scena; l’altra, interiore, che parte dalla dolcezza e dalle suggestioni dei ricordi,  fa da contrappunto alla prima. Dal loro incontro nasce il romanzo L’arcobaleno nella pozzanghera.  La protagonista,  Miriam, alter ego di Maria, in seguito a una promozione si trasferisce nel commissariato di polizia del luogo di provincia che l’ha vista crescere, prima bambina, poi adolescente e, infine, diventare giovane donna. La gioiosa opportunità di un ritorno alle sue radici,  con la promessa di un viaggio tra i luoghi dell’anima e i vecchi amici che li hanno abitati, viene condizionata dal ritrovamento, sulla banchina della stazione, del cadavere di una giovane ragazza immigrata. Miriam, a questo punto, deve fronteggiare una doppia sfida, sia professionale che privata: portare avanti le sue prime indagini nella cittadina della sua vita precedente e metabolizzare la profanazione del luogo, affacciato sul mare, che ha visto nascere il rapporto con Gianni,  l’amore della sua vita.

 Il delitto, compiuto con particolare efferatezza, metterà a dura prova le capacità investigative e l’equilibrio della commissaria e della sua squadra, che l’autrice tratteggia con efficace abilità descrittiva, tanto che è difficile non simpatizzare per il sanguigno ispettore Ferragni, o per l’apparente fredda ispettrice Girotti o, ancora,  per  l’impulsivo agente Scotti. Le indagini, quasi una insonne ricerca, porteranno i protagonisti ad affrontare una dolorosa discesa verso gli abissi del degrado umano, tanto da intaccare la corazza dei tutori dell’ordine, in uno scenario figlio dei tempi e della società in cui viviamo. Ad alleviare le fatiche dell’indagine ci saranno i vecchi amici – tra cui Giulia, a rappresentare il periodo adolescenziale, e Guido, a ricordare gli anni della fanciullezza - con la loro consolatoria capacità di ricomporre gli antichi legami e di richiamare ricordi non sopiti. E qui è la storia - l’altra -  che viaggia tra sentieri pieni di ricordi nostalgici e ha come baricentro la Villa, con le sue due querce, luogo evocativo di mille ricordi famigliari, tra vecchi racconti di guerra, voglia di essere un ragazzo, prati, ginocchia sbucciate, cinema all’aperto e, soprattutto, testimone del tempo dell’innocenza della protagonista.

Alla fine del lacerante percorso investigativo Miriam si troverà davanti a un bivio esistenziale: godere della crescita professionale o ritornare dagli affetti famigliari. Una scelta che la condurrà verso un più maturo rapporto con il passato, attraverso lo sguardo attonito davanti a un edificio diroccato e rinato in forma diversa, ma che è solo la rappresentazione esteriore di una realtà fatta di ricordi e relazioni da portare dentro di sé come una radice.

Il romanzo si snoda, nella narrazione e anche nei dialoghi,  in un linguaggio, tipico della scrittura di Maria, poetessa che non scrive più poesie,  punteggiato di similitudini, metafore visive, immagini, per far esprimere ai personaggi i propri stati emozionali.

Come scrittrice, Maria continuerà a commettere crimini e, contemporaneamente a combatterli, in un contesto - quello della polizia -  dove si muove con naturalezza e conoscenza ambientale, ma in quest’ultimo romanzo si avverte, forse nascosto alla stessa autrice, il germoglio di un cambiamento, di un cambio di passo, il bisogno della ricerca di nuovi orizzonti narrativi dove esplorare storie e paesaggi nuovi, magari più intimisti. Sembra di avvertire questo bisogno in una più matura narrazione dei rapporti affettivi, nella ricerca del registro nostalgico, e nella capacità di mettere a nudo le fragilità emotive di una donna forte come la protagonista.  O, più probabilmente, sono solo fantasie di un vecchio amico recensore, quasi un personaggio di un suo romanzo.  

 

Franco Donatini legge :"Ragionare d’Amore" di Maria Teresa Coppola, puntoacapo Editrice

 

 

 

Ragionare d’amore, un titolo che rimanda inevitabilmente a Dante, alla Vita Nova, alla Commedia, alle liriche del Dolce Stil Novo, ma la poetica di Maria Teresa Coppola è quanto mai lontana da questi riferimenti.

La sua poesia, seppur attraverso un linguaggio aulico, ricco di nessi letterari, ha un carattere estremamente moderno, sia sul piano del significato che del significante. Si tratta di una poesia ermetica, nel senso più alto della parola, che si esprime in un susseguirsi di figure retoriche reinterpretate in maniera originale, di analogie, di elementi simbolici, di allitterazioni, anafore, che conferiscono una musicalità congruente ed espressiva dello stato d’animo. La modernità di queste liriche emerge anche dal linguaggio, connotativo, paratattico, non argomentativo, depurato delle parti accessorie, per raggiungere una sintesi basata sull’approccio evocativo delle immagini.

 La natura assume un ruolo determinante, non una Arcadia stereotipata e bucolica, ma una “foresta di simboli” in senso baudelairiano, che esprime in maniera associativa e immediata lo stato d’animo e più in generale la condizione esistenziale di cui l’amore è il protagonista. Un amore vissuto, sofferto e insieme dolce, profondo, spesso legato alla nostalgia del ricordo.Il mito, presente in larga misura nella silloge, testimonianza di una vasta ed autentica cultura letteraria, eleva la condizione esistenziale dell’autrice a quella dimensione universale, che è l’essenza irrinunciabile della poesia. Attraverso il mito, Maria Teresa esprime in maniera pregnante la tensione e insieme l’inafferrabilità del sentimento amoroso, come in Convegno d’ombre, la poesia più ermetica della raccolta. L’inafferrabilità si esprime in versi mirabili con la metafora della luna nel pozzo.

“La luna che vuoi / la imprigioni nel pozzo / ma ripescarla non puoi / ché il secchio la disperde”

È il richiamo suggestivo al mito del pastore Endimione, di cui si innamorò Selene che ogni notte scendeva dal cielo con il suo carro per fare visita al giovane che dormiva in una grotta.

“Confina l’amore dove nasce / nello sguardo tuo / come Endimione / naufrago di perfezione / Bellezza si serba nel sogno”  

 

Attraverso le Stanze, così sono denominate le parti in cui è divisa la raccolta, nell’accezione classica del Poliziano, l’amore si estende progressivamente ad altri affetti, al mondo femminile, alle città come Pisa di cui coglie il messaggio segreto, intrigante e insieme inquietante, all’amore per la vita nella sua dimensione esperienziale e cosmica, come nella poesia Vibrissa alba. Riflessioni evocate da un istante, da uno sguardo, per questo suggestive, testimonianza di quanto tutto sia interconnesso dall’estensione del cosmo alla profondità della nostra dimensione interiore.

“Colonia felina / colonizzata da astri / e gli astri lei li cerca / saltando più in alto / fissando remote / misteriose galassie”.

Per finire con la quarta di copertina:

“Toccare con la mente / nel fremito di una parola / convocare uragani / potevi / Ma io, io sì, io sola / sapevo sfilarti l’anima / con un piede solo”

A ribadire che l’amore, solo l’amore, apre le barriere, entra nel profondo, nella dimensione dell’anima, sintesi recondita e sublime del nostro essere.

 

Prof. Franco Donatini

 

Maria Teresa Coppola

Salentina di nascita, toscana di adozione, Maria Teresa Coppola si laurea in giurisprudenza a Pisa, dove vive tuttora. Qualche anno di ricerca presso l’Istituto di filosofia del diritto e di esercizio della professione legale, poi docente di Discipline giuridiche. Sin da bambina a casa del poeta Girolamo Comi frequenta letterati quali Alfonso Gatto, Diego Valeri, A. Onofri, O. Macrì. L’amore per la poesia si accentua in seguito all’affettuosa contiguità col poeta e critico d’arte Raffaele Carrieri. Varie sue liriche sono presenti in più antologie e nel collettaneo “Argeste’23”, ed Aletti. Nel 2023 ha pubblicato le sillogi autonome “Sottovoce” ed. Helicon e “C’è di più”, ed. Aletti. Ha vinto il Premio Casentino 2023,” Il canto di Dafne”, il Premio dell’Accademia Casentinese 2023 Una sua silloge è quest’ anno tra i finalisti del Contropremio Carver.

 

 

 


Ivan Pozzoni : Kolektivne Nseae


Oggi ospitiamo uno scoppiettante ed articolato intervento dell'amico Ivan Pozzoni. Ivan è uno straordinario uomo di cultura animato da una passione viscerale per l'arte e la conoscenza. Come tutte le persone straordinarie, nel senso etimologico della parola, naviga fuori dagli schemi e nel nostro paese  a chi stecca fuori dal coro e non si intruppa spesso viene "regalato", per cosi dire,  un itinerario originale. Le persone fuori dagli schemi mi hanno sempre affascinato, nella vita come nella letteratura. Oggi ne propongo uno speciale agli amici Leucadiani che sicuramente sapranno apprezzare lo spirito vero con cui Ivan articola i suoi percorsi argomentativi.
Nazario Pardini


 

 

 

KOLEKTIVNE NSEAE

 

 

 LA MALATTIA DEL «DISINTERESSE» DEL LETTORE, DELLE ISTITUZIONI E DELL’ACCADEMIA VERSO OGNI FORMA DI «ESPERIENZA ESTETICA»: ANAMNESI, EZIOLOGIA E TERAPIA.

Lontologia estetica del moderno, caratterizzata dalla soggettivizzazione del destinatario dell«esperienza estetica», nasce con:

1. Il Dante della Vita nova e del De vulgari eloquentia. Prova è che le neo-avanguardie novecentesche - come il Gruppo 63 e Sanguineti- opposero sempre Petrarca a Dante nella ricostruzione storiografica letteraria critica della «metafisica» dellermetismo.

2. René Descartes, che tutti ricordano nella vulgata dei manuali di filosofia del liceo come iniziatore del Cogito ergo sum. Descartes dice, testualmente: «Ego cogito, ergo sum, sive existo», nel Discours de la méthode pour bien conduire sa raison, et chercher la verité dans les sciences Plus la Dioptrique, les Meteores, et la Geometrie qui sont des essais de cete del 1637 (ribadito - a scarsa conoscenza di tutti-, in maniera diversa, nei Principia philosophiae del 1644).

Lo stesso Hegel afferma, nelle scarsamente conosciute Lehren aus der Geschichte der Philosophie del 1837: «Si giunge così alla filosofia moderna in senso stretto, che inizia con Cartesius. Qui possiamo dire di essere a casa e, come il marinaio dopo un lungo errare, possiamo infine gridare Terra!. Cartesius segna un nuovo inizio in tutti i campi. Il pensare, il filosofare, il pensiero e la cultura moderna della ragione cominciano con lui».

Quindi l«egopatia» dell’artista nasce con luscita dal medio evo e lingresso dellevo moderno, con Dante (in letteratura) e con Cartesio (in filosofia). Dante è il conducator dellontologia estetica moderna; Cartesio è il conducator dellontologia teoretica moderna. E lontologia, come «metafisica» è lorigine dellannichilimento progressivo del «pubblico».

La vulgata totalmente errata di far iniziare la vittoria dell«io lirico» nel romanticismo è frutto di una scelta metodologica storiografica di derivazione marxista-lacaniana, con la erronea retrodatazione del concetto di intellettuale organico gramsciano al romanticismo. Il romanticismo, in opposizione al neo-classicismo sul concetto di μίμησις (non di soggettivismo) trova, con Berchet, un divulgatore mediocre (il termine imitazione ricorre eccessive volte nella Lettera semiseria di Grisostomo al suo figliolo). La linea storiografica di Auerbach, nel suo Mimesis: eine Geschichte des abendländischen Realismus, als Ausdruck der Wandlungen der Selbstanschauung der Menschen (titolo originale) subordina ogni forma di romanticismo ai dibattiti sulla μίμησις o sul’imitatio. Non si riesce a non vedere l’equivalenza tra la differenziazione in «ottentotti», «parigini» e «popolo» di Berchet e la differenziazione in «stile umile», «stile sublime» e «stile medio o realistico» di Auerbach: «[...] la missione del poeta romantico [è] di educare la borghesia [...]» - retrodatazione gramsciana della struttura marxista della ricostruzione letteraria tradizionale-, dovrebbe essere sostituito con «[...] la missione del poeta romantico [è] di educare l'artista alla creazione (egopatica) contro l'imitatio vitae, speculum consuetudinis, imago veritatis [...]» (Cicerone). Così non è: il romanticismo manzoniano rifiuta - a differenza di Leopardi- il discorso sull«io lirico», in Inni sacri («Proprio nel momento che lo scrittore prende consapevolezza dellio scompare in una poesia del noi per virtù di una riduzione o mortificazione sublimatrice dell'esperienza personale che [] postula un ordine misterioso, un vincolo di comunione tra gli uomini e le cose []») [Raimondi, 1967] e, ovunque nei Promessi sposi, si limita - come Berchet- a dichiarare una mera attenzione ad umili e derelitti, senza nessun lontanissimo intento di educare la borghesia [Millefiorini, 2009]. Il discorso del romanticismo verte sulla critica dell«imitatio», della «μίμησις», in linea con linterpretazione auerbachiana. Linattendibilità dellinterpretazione della morte del «pubblico» che arrivi dal romanticismo italiano collassa la vulgata storiografica di ricostruzione della storia della letteratura italiana del Ferroni che definendo la morte del «pubblico» come effetto del romanticismo, effetto letterario, la svincola dall’effetto filosofia. L«io lirico» è un effetto letterario e filosofico.

Questa situazione la riconosce, involontariamente, lo stesso Berchet «Il poeta dunque sbalza fuori delle mani della natura in ogni tempo, in ogni luogo. Ma per quanto esimio egli sia, non arriverá mai a scuotere fortemente l’animo de’ lettori suoi, né mai potrá ritrarre alto e sentito applauso, se questi non sono ricchi anch’essi della tendenza poetica passiva». Questa intuizione clamorosa del romantico Berchet, che mi tocca rivalutare (chiamando Ladolfi Vieusseux), conferma la rilettura di Bruno Gentili: lipertofia dell«io lirico» estetico moderno causa, intesercandosi a eventi finanziari e discipline normative discutibili, la privatizzazione/deprivazione del «pubblico» tardomoderno.

Quando, nel 2009, nellIntroduzione Senofonte vs. Achille / Odisseo alla mia antologia Retroguardie, scrivevo «Davanti alla situazione di inevitabile debolezza di ogni verità teoretica, raccontata nell’ottimo volume Disavventure della verità da Franca D’Agostini, urgono soluzioni concrete, d’una concretezza tutta baculina: nel combattere i riduzionismi narciso / massa del binomio autore / destinatario, occorre introdurre efficaci contro-riduzioni di narcisismi e massificazione, nella direzione di a] una umiliazione dell’io-autore e b] uno svilimento dell’io destinatario. La mortificazione della «superbia» elitaristica dell’io-autore, intesa come umiliazione della dimensione narcisistica del verso, si otterrebbe [...] richiamandosi con risolutezza a concezioni anonimiche del cantare (tradizioni dell’auralità aedica); [...] La mortificazione della domanda dell’io-destinatario, intesa come svilimento della dimensione massmediatica del verso, si otterrebbe minimizzando l’incidenza delle dinamiche di mercato sull’artista, mediante sostituzione di una dialettica collaborativa orientata da un’editoria solidale illuminata alla consueta dialettica conflittuale autore / destinatario (iniziativa Liminamentis Editore). L’esaltazione del testo-documento, senza nome e senza mercato, rafforzata da relazioni di solidarietà tra editore, curatori ed autori, è estremo antidoto contro i veleni del post-modernismo e della «morte della cultura» registrati dall’oscillazione schizofrenica moderna tra narcisismi e massificazione; de-cisioni nette e concrete come uso del calembour, accentuazione metrica della banalità del discorso ordinario, disconoscimento della sacralità del verso con ammissione della sua «quotidianeità», rifiuto di readings e concorsi, sostituzione dell’artista con attori, mascheramento dell’identità dell’autore o iniziative à la Liminamentis Editore sono azioni di resistenza artistica concreta – da «menestrelli combattenti»- a meccanismi di sottrazione di senso all’arte / vita».

Questo scritto confluì, attraverso le assemblee network del movimento neon-avanguardista (1000 movimentisti), nell'Anti-Manifesto NeoN-Avanguardista (2016), firmato da Bauman, Eco, Barberi Squarotti e centinaia di docenti universitari e artisti italiani:

3] Tri: L’atrofizzazione della dimensione narcisistica dell’artista è urgente [La strada dell’atrofizzazione della dimensione narcisistica dell’artista inizia dallo snodo del riconoscimento dell’urgenza di coordinare iniziative artistiche collettive, solidali, ed anonime, connesse al correttivo dell’epigraficità dell’arte aedica, o trobadorica];

e

10] Dyesyat: L’arte è estetica normativa [Arte ed etica, incontrandosi sulla strada della metaetica emotivista, realizzano, insieme all’antiformalismo, una bellicosa estetica normativa individuale. I riot-texts dell’arte sono mera raccolta di testi / documento, verbali d’assemblee d’arte, rivolte alla concretizzazione dell’ideale estetico normativo della democrazia lirica e simbolo di resistenza, o sovversione, contro i valori nomadi delle élites dominanti].

La nascita dei riot-texts del Koletivne NSEAE ha radici nel 2009 e nel 2016. C’è chi scopre il dibattito sulla morte del «pubblico» nel 2024? Noi l'abbiamo chiuso nel 2016.

Mi interessa aggiungere alcune riflessioni costruttive sulla derivazione della morte del «pubblico» dell’arte italiana («morte» del pubblico - a mia opinione- è una immagine errata, dovuta all’influenza dell’antologia di Belardinelli Il pubblico della poesia che, in tutte le riedizioni, spiega il disinteresse dell’italiano verso l'«esperienza estetica», senza affrontare le cause eziologiche e anamnestiche della malattia).

Belardinelli scrive, in una bella intervista rilasciata a Valeria Merola su Rai Cultura:

«La poesia in Italia è letta solo dai poeti o dagli aspiranti tali. Si tratta quindi di un pubblico viziato all’origine, perché autoreferenziale, un pubblico in cui prevalgono gli interessi personali. Se un’arte perde il pubblico la qualità decade, perché non c’è reazione». Questa è una verità «oggettiva».

Belardinelli - a differenza di un accademico serio come Bruno Gentili- si dimentica di spiegare le cause filosofiche, sociologiche, storiche, antropologiche e letterarie del fenomeno del «disinteresse» del lettore (ridefiniamo in questo modo il concetto di «morte» del pubblico) sulle «esperienze estetiche» dei contemporaneissimi.

Giorgio Linguaglossa scrive bene:

«Si è trattato di un fenomeno insieme sociologico e intellettuale [avrei usato il termine «letterario»]. Oltreché epistemologico».

Il «disinteresse» del lettore (e delle istituzioni e dell’accademia), cioè il «disinteresse» di tutti - ad eccezione di addetti ai lavori e aspiranti esordienti- verso ogni forma di letteratura (col romanzo e il racconto, dal 2015, si è manifestata la stessa sorte toccata alla «poesia», affermata, con allarme, da chi visiona seriamente i vari reports ministeriali e delle associazioni di categoria sullo stato finanziario dell’editoria e da chiunque sia in grado di leggere/interpretare un bilancio aziendale) è la malattia del XXI. La morte del «pubblico» - come definisce incontrovertibilmente Bruno Gentili  nel suo Poesia e pubblico nella Grecia antica del 1984 e come dimostra unattenta e costante analisi dei reports editoriali mensili sullo stato finanziario delleditoria italiana o lattitudine delluomo d'azienda (non mero uomo di lettere) ad analizzare un bilancio aziendale editoriale, preparata dall'intersecazione delle due linee filosofico/letteraria, scoppia nel nuovo millennio a causa di due motivi intersettivi:

1. Filologico/storico: Dobbiamo assolutamente confrontarci con il volume di Bruno Gentili, grandissimo antichista, Poesia e pubblico nella Grecia antica: secondo Gentili, lontologia estetica antica era caratterizzata da un rapporto strettissimo tra epideixix (performance) dellartista e thauma (contro-performance) del «pubblico», che spettacolarizzandosi contribuiva alla rappresentazione dellautore. Con lontologia moderna lipertofia dellio dellartista compromette qualsiasi attrazione del «pubblico» (contro-performance). Leccesso di epideixix (performance) dellio-artista condanna il «pubblico» al silenzio. È la morte del «pubblico», che, in un rigurgito di reazione rabbiosa di misconoscimento, si privatizza (Bauman).

2. Economico/finanziario: a. Il mercato di poesia/romanzo è andato a saturarsi nel 2005 (studi di settore), a causa dell'immissione nel mercato di un infinito numero di dilettanti, senza alcun valore, appoggiato da un infinito numero di case editrici, senza alcun valore, e dalla disgraziata invenzione del selfpublishing o dell’Amazon publishing (ipertrofia del volume). b. Le biblioteche hanno iniziato a rifiutare l'acquisto di poesie/romanzi (direttiva dipartimento editoria Ministero Istruzione) e le case editrici minori hanno smesso di organizzare una reale distribuzione di poesie/romanzi (decuplicazione dei costi dei distributori e nuova disciplina della resa nei negozi). c. L'accademia, davanti a tale mole di volumi, a scadenza mesi sei, si è categoricamente rifiutata di analizzare i contemporaneissimi, chiudendosi in studi di storiografia letteraria moderna (scollamento tra accademia e arte). Quindi, attualmente, scrivere una silloge/romanzo non serve a niente: ti leggeranno in venti e tra sei mesi nessuno si ricorderà della sua esistenza. Cosè il «pubblico»? Non cè «lettore», non cè «conservazione», non cè «classificazione» dell«opera d'arte». Cosa rimane?

Quale l’anamnesi della malattia? L'ipertrofia egopatica dell’io «lirico» dell’«autore» [termine discutibilissimo e anacronistico da ri-definire categoricamente] di ogni forma di «esperienza estetica» che - come ha fatto notare magistralmente Bruno Gentili - è il troncamento tra epideixix (performance) dell’artista e thauma (contro-performance) del «pubblico», caratteristica dell’ontologia estetica antica.

Quale l’eziologia della malattia? Il tragico concatenarsi tra ipertrofia egopatica dell’io «lirico» dell’«autore» di ogni forma di «esperienza estetica» al decadimento dell’ontologia estetica moderna.

Di qui la mia linea interpretativa - di matrice anarchico-individualista ed edonista onfreyiana- dell’incrocio drammatico tra due linee: la linea filosofica Cartesio /libertini francesi /illuministi eretici /Schopenhauer /Thoreau /Stirner /Nietzsche /freudiani eretici e la linea letteraria Dante /Fazio degli Uberti, Correggiaio, Rinuccini/ rinascimentali minori/ Marino/ Metastasio/ Foscolo/ Leopardi/ Carducci/ Pascoli / D’Annunzio /ermetismo /Bene e Fo.

La linea filosofica cartesiana è stata una escalation progressiva dall’egotismo anti-omniteologico cartesiano all’esaltazione filosofica dell’egopatia in Stirner, Nietzsche e nei freudiani eretici contemporanei (Fromm, Gross, Reich, Lacan, Erikson e Horney). Cartesio, che ha fondato l’egotismo filosofico, in netto contrasto con la teologia medioevale (contrapposizione rivoluzionaria fra res cogitans e res extensa) è reo incolpevole dell’egopatia filosofia contemporaneissima, incitata da una neo psicanalisi/psicoterapia edonistica dei freudiani eretici. La linea filosofica dantesca è stata una escalation progressiva dalla liberazione dell’«io» lirico dalle impalcature medioevali del «noi» sacrale e stilnovistiche del «noi» cortese all’esaltazione letteraria dell’«io» lirico, egomaniaca, di Carmelo Bene e Dario Fo. Dante, che ha fondato, involontariamente, l’ontologia estetica moderna con la liberazione dell’«io» lirico («colui che fuore/Trasse le nuove rime, cominciando/ “Donne ch’avete intelletto d’amore” [..] I’ mi son un che, quando/ Amor mi ispira, noto; e a quel modo/ Ch’è ditta dentro, vo significando [...]» [invettiva contro Bonagiunta] dalle schede anonime dellarte cortigianesca (siciliana e toscana) e dellinno e mistero della letteratura francescana, è reo incolpevole dellegolalia estetica contemporaneissima, incitata dalla «metafisica» estetica dellermetismo e dal narcisismo estetico di Bene e Fo, con lipertrofizzazione dell«io» lirico.

La vittoria dell'intersezione socio/antropologica di queste due linee ha condotto allipertrofia egopatica dellio «lirico» dell«autore» di ogni forma di «esperienza estetica» e al decadimento dellontologia estetica moderna.

La krisis dellinizio XXI tra evo moderno e evo tardomoderno - sociologicamente- ha esasperato la situazione, creando il dibattito del cambio di «paradigma» nei movimenti e artisti maggiormente aggiornati (NOE/NNOE, neo-avanguardie millenials, e seconda linea dellAnti-gruppo siciliano). Questo dibattito - ignorato dalla maggioranza dei «poeti» e «poetini» lirici di regime- è un dibattito sui fondamenti teoretici dell«esperienza estetica», basandosi su: 1. riconoscimento dellurgenza di sostituzione della ontologia estetica moderna con una nuova estetica (ontologica e, successivamente, non-ontologica nella NOE/NNOE; socio/etno/antropologica nella NeoN-Avanguardia e nel Kolektivne NSEAE; aedica e di existentielle polyphonie nellAnti-gruppo siciliano) e 2. riconoscimento dellurgenza di neutralizzazzione o annientamento dellipertrofia dell«io» lirico egopatico e narcisista (kitchen poetry nella NOE/NNOE, riot-texts nel Koletivne NSEAE e esperienza Noi Rebeldia nellAnti-gruppo siciliano).

Effettuate anamnesi, analisi eziologica e proposta una terapia alla malattia del «disinteresse» del lettore occorre dare un saldo fondamento teoretico alla terapia. Allintersezione delle linee Dante/Cartesio bisogna opporre unintersezione di linee alternativa, che riattivi: 1. un assemblearismo estetico anti-cartesiano (il concetto di comunità e communitarian - dopo le attente critiche di Bauman e Žižek- è divenuto assolutamente inutilizzabile), lontano dallegocentrismo e dal soggettivismo razionalista e 2. un «noi» lirico empatico anti-dantesco, lontano dallontologia estetica moderna.

La mia proposta - approvata, in regolare assemblea network- dai membri del Koletivne NSEAE è di appoggiarsi alle due linee filosofiche e letterarie alternative alla linea dominante, accolta in Italia dal regime consumistico mondadoriano, disorganizzato da Maurizio Cucchi, Dante/Cartesio. Le due linee, aperte alla ri-definizione e discussione di tutti i movimenti e artisti dopposizione estetica, si delineerebbero come:

1 Linea filosofica: Spinoza /Hobbes /idea-ismo sassone-scozzese (Berkeley, Locke, Hume) /Illuminismo filosofico /Kant /Mill /pragmatismo di Peirce, James e Dewey /filosofia analitica.

Linea letteraria: Cecco Angiolieri /Petrarca /rinascimentali maggiori /Galileo /Goldoni /Vico /Parini /Manzoni /Verga /Scapigliatura lombarda (Dossi e Tarchetti) /avanguardie novecentesche (Lucini) /neo-avanguardie novecentesche (Sanguineti e Gruppo 63) /Wu Ming.

La linea filosofica spinoziana è stata una escalation progressiva dallideaismo sensistico anti-cartesiano alla concezione filosofica della assemblearità aristocratica della verità nel pragmatismo americano di Peirce, James e Dewey e nella filosofia analitica contemporanea (Schlick, Wittgenstein, Popper, Grice, Strawson e Dummett). Spinoza, che ha fondato lideaismo filosofico, in netto contrasto con la distinzione cartesiana fra res cogitans e res extensa, è antecedente inconsapevole dell'assemblearismo filosofico contemporaneissimo, appoggiato al verificazionismo/falsificazionismo della new epistemology di matrice analitica (Schlick, Popper, Feyerabend, Kuhn e Lakatos). La linea letteraria petrarchesca è stata una escalation progressiva dalla moderazione dell«io» lirico col concetto universale di humanitas allesaltazione letteraria dellanonimo collettaneo dell«esperienza estetica» collettiva del Wu Ming. Petrarca, che ha fondato, involontariamente, una antropologia estetica moderna con la moderazione dell«io» lirico dantesco (attraverso il recupero dellontologia estetica antica, nel De remediis utriusque fortune), è antecedente inconsapevole della socio/antropologia estetica contemporaneissima, affermata dallironia e dal (verso)liberismo delle avanguardie, neo-avanguardie e neo-avanguardie millennials, con lannichilimento dell«io» lirico e l'esaltazione del collettaneo.

Moltissimi dipartimenti delluniversitas italiana di area filosofica, sociologica, antropologica, etnologica e letteraria stanno recuperando la triade Locke/Berkeley/Hume, la triade Pierce/James/Dewey (con il mio modesto contributo alla riscoperta del binomio italiano Calderoni/Vailati) e sostituendo studi sulla filosofia continentale con studi sulla filosofia analitica.

È necessario che tutti i movimenti e artisti dopposizione estetica, interessati al dibattito del cambio di «paradigma», debbano appoggiarsi al mondo accademico, in modo da: a. evitare lo scollamento tra mondo accademico e mondo dellarte contemporaneissima; b. sconfiggere la concezione, di regime, dellipertrofia egopatica dellio «lirico» dell«autore» di ogni forma di «esperienza estetica»; c. attuare una totale sostituzione della ontologia estetica moderna con una nuova estetica.

Questa severa terapia, fondata sulluniversitas e sul collettaneo, è in grado - a mia modesta opinione suffragata da rigorosa anamnesi e analisi eziologica- di curare la malattia del «disinteresse» del lettore, delle istituzioni e dellaccademia, verso ogni forma di «esperienza estetica».

 

 

 

 

LA TERAPIA COME EREDITÀ NON-ONTOLOGICA DEL KOLEKTIVNO NSEAE: LA NEON-AVANGUARDIA

 

Il Kolektivne NSEAE (Nuova socio/etno/antropologia estetica) ha un’eredità non-ontologica derivata dalle neo-avanguardie millennials, lontanissima dalla ontologia estetica moderna. La NeoN-Avanguardia, da me fondata, cede – come ogni altra avanguardia- all’«ἀντίφράσις», all’«ironia» (Jacques Derrida), al «citazionismo», allo «straniamento» (Viktor Borisovič Šklovskij), alla «carnevalizzazione» (Michail Bachtin), al «mistilinguismo», al «dédoublement» e «vertigine che sfocia nella follia» (Paul De Man), alla grammatica generativa (Noam Chomsky), alla «sovversione/eversione» (anarco-individualismo stirneriano e della Post-Left Anarchy), all’«invettiva» (triade Villon/Brassens/De André) e all’estremo «impegno sociale» movimentista a tutela dei deboli e dei diseredati, con opposizione allo star system dei dominanti e dell’arte. Preso atto della conclusione della krisis e della transizione dall’evo moderno al nuovo evo tardomoderno, ho riconosciuto l’urgenza del discorso sul cambiamento di  «paradigma» storico ed estetico, dovuto al venire meno del senso teoretico dell’ontologia estetica moderna, e ammessa l’anacronisticità della NeoN-Avanguardia, movimento di krisis, ho deciso di fondare uno nuovo movimento non ontologico, il Kolektivne NSEAE (Nuova socio/etno/antropologia estetica), aperto a tutti i mille movimentisti neon-avanguardisti e a nuove menti in grado di captare il cambiamento di  «paradigma» sociale ed estetico. Insieme all’eredità della Neon-Avanguardia, il Kolektivne NSEAE si è dato uno statuto: la nuova «forma-poesia»  o il nuovo «paradigma estetico» del tardomoderno deve fondarsi su:

1. Experimental aesthetics, derivata dall’«esperimento di pensiero» machiano aggiornato dai nuovi modelli di mirror neurons di Rizzolati accolti dalla neuroestetica contemporaneissima (brain imaging).

2. Osservazione partecipante, con l’innesto dell’interazionismo meadiano e della etnometodologia di Garfinkel (in grado di garantire la definizione di «esperienza estetica» o «riot-text, come anti-poesia» o «poesia» [il vocabolo «poesia» deve essere tassativamente decostruito e sostituito, essendo troppo compromesso con l'ontologia estetica del «ποιεῖν», dell'«io creatore» o «io lirico» cartesiano dei «poeti elegiaci», secondo una sferzante definizione di Giorgio Linguaglossa] come mera «interazione sociale»). Le critiche di Geertz, Davis e Kunda sull’«attendibilità» dell’osservazione devono essere neutralizzate da un accostamento alla Grounded Theory di Glaser e Strauss.

3. Clearity, col tentativo di conciliazione tra analitici (Searle e Grice) e continentali (Habermas) su una strategia indirizzata ad introdurre un modello interpretazione /motivazione /comunicazione in grado di «[...]foggiare o costruire un mondo più regolare, più semplice, più perfetto[...]». L’orientamento è analizzare (reperire ed eliminare) ogni forma di vagueness nelle interazioni comunicative di linguaggio tecnico e ordinario e seguire le norme di Habermas introdotte al fine di garantire una corretta Hermeneutik della comunicazione. La nozione di clearity deve conciliare il modello critico analitico e continentale:

a. L’uso di un grande rigore argomentativo;

b. Evitare l’uso di un linguaggio ambiguo, metaforico o retorico;

c. Considerare la storia della filosofia;

d. Credere nelle assemblee network dei ricercatori (caduta irrimediabilmente la nozione di comunità di ricerca sotto la critica della new sociology di Zygmunt Bauman, Ulrich Beck, Richard Sennett, Gilles Lipovetsky, Luciano Gallino): ogni argomentazione deve essere discussa; la cooperazione diventa requisito nella ricerca della verità.

 

La costituzione dello statuto del Kolektivne NSEAE (Nuova socio/etno/antropologia estetica) - come detto- è subordinata ad una storia di «esperienze estetiche», la mia. Aldilà dell’Anti-Manifesto, il mio cammino artistico si fonda sul famigerato discorso della «forma-poesia» contemporaneissima. La mia «forma-poesia» delle origini è stato il «frammento metrico» (d’origine ladolfiana), ripudiato celermente dalla anti-«forma-poesia» del «verso libero» (Linguaglossa). Questo tema è centrale in ogni avanguardia italiana:  avanguardie ottocentesche (scapigliatura milanese), neo-avanguardie novecentesche (Gian Pietro Lucini, futurismo, Sanguineti e Gruppo 63), neo-avanguardie millennials (Anti-gruppo siciliano e la mia NeoN-avanguardia). Io sono stato l’unico artista italiano ad avere interpretato la storia della letteratura contemporanea in base alla triade Dossi/Lucini/Sanguineti. Per tre motivi: 1. Lo sconfessamento dell’ontologia estetica moderna, derivata dal dantismo: a. scapigliatura milanese - su basi del maledettismo di Baudelaire- contrasta il classicismo/neoclassicismo (Manzoni) e il romanticismo (Berchet - con derivazione dai due fratelli Schlegel); b. Lucini e il futurismo - sulle basi del simbolismo francese- contrastano D’Annunzio e Pascoli/Carducci e c. Sanguineti/Gruppo63 contrastano l’ermetismo deleterio (Montale, Ungaretti, Quasimòdo, Luzi e Zanzotto) d. le neo-avanguardie millenials contrastano trinariciutismo atelierano (Ladolfi), minimalismo (Magrelli, Zeichen e Marcoaldi), rigurgiti neo-ermetisti (De Signoribus), ecologismo (Piersanti e Arminio), realismo (Oldani e Langella) e i «dilettantismi» beceri e ignoranti dei lit-blog; 2. L'uso dell'ironia come dédoublement e  «vertigine che sfocia nella follia» (Paul De Man): a. Carlo Dossi «Buona ironia! Rimane il miglior idealismo preservativo, ricostituente, immunizza, è una ricchezza inesauribile, perché, coll’usarla, la si riproduce; è un giocare colla vita [...] Or bene, ecco le proposizioni annunziate da Carlo Dossi [...] (L’Ora Topica di Carlo Dossi, 45) b. Gian Pietro Lucini recupera il didimeo foscoliano, l'humorismo dossiano e l'ironia di Gli uomini rossi (Beltramelli) e c. Sanguineti riscopre D’Annunzio al vaglio dell’Humorismo di Lucini e, con Anceschi, rivolge l’ironia di Revolverate verso l’ermetismo d. la NeoN-avanguardia utilizza l'anti-frasticità dell’ironie dell'estetica francese contemporanea (Derrida, Guattari, Deleuze, Baudrillard e Debord) come arma invettiva e l'Anti-gruppo siciliano utilizza l'umorismo come forma di impegno socio/politico (Apolloni e Contiliano); 3. Lo sfruttamento del «verso libero» contro ogni intransigente scheda metrica: a. l’introduzione del «verso libero» in Italia - a mia mera interpretazione storiografica- non nasce con D'Annunzio (Laudi), con Corazzini (Tipografia abbandonata) e Govoni (Armonia in grigio et in silentio), con i misconosciuti simbolisti italiani (Sormani, Quaglino, Sinadinò): nasce con la scapigliatura di Dossi e Tarchetti (Memento), su influenza del «vers libre» francese; b. Lucini, con Il Verso Libero del 1908 diventa massimo sostenitore del «verso libero» - contro il «verso libero» barbaro d’annunziano e, in seconda battuta, contro il «verso libero» marinettiano e il suo discorso sul «verso libero» e sul neo-sperimentalismo è raccolto da Sanguineti e dall'intero Gruppo63; c. le neo-avanguardie millenials - contro derive neo-ermetiche e neo-orfiche e contro la degenerazione estremistica romantica ladolfiana- recuperano «verso libero» luciniano e sperimentalismo dei Novissimi (mai in chiave «parodica»).

 

Con la conoscenza diretta di Bauman, i miei «frammenti ametrici» si trasformarono in «frammenti chorastici». La «chora», nella cultura ellenica antica, è zona intermedia tra «polis» e «oi barbaroi», traducibile col concetto moderno di «liminalità», rubato da Binswanger a Jaspers. Col fallimento della Lehman Brothers, l’individuo moderno si trovò in una fase di transizione (krisis), sulla «soglia» del tardomoderno, in una situazione rilevata e segnalata dalla new sociology (Bauman, Beck, Sennett, Lipovetsky e Gallino). Nacquero l’antologia Chorastikà e Tardomoderni (la maggiore antologia del XXI), il movimento NeoN-Avanguardista e l’Anti-Manifesto. I miei «frammenti chorastici» si infradiciarono di concetti come zycie plyn (vita liquida) połączenie/rozłączenie (connessione/disconnessione), turysta (turista), nomadyczny neokapitalizm (neocapitalismo nomade) e nie miejsce biwakowe (non-luogo campeggio) [Bauman], existentielle polyphonie (polifonia esistenziale) [Beck], flexibility (flessibilità)  [Sennett], individualisme (individualismo) e dissolution (dissoluzione identitaria) [Lipovetsky], finanziarizzazione [Gallino]. Per finire, l’incontro, in accademia, con la new epistemology (Schlick, Popper, Feyerabend, Kuhn, Lakatos, Morin), la neuro/psico estetica e le neuroethics, e la conclusione della transazione (krisis) nella distinzione tra evo moderno ed evo tardomoderno, accompagnate dalla mia avversione verso l’ontologia estetica novecentesca (Pascoli, Carducci, D’Annunzio, l’ermetismo), trasformarono i miei «frammenti chorastici» in «anti.poesia», riot text, fondata sulla pragmatica (caduta la semantica con l’ontologia estetica moderna), sull’ironia/carnevalizzazione anti-frastica, sulla concezione di arte come «interazione sociale», sull'avversione analitica ad ogni «metafisica» e sull’uso dell'osservazione dell’anatomopatologo (basi socio /etno /antropoligiche dell’arte). La mia soluzione, under construction, del dilemma della caduta della ontologia estetica moderna (d'origine dantesca) è la sostituzione dell’ontologia estetica moderna con una nuova socio/etno/antropologia estetica (NSEAE), come sconfessione del mio ultimo saggio Il contributo «neon»-avanguardista alla concretizzazione di un’originale anti-«forma-poesia» (2018). L’anti-analisi attuale del mio ultimo saggio Il contributo «neon»-avanguardista alla concretizzazione di un’originale anti-«forma-poesia» (2018), con esito dell’inutilità della scrittura moderna nel tardomoderno e conclusione del rifiuto della realizzazione di ogni forma d’arte trovano un nuovo sbocco nella riformulazione dei fondamenti estetici dell’arte. Le basi della mia nuova socio/etno/antropologia estetica sono: 1. L'interpretazione della storia della letteratura contemporanea anti-novecentista in base alla triade Dossi/ Lucini/ Sanguineti; 2. L’uso dell’ironia come dédoublement e «vertigine che sfocia nella follia» anti-frastiche (Paul De Man); 3. Lo sfruttamento del «verso libero» contro ogni intransigente scheda metrica; 4. L’applicazione della new sociology all’attività artistica; 5. L’introduzione di un’«anti.poesia», riot text, fondata sulla pragmatica (caduta la semantica con l’ontologia estetica moderna), sull'ironia/carnevalizzazione anti-frastica, sulla concezione di arte come «interazione sociale», sull'avversione analitica ad ogni «metafisica» e sull’uso dell’osservazione estetica dell’anatomopatologo (basi socio /etno /antropologiche dell'arte).

 

Claudio Damiani, di me, scrive:

«Anzitutto mi piace l’osservazione che hai, che è quasi da narratore (che io ho sempre invidiato, per come questa osservazione abbia la capacità di distrarci, occuparci) e come questa osservazione frequenti i luoghi comuni, e li cerchi e collezioni anche, con pazienza di antropologo, o sociologo, ma al tempo stesso osservi con naturalezza, con verità. E dice, con massima chiarezza, ciò che osserva».

La scrittura, diventando experimental aesthetics si libera definitivamente dall’«io elegiaco» cartesiano dei «poeti» lirici italiani (Linguaglossa). Il riot-text, come «anti-poesia», continua a fondarsi, con le debite correzioni rortyiane, sull’ironie derridaiana e deleuziana, sull’humorismo dossiano, sull’ironia delle Revolverate di Lucini, sul decostruzionismo concretizzante di Triperuno, sull’arma invettiva delle neoavanguardie, sulle «dédoublement e vertigine che sfocia nella follia di Paul De Man, sulla carnevalizzazione bachtiniana, sull’uso del putpourri estetico - considerati tutti come tentativi, involontari, di anticipazione della sostituzione di una ontologia estetica moderna- indirizzate contro «poesia elegiaca» e «auto-linguaggio dilettantesco», e si innova con «esperimenti estetici», con l'osservazione partecipante e con la massima clearity.

 

Questa deve essere l'«esperienza estetica»: un «esperimento estetico» di osservazione partecipativa spiegata (explanation) con massima chiarezza comunicativa.

 

 

Ivan Pozzoni

Conducator del Kolektivne NSEAE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

0. HYPERVERSI

 

Domandandoci, con candore, cosa ci sia accaduto di tanto strano

da farci rimanere, entrambi, a sacrificar fondi d’intonaco,

chiamandoci in ufficio, a mezzanotte d’un venerdì sera,

ci ritroviamo, all'erta, irti d’aculei erti

sulla bocca del cannone e dello stomaco.

 

Perversi, siamo, attenti a non cadere nella rete di astuti bracconieri,

intenti a non finire in rete senza desiderio d’esser cannonieri

di razza, marchiati da 2 m, miseria e malattia,

muovendoci, a destra, manca alternativa, come centenarii,

come farfalle cieche incontro a riarsi lucernari.

 

Più che sadici, siamo masochisti,

rifiutando vite consumate all’aria rincorrendo tonici ciclisti,

senza ardimento alcuno d’urlarci, in interfaccia,

che il futuro ci riservi cartastraccia,

imballata in bende di Linux

come vecchi faraoni tumulati coi nervi,

snervi, d'acciaio inox.

 

Stemo atenti.

A pagar no te impressar

che pol darse l'acidente,

che non ti paghi niente.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 Zycie plyn

CARONTE, IN RIVA AL LAGO

 

Seduto su una roccia, in riva alle acque turbolente

macchiate di ricordi del mio Lete lacustre,

mi tramortisco col rumore ombroso delle onde

che cantano dei miei vent’anni, d’amori e attese blande.

 

Cerco un Caronte astioso e ansante,

che meni la mia barca sui fiumi d’Occidente,

rodato dosatore d’ansiolitici, seduta stante,

scorbutico maleducato, rude bifronte.

 

Cerco un Caronte, un Caronte vero,

temerario consulente abituato a transumanze d’ogni genere,

con remi, barba stanca,

obolo di scorta che difenda all’arma bianca.

 

Seduto su una roccia, rinvio a domani

l’insulsa immaturità delle mie mani.

 

 

 

 

 

 

 

 STORIE D’ITALIA A MODULO CONTINUO

 

Stacca una banda, staccane un’altra,

modulo continuo da continua violenza

d’essere modulato.

 

Parlavi al diavolo la notte in cui hai ceduto di schianto,

sotto centimetri sussultori di terremoto, traducendo in esperanto,

di sermo humilis, sublimità da Cristo incarnato,

cadendo a terra, verso un inferno senza ritorno.

 

Stacca una banda, staccane un’altra,

modulo continuo da continua violenza,

d’essere modulato da un Dio in vacanza.

 

Lamentavi raffiche d’assoluzione davanti ai banchi d’un tribunale

interessata a mettere all’asta la differenza tra bene e male,

versando lacrime nei letti del Nilo dei tuoi decenni senza cambiamenti.

 

Stacca una banda, staccane un’altra,

modulo continuo da continua violenza,

d’essere modulato da un Dio in vacanza,

d’essere assediato da una moralità d’assenza.

 

Ricordi d’aver varcato confini d’aziendali di colonne d’Ercole,

non vedendo Canaria alcuna nelle iridi chiare delle tue canicole,

schiudendo il viso alle frustate aspre

d’ispidi morsi d’accorto aspide.

 

Stacchiamo una banda, stacchiamone un’altra,

moduli continui da continua violenza,

d’essere modulati da un Dio in vacanza,

d’essere assediati da una moralità d’assenza,

sentendoci brocchi da corsa, destinati alla mattanza.

 

 

 

 

 

 

BRONCHOPNEUMONIA

 

Sei arrivata dalle oscure terre del freddo Est,

riarse dai roghi luminosi di Jan Hus e di Jan Palach

- mi ricordano il suono indistinto del tuo nome

che non so ancora dire, che non so ancora urlare-,

sei arrivata con una borsa piena delle mie fatiche di Ercole

senza riuscire a scambiare i tuoi occhi coi miei occhi,

senza riuscire a scioglierti sotto i colpi del sapore corrosivo del mio alito

(la mia lingua taglia, erode, brucia).

 

Alle anime gemelle non occorrono due anime,

si scontrano come corpi nella concretezza della terra,

si scontrano sulle bollette da pagare, sui conti in rosso, su vite in bilico,

alle anime gemelle non occorrono due corpi

attraverso cui scopare, rotolandosi voluttuosamente in letti madidi

su cui restano impressi i segni delle catene,

alle anime gemelle non occorrono due menti,

alle anime gemelle non occorrono due cervelli,

alle anime gemelle non occorrono due cuori.

 

Sei volata via come la brezza del fantasma di un amore fragile

lasciandomi il compito di rimettere insieme i cocci

della nostra nuova lingua: italiano - english - český,

in un threesome che, ragionevolmente, caratterizzerà la nostra storia,

a fare i conti con il tuo timore di amare e la mia incapacità d’essere amato,

a tossire, a vomitare sangue, a bruciare (due mesi?)

d’una inarrestabile bronchopneumonia amorosa.

 

Alle anime gemelle non occorre niente,

bastano a se stesse, figurine doppie

sovrapposte sull’album dei ricordi della vita,

a mettere in rilievo un attimo brillante di felicità

al tatto di un Dio che colleziona cadaveri e esperienze altrui,

a Milano, a Karlsbad, o a Milansbad.

 

 

RINO

 

Prima che la critica si accorga che esista

dovrò fare la fine drammatica di Rino Gaetano,

senza che l’airbag che protegga l’autista

senza che il tempo mi tenga la mano.

 

Battere, battere, battere i tasti

battere forte, battere ancora

coll’emergenza di acuti scoliasti

che cambieranno l’ordito com’è ora.

 

E io intanto scrivo, piangendo lacrime di cinnamomo,

nel cuore la donna che ha miscelato i miei cromosomi,

mi tocca vivere di chicane come in autodromo,

col coltello tra i denti a rivedere tutti i miei assiomi.

 

Non sono certo di riuscire a sopravvivere

dopo tanta sofferenza e dolore,

al massimo mi ritroveranno cadavere,

arrivando a sentire il mio cattivo odore.

 

 

 

 

 SIAMO TIGRI DI CARTA

 

L’una di notte non suona mai così spontanea

dalle mie mani dense di ragadi non battono doloranti filastrocche,

da anni, oramai, sono vittima collaterale di una metrica troppo risoluta

schiava di no Tav, no Vax, no tax, no fly zone,

i miei acidi gastrici carburano con tonnellate di Pantoprazolo

con la digestione impedita da uno stomaco butterato dai buchi del vaiolo.

 

Responsabili e irresponsabili allo stesso momento

rogitiamo case come se dovessimo vivere in eterno,

non ci fidiamo a essere padri o madri e, con nonchalance,

adottiamo amori destinati a non sopravvivere un decennio

non vediamo l’ora, dopo una giornata, che il destino ci scodinzoli alla porta

e non ci rendiamo conto, allo specchio, di barattarci con tigri di carta.

 

Pure va tutto bene e non c’è niente che funziona,

attento alle calorie in eccesso, col contapassi da asino da soma,

bulimizzo ogni sentimento, enigmatico come la sfinge di Chefren,

nessuno saprà mai se sono pago o sto a tre metri dall’overdose d’En,

ubiquo nell’arena, sotto il drappo rosso, bovino dall’aspetto esangue,

non si capisce se sono qui o vorrei stare ovunque.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 Existentielle polyphonie

 

CATABASI

 

Più che Achille scontroso o insolente Odisseo andati a troia,

emetto suoni stranieri, sconfitto, in marcia con diecimila decimati

alle volte dell'Ellade, deciso a resistere - menestrello combattente-

contro assalti ed imboscate dei barbari balbuzienti rintanati in tv.

 

La mia sorte, sorte vostra, nostra sorte d'uomini uccisi - suicidati - dichiarati morti

dall'eccessiva attenzione dedicata all'artista o all'artiere,

nell'esercito in ritirata verso alee di casa è tornare sulle nostre orme

stando attenti a non scansare di calcar calchi d'infamia,

inclini a urlar thalassa, lontani da Cunassa.

 

 

 

 

 

 

 

JANA WENT TO PRAGUE

 

Jana went to Prague

chiudendo a chiave in un cassetto

tutta la dolcezza dei suoi cristalli di bohèmienne,

si sente in trappola, chiusa fuori da ogni gabbia,

e, rimanendo alla finestra, abbracciata alle sbarre,

osserva incuriosita la confortevolezza della non libertà.

 

Jana went to Prague

mettendo nella sua borsa tutti i suoi dipinti, le sue idee,

la sua interpretazione triste della ferinità brutale di ogni maschio,

inchiodato sulla carta, condannato, come mero organo,

a suonare nelle chiese durante i funerali,

a trasportare l'inaffidabilità dei propri ormoni

come macigni di Tantalo.

 

Jana went to Prague

col cuore scoraggiato dalla noia della solitudine,

dimenticando il coraggio di noi free spirits

nel resistere alle svendite o ai saldi di emozione,

moderando i nostri istinti alla soddisfazione,

tiene stretti nelle sue mani d'artigiana,

fredde come sanno essere fredde le mani delle ragazze di Karlovy Vary,

i disegni di un drago, i segni degli incisivi dell'amore di sua figlia

incastonati, come fosse ambra, nella dura plastica di un sex-toy.

 

Jana went to Prague

con il suo sorriso da diamante smarrito in un giardino

a mettere in discussione il suo indiscutibile valore

davanti a un bicchiere di vino e di imbarazzo,

l'imbarazzo angosciato di noi dirty persons,

quando cerchiamo di rateizzare le nostre schiavitù,

affidandoci alle braccia di chi ci mostra scarso interesse.

 

Jana è andata a Praga, e non so se tornerà,

inebriandomi ancora col sapore del suo sorriso

con la contagiosità del suo profumo,

con l'entusiasmo della sua pelle,

Jana è andata a Praga, e io sarò lì, con lei. 

 

 

IL CHIHUAHUEÑO DI PORT-ROYAL

 

Quando ti svegli nella notte e ti avvicini, fragorosa, al batter dei miei tasti

chissà se è me che cerchi, chissà se è me che trovi,

col comportamento di una scimmia allo specchio, la scienza afferma ogni tua inconsapevolezza

e non ricusa, nell’homo sapiens, la stessa consapevolezza con l’esperimento della televisione,

mass-media, esiste chi vive o vive chi esiste auto-identificandosi dentro a un video,

mass-media, la somma dei valori numerici delle masse cerebrali, fratta del loro numero.

 

Quando guaisci, piangi? O è solamente una danza indeterminata di interazioni neurali

a muoverti, muscoli, sentimenti, sogni? Quando dormi, sogni?

Mi scopro, a volte, a interrogarmi sulla nostra reciprocità:

sentiamo un amore senza condizioni, una resa incondizionata, vicendevole,

e tu sbadigli, disinteressandoti d’ogni feedback, forse soddisfatta

dall’immediatezza di una carezza, dall’autenticità di un sorriso o di uno scodinzolio.

 

Quando non ci siamo, soffri? O è soltanto l’ipostatizzazione di una nostra mancanza,

a muoverci muscoli, sentimenti, sogni? Quando ci studi, con il tuo naso indagatore da cerbiatto,

rifletti o agisci d’impulso? Esisti, o non esisti? Esisto, o non esisto?

Perché se non esisti, mio amore innocente, rifiuto d’esistere anch’io,

e se rifiuto d’esistere, rinuncia ad esistere il mondo stesso.

 

Sei la Tenochtitlan dell’ontologia, nata come fico d'India alla base della roccia,

ritrovata – nessuno ti avrebbe mai coperta- da Álvar Núñez Cabeza de Vaca,

sei stata saccheggiata dai conquistadores corsari della logica di Port-Royal

e ridotta, da animali senz’anima, a oggetto inanimato del binomio schiavo / padrone,

senza aver mai considerato che cambi le nostre vite più di Marx e della sua inutile rivoluzione.

 

 

 

 

 ROGITO ERGO SUM

 

Preda di un brutale scollamento tra Bund e BTP,

senza che ci tragga in salvo alcun modello CCCP,

la nuova parola d’ordine è investire sul mattone

che con il crollo delle borse inter-stellari ogni risparmio è un’illusione.

 

Se la banca ci concede un mutuo bisogna levare alti i nostri tedeum

e scaraventarci a scegliere tra un parquet o un linoleum,

nascono, come funghi, agenzie immobiliari ogni due m²,

immobiliaristi dall’occhio bovino che ci costringono a diventar mezzadri,

decerebrandoci in attività tipo il misurare una chaise longue,

con i neuroni ancorati a Malta come le navi di una Ong.

 

Lo Stato feudatario c’accorda lo ius primae casae

nuovi acquisti e ristrutturazioni sono adito d’ukase,

chi riesce, a fatica, a svincolarsi dal contratto d’affittanza

è bandito dalle liste del reddito di cittadinanza,

e avrà l’onore di finire a fare il barbone

con il culo sul divano davanti alla televisione.

 

Monolocale, cantina, bilocale, box, trilocale

cantori, senza ascensore, abituati a far le scale,

cerchiamo, allucinati, di non finire in uno slum,

al grido unanime di rogito ergo sum.

 

 

 

 

COVID

 

Scrivere sul Coronavirus, adesso, non ha senso,

tutti a tamponarsi senza chiedere consenso

stormi di ambulanze sciamano dal deposito dietro casa

facendo della Lombardia una regione a tabula rasa,

e loro, a correre sui marciapiedi o a formar crocicchi

con grovigli di maschere che neanche un film porno di Schicchi.

 

E i volponi UE mesi a discutere di Mes condizionato

chi cazzo mi trova un lavoro che son rimasto disoccupato,

mi attende una meravigliosa vita da recluso in casa

a togliere i capelli dalla doccia sennò il tubo si intasa,

viva il governo olandese che non vuol condividere il debito

senza capire che a star seduti sullo Stivale l’Europa rischia piaghe da decubito.

 

E il terrore di morire in solitudine corre sul filo, avanza,

alcuni a reclamare i loro dieci anni di meritata vedovanza,

altri a non voler finir scannati come animali

a me, se muoio, buttatemi in una fossa comune tra battone e criminali,

nell’attesa che un eroico ricercatore David

riesca ad abbattere a fiondate il pandemico Covid.

 

 

 

 FRANCESCHIELLO

 

L’amore eterno è eterno: andata, ritorno e morte.

La morte è il fischio dell’amore eterno di un’acquaforte,

dove sono dipinte coppie morte, immortali ed eterne

coperte dalla certezza di eternità come calaverne.

 

Insomma, tutto ‘sto casino per dire che l’amore eterno

non si sfascia come quando pieghi troppo un quaderno,

il filo refe dell’amore eterno è referente di una corda d’oppio

e non deve penzolare come la corda di un cappio.

 

Amore eterno, vita eterna, divinità eterna non valete un cazzo

se tutta la vita è flessibile come i reticoli di un pupazzo,

se c’hai l’amante col tumore allora scappa, veloce come Franceschiello

tanto non c’è a Gaeta un castello dove rinchiuderti con un chiavistello.

 


GLI UOMINI SENZA COGNOME

 

Gli uomini senza umanità non hanno il cognome,

vivono, inintelligibili, come uno spartito di sole semibiscrome,

coltivando il loro misero orticello, due camere e un bagno,

in cerca di condoni reiterati, su terreni del demanio.

 

Gli uomini schiavi dell’indifferenza non hanno il cognome,

ci immunizzano, inutili, come la milza nell’addome

dal fervore, dall’interessamento, dalla solidarietà civile,

convertendo l’egotismo dello stilita in uno stile.

 

Gli uomini senza intelligenza non hanno il cognome,

martellano, propagandistici, con l’arroganza di una réclame,

condannando il mondo a un’esposizione a 100.000 röntgen

col contegno truffaldino della piramide di Chefren.

 

Gli uomini senza cognome, si chiamino Roberti, Lorene, Glorie,

devono essere affogati dentro ettolitri di damnatio memoriae,

non ci devono tangere, novelli Mario Chiesa,

ché buttare i nostri valori nel cesso non è una bella impresa.

 

 

 

 

 

 

a tutti quelli che hanno qualcuno da piangere

 

A tutti quelli che hanno qualcuno da piangere,

in nome della loro mancanza di ispirazione,

hanno la fortuna di non aver niente da ridere,

come nel ritornello de La donna cannone.

 

A tutti quelli che hanno qualcuno da piangere,

una bottiglia di vino come amico fragile,

gli occhi gonfi pieni di dispiacere,

gli occhi gonfi di sangue come uno sbandato pugile.

 

A tutti quelli che hanno qualcuno da piangere,

che si sentono da buttare via

e non hanno agli occhi zanzariere

che permettano di scacciare ogni fobia.

 

A tutti quelli che hanno qualcuno da piangere,

stanati sulle labbra di un amore,

non trovano la forza di vivere

quando hanno strappato loro il cuore.

 

A tutti quelli che hanno qualcuno da piangere,

sbattuti sulla riva come Ulisse,

nuovi eroi che non hanno niente da vincere

lacrime sulle ordinate e sangue sulle ascisse.

 

A tutti quelli che hanno qualcuno da piangere,

ta-ra-da-dà, e le seconde strofe sono tutte da inventare,

devono apparire come stessero per sopraggiungere

come buche carsiche sulle strade dell’amore.

 

A tutti quelli che hanno qualcuno da piangere,

piangete, piangete, non lesinate

le lacrime si rimpiazzano con un buon bicchiere

smezzato a sorsi di lacrime bicarbonate.

 

 

 

Ezra Pound

 

La città non muore mai, avvolta in un alone di fuoco,

nemmeno se la coprono di cavalli di frisia,

non serve neanche riempirla di portoni taglia-fuoco,

la città è sola, si scioglie facilmente in un barattolo di magnesia.

 

Siamo tutti soli, siamo tutti fatti a pezzetti

i palazzi continuano a farci da cellophane

la solitudine ci impedisce di far progetti

proiettati come Prost in una mortifera chicane.

 

Le relazioni durano un tanto al metro

amore, amore, sì, ma con criterio

tutti morti, tutti alla Porta di San Pietro

con una scientifica vocazione al martirio.

 

È la festa del lavoro, dignità umana

si va avanti a raccomandati e figli di puttana,

tutti, depressi, ad attendere il Recovery Fund,

e finiremo con Mussolini a stringer la mano a Ezra Pound.

 

RIDATEMI I MIEI VERSI

 

Se non sono ancora in grado di scrivere versi

mamma, è perché sono finito tra gli encefali persi,

mamma, amavo una donna prima che fosse nata

e la mia serotonina si è trovata abbandonata.

 

Ho cantato dei deboli, dei distrutti, i miei scarti di magazzino

non credevo di diventare anche io flessibile come un manichino,

della consistenza di un esacerbato Krusty il clown

detonato senza miccia da giorni up e giorni down.

 

E io scrivo, versi disprezzati da me stesso e dalla popolazione,

mentre tu, con una valigetta rosa, prendevi il largo alla stazione,

senza nemmeno renderti conto che io ero caduto

nel fango dei miei neuroni come se fossero un anacoluto.

 

Se mi riuscisse un nodo scorsoio mi appiccherei a un albero

perché a me non resta l’alternativa tra il suicidio e il ricovero,

io nel mio fegato so che è cosa mia

in pubblico continuiamo con la terapia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

MITO-LÓGIA

 

Pensare d’esser contadino di semi d’angoscia

su una terra dura come monumento funebre,

distribuendo sale sulle anime dei vivi,

le anime dei morti sono meno sfuggenti.

 

Pensare inquietando, a vicenda, le nostre inquietudini,

«effringere ut arta / naturae primus portarum clausura cupiret»,

non smettendo mai di bussare alle finestre dell’amore smarrito,

con la bellezza effimera dello shoe-shine.

 

Pensare, straziati di lacrime come una madre davanti alla bara d’un bimbo,

senza barare, novelli Yudhishtira, ai dadi del Dharma,

crollandosi addosso tra i frammenti ossei del nostro scrivere,

osservando cianotici volti.

 

Pensare, e continuare a farlo, minuscole divinità creatrici del divino,

mito-logiche chimere sbranate dall’occhio di giada della tigre,

senza mai afferrare i mille sensi della vita.

 

 

 

 

 IL TANGO DEL BANDOLERO

 

Bandolero, da dieci anni la pensione ti ha levato ogni pensiero,

passi i giorni alle bocciofile schiavo del tuo tempo libero, Bandolero,

cinquant’anni trascorsi in banca a maneggiare l’altrui denaro

e, ora, in coda a ritirar la social card felice vittima del rincaro.

 

Bandolero!

 

Bandolero, con il bancomat a tracolla cadi preda d’ogni phishing

ignorando, con orgoglio, l’esistenza dell’home banking,

Bandolero, doni al consulente finanziario provvigioni a palate

accogliendo nel tuo portafoglio il meglio delle obbligazioni subordinate.

 

Bandolero!

 

Bandolero, irresponsabile correo del boom economico italiano,

il tuo voto spensierato a Andreotti, a Spadolini o al dio craxiano,

ci ha gettato tra le braccia di una troika assai baldracca,

e mentre balli soddisfatto noi nuotiamo nella cacca.

 

Bandolero!

 

Bandolero, damerino impomatato con le vecchie al capezzale

grazie all’uso spassionato di un catetere vescicale,

balli il tango con maestria alle sagre del paese, Bandolero,

contando i pasos doble della strada che conduce al cimitero.

 

Bandolero!

 

 

 

 Il nostro bimbo avrebbe avuto occhi belli

 

Il nostro bimbo avrebbe avuto occhi belli,

la tua smania di vivere e i miei momenti chiusi

avrebbe avuto mille diavoli tra i capelli

guizzanti nei suoi cento Parnasi.

 

Il nostro bimbo avrebbe avuto le stigmate,

e avrebbe intessuto fittissimi dialoghi con gli animali,

il tuo viso scuro delle cavallerizze sarmate

il mio amore viscerale di versi e madrigali.

 

Il nostro bimbo non sarebbe mai cresciuto,

imbrigliato di una rete di ragni caramellati

non avrebbe mai avuto bisogno d’aiuto

tutelato da buffoni loricati.

 

Il nostro bimbo mai nato,

schiavo d’un qualche Durex lubrificato,

è un’occasione chiusa nel mio diaframma cardiotoracico,

immerso, ferito, in una membrana d’arsenico.

 

LE LACRIME DI UN DIAVOLO

 

 

Se da mille lacrime scaturisse un sorriso

sarei un diavolo seduto in Paradiso,

a attendere san Pietro, con la sua benedizione,

mentre recalcitro, nel cuore, la mia amara conversione.

 

La vita è bella, la vita è sana

non bisogna tener conto di quei figli di puttana,

che governano con metodi efferati

i disgraziati dagli stomaci affamati.

 

Meglio rintanarsi in una camera oscura

dove i colori non facciano paura,

mettersi a scrivere a un tavolo

e l’unico a cadere da cavallo, San Paolo.

 

Se dal mio curore sprigionassi ancora amore

non avrei bisogno di piangere ventiquattr’ore,

senza interruzioni, non creduto da nessuno,

affogato in un bicchier di lacrime come Nettuno.

 

 

 

DACIA

 

Le aquile marciano sulle strade della Dacia,

in testa l’imperator Marco Ulpio Traiano

ha costruito una Romania aliena dalla fiducia,

meglio l’avesse organizzata Vespasiano.

 

Chi credeva che l’ordo militaris,

fosse sostituito dall’ordo consumaris,

dopo secoli di cambiamenti

tra pesti, recessioni e sbeffeggiamenti?

 

L’ordine mondiale è il dominio di una manciata

di miliardari difese da una munita barricata

i nuovi schiavi saranno tutelati da una scudisciata,

non dal Grande Fratello Vip o da una tv codificata.

 

 

 

 

 

 

 

 LA BALLATA DELLA RACCOMANDATA

 

Che ti perplima che stia aiutando la mia compagna a trovar lavoro, mi delude al quadrato,

forse chi c'ha un genitore con la fabbrichétta corre meno rischi di rimaner disoccupato,

e spesso nemmeno corrobora la sensibilità che, in una mente disperata e vinta,

basti a crear forza e speranza anche far finta.

 

Queste, alla faccia del cazzo, sono le risposte di chi lavora nel sociale,

ore ed ore a dis-educar ragazzi, esperta nell’arte di sapersi far raccomandare,

che, se ti va male, attendi, anche dieci anni, in una casa guadagnata col sudore,

sì, il sudore della fronte della fabbrica del genitore.

 

Cosa dire, ti auguro, molto in fretta, di cadere e farti male,

senza babbo e mamma che ti segnalino immediatamente al direttore,

di una cooperativa dove il proletario sperimenta anni e anni di precariato,

e te, magari, oggi, c’hai l’indignità d’un contratto a tempo indeterminato.

 

 

 

 

 L’EPATITE IVA

 

Il contribuente italiano medio tra tasse, imposte e accise

subisce morsi e ricorsi stoici peggio che alla Corte d’Assise,

navigando sempre in cattive acque, lo hanno dichiarato santo

e contro le scottature da cartella esattoriale usa la tuta d’amianto.

 

L’epatite IVA è una malattia altamente contagiosa,

il cuneo fiscale ha la funzione di un catetere senza ipotenusa,

drenare liquidi dai buchi neri dei conti correnti non millanta

l’idea di far chinare concittadini sofferenti a quota Novanta.

 

La metafora del drenaggio, verso lo Stato italiano, non è balzana,

l’Agenzia delle Entrate ci rivolta i calzoni come indomita mezzana,

la malattia è ormai cronica, come terapia sedativa resta la flat tax

la calma piatta dei mercati internazionali non ci facilita il relax,

tra salvare 5.000.000 di italiani o incrementar lo spread

la scelta è tanto semplice che non ci vorrebbe un Dredd,

speriamo solo che un nuovo dottor Sottile non emetta prelievi forzati

sul 6‰ dei conti correnti dei soliti disgraziati.

 

 

 

IL REDDITO DI CITTADINANZA

 

Il reddito di cittadinanza è un animale da bestiario,

si applica al barbone, alla casalinga e al milionario

al figlio, inintestato, del magistrato di Corte d’Assise

che abbia avuto la sollecita scaltrezza di cassarsi l’Isee.

 

Da Maggio tutti in fila fuori dall’ufficio di collocamento

milioni di italiani trafitti dalle solite manie di tesseramento

con le nuove Postepay del sussidio i maestri del «mi spezzo, ma non m’impiego»

avranno tre finte opportunità di lavoro cui presentar finto diniego

alpinista in Molise, bagnino in Val d’Aosta, immigrato a Riace,

tutti chinati a Novanta davanti a onnipotenti navigator in orbace.

 

Per essere beneficiati dal munifico sussidio da nullafacente

bisogna avere meno di 10.000€ sul conto corrente,

insomma, bisogna essere un rom, un barbone o un delinquente.

Chi ha una moglie che lavora, ahimé, deve correre alla Sacra Rota,

chi c’ha il babbo imprenditore, forza!, deve fare come il Trota

con le case intestate a terzi a Montecarlo e i rimborsi spese in nota.

 

Il reddito di cittadinanza è la solita furbata elettorale,

regalare soldi a Napoli, Cosenza, Palermo non hai mai fatto male,

e alla fine, tra finti divorzi, terzi intestati, stato di famiglia modificato

l’unico a rimaner truffato sarà chi è davvero disoccupato.

 

 

 

 

LA VERA STORIA DELLA DIETA DI RONCAGLIA

 

La spassosità dei cookie di internet riesce ad essere origine di creazione artistica.

Documentandomi, in modo superficiale, con wikipedia, sulla dieta di Roncaglia,

ecco apparire, in una nuova scheda, l’esilarante spam: «come dimagrire celermente […]».

 

Pensavo: come non associare alla dieta di Roncaglia,

l’idea di un Federico Barbarossa defraudato di tovaglia?

Pensavo: è curioso meditar sui mutamenti della Lega,

allora, alle prese con la difficoltà quod placuit principi, habet vigorem legis di un brocardo,

e, nell’attuale, messa in discussione sulla dieta mancata del Trota e company,

su rimborsi dei conti al ristorante da un miliardo.

 

La vera storia della dieta di Roncaglia insegna che il magna magna di una politica bugiarda

conduce, in Europa, alla vittoria del tedesco su ogni forma di nuova Lega Lombarda.

 

 

 

 

 

 

L’AQUILA

 

E io che ho visto estinguersi le aquile,

nei capannoni sincopati di periferia,

volavano alte sopra il campanile,

ed erano animali a fantasticheria.

 

Non ci sono le aquile sui colli della Brianza,

sono state trascinate in montagna senza un impeto di pietà,

dicono che ne sia stata fatta una mattanza,

sotto ordine di qualche malfamata Società.

 

Sulla Brianza volano stormi di piccioni,

non è un gran spettacolo – disi-, sono a migliaia,

devono avere rilevato una Società per azioni,

mi auguro che non sia alimentaria.

 

I nostri nonni mangiavano i piccioni

era una questione di tessera annonaria

la società dei ciccioni

ha divorato un’aquila azionaria.

 

 

 

 

 

 

 

 

- 0 LA TERZA VOLTA DI LAZZARO

 

Questa è la terza volta che mi levano il sudario,

sono ancora in grado di flexare senza l’uso di un rimario,

non riesco neanche a sperare nel famoso logos di un missile russo,

in cammino sulla strada verso Odessa con venti sintomi da reflusso

curiosissimo dello stato dello star system italiano bevo vodka ed un cachet

nessun refolo di cambiamento: dittatore di Atelier è restato Giuliano Berchet.

 

Spostato il masso del sepolcro, dopo sei anni, controllo il catalogo Mondadori,

sarà svanito il cucchismo, 0,9% del fatturato, e mi ritrovo i soliti cinque autori

Ruffilli, Lamarque, De Angelis, le solite novità settuagenarie, e l’Opera omnia di Viviani,

che a raccontare tutto in Macedonia e Kosovo non smetterebbero di batterci le mani,

Yēšūa, nel 2018, ti eri impegnato a regalarmi il dono dell’auto-felllatio,

nel 2024, con impegno, vedrò di fare il miracolo da solo, senza estensione del prepuzio.

 

Questo continuo rinascere, e sparire, rinascere, e sparire, mi sta mettendo in confusione

sono l’artista del Raduga, dello Strega e del Montano, o una valletta della televisione,

va a finire sempre nello stesso modo: inizio a scrivere e mi metto nei pastiche,

m’hanno detto che cito citazioni di citazioni come Lapo tira su le strisce,

le uniche citazioni le ricevo in Tribunale da mediocri titolari di associazioni di Rimbaud

che chiedono elemosina ai «dilettanti» allo sbaraglio asserragliati nei lit-blog,

ho idea che mi richiudo ancora nella tomba e mi rimetto a studiar l’abbecedario,

le donne sono andate tutte via, come cazzo faccio a rimettermi il sudario.

 

 

 

 

 BIOBIBLIOGRAFIA IRRITANTE ALLA CRITICA ITALIANA

Ivan Pozzoni è nato a Monza nel 1976; si è laureato in Giurisprudenza con una tesi sul filosofo Mario Calderoni. Si è occupato, a livello accademico di: filosofia del diritto, teoria del diritto, epistemologia e storia delle scienze, estetica, etica, teologia, sociologia dell'arte, storiografia filosofica, storiografia della letteratura, critica letteraria, sociologia, psicologia, psichiatria forense e medicina legale. Ha superato - come visiting student- i corsi accademici di filosofia, sociologia, psicologia e medicina. Primo, insieme ad uno sparuto manipolo di studiosi, ha introdotto in Italia la materia della Law and Literature, divenendone uno dei massimi esperti italiani. Ha diffuso moltissimi articoli dedicati a filosofi italiani dell’Ottocento e del Novecento, e diversi contributi su etica e teoria del diritto del mondo antico; ha collaborato con con numerose riviste italiane e internazionali:

 

 Annuario Centro Studi Giovanni Vailati - Epistemologia - Novecento - A&I - Diogene - Dialegesthai - Il Contributo - Información Filosófica - Parènklisis - Aquinas - Foedus - Modelli & Teorie - Il Protagora - Uno/Molti - Per la Filosofia - Annali Ferraresi - Notizie di Politeia - Itinerari - Annuario della filosofia italiana - Filosofia oggi - Cartevive - Otto/Novecento Libro Aperto - Nóema - Rivista Rosminiana - ComplessitàUT - Osservatorio Letterario - Historica - Il foglio clandestino - Arenaria - Fermenti - Forum Italicum - Sìlarus - Sudest - La mosca di Milano - FarePoesia - Il foglio volante - Parole - Punto d’incontro - Inverso - La Clessidra - Pickwick - Prospektiva - Avanguardia - Incroci - Il filo rosso - I fiori del male - Offerta Speciale -Aeolo - Il Monte Analogo - Poeti e Poesia - Italian Poetry Review - Il fiacre n.9 - Il denaro - Narrazioni - LaM - Rivista Letteraria -Campi immaginabili - L’inchiostro - Pomezia Notizie - Universo - Peloro 2000 - Fatece Largo - Il salotto letterario - L’immaginazione - Proa Italia - Π - Il saggio - Opera Nuova - Euterpe - Segreti di Pulcinella - Il Segnale - Il richiamo - Il convivio - Il caffè - Sagarana - Kuq e Zi - Pastiche - La battana - Decomporre Punto - Le voci della luna - Verde - Il lettore di Provincia - Gradiva - Alla bottega - Rivista di Studi Italiani - L’Incantiere - Nova - Spiritualità & Letteratura - Graphie.

 

Tra 2007 e 2018 sono uscite varie sue raccolte di versi: Underground e Riserva Indiana, con A&B Editrice, Versi IntroversiAndroginiMostriGalata morenteCarmina non dant damenScarti di magazzinoQui gli austriaci sono più severi dei Borboni, Cherchez la troika e La malattia invettiva con Limina Mentis, Lame da rasoi, con Joker, Il Guastatore, con Cleup, Patroclo non deve morire, con deComporre Edizioni; tra 2009 e 2018 ha curato le antologie poetiche RetroguardieDemokratikaTutti tranne te!Frammenti osseiLabyrinthi [I][II][III][IV]Hic sunt leonesNostalgia di ItacaBustrofedicaDeliri di controriformeBeneficio d’inventarioLa tentazione di esistereChorastikàHyperversiSotto sfrattoBankruptcySoglieBail inSpending reviewStiamo tutti MaliIn vino vanitasTraguardiXXXRincipitA Troia vinse PatrocloI segreti delle fregoleAlalaiInn tucc ballDieci anni, Militanza, Acufene, La malattia invettiva, Noi, spettri, Pagine bianche e Tardomoderni (Limina Mentis), Generazione ai marginiNeoN-AvanguardieComunità nomadiMetrici motiFondamenta instabiliHomo eligensUmane transumanzeForme liquideScenari ignotiGlocalizzatiAd limina mentisExtra omnes! e Assalto ai forni (deComporre). Nel 2010 ha curato la raccolta interattiva Triumvirati (Limina Mentis); nel 2014 la raccolta di racconti Postmoderno immaginario (deComporre) e nel 2015/2018 le raccolte di racconti Tardomoderno immaginario I, II, III, IV, V, VI, VII e VIII. Tra il 2008 e il 2018 ha curato i volumi: Grecità marginale e nascita della cultura occidentale (Limina Mentis), Cent’anni di Giovanni Vailati (Limina Mentis), I Milesii (Limina Mentis), Voci dall’Ottocento IIIIII e IV (Limina Mentis), Benedetto Croce (Limina Mentis), Voci dal Novecento IIIIIIIV e V (Limina Mentis), Voci di filosofi italiani del Novecento (IF Press), La fortuna della Schola Pythagorica (Limina Mentis), Pragmata (IF Press), Le varietà dei Pragmatismi (Limina Mentis), Elementi eleatici (Limina Mentis), Pragmatismi (Limina Mentis), Frammenti di filosofia contemporanea I e II (Limina Mentis), L’oscurità d’Eraclito d’Efeso (Limina Mentis), Frammenti di cultura del Novecento (Gilgamesh), Lineamenti post-moderni di storia della filosofia contemporanea (IF Press), Schegge di filosofia moderna I, II, IIIIVVVIVIIVIIIIXX, XIXIIXIII e XIV (deComporre), Parole, immagini e situazioni I e II (deComporre), I moderni orizzonti della scienza e della tecnica (deComporre), Oltre Cartesio (deComporre), Frammenti di filosofia contemporanea III, IVVVIVIIVIIIIXXXI, XIIXIIIXIVXV, XVIXVIIXVIIIXIX e XX (Limina Mentis), Filosofi e modernità III e III (Limina Mentis), Prospettive storiografiche di teoria sociale I e II (Limina Mentis), Parole, immagini e situazioni IIIIV(Limina Mentis), L’Essere del Linguaggio, il Linguaggio dell’Essere (Limina Mentis), I moderni orizzonti della scienza e della tecnica IIIII e IV (Limina Mentis), Schegge di filosofia antica (Limina Mentis) e Fede e ragione (Limina Mentis); tra il 2009 e il 2016 sono usciti i suoi: Il pragmatismo analitico italiano di Mario Calderoni (IF Press), L’ontologia civica di Eraclito d’Efeso (Limina Mentis), Grecità marginale e suggestioni etico/giuridiche: i Presocratici (IF Press), Libertà in frammenti. La svolta di Benedetto Croce in Etica e politica (deComporre) e Il pragmatismo analitico italiano di Giovanni Vailati (Limina Mentis). Nel 2012 è uscito il numero unico di rivista, da lui curato, Le bonhomme.

     È stato fondatore e direttore della rivista letteraria Il Guastatore – Quaderni «neon»-avanguardisti; è stato fondatore e direttore della rivista letteraria L’Arrivista; è stato direttore esecutivo della rivista filosofica internazionale Información Filosófica; è stato, direttore delle collane Esprit (Limina Mentis), Nidaba (Gilgamesh Edizioni) e Fuzzy (deComporre).

 

Ha fondato una quindicina di case editrici socialiste autogestite. Ha scritto/curato 150 volumi, scritto 1000 saggi, fondato un movimento d'avanguardia (NeoN-avanguardismo, approvato da Zygmunt Bauman), con mille movimentisti, e steso un Anti-Manifesto NeoN-Avanguardista, firmato da trecento accademici e scrittori, tra cui Eco, Bauman e Barberi Squarotti. Ha combattuto il neo-ermetismo di Ninnj di Stefano Busà e di Eugenio De Signoribus, l'accademismo di Giuliano Ladolfi, il minimalismo di Valerio Magrelli, Valentino Zeichen e Franco Marcoaldi, il dilettantismo. È stato avvicinato, in recensioni su riviste internazionali, a Lucini, Esenin, Leatrémont, Persio, Orazio, Rimbaud, Anceschi, Eliot, Milosz, Majakovskij, Burchiello, Berni, Teofilo Folengo, Pulci, Goldoni. Hanno scritto di lui centinaia di critici letterari, in Italia e all’estero: Spagnuolo, Damiani, Rondoni, Lauretano, Tedeschi, Alaimo, Piselli, Linguaglossa, Troisio, Pieri, Passini, Benassi, Melillo, Pardini, Piazza, Festa, Pirrera, Apolloni, Contiliano, Montagnoli, De Palchi, Ranieri, Villalta, Pontiggia, Langella, Arminio, Anelli, Fontanella, Palladini, Kemeny, Saveriano, Bettarini, Amorese, Ruffilli, Attolico, Panetta, Lagazzi, Éderle, Romano, Ferrari, Calamassi, Vaccaro, Bolla, Soldini, Guarracino, Bertoni, Barberi Squarotti, Papa Ruggiero, Onofrio, Almerighi, Balestriere, Panetta, Fresa, D. Alvino, G. Alvino, Seri, Ladolfi e Manzoni. 

 

È menzionato nei maggiori manuali universitari di storia della letteratura, storiografia filosofica e nei maggiori volumi di critica letteraria. I suoi volumi sono conservati nella maggioranza delle biblioteche universitarie italiane e in moltissime biblioteche universitarie estere (tra cui Harvard, Yale, Oxford, Cambridge, Princeton, Eaton, Stanford, Berkeley,  Sorbonne, Zentralbibliothek Zürich, New York University, Bayerische Staatsbibliothek, Universität Erlangen-Nürnberg Bibliothek, Bibliothèque nationale de France, Bibliothèque interuniversitaire Sainte-Geneviève, Staatsbibliothek zu Berlin, New York Public Library System, University of Toronto Library, Library of Congress, University of Michigan, Marquette University Library, University of Chicago Library, Cornell University Library, Northwestern University, University of Minnesota Twin Cities, University of Illinois, University of Georgia, University of California Los Angeles, The British Library, University of California San Diego, Universitätsbibliothek Universität Hamburg, Sistema Bibliotecario Ticinese, Weimar Bibliothek, Württembergische Landesbibliothek, Universitat de Barcelona, National Library Information System of Slovenia, Universidad de Navarra, Utrecht University Library, University of Notre Dame, University of Cincinnati, Defra, The American College of Greece di Atene, Universität Konstanz, Université Grenoble Alpes, Universitätsbibliothek Freiburg, Université Lumière de Lyon, Universität Augsburg Bibliothek, Universitätsbibliothek Heidelberg, Universitätsbibliothek Koblenz, Université de Reims Champagne-Ardenne Bibliothèque universitaire, Université d'Orléans, Maastricht University Library, Universitätsbibliothek Leipzig, Royal Library of Belgium, Universiteit Antwerpen, University of Twente Library, Bibliotheek Universiteit van Amsterdam, University of Westminster Library, Universidad del País Vasco, Universitat de València, University Library of Southern Denmark, Universidad de Alicante, Cardiff University, Royal Danish Library Copenhagen, Biblioteca de la Universidad Complutense de Madrid, University of Manchester Library, University of Edinburg Library, University of Skövde Library, Lebanese American University Libraries Beirut, National Library of Israel, American University of Kuwait, British University in Dubai, Bibliothèque de l'Université de Montréal, Stony Brook University, Biblioteca di Helsinki).

Ha tenuto reading nei locali e nelle università italiani, nei teatri d'arte di Praga, Budapest, Sofia, Bucarest, Mosca, Tblisi, New York e Lione. È stato discepolo di Uberto Scarpelli e Mario A. Cattaneo (filosofia del diritto) di Mario Quaranta (storiografia filosofica italiana) e di Zygmunt Bauman (sociologia). Ha collaborato, in materia di teologia della liberazione, con Karol Woytjla, Frere Roger e Carlo Maria Martini. Detiene, col titolo di cultore della materia, due cattedre universitarie (Milano e Padova). Ha collaborato - come umorista- col nuovo Candido.

 

Il suo volume La malattia invettiva vince Raduga, menzione della critica al Montano e allo Strega. Viene inserito nell’Atlante dei poeti italiani contemporanei dell’Università di Bologna ed è inserito molteplici volte nella maggiore rivista internazionale di letteratura, Gradiva. I suoi versi sono tradotti in francese, inglese e spagnolo.

 

Dal 2018, come conseguenza del saggio  Il contributo «neon»-avanguardista alla concretizzazione di un’originale anti-«forma-poesia», inserito nella rivista internazionale ungherese Irodalmi Obszervatórium, dove è dimostrata l’inutilità della scrittura nel Tardomoderno, rifiuta ogni forma di scrittura e si ritira a studi accademici, diventando uno dei massimi consulenti legali italiani in materia di diritto commerciale internazionale dell'Est Europeo, del Medio Oriente e dell'Estremo Oriente.

 

Nel 2024 rientra nel mondo artistico italiano e fonda il Kolektivne NSEAE (Nuova socio/etno/antropologia estetica).




DALLA NEON-AVANGUARDIA AL KOLEKTIVNE NSEAE

 

Il Kolektivne NSEAE (Nuova socio/etno/antropologia estetica) ha un’eredità non-ontologica derivata dalle neo-avanguardie millennials, lontanissima dalla ontologia estetica moderna. La NeoN-Avanguardia, da me fondata, cede – come ogni altra avanguardia- all’«ἀντίφράσις», all’«ironia» (Jacques Derrida), al «citazionismo», allo «straniamento» (Viktor Borisovič Šklovskij), alla «carnevalizzazione» (Michail Bachtin), al «mistilinguismo», al «dédoublement» e «vertigine che sfocia nella follia» (Paul De Man), alla grammatica generativa (Noam Chomsky), alla «sovversione/eversione» (anarco-individualismo stirneriano e della Post-Left Anarchy), all’«invettiva» (triade Villon/Brassens/De André) e all’estremo «impegno sociale» movimentista a tutela dei deboli e dei diseredati, con opposizione allo star system dei dominanti e dell’arte. Preso atto della conclusione della krisis e della transizione dall’evo moderno al nuovo evo tardomoderno, ho riconosciuto l’urgenza del discorso sul cambiamento di  «paradigma» storico ed estetico, dovuto al venire meno del senso teoretico dell’ontologia estetica moderna, e ammessa l’anacronisticità della NeoN-Avanguardia, movimento di krisis, ho deciso di fondare uno nuovo movimento non ontologico, il Kolektivne NSEAE (Nuova socio/etno/antropologia estetica), aperto a tutti i mille movimentisti neon-avanguardisti e a nuove menti in grado di captare il cambiamento di  «paradigma» sociale ed estetico. Insieme all’eredità della Neon-Avanguardia, il Kolektivne NSEAE si è dato uno statuto: la nuova «forma-poesia»  o il nuovo «paradigma estetico» del tardomoderno deve fondarsi su:

1. Experimental aesthetics, derivata dall’«esperimento di pensiero» machiano aggiornato dai nuovi modelli di mirror neurons di Rizzolati accolti dalla neuroestetica contemporaneissima (brain imaging).

2. Osservazione partecipante, con l’innesto dell’interazionismo meadiano e della etnometodologia di Garfinkel (in grado di garantire la definizione di «esperienza estetica» o «riot-text, come anti-poesia» o «poesia» [il vocabolo «poesia» deve essere tassativamente decostruito e sostituito, essendo troppo compromesso con l'ontologia estetica del «ποιεῖν», dell'«io creatore» o «io lirico» cartesiano dei «poeti elegiaci», secondo una sferzante definizione di Giorgio Linguaglossa] come mera «interazione sociale»). Le critiche di Geertz, Davis e Kunda sull’«attendibilità» dell’osservazione devono essere neutralizzate da un accostamento alla Grounded Theory di Glaser e Strauss.

3. Clearity, col tentativo di conciliazione tra analitici (Searle e Grice) e continentali (Habermas) su una strategia indirizzata ad introdurre un modello interpretazione /motivazione /comunicazione in grado di «[...]foggiare o costruire un mondo più regolare, più semplice, più perfetto[...]». L’orientamento è analizzare (reperire ed eliminare) ogni forma di vagueness nelle interazioni comunicative di linguaggio tecnico e ordinario e seguire le norme di Habermas introdotte al fine di garantire una corretta Hermeneutik della comunicazione. La nozione di clearity deve conciliare il modello critico analitico e continentale:

a. L’uso di un grande rigore argomentativo;

b. Evitare l’uso di un linguaggio ambiguo, metaforico o retorico;

c. Considerare la storia della filosofia;

d. Credere nelle assemblee network dei ricercatori (caduta irrimediabilmente la nozione di comunità di ricerca sotto la critica della new sociology di Zygmunt Bauman, Ulrich Beck, Richard Sennett, Gilles Lipovetsky, Luciano Gallino): ogni argomentazione deve essere discussa; la cooperazione diventa requisito nella ricerca della verità.

 

 FROM NEON-AVANTGARDE TO KOLEKTIVNE NSEAE: PHILOSOPHICAL EXPLANATION

 

Kolektivne NSEAE (New Socio/Ethno/Aesthetic Anthropology) has a non-ontological legacy derived from the millennial neo-avantgarde, far from modern aesthetic ontology. The NeoN-Avant-garde, founded by me, gives in – like every other avant-garde – to «ἀντίφράσις», to «irony» (Jacques Derrida), to «citationalism», to «alienation» (Viktor Borisovič Šklovskij), to «carnivalization» (Michail Bachtin), to «mixlingualism», to «dédoublement» and «vertigo that leads to madness» (Paul De Man), to generative grammar (Noam Chomsky), to «subversion/eversion» (Stirnerian anarcho-individualism and Post-Left Anarchy), to «invective» (Villon/Brassens/De André triad) and to the extreme «social commitment» of the activists in defense of the weak and the dispossessed, in opposition to the star system of the dominant and of art. Having taken note of the conclusion of the krisis and the transition from the modern era to the new late-modern era, i recognized the urgency of the discussion on the change of historical and aesthetic «paradigm», due to the waning of the theoretical sense of modern aesthetic ontology, and admitted the anachronistic nature of the NeoN-Avant-garde, a krisis movement, i decided to found a new non-ontological movement, the Kolektivne NSEAE (New Socio/Ethno/Aesthetic Anthropology), open to all the thousand neon-avant-garde activists and to new minds capable of capturing the change of social and aesthetic «paradigm». Together with the legacy of the Neon-Avant-garde, the Kolektivne NSEAE has given itself a statute: the new «poetry-form» or the new «aesthetic paradigm», riot-text, of late modernity must be based on:

1. Experimental aesthetics, derived from the machian «thought experiment» updated by the new models of mirror neurons by Rizzolati welcomed by the very contemporary neuroaesthetics (brain imaging).

2. Participant observation, with the grafting of meadian interactionism and Garfinkel's ethnomethodology (able to guarantee the definition of «aesthetic experience» or «riot-text, as anti-poetry» or «poetry» [the term «poetry» must be strictly deconstructed and replaced, being too compromised with the aesthetic ontology of the «ποιεῖν», of the «creative self» or Cartesian «lyrical self» of the «elegiac poets», according to a scathing definition by Giorgio Linguaglossa] as mere «social interaction»). The criticisms of Geertz, Davis and Kunda on the «reliability» of observation must be neutralized by an approach to the Grounded Theory of Glaser and Strauss. 3. Clearity, with the attempt to reconcile the analytical (Searle and Grice) and continental (Habermas) on a strategy aimed at introducing an interpretation/motivation/communication model capable of «[...] shaping or building a more regular, simpler, more perfect world[...]». The orientation is to analyze (find and eliminate) every form of vagueness in the communicative interactions of technical and ordinary language and follow the rules of Habermas introduced in order to guarantee a correct Hermeneutik of communication. The notion of clearity must reconcile the analytical and continental critical model:

a. The use of great argumentative rigor;

b. Avoiding the use of ambiguous, metaphorical or rhetorical language;

c. Considering the history of philosophy;

d. Believing in the network assemblies of researchers (the notion of research community has irremediably fallen under the criticism of the new sociology of Zygmunt Bauman, Ulrich Beck, Richard Sennett, Gilles Lipovetsky, Luciano Gallino): every argument must be discussed; cooperation becomes a requirement in the search for truth.




INTERVENTISMO TERMONUCLEARE ANTI-CRITICA LETTERARIA

 

LA CIRROSI EMPATICA

 

Dobbiamo cacciare a calci nel culo i mercanti dal Tempio dell’arte,

è inutile che mi offriate diplomi, percentuali, io non ne faccio parte,

magari, dopo essere stato sterminato alle Termopili mi sento meno Leonida,

l’organizzazione della battaglia navale di Temistocle mi ha dato una enorme convalida,

il milione di Serse dell’arte internazionale deve essere annientato con minuzioso metodo

io, nella TEC applicata alla testa dei malati di argent, sarò solamente un elettrodo.

 

Non riesco ad integrarmi, l’ho scritto in passato: riesco a disintegrarvi, è la mia missione

missionario, preferisco essere cavalcato, diffondo versi all’arsenico causa della mia crocifissione,

io, e due ladroni, Gestas e Dismas, a giocarci a dadi la tunica staccando la mano dal chiodo

sento ancora battere il ritmo jazz nei miei versi anche se mi sono trasformato in rapsodo,

senza nome, anonimo, uomo d’acciaio, feroce tigre bianca dell’Himalaya,

riesci tu, lettore del cazzo, ad allacciarti la cintura della mia monorotaia,

le montagne russe della vertigine delle mie rime folli non ti farà capire un cazzo

se ti innamori del mio sound, invece, rischio di farti diventare pazzo.

 

La cirrosi empatica: sono anti-patico come un portellone anti-panico

non riesco a scorrere su un setto e scatto come un coltello a serramanico

al massimo, distribuisco testate estetiche, sul setto, lasciando fratture inestetiche

servirà un chirurgo maxillofacciale a rimediare alle mie intemperanze ermeneutiche,

un critico letterario non basterà a mettere in ridicolo le vostre cinque cazzate,

uno, due, tre, quattro, cinque minuti e le vostre sillogi sono state dimenticate,

io me ne sbatto, tra cent’anni sarò riscoperto, da uno studioso che compirà il miracolo,

voi sarete tutti morti, io sarò vivo a vedere, tra cent’anni, d’essere il maggiore artista del XXI secolo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 33. ANITA SENZA GARIBALDI

 

Fuggivi, continui a ripeterlo, da te stessa e dal mondo

che sono la stessa cosa, l’una è bruna e l’altro un bassofondo,

in cerca di ospitare estranei, come in una casa famiglia in cooperativa,

lo Stato Pontificio dà 30€ a immigrato, 2€ a lui e il restante quota associativa,

sono tutti dietro le sbarre i vari organizzatori delle ONLUS nostri compatriotti

che a rifletterci bene sono sullo stesso livello della Banda Bassotti.

 

Tu vuoi abitare da sola, in una camera, che concepisci come una chimera

disintegrata dai tamburelli magici di un kebabbaro costruisci la tua sfera,

la sfera non si rivoluziona, rimane simile in qualsiasi modo la rigiri

tu resti bloccata, in ascensore, sali e scendi e abbisogni d’un interludio di decemviri

a imbandire le tue XII tavole di avena estetica, coperte da una tovaglia o una salvietta,

infradiciata dall’esserti immersa in acque torbide, con l’acufene, fai la fine di Lunetta.

 

Ti inondo l’anima, pompiere con la fissa della pompa, e evito di farti annegare,

in questa società l’amore fluido e l’amor fou necessitano d’imparare a nuotare,

e a guidare, malamuri amorata di un malamurì, sciolgo il tuo frigidaire,

mai ho messo tanti corsivi in un chorastico o in un riot con l’intreccio di un collier,

sei il mio corsivo, te l’hanno mai detto, mi enfatizzi come Iesu dolce, Iesu amore

Caterina ti fa una sega, e io ti reitero il secondo termine con la costanza di un vibratore.

 

Piffero, e ti incanto, tigre dagli occhi tigrati, ti abburatto ingoiando le tue ossessioni

accolgo, nella mia-algìa, il tuo Cogito kitchen, una marea di immunosoppressioni,

mi stai trapiantando il cuore, da Circe a Cariddi, e non ti accorgi dell’intrapresa

una nuova meridionale, su un celta della Lega Lombarda, è una seconda resa

mi immagino i duecento impiegati del comune di Caltanisetta, con la Gazzetta

e la sigaretta in bocca, e in Brianza funziona, in dieci, senza l’uso della mazzetta,

io annacquo il tuo inferno, cercando di spruzzare ovunque il mio liquido antincendio,

il tuo desiderio continua a far fuoco e fiamme, condannandomi a un costante vilipendio.

 

 

 34. COOPÉRATION INTERNATIONALE

 

La cooperazione internazionale l’ha fatta il Ministro degli Interni giallo/verde,

i barconi di immigrati dall’Africa destinati a Marsiglia la flotta francese li disperde

dirottandoli verso Lampedusa, e, in uno slancio di amicizia, Salvini, senza cannoneggiare

l’X-MAS dei camerati dell’UE che non accettano extracomunitari, si è limitato a farli aspettare.

 

Il Consiglio mafioso dell’Unione Europea, Germania, Olanda, Lussemburgo ed USA,

ha tuonato: «La Francia ha accolto 15 extra-comunitari, i rimanenti 3.000.000 a Lampedusa»,

e lo Stato Pontificio siciliano ha creato un campo di concentrazione, tra le urla delle ONG

noi disgraziati serie B UE alziamo le mani, l’Australia mitraglia i boat people di Hong Kong.

 

Purtroppo è il momento assurdo della friendship artistica internazionale,

spopolano i finti mediatori culturali albanesi o americani con la terza elementare,

che costringono noi vīkingr dell’arte militante a nascondere l’ascia da battaglia,

senza intuire, che l’ascia la nascondo dietro la schiena, e, al momento giusto, taglia.

 

L’intellettuale vero ha il dovere di essere politically incorrect, come il caffè senza grappa

deve urlare che 3.000.000 di extra-comunitari irregolari in Italia sono un numero che handicappa

i meccanismi autistici del nostro Stato, abbandonando il migrante alla commissione di ogni bizza

non capisco il culto dell’accoglienza, se l’immigrato vuole andare in Francia e lo bloccano a Nizza,

lo mettono, varcato il confine, sulle camionette della Gendarmerie e lo riportano a Ventimiglia,

sul nostro territorio nazionale, fossi il Ministro degli Interni avrei dichiarato uno status di guerriglia.

 

Alla situazione sociologica non si scappa, artista deficiente che scrive di love e di abbracci,

a un anarchico è duro dare ragione ai muri americani contro i messicani, e ai catenacci,

ai reticolati dei nazisti ungheresi, ai disgraziati campi di concentramento nelle due Libie,

ci teniamo a casa nostra tutta l’Africa, dando sussidi e condannando la cittadinanza alle inedie

dell’assenza di un reddito di cittadinanza, Di Maio si è squagliato al sole, abbiamo Conte

altro che progetti miliardari d’ingegneria, libero tutta l’Africa in Sicilia e abbatto il ponte.

 

 

I MIEI RIOTS CONQUISTERANNO IL MONDO

 

Purtoppo è inutile che vi agitiate, cardinali e curiali, coi vostri maneggi da contrabbando

i miei riots, a forza di tagliare teste, conquisteranno tutto il mondo,i miei versi da sindrome da colon irritabile si evacuano con il massimo sforzoirritano le vostre facce da emorroide, facendovi oscillare come un orologio al quarzo.La situazione è anomala: nel mondo anglosassone, il massimo dell’idiozi la linea editoriale è stabilita da ogni rivista, mandando l’artista in dissenteria,arial, times new roman, tahoma, 10, 12, 14, formato A4, T-90, e tema a loro massima discrezione se volete, impaginiamo, tipografia, stampiamo e vendiamo noi la vostra disorganizzazione.La tirannia delle riviste non deve mettere in gabbia l’artista come una tigre allo zoola linea editoriale la imponiamo noi, fecondiamo l’uovo dell’arte come l’ultimo spermatozoo,ci siamo liberati, a Revolverate, di ogni gabbia metrica e ci imponete i vostri criteri di sottomissione,e noi, versoliberisti, ci vendiamo al mercato, non ci subordiniamo alle bizze di un direttore coglione. Quindi, i miei riots conquisteranno il mondo, sono sereno sui vaffanculo mandati alle redazioniio ho diretto, da solo, tre riviste, senza la minima necessità di accollarmi le depravazionidi avere dei subordinati, con l’incompetenza di Nazione Indiana, che mi fottevano sotto il nasocombinando l’intervista dell’amico dell’amico, la ndrangheta non raggiunge l’esito del Pornaso,questi ignoranti, occupa-spazio, tipo Giovenale o Cati, spacciano in rivista i loro blog WordPresse noi, artisti dementi, a correre dietro a questi cazzari come se fossero l’Orient Express. Purtoppo è inutile che vi agitiate, cardinali e curiali, coi vostri maneggi da contrabbandoi miei riots, a forza di tagliare teste, conquisteranno tutto il mondo,se alla Policane hanno affidato il supplemento culturale della Stampasostengo, a ragione, che alle Odi barbare carducciane sia meglio Vamba.

 

 

 

IL CRITICO LETTERARIO MILITANTE È METODOLOGICAMENTE IGNORANTE

 

Nelle ultime settimane il mio anti-maestro, doppia lingua, mi ha messo in contatto con un coetaneo, critico letterario militante e io, militante dell’anti-«poesia» militare, l’ho buttato nel Mediterraneo mi è bastato un giorno di ordinaria ironia a stroncare l’intelligencija di un giornalista di Teramol’ho bloccato sul bagnasciuga, e, come Alì Babbaz, declamando la locutio «apriti sesamoho dimostrato la differenza tra un nullafacente  e un accademico/manager/giurista di successo sono bastate una decina di frasi anti-frastiche e, piangendo, si è nascosto a rifarsi il trucco al cesso. Senti, buffone, se dai ad ogni interlocutore, che non è d’accordo con te, tre volte dello scemo,c’è rischio che trovi il tizio che ti spara una Revolverata nell’an-encefalo con la brutalità del demosermo vulgaris, lo ius perculandi, nell’antica Roma/amor, era una funzione del tribunus plebisattuo la provocatio e commuto la tua morte al dovere di subordinarti al ludibrio senza dire crucissolo due scemi, tu e un tedesco, riuscite a affermare che l’UE dovrebbe bombardare Moscaamici serbi mi sfottono, mandiamo la Giulia coi muli, mi sembri un cervello in una vasca,Putnam, non Putin, ci bloccano a Lubiana, sparano una decina di termonucleari su Milano, l’è istessmica bombardano l’Abruzzo (?) e le tue amene millanterie sulla Library of Congress.Parentesi, hanno i miei volumi una ventina di Uni USA, nazione col vizio di esportare democrazia,non ho creato una casa editrice ad hoc distribuendo in Amerika centinaia di inviti alla narcolessia,la menzione alla Library of Congress è automatica, l’accademico con cinque volumi emblematicil’arrosticino buffone con seicento libri inutili, editi da sé,  col valore del -√⅒ dei matematici,il sostegno di Crocetti, uno dei massimi fautori del regime, a sapere uscivo in collana Mondadorinon con le University Press, con lustri di studio, mi disponevo ad accettare fastidiosi dolori,di culo, Cucchi, centrocampista dell’Inter spingeva, tu non hai patemi nella dimensione del bucoio, che non sono un gno’metto, lombardo non dimentico, ho l’insistenza di un diadoco,m’hai fatto scrivere una scrofa di 10 versi, i tuoi grugniti elegiaci hanno la levitas dei carboidratileggo un tuo testo e divento obeso, se (tu) non fossi stato un imbecille saremmo stati alleati.