Oggi ospitiamo uno scoppiettante ed articolato intervento dell'amico Ivan Pozzoni. Ivan è uno straordinario uomo di cultura animato da una passione viscerale per l'arte e la conoscenza. Come tutte le persone straordinarie, nel senso etimologico della parola, naviga fuori dagli schemi e nel nostro paese a chi stecca fuori dal coro e non si intruppa spesso viene "regalato", per cosi dire, un itinerario originale. Le persone fuori dagli schemi mi hanno sempre affascinato, nella vita come nella letteratura. Oggi ne propongo uno speciale agli amici Leucadiani che sicuramente sapranno apprezzare lo spirito vero con cui Ivan articola i suoi percorsi argomentativi.
Nazario Pardini
KOLEKTIVNE NSEAE
LA MALATTIA DEL «DISINTERESSE» DEL LETTORE, DELLE
ISTITUZIONI E DELL’ACCADEMIA VERSO OGNI FORMA DI «ESPERIENZA ESTETICA»: ANAMNESI, EZIOLOGIA E
TERAPIA.
L’ontologia
estetica del moderno, caratterizzata dalla soggettivizzazione del destinatario
dell’«esperienza estetica», nasce con:
1. Il Dante della Vita nova e del De vulgari eloquentia.
Prova è che le neo-avanguardie novecentesche - come il Gruppo 63 e Sanguineti-
opposero sempre Petrarca a Dante nella ricostruzione storiografica letteraria critica
della «metafisica» dell’ermetismo.
2. René Descartes, che tutti ricordano nella vulgata dei manuali di
filosofia del liceo come iniziatore del Cogito ergo sum. Descartes dice,
testualmente: «Ego cogito, ergo sum, sive existo», nel Discours de la
méthode pour bien conduire sa raison, et chercher la verité dans les sciences
Plus la Dioptrique, les Meteores, et la Geometrie qui sont des essais de cete
del 1637 (ribadito - a scarsa conoscenza di tutti-, in maniera diversa, nei Principia
philosophiae del 1644).
Lo stesso Hegel afferma, nelle scarsamente conosciute Lehren aus
der Geschichte der Philosophie del 1837: «Si giunge così alla filosofia
moderna in senso stretto, che inizia con Cartesius. Qui possiamo dire di
essere a casa e, come il marinaio dopo un lungo errare, possiamo infine gridare
“Terra!”. Cartesius segna
un nuovo inizio in tutti i campi. Il pensare, il filosofare, il pensiero e la
cultura moderna della ragione cominciano con lui».
Quindi l’«egopatia» dell’artista nasce con l’uscita dal medio evo e l’ingresso dell’evo moderno, con Dante (in letteratura) e con
Cartesio (in filosofia). Dante è il conducator dell’ontologia
estetica moderna; Cartesio è il conducator dell’ontologia
teoretica moderna. E l’ontologia, come «metafisica» è l’origine dell’annichilimento progressivo del «pubblico».
La vulgata totalmente errata di far iniziare la vittoria dell’«io lirico» nel romanticismo è frutto di una scelta
metodologica storiografica di derivazione marxista-lacaniana, con la erronea retrodatazione del concetto di intellettuale organico gramsciano al
romanticismo. Il romanticismo, in opposizione al neo-classicismo sul concetto
di μίμησις (non di soggettivismo) trova, con Berchet, un divulgatore mediocre
(il termine imitazione ricorre eccessive volte nella Lettera semiseria di Grisostomo al suo figliolo).
La linea storiografica di Auerbach, nel suo Mimesis: eine Geschichte des
abendländischen Realismus, als Ausdruck der Wandlungen der Selbstanschauung der
Menschen (titolo originale)
subordina ogni forma di romanticismo ai dibattiti sulla μίμησις o sul’imitatio. Non si riesce a non vedere l’equivalenza tra la differenziazione in «ottentotti»,
«parigini» e «popolo» di Berchet e la differenziazione in «stile umile»,
«stile sublime» e «stile medio o realistico» di Auerbach: «[...] la missione del
poeta romantico [è] di educare la borghesia [...]» -
retrodatazione gramsciana della struttura marxista della ricostruzione letteraria tradizionale-, dovrebbe essere sostituito con «[...] la missione del
poeta romantico [è] di educare l'artista alla creazione (egopatica) contro l'imitatio vitae, speculum consuetudinis, imago veritatis [...]» (Cicerone). Così non è: il romanticismo manzoniano rifiuta - a differenza di
Leopardi- il discorso sull’«io lirico», in Inni sacri («Proprio nel momento che lo
scrittore prende consapevolezza dell’io scompare in una poesia del noi per virtù di
una riduzione o mortificazione sublimatrice dell'esperienza personale che […] postula un
ordine misterioso, un vincolo di comunione tra gli uomini e le cose […]») [Raimondi,
1967] e, ovunque nei Promessi
sposi, si limita - come Berchet- a dichiarare una mera
attenzione ad umili e derelitti, senza nessun lontanissimo intento di educare
la borghesia [Millefiorini, 2009]. Il discorso del romanticismo verte sulla
critica dell’«imitatio», della «μίμησις», in linea con l’interpretazione
auerbachiana. L’inattendibilità dell’interpretazione della morte del «pubblico» che arrivi dal
romanticismo italiano collassa la vulgata storiografica di ricostruzione della storia della
letteratura italiana del Ferroni che definendo la morte del
«pubblico» come effetto del romanticismo, effetto letterario, la svincola dall’effetto filosofia. L’«io lirico» è un effetto letterario e filosofico.
Questa situazione la riconosce, involontariamente, lo stesso Berchet
«Il poeta dunque sbalza fuori delle mani della natura in ogni tempo, in ogni
luogo. Ma per quanto esimio egli sia, non arriverá mai a scuotere fortemente
l’animo de’ lettori suoi, né mai potrá ritrarre alto e sentito applauso, se
questi non sono ricchi anch’essi della tendenza poetica passiva». Questa
intuizione clamorosa del romantico Berchet, che mi tocca rivalutare (chiamando
Ladolfi Vieusseux), conferma la rilettura di Bruno Gentili: l’ipertofia dell’«io lirico» estetico moderno causa, intesercandosi a eventi finanziari e discipline
normative discutibili, la privatizzazione/deprivazione del «pubblico» tardomoderno.
Quando, nel 2009, nell’Introduzione Senofonte
vs. Achille / Odisseo alla mia antologia Retroguardie, scrivevo
«Davanti alla situazione di inevitabile debolezza di ogni verità teoretica,
raccontata nell’ottimo volume Disavventure della verità da Franca
D’Agostini, urgono soluzioni concrete, d’una concretezza tutta baculina:
nel combattere i riduzionismi narciso / massa del binomio autore /
destinatario, occorre introdurre efficaci contro-riduzioni di narcisismi e
massificazione, nella direzione di a] una umiliazione dell’io-autore e b]
uno svilimento dell’io destinatario. La mortificazione della «superbia»
elitaristica dell’io-autore, intesa come umiliazione della dimensione narcisistica
del verso, si otterrebbe [...] richiamandosi con risolutezza a concezioni
anonimiche del cantare (tradizioni dell’auralità aedica); [...] La
mortificazione della domanda dell’io-destinatario, intesa come svilimento della
dimensione massmediatica del verso, si otterrebbe minimizzando l’incidenza
delle dinamiche di mercato sull’artista, mediante sostituzione di una
dialettica collaborativa orientata da un’editoria solidale illuminata alla
consueta dialettica conflittuale autore / destinatario (iniziativa Liminamentis
Editore). L’esaltazione del testo-documento, senza nome e senza mercato,
rafforzata da relazioni di solidarietà tra editore, curatori ed autori, è
estremo antidoto contro i veleni del post-modernismo e della «morte della cultura»
registrati dall’oscillazione schizofrenica moderna tra narcisismi e
massificazione; de-cisioni nette e concrete come uso del calembour,
accentuazione metrica della banalità del discorso ordinario, disconoscimento
della sacralità del verso con ammissione della sua «quotidianeità», rifiuto di
readings e concorsi, sostituzione dell’artista con attori, mascheramento
dell’identità dell’autore o iniziative à la Liminamentis Editore
sono azioni di resistenza artistica concreta – da «menestrelli combattenti»- a
meccanismi di sottrazione di senso all’arte / vita».
Questo scritto confluì, attraverso le assemblee network del movimento neon-avanguardista (1000
movimentisti), nell'Anti-Manifesto NeoN-Avanguardista (2016), firmato da Bauman, Eco, Barberi
Squarotti e centinaia di docenti universitari e artisti italiani:
3] Tri: L’atrofizzazione della dimensione narcisistica dell’artista è
urgente [La strada dell’atrofizzazione della dimensione narcisistica
dell’artista inizia dallo snodo del riconoscimento dell’urgenza di
coordinare iniziative artistiche collettive, solidali, ed anonime, connesse al
correttivo dell’epigraficità dell’arte aedica, o trobadorica];
e
10] Dyesyat: L’arte è estetica normativa [Arte ed etica,
incontrandosi sulla strada della metaetica emotivista, realizzano, insieme
all’antiformalismo, una bellicosa estetica normativa individuale. I riot-texts
dell’arte sono mera raccolta di testi / documento, verbali d’assemblee d’arte,
rivolte alla concretizzazione dell’ideale estetico normativo della democrazia
lirica e simbolo di resistenza, o sovversione, contro i valori nomadi delle
élites dominanti].
La nascita dei riot-texts del Koletivne NSEAE ha radici nel 2009 e
nel 2016. C’è chi scopre il dibattito sulla morte del «pubblico» nel 2024? Noi l'abbiamo chiuso
nel 2016.
Mi interessa aggiungere
alcune riflessioni costruttive sulla derivazione della morte del «pubblico»
dell’arte italiana («morte» del pubblico - a mia opinione- è una immagine
errata, dovuta all’influenza dell’antologia di Belardinelli Il pubblico
della poesia che, in tutte le riedizioni, spiega il disinteresse
dell’italiano verso l'«esperienza estetica», senza affrontare le cause
eziologiche e anamnestiche della malattia).
Belardinelli scrive, in una bella intervista
rilasciata a Valeria Merola su Rai Cultura:
«La poesia in Italia è letta solo dai poeti o
dagli aspiranti tali. Si tratta quindi di un pubblico viziato all’origine,
perché autoreferenziale, un pubblico in cui prevalgono gli interessi personali.
Se un’arte perde il pubblico la qualità decade, perché non c’è reazione».
Questa è una verità «oggettiva».
Belardinelli - a differenza di un accademico
serio come Bruno Gentili- si dimentica di spiegare le cause filosofiche,
sociologiche, storiche, antropologiche e letterarie del fenomeno del
«disinteresse» del lettore (ridefiniamo in questo modo il concetto di «morte»
del pubblico) sulle «esperienze estetiche» dei contemporaneissimi.
Giorgio Linguaglossa scrive bene:
«Si è trattato di un fenomeno insieme
sociologico e intellettuale [avrei usato il termine «letterario»]. Oltreché
epistemologico».
Il «disinteresse» del lettore (e delle
istituzioni e dell’accademia), cioè il «disinteresse» di tutti - ad eccezione
di addetti ai lavori e aspiranti esordienti- verso ogni forma di letteratura
(col romanzo e il racconto, dal 2015, si è manifestata la stessa sorte toccata
alla «poesia», affermata, con allarme, da chi visiona seriamente i vari reports
ministeriali e delle associazioni di categoria sullo stato finanziario
dell’editoria e da chiunque sia in grado di leggere/interpretare un bilancio
aziendale) è la malattia del XXI. La morte
del «pubblico» - come definisce incontrovertibilmente Bruno Gentili nel suo Poesia e pubblico nella Grecia
antica del 1984 e come dimostra un’attenta e costante analisi dei reports editoriali
mensili sullo
stato finanziario dell’editoria italiana o l’attitudine dell’uomo d'azienda (non mero uomo di lettere) ad analizzare un bilancio aziendale editoriale, preparata dall'intersecazione
delle due linee filosofico/letteraria, scoppia nel nuovo millennio a causa di
due motivi intersettivi:
1. Filologico/storico: Dobbiamo assolutamente confrontarci con il volume di Bruno Gentili,
grandissimo antichista, Poesia e pubblico nella Grecia antica: secondo
Gentili, l’ontologia estetica antica era caratterizzata da un rapporto
strettissimo tra epideixix (performance) dell’artista e thauma (contro-performance)
del «pubblico», che spettacolarizzandosi contribuiva alla
rappresentazione dell’autore. Con l’ontologia moderna l’ipertofia dell’io dell’artista compromette qualsiasi attrazione del «pubblico»
(contro-performance). L’eccesso di epideixix (performance) dell’io-artista
condanna il «pubblico» al silenzio. È la morte del «pubblico», che, in un
rigurgito di reazione rabbiosa di misconoscimento, si privatizza
(Bauman).
2. Economico/finanziario: a. Il mercato di poesia/romanzo è andato a
saturarsi nel 2005 (studi di settore), a causa dell'immissione nel
mercato di un infinito numero di dilettanti, senza alcun valore, appoggiato da un
infinito numero di case editrici, senza alcun valore, e dalla disgraziata invenzione del selfpublishing o dell’Amazon publishing (ipertrofia del volume). b. Le biblioteche hanno iniziato a rifiutare l'acquisto di
poesie/romanzi (direttiva dipartimento editoria Ministero Istruzione) e le case
editrici minori hanno smesso di organizzare una reale distribuzione di
poesie/romanzi (decuplicazione dei costi dei distributori e nuova disciplina
della resa nei negozi). c. L'accademia, davanti a tale mole di volumi, a scadenza mesi sei, si è
categoricamente rifiutata di analizzare i contemporaneissimi, chiudendosi in
studi di storiografia letteraria moderna (scollamento tra accademia e arte).
Quindi, attualmente, scrivere una silloge/romanzo non serve a niente: ti
leggeranno in venti e tra sei mesi nessuno si ricorderà della sua esistenza.
Cos’è il «pubblico»? Non c’è «lettore», non c’è «conservazione», non c’è
«classificazione» dell’«opera d'arte». Cosa rimane?
Quale l’anamnesi della malattia? L'ipertrofia
egopatica dell’io «lirico» dell’«autore» [termine discutibilissimo e
anacronistico da ri-definire categoricamente] di ogni forma di «esperienza
estetica» che - come ha fatto notare magistralmente Bruno Gentili - è il
troncamento tra epideixix (performance) dell’artista e thauma
(contro-performance) del «pubblico», caratteristica dell’ontologia estetica
antica.
Quale l’eziologia della malattia? Il tragico
concatenarsi tra ipertrofia egopatica dell’io «lirico» dell’«autore» di ogni
forma di «esperienza estetica» al decadimento dell’ontologia estetica moderna.
Di qui la mia linea interpretativa - di matrice
anarchico-individualista ed edonista onfreyiana- dell’incrocio drammatico tra
due linee: la linea filosofica Cartesio /libertini francesi /illuministi
eretici /Schopenhauer /Thoreau /Stirner /Nietzsche /freudiani eretici e la
linea letteraria Dante /Fazio degli Uberti, Correggiaio, Rinuccini/
rinascimentali minori/ Marino/ Metastasio/ Foscolo/ Leopardi/ Carducci/ Pascoli
/ D’Annunzio /ermetismo /Bene e Fo.
La linea filosofica cartesiana è stata una escalation
progressiva dall’egotismo anti-omniteologico cartesiano all’esaltazione
filosofica dell’egopatia in Stirner, Nietzsche e nei freudiani eretici
contemporanei (Fromm, Gross, Reich, Lacan, Erikson e Horney). Cartesio, che ha
fondato l’egotismo filosofico, in netto contrasto con la teologia medioevale
(contrapposizione rivoluzionaria fra res cogitans e res extensa)
è reo incolpevole dell’egopatia filosofia contemporaneissima, incitata da una
neo psicanalisi/psicoterapia edonistica dei freudiani eretici. La linea
filosofica dantesca è stata una escalation progressiva dalla liberazione
dell’«io» lirico dalle impalcature medioevali del «noi» sacrale e
stilnovistiche del «noi» cortese all’esaltazione letteraria dell’«io» lirico,
egomaniaca, di Carmelo Bene e Dario Fo. Dante, che ha fondato,
involontariamente, l’ontologia estetica moderna con la liberazione dell’«io»
lirico («colui che fuore/Trasse le nuove rime, cominciando/ “Donne ch’avete
intelletto d’amore” [..] I’ mi son un che, quando/ Amor mi ispira, noto;
e a quel modo/ Ch’è ditta dentro, vo significando [...]» [invettiva
contro Bonagiunta] dalle schede anonime dell’arte
cortigianesca (siciliana e toscana) e dell’inno e mistero della letteratura francescana, è
reo incolpevole dell’egolalia estetica
contemporaneissima, incitata dalla «metafisica» estetica dell’ermetismo e dal
narcisismo estetico di Bene e Fo, con l’ipertrofizzazione dell’«io» lirico.
La vittoria dell'intersezione socio/antropologica di queste due linee ha condotto all’ipertrofia
egopatica dell’io «lirico» dell’«autore» di ogni forma di «esperienza estetica» e al decadimento dell’ontologia
estetica moderna.
La krisis dell’inizio XXI tra evo moderno e evo tardomoderno - sociologicamente- ha
esasperato la situazione, creando il dibattito del cambio di «paradigma» nei
movimenti e artisti maggiormente aggiornati (NOE/NNOE, neo-avanguardie millenials,
e seconda linea dell’Anti-gruppo siciliano). Questo dibattito - ignorato dalla maggioranza
dei «poeti» e «poetini» lirici di regime- è un dibattito sui fondamenti
teoretici dell’«esperienza estetica», basandosi su: 1. riconoscimento dell’urgenza di
sostituzione della ontologia estetica moderna con una nuova estetica
(ontologica e, successivamente, non-ontologica nella NOE/NNOE; socio/etno/antropologica
nella NeoN-Avanguardia e nel Kolektivne NSEAE; aedica e di
existentielle polyphonie nell’Anti-gruppo siciliano) e 2. riconoscimento dell’urgenza di
neutralizzazzione o annientamento dell’ipertrofia dell’«io» lirico egopatico e narcisista (kitchen
poetry nella NOE/NNOE, riot-texts nel Koletivne NSEAE e
esperienza Noi Rebeldia nell’Anti-gruppo siciliano).
Effettuate anamnesi, analisi eziologica e proposta una terapia alla
malattia del «disinteresse» del lettore occorre dare un saldo fondamento
teoretico alla terapia. All’intersezione delle linee Dante/Cartesio bisogna opporre un’intersezione di
linee alternativa, che riattivi: 1. un assemblearismo estetico
anti-cartesiano (il concetto di comunità e communitarian - dopo le
attente critiche di Bauman e Žižek- è divenuto assolutamente inutilizzabile),
lontano dall’egocentrismo e dal soggettivismo razionalista e 2. un «noi» lirico
empatico anti-dantesco, lontano dall’ontologia estetica moderna.
La mia proposta - approvata, in regolare assemblea network- dai
membri del Koletivne NSEAE è di appoggiarsi alle due linee filosofiche e
letterarie alternative alla linea dominante, accolta in Italia dal regime
consumistico mondadoriano,
disorganizzato da Maurizio Cucchi, Dante/Cartesio.
Le due linee, aperte alla ri-definizione e discussione di tutti i movimenti e
artisti d’opposizione estetica, si delineerebbero come:
1 Linea filosofica: Spinoza /Hobbes /idea-ismo sassone-scozzese (Berkeley,
Locke, Hume) /Illuminismo filosofico /Kant /Mill /pragmatismo di Peirce, James e Dewey /filosofia
analitica.
Linea letteraria: Cecco Angiolieri /Petrarca /rinascimentali
maggiori /Galileo /Goldoni /Vico /Parini /Manzoni /Verga /Scapigliatura lombarda (Dossi e Tarchetti) /avanguardie
novecentesche (Lucini) /neo-avanguardie novecentesche (Sanguineti e
Gruppo 63) /Wu Ming.
La linea filosofica spinoziana è stata una escalation
progressiva dall’ideaismo sensistico anti-cartesiano alla concezione filosofica della assemblearità aristocratica della verità nel pragmatismo
americano di Peirce, James e Dewey e nella filosofia analitica contemporanea
(Schlick, Wittgenstein, Popper, Grice, Strawson e Dummett). Spinoza, che ha
fondato l’ideaismo filosofico, in netto contrasto con la distinzione cartesiana
fra res cogitans e res extensa, è antecedente
inconsapevole dell'assemblearismo filosofico contemporaneissimo, appoggiato al
verificazionismo/falsificazionismo della new epistemology di matrice
analitica (Schlick, Popper, Feyerabend, Kuhn e Lakatos). La linea letteraria
petrarchesca è stata una escalation progressiva dalla moderazione dell’«io» lirico col
concetto universale di humanitas all’esaltazione letteraria dell’anonimo
collettaneo dell’«esperienza estetica» collettiva del Wu Ming. Petrarca, che ha fondato,
involontariamente, una antropologia estetica moderna con la moderazione dell’«io» lirico
dantesco (attraverso il recupero dell’ontologia estetica antica, nel De remediis utriusque fortune), è
antecedente inconsapevole della socio/antropologia estetica contemporaneissima,
affermata dall’ironia e dal (verso)liberismo delle avanguardie, neo-avanguardie e
neo-avanguardie millennials, con l’annichilimento dell’«io» lirico e l'esaltazione del
collettaneo.
Moltissimi dipartimenti dell’universitas italiana di area filosofica, sociologica, antropologica, etnologica e
letteraria stanno recuperando la triade Locke/Berkeley/Hume, la triade
Pierce/James/Dewey (con il mio modesto contributo alla riscoperta del binomio
italiano Calderoni/Vailati) e sostituendo studi sulla filosofia continentale
con studi sulla filosofia analitica.
È necessario che tutti i movimenti e artisti d’opposizione
estetica, interessati al dibattito del cambio di «paradigma», debbano
appoggiarsi al mondo accademico, in modo da: a. evitare lo scollamento tra
mondo accademico e mondo dell’arte contemporaneissima; b. sconfiggere la concezione, di regime,
dell’ipertrofia egopatica dell’io «lirico» dell’«autore» di ogni forma di «esperienza estetica»;
c. attuare una totale sostituzione della ontologia estetica moderna con una
nuova estetica.
Questa severa terapia, fondata sull’universitas e sul collettaneo, è in grado - a mia modesta opinione suffragata da
rigorosa anamnesi e analisi eziologica- di curare la malattia del
«disinteresse» del lettore, delle istituzioni e dell’accademia, verso
ogni forma di «esperienza estetica».
LA TERAPIA COME EREDITÀ NON-ONTOLOGICA DEL KOLEKTIVNO
NSEAE: LA NEON-AVANGUARDIA
Il Kolektivne
NSEAE (Nuova socio/etno/antropologia estetica) ha un’eredità non-ontologica
derivata dalle neo-avanguardie millennials, lontanissima dalla ontologia
estetica moderna. La NeoN-Avanguardia, da me fondata, cede – come ogni altra
avanguardia- all’«ἀντίφράσις», all’«ironia»
(Jacques Derrida), al «citazionismo», allo «straniamento» (Viktor Borisovič
Šklovskij), alla «carnevalizzazione» (Michail Bachtin), al «mistilinguismo», al
«dédoublement» e «vertigine che sfocia nella follia» (Paul De Man), alla
grammatica generativa (Noam Chomsky), alla «sovversione/eversione»
(anarco-individualismo stirneriano e della Post-Left Anarchy),
all’«invettiva» (triade Villon/Brassens/De André) e all’estremo «impegno
sociale» movimentista a tutela dei deboli e dei diseredati, con opposizione
allo star system dei dominanti e dell’arte. Preso atto della conclusione
della krisis e della transizione dall’evo moderno al nuovo evo
tardomoderno, ho riconosciuto l’urgenza del discorso sul cambiamento di «paradigma» storico ed
estetico, dovuto al venire meno del senso teoretico dell’ontologia estetica
moderna, e ammessa l’anacronisticità della NeoN-Avanguardia, movimento di
krisis, ho deciso di fondare uno nuovo movimento non ontologico, il Kolektivne NSEAE
(Nuova socio/etno/antropologia estetica), aperto a tutti i mille movimentisti
neon-avanguardisti e a nuove menti in grado di captare il cambiamento di «paradigma» sociale ed
estetico. Insieme all’eredità della Neon-Avanguardia, il Kolektivne NSEAE si
è dato uno statuto: la nuova «forma-poesia» o il nuovo «paradigma estetico» del
tardomoderno deve fondarsi su:
1. Experimental
aesthetics, derivata dall’«esperimento di pensiero» machiano aggiornato dai
nuovi modelli di mirror neurons di Rizzolati accolti dalla neuroestetica
contemporaneissima (brain imaging).
2. Osservazione
partecipante, con l’innesto dell’interazionismo meadiano e della etnometodologia
di Garfinkel (in grado di garantire la definizione di «esperienza estetica» o
«riot-text, come anti-poesia» o «poesia» [il vocabolo «poesia» deve essere
tassativamente decostruito e sostituito, essendo troppo compromesso con
l'ontologia estetica del «ποιεῖν», dell'«io creatore» o
«io lirico» cartesiano dei «poeti elegiaci», secondo una sferzante definizione
di Giorgio Linguaglossa] come mera «interazione sociale»). Le critiche di
Geertz, Davis e Kunda sull’«attendibilità» dell’osservazione devono essere
neutralizzate da un accostamento alla Grounded Theory di Glaser e
Strauss.
3. Clearity, col
tentativo di conciliazione tra analitici (Searle e Grice) e continentali
(Habermas) su una strategia indirizzata ad introdurre un modello interpretazione
/motivazione /comunicazione in grado di «[...]foggiare o costruire un mondo più
regolare, più semplice, più perfetto[...]». L’orientamento è analizzare
(reperire ed eliminare) ogni forma di vagueness nelle interazioni
comunicative di linguaggio tecnico e ordinario e seguire le norme di Habermas
introdotte al fine di garantire una corretta Hermeneutik della
comunicazione. La nozione di clearity deve conciliare il modello critico
analitico e continentale:
a. L’uso di un grande rigore
argomentativo;
b. Evitare l’uso di un
linguaggio ambiguo, metaforico o retorico;
c. Considerare la
storia della filosofia;
d. Credere nelle
assemblee network dei ricercatori (caduta irrimediabilmente la nozione di
comunità di ricerca sotto la critica della new sociology di Zygmunt
Bauman, Ulrich Beck, Richard Sennett, Gilles Lipovetsky, Luciano Gallino): ogni
argomentazione deve essere discussa; la cooperazione diventa requisito nella
ricerca della verità.
La costituzione dello statuto del Kolektivne NSEAE (Nuova
socio/etno/antropologia estetica) - come detto- è subordinata ad una storia di «esperienze estetiche», la mia. Aldilà dell’Anti-Manifesto,
il mio cammino artistico si fonda sul famigerato discorso della «forma-poesia»
contemporaneissima. La mia «forma-poesia» delle origini è stato il «frammento
metrico» (d’origine ladolfiana), ripudiato celermente dalla anti-«forma-poesia»
del «verso libero» (Linguaglossa). Questo tema è centrale in ogni avanguardia
italiana: avanguardie ottocentesche
(scapigliatura milanese), neo-avanguardie novecentesche (Gian Pietro Lucini,
futurismo, Sanguineti e Gruppo 63), neo-avanguardie millennials
(Anti-gruppo siciliano e la mia NeoN-avanguardia). Io sono stato l’unico
artista italiano ad avere interpretato la storia della letteratura
contemporanea in base alla triade Dossi/Lucini/Sanguineti. Per tre motivi: 1.
Lo sconfessamento dell’ontologia estetica moderna, derivata dal dantismo: a.
scapigliatura milanese - su basi del maledettismo di Baudelaire- contrasta il
classicismo/neoclassicismo (Manzoni) e il romanticismo (Berchet - con
derivazione dai due fratelli Schlegel); b. Lucini e il futurismo - sulle basi
del simbolismo francese- contrastano D’Annunzio e Pascoli/Carducci e c.
Sanguineti/Gruppo63 contrastano l’ermetismo deleterio (Montale, Ungaretti,
Quasimòdo, Luzi e Zanzotto) d. le neo-avanguardie millenials contrastano
trinariciutismo atelierano (Ladolfi), minimalismo (Magrelli, Zeichen e
Marcoaldi), rigurgiti neo-ermetisti (De Signoribus), ecologismo (Piersanti e
Arminio), realismo (Oldani e Langella) e i «dilettantismi» beceri e ignoranti
dei lit-blog; 2. L'uso dell'ironia come dédoublement e «vertigine che sfocia nella follia» (Paul De
Man): a. Carlo Dossi «Buona ironia! Rimane il miglior idealismo preservativo,
ricostituente, immunizza, è una ricchezza inesauribile, perché, coll’usarla, la
si riproduce; è un giocare colla vita [...] Or bene, ecco le proposizioni
annunziate da Carlo Dossi [...] (L’Ora Topica di Carlo Dossi, 45) b.
Gian Pietro Lucini recupera il didimeo foscoliano, l'humorismo dossiano
e l'ironia di Gli uomini rossi (Beltramelli) e c. Sanguineti riscopre
D’Annunzio al vaglio dell’Humorismo di Lucini e, con Anceschi, rivolge
l’ironia di Revolverate verso l’ermetismo d. la NeoN-avanguardia
utilizza l'anti-frasticità dell’ironie dell'estetica francese
contemporanea (Derrida, Guattari, Deleuze, Baudrillard e Debord) come arma
invettiva e l'Anti-gruppo siciliano utilizza l'umorismo come forma di impegno
socio/politico (Apolloni e Contiliano); 3. Lo sfruttamento del «verso libero»
contro ogni intransigente scheda metrica: a. l’introduzione del «verso libero»
in Italia - a mia mera interpretazione storiografica- non nasce con D'Annunzio
(Laudi), con Corazzini (Tipografia abbandonata) e Govoni (Armonia
in grigio et in silentio), con i misconosciuti simbolisti italiani
(Sormani, Quaglino, Sinadinò): nasce con la scapigliatura di Dossi e Tarchetti
(Memento), su influenza del «vers libre» francese; b. Lucini, con Il
Verso Libero del 1908 diventa massimo sostenitore del «verso libero» -
contro il «verso libero» barbaro d’annunziano e, in seconda battuta, contro il
«verso libero» marinettiano e il suo discorso sul «verso libero» e sul
neo-sperimentalismo è raccolto da Sanguineti e dall'intero Gruppo63; c. le
neo-avanguardie millenials - contro derive neo-ermetiche e neo-orfiche e
contro la degenerazione estremistica romantica ladolfiana- recuperano «verso
libero» luciniano e sperimentalismo dei Novissimi (mai in chiave
«parodica»).
Con la conoscenza diretta di Bauman, i
miei «frammenti ametrici» si trasformarono in «frammenti chorastici». La
«chora», nella cultura ellenica antica, è zona intermedia tra «polis» e «oi
barbaroi», traducibile col concetto moderno di «liminalità», rubato da
Binswanger a Jaspers. Col fallimento della Lehman Brothers, l’individuo
moderno si trovò in una fase di transizione (krisis), sulla «soglia» del
tardomoderno, in una situazione rilevata e segnalata dalla new sociology
(Bauman, Beck, Sennett, Lipovetsky e Gallino). Nacquero l’antologia Chorastikà
e Tardomoderni (la maggiore antologia del XXI), il movimento
NeoN-Avanguardista e l’Anti-Manifesto. I miei «frammenti chorastici» si infradiciarono
di concetti come zycie plyn (vita liquida) połączenie/rozłączenie
(connessione/disconnessione), turysta (turista), nomadyczny
neokapitalizm (neocapitalismo nomade) e nie miejsce biwakowe
(non-luogo campeggio) [Bauman], existentielle polyphonie (polifonia
esistenziale) [Beck], flexibility (flessibilità) [Sennett], individualisme
(individualismo) e dissolution (dissoluzione identitaria) [Lipovetsky],
finanziarizzazione [Gallino]. Per finire, l’incontro, in accademia, con la new
epistemology (Schlick, Popper, Feyerabend, Kuhn, Lakatos, Morin), la
neuro/psico estetica e le neuroethics, e la conclusione della
transazione (krisis) nella distinzione tra evo moderno ed evo
tardomoderno, accompagnate dalla mia avversione verso l’ontologia estetica novecentesca
(Pascoli, Carducci, D’Annunzio, l’ermetismo), trasformarono i miei «frammenti
chorastici» in «anti.poesia», riot text, fondata sulla pragmatica
(caduta la semantica con l’ontologia estetica moderna),
sull’ironia/carnevalizzazione anti-frastica, sulla concezione di arte come
«interazione sociale», sull'avversione analitica ad ogni «metafisica» e
sull’uso dell'osservazione dell’anatomopatologo (basi socio /etno
/antropoligiche dell’arte). La mia soluzione, under construction, del
dilemma della caduta della ontologia estetica moderna (d'origine dantesca) è la
sostituzione dell’ontologia estetica moderna con una nuova
socio/etno/antropologia estetica (NSEAE), come sconfessione del mio ultimo
saggio Il contributo «neon»-avanguardista alla concretizzazione di
un’originale anti-«forma-poesia» (2018). L’anti-analisi attuale del mio
ultimo saggio Il contributo «neon»-avanguardista alla concretizzazione di
un’originale anti-«forma-poesia» (2018), con esito dell’inutilità della
scrittura moderna nel tardomoderno e conclusione del rifiuto della
realizzazione di ogni forma d’arte trovano un nuovo sbocco nella riformulazione
dei fondamenti estetici dell’arte. Le basi della mia nuova
socio/etno/antropologia estetica sono: 1. L'interpretazione della storia della letteratura
contemporanea anti-novecentista in base alla triade Dossi/ Lucini/ Sanguineti;
2. L’uso dell’ironia come dédoublement e «vertigine che sfocia nella
follia» anti-frastiche (Paul De Man); 3. Lo sfruttamento del «verso libero»
contro ogni intransigente scheda metrica; 4. L’applicazione della new
sociology all’attività artistica; 5. L’introduzione di un’«anti.poesia», riot
text, fondata sulla pragmatica (caduta la semantica con l’ontologia
estetica moderna), sull'ironia/carnevalizzazione anti-frastica, sulla
concezione di arte come «interazione sociale», sull'avversione analitica ad
ogni «metafisica» e sull’uso dell’osservazione estetica dell’anatomopatologo
(basi socio /etno /antropologiche dell'arte).
Claudio Damiani, di me, scrive:
«Anzitutto mi piace l’osservazione che
hai, che è quasi da narratore (che io ho sempre invidiato, per come questa
osservazione abbia la capacità di distrarci, occuparci) e come questa
osservazione frequenti i luoghi comuni, e li cerchi e collezioni anche, con
pazienza di antropologo, o sociologo, ma al tempo stesso osservi con
naturalezza, con verità. E dice, con massima chiarezza, ciò che osserva».
La scrittura, diventando experimental
aesthetics si libera definitivamente dall’«io elegiaco» cartesiano dei
«poeti» lirici italiani (Linguaglossa). Il riot-text, come
«anti-poesia», continua a fondarsi, con le debite correzioni rortyiane, sull’ironie
derridaiana e deleuziana, sull’humorismo dossiano, sull’ironia delle Revolverate
di Lucini, sul decostruzionismo concretizzante di Triperuno, sull’arma
invettiva delle neoavanguardie, sulle «dédoublement e vertigine che
sfocia nella follia di Paul De Man, sulla carnevalizzazione bachtiniana,
sull’uso del putpourri estetico - considerati tutti come tentativi,
involontari, di anticipazione della sostituzione di una ontologia estetica
moderna- indirizzate contro «poesia elegiaca» e «auto-linguaggio
dilettantesco», e si innova con «esperimenti estetici», con l'osservazione
partecipante e con la massima clearity.
Questa deve essere l'«esperienza
estetica»: un «esperimento estetico» di osservazione partecipativa spiegata (explanation)
con massima chiarezza comunicativa.
Ivan Pozzoni
Conducator del Kolektivne NSEAE
0. HYPERVERSI
Domandandoci, con candore, cosa ci sia accaduto di tanto strano
da farci rimanere, entrambi, a sacrificar fondi d’intonaco,
chiamandoci in ufficio, a mezzanotte d’un venerdì sera,
ci ritroviamo, all'erta, irti d’aculei erti
sulla bocca del cannone e dello stomaco.
Perversi, siamo, attenti a non cadere nella rete di astuti
bracconieri,
intenti a non finire in rete senza desiderio d’esser cannonieri
di razza, marchiati da 2 m, miseria e malattia,
muovendoci, a destra, manca alternativa, come centenarii,
come farfalle cieche incontro a riarsi lucernari.
Più che sadici, siamo masochisti,
rifiutando vite consumate all’aria rincorrendo tonici ciclisti,
senza ardimento alcuno d’urlarci, in interfaccia,
che il futuro ci riservi cartastraccia,
imballata in bende di Linux
come vecchi faraoni tumulati coi nervi,
snervi, d'acciaio inox.
Stemo atenti.
A pagar no te impressar
che pol darse l'acidente,
che non ti paghi niente.
Zycie
plyn
CARONTE, IN RIVA AL LAGO
Seduto su una roccia, in riva alle acque turbolente
macchiate di ricordi del mio Lete lacustre,
mi tramortisco col rumore ombroso delle onde
che cantano dei miei vent’anni, d’amori e attese blande.
Cerco un Caronte astioso e ansante,
che meni la mia barca sui fiumi d’Occidente,
rodato dosatore d’ansiolitici, seduta stante,
scorbutico maleducato, rude bifronte.
Cerco un Caronte, un Caronte vero,
temerario consulente abituato a transumanze d’ogni genere,
con remi, barba stanca,
obolo di scorta che difenda all’arma bianca.
Seduto su una roccia, rinvio a domani
l’insulsa immaturità delle mie mani.
STORIE D’ITALIA A MODULO CONTINUO
Stacca una banda, staccane un’altra,
modulo continuo da continua violenza
d’essere modulato.
Parlavi al diavolo la notte in cui hai ceduto di schianto,
sotto centimetri sussultori di terremoto, traducendo in esperanto,
di sermo humilis, sublimità da Cristo incarnato,
cadendo a terra, verso un inferno senza ritorno.
Stacca una banda, staccane un’altra,
modulo continuo da continua violenza,
d’essere modulato da un Dio in vacanza.
Lamentavi raffiche d’assoluzione davanti ai banchi d’un tribunale
interessata a mettere all’asta la differenza tra bene e male,
versando lacrime nei letti del Nilo dei tuoi decenni senza
cambiamenti.
Stacca una banda, staccane un’altra,
modulo continuo da continua violenza,
d’essere modulato da un Dio in vacanza,
d’essere assediato da una moralità d’assenza.
Ricordi d’aver varcato confini d’aziendali di colonne d’Ercole,
non vedendo Canaria alcuna nelle iridi chiare delle tue canicole,
schiudendo il viso alle frustate aspre
d’ispidi morsi d’accorto aspide.
Stacchiamo una banda, stacchiamone un’altra,
moduli continui da continua violenza,
d’essere modulati da un Dio in vacanza,
d’essere assediati da una moralità d’assenza,
sentendoci brocchi da corsa, destinati alla mattanza.
BRONCHOPNEUMONIA
Sei arrivata dalle oscure terre del freddo Est,
riarse dai roghi luminosi di Jan Hus e di Jan
Palach
- mi ricordano il suono indistinto del tuo nome
che non so ancora dire, che non so ancora
urlare-,
sei arrivata con una borsa piena delle mie
fatiche di Ercole
senza riuscire a scambiare i tuoi occhi coi miei
occhi,
senza riuscire a scioglierti sotto i colpi del
sapore corrosivo del mio alito
(la mia lingua taglia, erode, brucia).
Alle anime gemelle non occorrono due anime,
si scontrano come corpi nella concretezza della
terra,
si scontrano sulle bollette da pagare, sui conti
in rosso, su vite in bilico,
alle anime gemelle non occorrono due corpi
attraverso cui scopare, rotolandosi
voluttuosamente in letti madidi
su cui restano impressi i segni delle catene,
alle anime gemelle non occorrono due menti,
alle anime gemelle non occorrono due cervelli,
alle anime gemelle non occorrono due cuori.
Sei volata via come la brezza del fantasma di un
amore fragile
lasciandomi il compito di rimettere insieme i
cocci
della nostra nuova lingua: italiano - english -
český,
in un threesome che, ragionevolmente,
caratterizzerà la nostra storia,
a fare i conti con il tuo timore di amare e la
mia incapacità d’essere amato,
a tossire, a vomitare sangue, a bruciare (due
mesi?)
d’una inarrestabile bronchopneumonia amorosa.
Alle anime gemelle non occorre niente,
bastano a se stesse, figurine doppie
sovrapposte sull’album dei ricordi della vita,
a mettere in rilievo un attimo brillante di
felicità
al tatto di un Dio che colleziona cadaveri e
esperienze altrui,
a Milano, a Karlsbad, o a Milansbad.
RINO
Prima che la critica si accorga che esista
dovrò fare la fine drammatica di Rino Gaetano,
senza che l’airbag che protegga l’autista
senza che il tempo mi tenga la mano.
Battere, battere, battere i tasti
battere forte, battere ancora
coll’emergenza di acuti scoliasti
che cambieranno l’ordito com’è ora.
E io intanto scrivo, piangendo lacrime di
cinnamomo,
nel cuore la donna che ha miscelato i miei
cromosomi,
mi tocca vivere di chicane come in autodromo,
col coltello tra i denti a rivedere tutti i miei
assiomi.
Non sono certo di riuscire a sopravvivere
dopo tanta sofferenza e dolore,
al massimo mi ritroveranno cadavere,
arrivando a sentire il mio cattivo odore.
SIAMO TIGRI DI CARTA
L’una di notte non suona mai così spontanea
dalle mie mani dense di ragadi non battono doloranti filastrocche,
da anni, oramai, sono vittima collaterale di una metrica troppo
risoluta
schiava di no Tav, no Vax, no tax, no fly zone,
i miei acidi gastrici carburano con tonnellate di Pantoprazolo
con la digestione impedita da uno stomaco butterato dai buchi del
vaiolo.
Responsabili e irresponsabili allo stesso momento
rogitiamo case come se dovessimo vivere in eterno,
non ci fidiamo a essere padri o madri e, con nonchalance,
adottiamo amori destinati a non sopravvivere un decennio
non vediamo l’ora, dopo una giornata, che il destino ci scodinzoli
alla porta
e non ci rendiamo conto, allo specchio, di barattarci con tigri di
carta.
Pure va tutto bene e non c’è niente che funziona,
attento alle calorie in eccesso, col contapassi da asino da soma,
bulimizzo ogni sentimento, enigmatico come la sfinge di Chefren,
nessuno saprà mai se sono pago o sto a tre metri dall’overdose d’En,
ubiquo nell’arena, sotto il drappo rosso, bovino dall’aspetto
esangue,
non si capisce se sono qui o vorrei stare ovunque.
Existentielle
polyphonie
CATABASI
Più che Achille scontroso o insolente Odisseo andati a troia,
emetto suoni stranieri, sconfitto, in marcia con diecimila decimati
alle volte dell'Ellade, deciso a resistere - menestrello combattente-
contro assalti ed imboscate dei barbari balbuzienti rintanati in tv.
La mia sorte, sorte vostra, nostra sorte d'uomini uccisi - suicidati
- dichiarati morti
dall'eccessiva attenzione dedicata all'artista o all'artiere,
nell'esercito in ritirata verso alee di casa è tornare sulle nostre
orme
stando attenti a non scansare di calcar calchi d'infamia,
inclini a urlar thalassa,
lontani da Cunassa.
JANA WENT TO PRAGUE
Jana went to Prague
chiudendo a chiave in un cassetto
tutta la dolcezza dei suoi cristalli di bohèmienne,
si sente in trappola, chiusa fuori da ogni gabbia,
e, rimanendo alla finestra, abbracciata alle sbarre,
osserva incuriosita la confortevolezza della non libertà.
Jana went to Prague
mettendo nella sua borsa tutti i suoi dipinti, le sue idee,
la sua interpretazione triste della ferinità
brutale di ogni maschio,
inchiodato sulla carta, condannato, come mero organo,
a suonare nelle chiese durante i funerali,
a trasportare l'inaffidabilità dei propri ormoni
come macigni di Tantalo.
Jana went to Prague
col cuore scoraggiato dalla noia della solitudine,
dimenticando il coraggio di noi free spirits
nel resistere alle svendite o ai saldi di emozione,
moderando i nostri istinti alla soddisfazione,
tiene stretti nelle sue mani d'artigiana,
fredde come sanno essere fredde le mani delle ragazze di Karlovy
Vary,
i disegni di un drago, i segni degli incisivi dell'amore di sua
figlia
incastonati, come fosse ambra, nella dura plastica di un sex-toy.
Jana went to Prague
con il suo sorriso da diamante smarrito in un giardino
a mettere in discussione il suo indiscutibile valore
davanti a un bicchiere di vino e di imbarazzo,
l'imbarazzo angosciato di noi dirty persons,
quando cerchiamo di rateizzare le nostre schiavitù,
affidandoci alle braccia di chi ci mostra scarso interesse.
Jana è andata a Praga, e non so se tornerà,
inebriandomi ancora col sapore del suo sorriso
con la contagiosità del suo profumo,
con l'entusiasmo della sua pelle,
Jana è andata a Praga, e io sarò lì, con lei.
IL CHIHUAHUEÑO DI PORT-ROYAL
Quando ti svegli nella notte e ti avvicini, fragorosa, al batter dei
miei tasti
chissà se è me che cerchi, chissà se è me che trovi,
col comportamento di una scimmia allo specchio, la scienza afferma
ogni tua inconsapevolezza
e non ricusa, nell’homo sapiens,
la stessa consapevolezza con l’esperimento della televisione,
mass-media, esiste chi vive o vive chi esiste auto-identificandosi dentro a un
video,
mass-media, la somma dei valori numerici delle masse cerebrali, fratta del loro
numero.
Quando guaisci, piangi? O è solamente una danza indeterminata di
interazioni neurali
a muoverti, muscoli, sentimenti, sogni? Quando dormi, sogni?
Mi scopro, a volte, a interrogarmi sulla nostra reciprocità:
sentiamo un amore senza condizioni, una resa incondizionata,
vicendevole,
e tu sbadigli, disinteressandoti d’ogni feedback, forse soddisfatta
dall’immediatezza di una carezza, dall’autenticità di un sorriso o di
uno scodinzolio.
Quando non ci siamo, soffri? O è soltanto l’ipostatizzazione di una
nostra mancanza,
a muoverci muscoli, sentimenti, sogni? Quando ci studi, con il tuo
naso indagatore da cerbiatto,
rifletti o agisci d’impulso? Esisti, o non esisti? Esisto, o non
esisto?
Perché se non esisti, mio amore innocente, rifiuto d’esistere
anch’io,
e se rifiuto d’esistere, rinuncia ad esistere il mondo stesso.
Sei la Tenochtitlan dell’ontologia, nata come fico d'India alla base
della roccia,
ritrovata – nessuno ti avrebbe mai coperta- da Álvar Núñez Cabeza de
Vaca,
sei stata saccheggiata dai conquistadores
corsari della logica di Port-Royal
e ridotta, da animali senz’anima, a oggetto inanimato del binomio
schiavo / padrone,
senza aver mai considerato che cambi le nostre vite più di Marx e
della sua inutile rivoluzione.
ROGITO ERGO SUM
Preda di un brutale scollamento tra Bund e BTP,
senza che ci tragga in salvo alcun modello CCCP,
la nuova parola d’ordine è investire sul mattone
che con il crollo delle borse inter-stellari ogni risparmio è
un’illusione.
Se la banca ci concede un mutuo bisogna levare alti i nostri tedeum
e scaraventarci a scegliere tra un parquet o un linoleum,
nascono, come funghi, agenzie immobiliari ogni due m²,
immobiliaristi dall’occhio bovino che ci costringono a diventar
mezzadri,
decerebrandoci in attività tipo il misurare una chaise longue,
con i neuroni ancorati a Malta come le navi di una Ong.
Lo Stato feudatario c’accorda lo ius
primae casae
nuovi acquisti e ristrutturazioni sono adito d’ukase,
chi riesce, a fatica, a svincolarsi dal contratto d’affittanza
è bandito dalle liste del reddito di cittadinanza,
e avrà l’onore di finire a fare il barbone
con il culo sul divano davanti alla televisione.
Monolocale, cantina, bilocale, box, trilocale
cantori, senza ascensore, abituati a far le scale,
cerchiamo, allucinati, di non finire in uno slum,
al grido unanime di rogito ergo sum.
COVID
Scrivere sul Coronavirus, adesso, non ha senso,
tutti a tamponarsi senza chiedere consenso
stormi di ambulanze sciamano dal deposito dietro casa
facendo della Lombardia una regione a tabula rasa,
e loro, a correre sui marciapiedi o a formar crocicchi
con grovigli di maschere che neanche un film porno di Schicchi.
E i volponi UE mesi a discutere di Mes condizionato
chi cazzo mi trova un lavoro che son rimasto disoccupato,
mi attende una meravigliosa vita da recluso in casa
a togliere i capelli dalla doccia sennò il tubo si intasa,
viva il governo olandese che non vuol condividere il debito
senza capire che a star seduti sullo Stivale l’Europa rischia piaghe
da decubito.
E il terrore di morire in solitudine corre sul filo, avanza,
alcuni a reclamare i loro dieci anni di meritata vedovanza,
altri a non voler finir scannati come animali
a me, se muoio, buttatemi in una fossa comune tra battone e criminali,
nell’attesa che un eroico ricercatore David
riesca ad abbattere a fiondate il pandemico Covid.
FRANCESCHIELLO
L’amore eterno è eterno: andata, ritorno e morte.
La morte è il fischio dell’amore eterno di un’acquaforte,
dove sono dipinte coppie morte, immortali ed eterne
coperte dalla certezza di eternità come calaverne.
Insomma, tutto ‘sto casino per dire che l’amore eterno
non si sfascia come quando pieghi troppo un quaderno,
il filo refe dell’amore eterno è referente di una corda d’oppio
e non deve penzolare come la corda di un cappio.
Amore eterno, vita eterna, divinità eterna non valete un cazzo
se tutta la vita è flessibile come i reticoli di un pupazzo,
se c’hai l’amante col tumore allora scappa, veloce come
Franceschiello
tanto non c’è a Gaeta un castello dove
rinchiuderti con un chiavistello.
GLI UOMINI SENZA COGNOME
Gli uomini senza umanità non hanno il cognome,
vivono, inintelligibili, come uno spartito di sole semibiscrome,
coltivando il loro misero orticello, due camere e un bagno,
in cerca di condoni reiterati, su terreni del demanio.
Gli uomini schiavi dell’indifferenza non hanno il cognome,
ci immunizzano, inutili, come la milza nell’addome
dal fervore, dall’interessamento, dalla solidarietà civile,
convertendo l’egotismo dello stilita in uno stile.
Gli uomini senza intelligenza non hanno il cognome,
martellano, propagandistici, con l’arroganza di una réclame,
condannando il mondo a un’esposizione a 100.000 röntgen
col contegno truffaldino della piramide di Chefren.
Gli uomini senza cognome, si chiamino Roberti, Lorene, Glorie,
devono essere affogati dentro ettolitri di damnatio memoriae,
non ci devono tangere, novelli Mario Chiesa,
ché buttare i nostri valori nel cesso non è una bella impresa.
a
tutti quelli che hanno qualcuno da piangere
A tutti quelli che hanno qualcuno da piangere,
in nome della loro mancanza di ispirazione,
hanno la fortuna di non aver niente da ridere,
come nel ritornello de La donna cannone.
A tutti quelli che hanno qualcuno da piangere,
una bottiglia di vino come amico fragile,
gli occhi gonfi pieni di dispiacere,
gli occhi gonfi di sangue come uno sbandato pugile.
A tutti quelli che hanno qualcuno da piangere,
che si sentono da buttare via
e non hanno agli occhi zanzariere
che permettano di scacciare ogni fobia.
A tutti quelli che hanno qualcuno da piangere,
stanati sulle labbra di un amore,
non trovano la forza di vivere
quando hanno strappato loro il cuore.
A tutti quelli che hanno qualcuno da piangere,
sbattuti sulla riva come Ulisse,
nuovi eroi che non hanno niente da vincere
lacrime sulle ordinate e sangue sulle ascisse.
A tutti quelli che hanno qualcuno da piangere,
ta-ra-da-dà, e le seconde strofe sono tutte da inventare,
devono apparire come stessero per sopraggiungere
come buche carsiche sulle strade dell’amore.
A tutti quelli che hanno qualcuno da piangere,
piangete, piangete, non lesinate
le lacrime si rimpiazzano con un buon bicchiere
smezzato a sorsi di lacrime bicarbonate.
Ezra
Pound
La città non muore mai, avvolta in un alone di fuoco,
nemmeno se la coprono di cavalli di frisia,
non serve neanche riempirla di portoni taglia-fuoco,
la città è sola, si scioglie facilmente in un barattolo di magnesia.
Siamo tutti soli, siamo tutti fatti a pezzetti
i palazzi continuano a farci da cellophane
la solitudine ci impedisce di far progetti
proiettati come Prost in una mortifera chicane.
Le relazioni durano un tanto al metro
amore, amore, sì, ma con criterio
tutti morti, tutti alla Porta di San Pietro
con una scientifica vocazione al martirio.
È la festa del lavoro, dignità umana
si va avanti a raccomandati e figli di puttana,
tutti, depressi, ad attendere il Recovery Fund,
e finiremo con Mussolini a stringer la mano a Ezra Pound.
RIDATEMI I MIEI VERSI
Se non sono ancora in grado di scrivere versi
mamma, è perché sono finito tra gli encefali persi,
mamma, amavo una donna prima che fosse nata
e la mia serotonina si è trovata abbandonata.
Ho cantato dei deboli, dei distrutti, i miei scarti di magazzino
non credevo di diventare anche io flessibile come un manichino,
della consistenza di un esacerbato Krusty il clown
detonato senza miccia da giorni up e giorni down.
E io scrivo, versi disprezzati da me stesso e dalla popolazione,
mentre tu, con una valigetta rosa, prendevi il largo alla stazione,
senza nemmeno renderti conto che io ero caduto
nel fango dei miei neuroni come se fossero un anacoluto.
Se mi riuscisse un nodo scorsoio mi appiccherei a un albero
perché a me non resta l’alternativa tra il suicidio e il ricovero,
io nel mio fegato so che è cosa mia
in pubblico continuiamo con la terapia.
MITO-LÓGIA
Pensare d’esser contadino di semi d’angoscia
su una terra dura come monumento funebre,
distribuendo sale sulle anime dei vivi,
le anime dei morti sono meno sfuggenti.
Pensare inquietando, a vicenda, le nostre inquietudini,
«effringere ut arta / naturae primus portarum clausura
cupiret»,
non smettendo mai di bussare alle finestre dell’amore smarrito,
con la bellezza effimera dello shoe-shine.
Pensare, straziati di lacrime come una madre davanti alla bara d’un
bimbo,
senza barare, novelli Yudhishtira, ai dadi del Dharma,
crollandosi addosso tra i frammenti ossei del nostro scrivere,
osservando cianotici volti.
Pensare, e continuare a farlo, minuscole divinità creatrici del
divino,
mito-logiche chimere sbranate dall’occhio di giada della tigre,
senza mai afferrare i mille sensi della vita.
IL TANGO DEL BANDOLERO
Bandolero, da dieci anni la pensione ti ha levato ogni pensiero,
passi i giorni alle bocciofile schiavo del tuo tempo libero, Bandolero,
cinquant’anni trascorsi in banca a maneggiare l’altrui denaro
e, ora, in coda a ritirar la social
card felice vittima del rincaro.
Bandolero!
Bandolero, con il bancomat a tracolla cadi preda d’ogni phishing
ignorando, con orgoglio, l’esistenza dell’home banking,
Bandolero, doni al consulente finanziario provvigioni a palate
accogliendo nel tuo portafoglio il meglio delle obbligazioni
subordinate.
Bandolero!
Bandolero, irresponsabile correo del boom economico italiano,
il tuo voto spensierato a Andreotti, a Spadolini o al dio craxiano,
ci ha gettato tra le braccia di una troika assai baldracca,
e mentre balli soddisfatto noi nuotiamo nella cacca.
Bandolero!
Bandolero, damerino impomatato con le vecchie al capezzale
grazie all’uso spassionato di un catetere vescicale,
balli il tango con maestria alle sagre del paese, Bandolero,
contando i pasos doble
della strada che conduce al cimitero.
Bandolero!
Il nostro
bimbo avrebbe avuto occhi belli
Il nostro bimbo avrebbe avuto occhi belli,
la tua smania di vivere e i miei momenti chiusi
avrebbe avuto mille diavoli tra i capelli
guizzanti nei suoi cento Parnasi.
Il nostro bimbo avrebbe avuto le stigmate,
e avrebbe intessuto fittissimi dialoghi con gli animali,
il tuo viso scuro delle cavallerizze sarmate
il mio amore viscerale di versi e madrigali.
Il nostro bimbo non sarebbe mai cresciuto,
imbrigliato di una rete di ragni caramellati
non avrebbe mai avuto bisogno d’aiuto
tutelato da buffoni loricati.
Il nostro bimbo mai nato,
schiavo d’un qualche Durex lubrificato,
è un’occasione chiusa nel mio diaframma cardiotoracico,
immerso, ferito, in una membrana d’arsenico.
LE LACRIME DI UN DIAVOLO
Se da mille lacrime scaturisse un sorriso
sarei un diavolo seduto in Paradiso,
a attendere san Pietro, con la sua benedizione,
mentre recalcitro, nel cuore, la mia amara conversione.
La vita è bella, la vita è sana
non bisogna tener conto di quei figli di puttana,
che governano con metodi efferati
i disgraziati dagli stomaci affamati.
Meglio rintanarsi in una camera oscura
dove i colori non facciano paura,
mettersi a scrivere a un tavolo
e l’unico a cadere da cavallo, San Paolo.
Se dal mio curore sprigionassi ancora amore
non avrei bisogno di piangere ventiquattr’ore,
senza interruzioni, non creduto da nessuno,
affogato in un bicchier di lacrime come Nettuno.
DACIA
Le aquile marciano sulle strade della Dacia,
in testa l’imperator Marco Ulpio Traiano
ha costruito una Romania aliena dalla fiducia,
meglio l’avesse organizzata Vespasiano.
Chi credeva che l’ordo militaris,
fosse sostituito dall’ordo consumaris,
dopo secoli di cambiamenti
tra pesti, recessioni e sbeffeggiamenti?
L’ordine mondiale è il dominio di una manciata
di miliardari difese da una munita barricata
i nuovi schiavi saranno tutelati da una scudisciata,
non dal Grande Fratello Vip o da una tv codificata.
LA BALLATA DELLA RACCOMANDATA
Che ti perplima che stia aiutando la mia
compagna a trovar lavoro, mi delude al quadrato,
forse chi c'ha un genitore con la fabbrichétta
corre meno rischi di rimaner disoccupato,
e spesso nemmeno corrobora la sensibilità che,
in una mente disperata e vinta,
basti a crear forza e speranza anche far finta.
Queste, alla faccia del cazzo, sono le risposte
di chi lavora nel sociale,
ore ed ore a dis-educar ragazzi, esperta
nell’arte di sapersi far raccomandare,
che, se ti va male, attendi, anche dieci anni,
in una casa guadagnata col sudore,
sì, il sudore della fronte della fabbrica del
genitore.
Cosa dire, ti auguro, molto in fretta, di cadere
e farti male,
senza babbo e mamma che ti segnalino
immediatamente al direttore,
di una cooperativa dove il proletario sperimenta
anni e anni di precariato,
e te, magari, oggi, c’hai l’indignità d’un
contratto a tempo indeterminato.
L’EPATITE IVA
Il contribuente italiano medio tra tasse, imposte e accise
subisce morsi e ricorsi stoici peggio che alla Corte d’Assise,
navigando sempre in cattive acque, lo hanno dichiarato santo
e contro le scottature da cartella esattoriale usa la tuta d’amianto.
L’epatite IVA è una malattia altamente contagiosa,
il cuneo fiscale ha la funzione di un catetere senza ipotenusa,
drenare liquidi dai buchi neri dei conti correnti non millanta
l’idea di far chinare concittadini sofferenti a quota Novanta.
La metafora del drenaggio, verso lo Stato italiano, non è balzana,
l’Agenzia delle Entrate ci rivolta i calzoni come indomita mezzana,
la malattia è ormai cronica, come terapia sedativa resta la flat tax
la calma piatta dei mercati internazionali non ci facilita il relax,
tra salvare 5.000.000 di italiani o incrementar lo spread
la scelta è tanto semplice che non ci vorrebbe un Dredd,
speriamo solo che un nuovo dottor Sottile non emetta prelievi forzati
sul 6‰ dei conti correnti dei soliti disgraziati.
IL REDDITO DI CITTADINANZA
Il reddito di cittadinanza è un animale da bestiario,
si applica al barbone, alla casalinga e al milionario
al figlio, inintestato, del magistrato di Corte d’Assise
che abbia avuto la sollecita scaltrezza di cassarsi l’Isee.
Da Maggio tutti in fila fuori dall’ufficio di collocamento
milioni di italiani trafitti dalle solite manie di tesseramento
con le nuove Postepay del sussidio i maestri del «mi spezzo, ma non
m’impiego»
avranno tre finte opportunità di lavoro cui presentar finto diniego
alpinista in Molise, bagnino in Val d’Aosta, immigrato a Riace,
tutti chinati a Novanta davanti a onnipotenti navigator in orbace.
Per essere beneficiati dal munifico sussidio da nullafacente
bisogna avere meno di 10.000€ sul conto corrente,
insomma, bisogna essere un rom, un barbone o un delinquente.
Chi ha una moglie che lavora, ahimé, deve correre alla Sacra Rota,
chi c’ha il babbo imprenditore, forza!, deve fare come il Trota
con le case intestate a terzi a Montecarlo e i rimborsi spese in
nota.
Il reddito di cittadinanza è la solita furbata elettorale,
regalare soldi a Napoli, Cosenza, Palermo non hai mai fatto male,
e alla fine, tra finti divorzi, terzi intestati, stato di famiglia
modificato
l’unico a rimaner truffato sarà chi è davvero disoccupato.
LA VERA STORIA DELLA DIETA DI
RONCAGLIA
La spassosità dei cookie di internet riesce ad essere origine di
creazione artistica.
Documentandomi, in modo superficiale, con wikipedia, sulla dieta di
Roncaglia,
ecco apparire, in una nuova scheda, l’esilarante spam: «come
dimagrire celermente […]».
Pensavo: come non associare alla dieta di Roncaglia,
l’idea di un Federico Barbarossa defraudato di tovaglia?
Pensavo: è curioso meditar sui mutamenti della Lega,
allora, alle prese con la difficoltà quod placuit principi, habet
vigorem legis di un brocardo,
e, nell’attuale, messa in discussione sulla dieta mancata del Trota e
company,
su rimborsi dei conti al ristorante da un miliardo.
La vera storia della dieta di Roncaglia insegna che il magna magna di
una politica bugiarda
conduce, in Europa, alla vittoria del tedesco su ogni forma di nuova
Lega Lombarda.
L’AQUILA
E io che ho visto
estinguersi le aquile,
nei capannoni sincopati
di periferia,
volavano alte sopra il
campanile,
ed erano animali a
fantasticheria.
Non ci sono le aquile
sui colli della Brianza,
sono state trascinate
in montagna senza un impeto di pietà,
dicono che ne sia stata
fatta una mattanza,
sotto ordine di qualche
malfamata Società.
Sulla Brianza volano
stormi di piccioni,
non è un gran
spettacolo – disi-, sono a migliaia,
devono avere rilevato
una Società per azioni,
mi auguro che non sia
alimentaria.
I nostri nonni
mangiavano i piccioni
era una questione di
tessera annonaria
la società dei ciccioni
ha divorato un’aquila
azionaria.
- 0 LA TERZA VOLTA DI LAZZARO
Questa è la terza volta che mi levano il sudario,
sono ancora in grado di flexare senza l’uso di un rimario,
non riesco neanche a sperare nel famoso logos di un missile russo,
in cammino sulla strada verso Odessa con venti sintomi da reflusso
curiosissimo dello stato dello star system italiano bevo vodka ed un cachet
nessun refolo di cambiamento: dittatore di Atelier è restato
Giuliano Berchet.
Spostato il masso del sepolcro, dopo sei anni, controllo il catalogo
Mondadori,
sarà svanito il cucchismo, 0,9% del fatturato, e mi ritrovo i soliti
cinque autori
Ruffilli, Lamarque, De Angelis, le solite novità settuagenarie, e l’Opera
omnia di Viviani,
che a raccontare tutto in Macedonia e Kosovo non smetterebbero di
batterci le mani,
Yēšūa, nel 2018, ti eri impegnato a regalarmi il dono
dell’auto-felllatio,
nel 2024, con impegno, vedrò di fare il miracolo da solo, senza
estensione del prepuzio.
Questo continuo rinascere, e sparire, rinascere, e sparire, mi sta
mettendo in confusione
sono l’artista del Raduga, dello Strega e del Montano, o una valletta
della televisione,
va a finire sempre nello stesso modo: inizio a scrivere e mi metto
nei pastiche,
m’hanno detto che cito citazioni di citazioni come Lapo tira su le
strisce,
le uniche citazioni le ricevo in Tribunale da mediocri titolari di
associazioni di Rimbaud
che chiedono elemosina ai «dilettanti» allo sbaraglio asserragliati
nei lit-blog,
ho idea che mi richiudo ancora nella tomba e mi rimetto a studiar
l’abbecedario,
le donne sono andate tutte via, come cazzo faccio a rimettermi il
sudario.
BIOBIBLIOGRAFIA IRRITANTE ALLA
CRITICA ITALIANA
Ivan Pozzoni è nato a Monza nel 1976; si è
laureato in Giurisprudenza con una tesi sul filosofo Mario Calderoni. Si è
occupato, a livello accademico di: filosofia del diritto, teoria del diritto,
epistemologia e storia delle scienze, estetica, etica, teologia, sociologia
dell'arte, storiografia filosofica, storiografia della letteratura, critica
letteraria, sociologia, psicologia, psichiatria forense e medicina legale. Ha
superato - come visiting student- i corsi accademici di filosofia,
sociologia, psicologia e medicina. Primo, insieme ad uno sparuto manipolo di
studiosi, ha introdotto in Italia la materia della Law and Literature,
divenendone uno dei massimi esperti italiani. Ha diffuso moltissimi articoli
dedicati a filosofi italiani dell’Ottocento e del Novecento, e diversi
contributi su etica e teoria del diritto del mondo antico; ha collaborato con
con numerose riviste italiane e internazionali:
Annuario
Centro Studi Giovanni Vailati - Epistemologia - Novecento - A&I - Diogene - Dialegesthai - Il
Contributo - Información Filosófica - Parènklisis - Aquinas - Foedus - Modelli
& Teorie - Il Protagora - Uno/Molti - Per la
Filosofia - Annali Ferraresi - Notizie di
Politeia - Itinerari - Annuario
della filosofia italiana - Filosofia oggi - Cartevive - Otto/Novecento - Libro
Aperto - Nóema - Rivista
Rosminiana - Complessità; UT - Osservatorio
Letterario - Historica - Il foglio
clandestino - Arenaria - Fermenti - Forum
Italicum - Sìlarus - Sudest - La mosca di
Milano - FarePoesia - Il foglio
volante - Parole - Punto
d’incontro - Inverso - La
Clessidra - Pickwick - Prospektiva - Avanguardia - Incroci - Il filo
rosso - I fiori del male - Offerta
Speciale -Aeolo - Il Monte Analogo - Poeti e
Poesia - Italian Poetry Review - Il fiacre
n.9 - Il denaro - Narrazioni - LaM - Rivista
Letteraria -Campi immaginabili - L’inchiostro - Pomezia
Notizie - Universo - Peloro 2000 - Fatece
Largo - Il salotto letterario - L’immaginazione - Proa
Italia - Π - Il
saggio - Opera Nuova - Euterpe - Segreti
di Pulcinella - Il Segnale - Il
richiamo - Il convivio - Il caffè - Sagarana - Kuq e
Zi - Pastiche - La battana - Decomporre - Punto - Le voci
della luna - Verde - Il lettore
di Provincia - Gradiva - Alla
bottega - Rivista di Studi Italiani - L’Incantiere - Nova - Spiritualità
& Letteratura - Graphie.
Tra 2007 e 2018 sono uscite varie sue raccolte
di versi: Underground e Riserva Indiana,
con A&B Editrice, Versi Introversi, Androgini, Mostri, Galata
morente, Carmina non dant damen, Scarti di
magazzino, Qui gli austriaci sono più severi dei Borboni, Cherchez
la troika e La malattia invettiva con
Limina Mentis, Lame da rasoi, con Joker, Il
Guastatore, con Cleup, Patroclo non deve morire, con
deComporre Edizioni; tra 2009 e 2018 ha curato le antologie poetiche Retroguardie, Demokratika, Tutti
tranne te!, Frammenti ossei, Labyrinthi
[I], [II], [III], [IV], Hic sunt
leones, Nostalgia di Itaca, Bustrofedica, Deliri di
controriforme, Beneficio d’inventario, La
tentazione di esistere, Chorastikà, Hyperversi, Sotto
sfratto, Bankruptcy, Soglie, Bail in, Spending
review, Stiamo tutti Mali, In vino
vanitas, Traguardi, XXX, Rincipit, A Troia
vinse Patroclo, I segreti delle fregole, Alalai, Inn tucc
ball, Dieci anni, Militanza, Acufene, La malattia invettiva,
Noi, spettri, Pagine bianche e Tardomoderni (Limina
Mentis), Generazione ai margini, NeoN-Avanguardie, Comunità
nomadi, Metrici moti, Fondamenta
instabili, Homo eligens, Umane
transumanze, Forme liquide, Scenari
ignoti, Glocalizzati, Ad limina
mentis, Extra omnes! e Assalto ai
forni (deComporre). Nel 2010 ha curato la raccolta
interattiva Triumvirati (Limina Mentis); nel 2014 la raccolta di
racconti Postmoderno immaginario (deComporre) e nel 2015/2018
le raccolte di racconti Tardomoderno immaginario I, II, III, IV, V,
VI, VII e VIII. Tra il 2008 e il 2018 ha curato i volumi: Grecità
marginale e nascita della cultura occidentale (Limina
Mentis), Cent’anni di Giovanni Vailati (Limina Mentis), I Milesii (Limina
Mentis), Voci dall’Ottocento I, II, III e IV (Limina
Mentis), Benedetto Croce (Limina Mentis), Voci dal
Novecento I, II, III, IV e V (Limina
Mentis), Voci di filosofi italiani del Novecento (IF
Press), La fortuna della Schola Pythagorica (Limina
Mentis), Pragmata (IF Press), Le varietà
dei Pragmatismi (Limina Mentis), Elementi
eleatici (Limina Mentis), Pragmatismi (Limina
Mentis), Frammenti di filosofia contemporanea I e II (Limina
Mentis), L’oscurità d’Eraclito d’Efeso (Limina Mentis), Frammenti
di cultura del Novecento (Gilgamesh), Lineamenti
post-moderni di storia della filosofia contemporanea (IF
Press), Schegge di filosofia moderna I, II, III, IV, V, VI, VII, VIII, IX, X, XI, XII, XIII e XIV (deComporre), Parole,
immagini e situazioni I e II (deComporre), I moderni
orizzonti della scienza e della tecnica (deComporre), Oltre
Cartesio (deComporre), Frammenti di filosofia contemporanea III,
IV, V, VI, VII, VIII, IX, X, XI, XII, XIII, XIV, XV, XVI, XVII, XVIII, XIX e XX (Limina
Mentis), Filosofi e modernità I, II e III (Limina
Mentis), Prospettive storiografiche di teoria sociale I e II (Limina
Mentis), Parole, immagini e situazioni III, IV, V (Limina
Mentis), L’Essere del Linguaggio, il Linguaggio dell’Essere (Limina
Mentis), I moderni orizzonti della scienza e della tecnica II, III e IV (Limina
Mentis), Schegge di filosofia antica (Limina Mentis) e Fede e
ragione (Limina Mentis); tra il 2009 e il 2016 sono usciti i
suoi: Il pragmatismo analitico italiano di Mario Calderoni (IF
Press), L’ontologia civica di Eraclito d’Efeso (Limina Mentis), Grecità
marginale e suggestioni etico/giuridiche: i Presocratici (IF
Press), Libertà in frammenti. La svolta di Benedetto Croce in Etica e
politica (deComporre) e Il pragmatismo analitico
italiano di Giovanni Vailati (Limina Mentis). Nel 2012 è
uscito il numero unico di rivista, da lui curato, Le
bonhomme.
È stato fondatore e
direttore della rivista letteraria Il Guastatore – Quaderni «neon»-avanguardisti;
è stato fondatore e direttore della rivista letteraria L’Arrivista;
è stato direttore esecutivo della rivista filosofica internazionale Información
Filosófica; è stato, direttore delle collane Esprit (Limina
Mentis), Nidaba (Gilgamesh Edizioni) e Fuzzy (deComporre).
Ha fondato una quindicina di case editrici
socialiste autogestite. Ha scritto/curato 150 volumi, scritto 1000 saggi,
fondato un movimento d'avanguardia (NeoN-avanguardismo, approvato da Zygmunt
Bauman), con mille movimentisti, e steso un Anti-Manifesto NeoN-Avanguardista,
firmato da trecento accademici e scrittori, tra cui Eco, Bauman e Barberi
Squarotti. Ha combattuto il neo-ermetismo di Ninnj di Stefano Busà e di Eugenio
De Signoribus, l'accademismo di Giuliano Ladolfi, il minimalismo di Valerio
Magrelli, Valentino Zeichen e Franco Marcoaldi, il dilettantismo. È stato
avvicinato, in recensioni su riviste internazionali, a Lucini, Esenin,
Leatrémont, Persio, Orazio, Rimbaud, Anceschi, Eliot, Milosz, Majakovskij,
Burchiello, Berni, Teofilo Folengo, Pulci, Goldoni. Hanno scritto di lui
centinaia di critici letterari, in Italia e all’estero: Spagnuolo, Damiani,
Rondoni, Lauretano, Tedeschi, Alaimo, Piselli, Linguaglossa, Troisio, Pieri,
Passini, Benassi, Melillo, Pardini, Piazza, Festa, Pirrera, Apolloni,
Contiliano, Montagnoli, De Palchi, Ranieri, Villalta, Pontiggia, Langella, Arminio,
Anelli, Fontanella, Palladini, Kemeny, Saveriano, Bettarini, Amorese, Ruffilli,
Attolico, Panetta, Lagazzi, Éderle, Romano, Ferrari, Calamassi, Vaccaro,
Bolla, Soldini, Guarracino, Bertoni, Barberi Squarotti, Papa Ruggiero, Onofrio,
Almerighi, Balestriere, Panetta, Fresa, D. Alvino, G. Alvino, Seri, Ladolfi e
Manzoni.
È menzionato nei maggiori manuali universitari
di storia della letteratura, storiografia filosofica e nei maggiori volumi di
critica letteraria. I suoi volumi sono conservati nella maggioranza delle
biblioteche universitarie italiane e in moltissime biblioteche universitarie
estere (tra cui Harvard, Yale, Oxford, Cambridge, Princeton, Eaton, Stanford,
Berkeley, Sorbonne, Zentralbibliothek Zürich, New York
University, Bayerische Staatsbibliothek, Universität
Erlangen-Nürnberg Bibliothek, Bibliothèque nationale de
France, Bibliothèque interuniversitaire
Sainte-Geneviève, Staatsbibliothek zu Berlin, New York Public Library
System, University of Toronto Library, Library of
Congress, University of Michigan, Marquette University
Library, University of Chicago Library, Cornell University
Library, Northwestern University, University of Minnesota Twin
Cities, University of Illinois, University of Georgia, University
of California Los Angeles, The British Library, University of
California San Diego, Universitätsbibliothek Universität
Hamburg, Sistema Bibliotecario Ticinese, Weimar
Bibliothek, Württembergische Landesbibliothek, Universitat de
Barcelona, National Library Information System of Slovenia, Universidad
de Navarra, Utrecht University Library, University of Notre
Dame, University of Cincinnati, Defra, The American College of
Greece di Atene, Universität Konstanz, Université Grenoble
Alpes, Universitätsbibliothek Freiburg, Université Lumière de
Lyon, Universität Augsburg Bibliothek, Universitätsbibliothek
Heidelberg, Universitätsbibliothek Koblenz, Université de Reims
Champagne-Ardenne Bibliothèque universitaire, Université
d'Orléans, Maastricht University Library, Universitätsbibliothek Leipzig, Royal
Library of Belgium, Universiteit Antwerpen, University of Twente
Library, Bibliotheek Universiteit van Amsterdam, University of
Westminster Library, Universidad del País Vasco, Universitat de
València, University Library of Southern Denmark, Universidad de
Alicante, Cardiff University, Royal Danish Library
Copenhagen, Biblioteca de la Universidad Complutense de
Madrid, University of Manchester Library, University of Edinburg
Library, University of Skövde Library, Lebanese American University
Libraries Beirut, National Library of Israel, American University of
Kuwait, British University in Dubai, Bibliothèque de l'Université de
Montréal, Stony Brook University, Biblioteca di Helsinki).
Ha tenuto reading nei locali e nelle
università italiani, nei teatri d'arte di Praga, Budapest, Sofia, Bucarest,
Mosca, Tblisi, New York e Lione. È stato discepolo di Uberto Scarpelli e
Mario A. Cattaneo (filosofia del diritto) di Mario Quaranta (storiografia
filosofica italiana) e di Zygmunt Bauman (sociologia). Ha collaborato, in
materia di teologia della liberazione, con Karol Woytjla, Frere Roger e Carlo
Maria Martini. Detiene, col titolo di cultore della materia, due cattedre
universitarie (Milano e Padova). Ha collaborato - come umorista- col nuovo
Candido.
Il suo volume La malattia invettiva vince
Raduga, menzione della critica al Montano e allo Strega. Viene inserito nell’Atlante
dei poeti italiani contemporanei dell’Università di Bologna ed è inserito
molteplici volte nella maggiore rivista internazionale di letteratura, Gradiva.
I suoi versi sono tradotti in francese, inglese e spagnolo.
Dal 2018, come conseguenza del
saggio Il contributo «neon»-avanguardista alla concretizzazione di
un’originale anti-«forma-poesia», inserito nella rivista
internazionale ungherese Irodalmi Obszervatórium, dove è
dimostrata l’inutilità della scrittura nel Tardomoderno, rifiuta ogni forma di
scrittura e si ritira a studi accademici, diventando uno dei massimi consulenti
legali italiani in materia di diritto commerciale internazionale dell'Est
Europeo, del Medio Oriente e dell'Estremo Oriente.
Nel 2024 rientra nel mondo artistico italiano e
fonda il Kolektivne NSEAE (Nuova socio/etno/antropologia estetica).
DALLA NEON-AVANGUARDIA AL KOLEKTIVNE NSEAE
Il Kolektivne
NSEAE (Nuova socio/etno/antropologia estetica) ha un’eredità non-ontologica
derivata dalle neo-avanguardie millennials, lontanissima dalla ontologia
estetica moderna. La NeoN-Avanguardia, da me fondata, cede – come ogni altra
avanguardia- all’«ἀντίφράσις», all’«ironia»
(Jacques Derrida), al «citazionismo», allo «straniamento» (Viktor Borisovič
Šklovskij), alla «carnevalizzazione» (Michail Bachtin), al «mistilinguismo», al
«dédoublement» e «vertigine che sfocia nella follia» (Paul De Man), alla
grammatica generativa (Noam Chomsky), alla «sovversione/eversione»
(anarco-individualismo stirneriano e della Post-Left Anarchy),
all’«invettiva» (triade Villon/Brassens/De André) e all’estremo «impegno sociale»
movimentista a tutela dei deboli e dei diseredati, con opposizione allo star
system dei dominanti e dell’arte. Preso atto della conclusione della krisis
e della transizione dall’evo moderno al nuovo evo tardomoderno, ho riconosciuto
l’urgenza del discorso sul cambiamento di «paradigma» storico ed
estetico, dovuto al venire meno del senso teoretico dell’ontologia estetica
moderna, e ammessa l’anacronisticità della NeoN-Avanguardia, movimento di
krisis, ho deciso di fondare uno nuovo movimento non ontologico, il Kolektivne NSEAE
(Nuova socio/etno/antropologia estetica), aperto a tutti i mille movimentisti
neon-avanguardisti e a nuove menti in grado di captare il cambiamento di «paradigma» sociale ed estetico.
Insieme all’eredità della Neon-Avanguardia, il Kolektivne NSEAE si
è dato uno statuto: la nuova «forma-poesia» o il nuovo «paradigma estetico» del
tardomoderno deve fondarsi su:
1. Experimental
aesthetics, derivata dall’«esperimento di pensiero» machiano aggiornato dai
nuovi modelli di mirror neurons di Rizzolati accolti dalla neuroestetica
contemporaneissima (brain imaging).
2. Osservazione
partecipante, con l’innesto dell’interazionismo meadiano e della
etnometodologia di Garfinkel (in grado di garantire la definizione di
«esperienza estetica» o «riot-text, come anti-poesia» o «poesia» [il vocabolo
«poesia» deve essere tassativamente decostruito e sostituito, essendo troppo
compromesso con l'ontologia estetica del «ποιεῖν», dell'«io creatore» o
«io lirico» cartesiano dei «poeti elegiaci», secondo una sferzante definizione
di Giorgio Linguaglossa] come mera «interazione sociale»). Le critiche di
Geertz, Davis e Kunda sull’«attendibilità» dell’osservazione devono essere
neutralizzate da un accostamento alla Grounded Theory di Glaser e
Strauss.
3. Clearity, col
tentativo di conciliazione tra analitici (Searle e Grice) e continentali
(Habermas) su una strategia indirizzata ad introdurre un modello
interpretazione /motivazione /comunicazione in grado di «[...]foggiare o
costruire un mondo più regolare, più semplice, più perfetto[...]».
L’orientamento è analizzare (reperire ed eliminare) ogni forma di vagueness nelle
interazioni comunicative di linguaggio tecnico e ordinario e seguire le norme
di Habermas introdotte al fine di garantire una corretta Hermeneutik
della comunicazione. La nozione di clearity deve conciliare il modello
critico analitico e continentale:
a. L’uso di un grande rigore
argomentativo;
b. Evitare l’uso di un
linguaggio ambiguo, metaforico o retorico;
c. Considerare la
storia della filosofia;
d. Credere nelle
assemblee network dei ricercatori (caduta irrimediabilmente la nozione di
comunità di ricerca sotto la critica della new sociology di Zygmunt
Bauman, Ulrich Beck, Richard Sennett, Gilles Lipovetsky, Luciano Gallino): ogni
argomentazione deve essere discussa; la cooperazione diventa requisito nella
ricerca della verità.
FROM NEON-AVANTGARDE TO
KOLEKTIVNE NSEAE: PHILOSOPHICAL EXPLANATION
Kolektivne NSEAE (New
Socio/Ethno/Aesthetic Anthropology) has a non-ontological legacy derived from
the millennial neo-avantgarde, far from modern aesthetic ontology. The
NeoN-Avant-garde, founded by me, gives in – like every other avant-garde – to
«ἀντίφράσις», to «irony» (Jacques Derrida), to «citationalism», to «alienation»
(Viktor Borisovič Šklovskij), to «carnivalization» (Michail Bachtin), to
«mixlingualism», to «dédoublement» and «vertigo that leads to madness» (Paul De
Man), to generative grammar (Noam Chomsky), to «subversion/eversion»
(Stirnerian anarcho-individualism and Post-Left Anarchy), to «invective»
(Villon/Brassens/De André triad) and to the extreme «social commitment» of the
activists in defense of the weak and the dispossessed, in opposition to the
star system of the dominant and of art. Having taken note of the conclusion of
the krisis and the transition from the modern era to the new late-modern era, i
recognized the urgency of the discussion on the change of historical and
aesthetic «paradigm», due to the waning of the theoretical sense of modern
aesthetic ontology, and admitted the anachronistic nature of the
NeoN-Avant-garde, a krisis movement, i decided to found a new non-ontological
movement, the Kolektivne NSEAE (New Socio/Ethno/Aesthetic Anthropology), open
to all the thousand neon-avant-garde activists and to new minds capable of
capturing the change of social and aesthetic «paradigm». Together with the
legacy of the Neon-Avant-garde, the Kolektivne NSEAE has given itself a
statute: the new «poetry-form» or the new «aesthetic paradigm», riot-text, of
late modernity must be based on:
1. Experimental aesthetics,
derived from the machian «thought experiment» updated by the new models of
mirror neurons by Rizzolati welcomed by the very contemporary neuroaesthetics
(brain imaging).
2. Participant observation, with
the grafting of meadian interactionism and Garfinkel's ethnomethodology (able
to guarantee the definition of «aesthetic experience» or «riot-text, as
anti-poetry» or «poetry» [the term «poetry» must be strictly deconstructed and
replaced, being too compromised with the aesthetic ontology of the «ποιεῖν», of
the «creative self» or Cartesian «lyrical self» of the «elegiac poets»,
according to a scathing definition by Giorgio Linguaglossa] as mere «social
interaction»). The criticisms of Geertz, Davis and Kunda on the «reliability»
of observation must be neutralized by an approach to the Grounded Theory of
Glaser and Strauss. 3. Clearity, with the attempt to reconcile the analytical
(Searle and Grice) and continental (Habermas) on a strategy aimed at
introducing an interpretation/motivation/communication model capable of «[...]
shaping or building a more regular, simpler, more perfect world[...]». The
orientation is to analyze (find and eliminate) every form of vagueness in the
communicative interactions of technical and ordinary language and follow the
rules of Habermas introduced in order to guarantee a correct Hermeneutik of
communication. The notion of clearity must reconcile the analytical and
continental critical model:
a. The use of great argumentative
rigor;
b. Avoiding the use of ambiguous,
metaphorical or rhetorical language;
c. Considering the history of philosophy;
d. Believing in the network
assemblies of researchers (the notion of research community has irremediably
fallen under the criticism of the new sociology of Zygmunt Bauman, Ulrich Beck,
Richard Sennett, Gilles Lipovetsky, Luciano Gallino): every argument must be
discussed; cooperation becomes a requirement in the search for truth.
INTERVENTISMO TERMONUCLEARE ANTI-CRITICA LETTERARIA
LA
CIRROSI EMPATICA
Dobbiamo
cacciare a calci nel culo i mercanti dal Tempio dell’arte,
è
inutile che mi offriate diplomi, percentuali, io non ne faccio parte,
magari,
dopo essere stato sterminato alle Termopili mi sento meno Leonida,
l’organizzazione
della battaglia navale di Temistocle mi ha dato una enorme convalida,
il
milione di Serse dell’arte internazionale deve essere annientato con minuzioso
metodo
io,
nella TEC applicata alla testa dei malati di argent, sarò solamente un
elettrodo.
Non
riesco ad integrarmi, l’ho scritto in passato: riesco a disintegrarvi, è la mia
missione
missionario,
preferisco essere cavalcato, diffondo versi all’arsenico causa della mia
crocifissione,
io, e
due ladroni, Gestas e Dismas, a giocarci a dadi la tunica staccando la mano dal
chiodo
sento
ancora battere il ritmo jazz nei miei versi anche se mi sono trasformato in
rapsodo,
senza
nome, anonimo, uomo d’acciaio, feroce tigre bianca dell’Himalaya,
riesci
tu, lettore del cazzo, ad allacciarti la cintura della mia monorotaia,
le
montagne russe della vertigine delle mie rime folli non ti farà capire un cazzo
se ti
innamori del mio sound, invece, rischio di farti diventare pazzo.
La
cirrosi empatica: sono anti-patico come un portellone anti-panico
non
riesco a scorrere su un setto e scatto come un coltello a serramanico
al
massimo, distribuisco testate estetiche, sul setto, lasciando fratture
inestetiche
servirà
un chirurgo maxillofacciale a rimediare alle mie intemperanze ermeneutiche,
un
critico letterario non basterà a mettere in ridicolo le vostre cinque cazzate,
uno,
due, tre, quattro, cinque minuti e le vostre sillogi sono state dimenticate,
io me
ne sbatto, tra cent’anni sarò riscoperto, da uno studioso che compirà il
miracolo,
voi
sarete tutti morti, io sarò vivo a vedere, tra cent’anni, d’essere il maggiore
artista del XXI secolo.
33. ANITA SENZA GARIBALDI
Fuggivi, continui a
ripeterlo, da te stessa e dal mondo
che sono la stessa
cosa, l’una è bruna e l’altro un bassofondo,
in cerca di ospitare
estranei, come in una casa famiglia in cooperativa,
lo Stato Pontificio dà
30€ a immigrato, 2€ a lui e il restante quota associativa,
sono tutti dietro le
sbarre i vari organizzatori delle ONLUS nostri compatriotti
che a rifletterci bene
sono sullo stesso livello della Banda Bassotti.
Tu vuoi abitare da
sola, in una camera, che concepisci come una chimera
disintegrata dai
tamburelli magici di un kebabbaro costruisci la tua sfera,
la sfera non si
rivoluziona, rimane simile in qualsiasi modo la rigiri
tu resti bloccata, in
ascensore, sali e scendi e abbisogni d’un interludio di decemviri
a imbandire le tue XII
tavole di avena estetica, coperte da una tovaglia o una salvietta,
infradiciata
dall’esserti immersa in acque torbide, con l’acufene, fai la fine di Lunetta.
Ti inondo l’anima,
pompiere con la fissa della pompa, e evito di farti annegare,
in questa società
l’amore fluido e l’amor fou necessitano d’imparare a nuotare,
e a guidare, malamuri
amorata di un malamurì, sciolgo il tuo frigidaire,
mai ho messo tanti
corsivi in un chorastico o in un riot con l’intreccio di un collier,
sei il mio corsivo, te
l’hanno mai detto, mi enfatizzi come Iesu dolce, Iesu amore
Caterina ti fa una
sega, e io ti reitero il secondo termine con la costanza di un vibratore.
Piffero, e ti incanto,
tigre dagli occhi tigrati, ti abburatto ingoiando le tue ossessioni
accolgo, nella
mia-algìa, il tuo Cogito kitchen, una marea di immunosoppressioni,
mi stai trapiantando
il cuore, da Circe a Cariddi, e non ti accorgi dell’intrapresa
una nuova meridionale,
su un celta della Lega Lombarda, è una seconda resa
mi immagino i duecento
impiegati del comune di Caltanisetta, con la Gazzetta
e la sigaretta in
bocca, e in Brianza funziona, in dieci, senza l’uso della mazzetta,
io annacquo il tuo
inferno, cercando di spruzzare ovunque il mio liquido antincendio,
il tuo desiderio
continua a far fuoco e fiamme, condannandomi a un costante vilipendio.
34. COOPÉRATION
INTERNATIONALE
La cooperazione
internazionale l’ha fatta il Ministro degli Interni giallo/verde,
i barconi di immigrati
dall’Africa destinati a Marsiglia la flotta francese li disperde
dirottandoli verso
Lampedusa, e, in uno slancio di amicizia, Salvini, senza cannoneggiare
l’X-MAS dei camerati
dell’UE che non accettano extracomunitari, si è limitato a farli aspettare.
Il Consiglio mafioso
dell’Unione Europea, Germania, Olanda, Lussemburgo ed USA,
ha tuonato: «La
Francia ha accolto 15 extra-comunitari, i rimanenti 3.000.000 a Lampedusa»,
e lo Stato Pontificio
siciliano ha creato un campo di concentrazione, tra le urla delle ONG
noi disgraziati serie
B UE alziamo le mani, l’Australia mitraglia i boat people di Hong Kong.
Purtroppo è il momento
assurdo della friendship artistica internazionale,
spopolano i finti
mediatori culturali albanesi o americani con la terza elementare,
che costringono noi vīkingr
dell’arte militante a nascondere l’ascia da battaglia,
senza intuire, che
l’ascia la nascondo dietro la schiena, e, al momento giusto, taglia.
L’intellettuale vero
ha il dovere di essere politically incorrect, come il caffè senza grappa
deve urlare che
3.000.000 di extra-comunitari irregolari in Italia sono un numero che
handicappa
i meccanismi autistici
del nostro Stato, abbandonando il migrante alla commissione di ogni bizza
non capisco il culto
dell’accoglienza, se l’immigrato vuole andare in Francia e lo bloccano a Nizza,
lo mettono, varcato il
confine, sulle camionette della Gendarmerie e lo riportano a Ventimiglia,
sul nostro territorio
nazionale, fossi il Ministro degli Interni avrei dichiarato uno status di
guerriglia.
Alla situazione
sociologica non si scappa, artista deficiente che scrive di love e di abbracci,
a un anarchico è duro
dare ragione ai muri americani contro i messicani, e ai catenacci,
ai reticolati dei
nazisti ungheresi, ai disgraziati campi di concentramento nelle due Libie,
ci teniamo a casa
nostra tutta l’Africa, dando sussidi e condannando la cittadinanza alle inedie
dell’assenza di un
reddito di cittadinanza, Di Maio si è squagliato al sole, abbiamo Conte
altro che progetti
miliardari d’ingegneria, libero tutta l’Africa in Sicilia e abbatto il ponte.
I MIEI RIOTS
CONQUISTERANNO IL MONDO
Purtoppo è inutile che
vi agitiate, cardinali e curiali, coi vostri maneggi da contrabbando
i miei riots, a
forza di tagliare teste, conquisteranno tutto il mondo,i miei versi da
sindrome da colon irritabile si evacuano con il massimo sforzoirritano le vostre
facce da emorroide, facendovi oscillare come un orologio al quarzo.La situazione è
anomala: nel mondo anglosassone, il massimo dell’idiozi la linea editoriale è
stabilita da ogni rivista, mandando l’artista in dissenteria,arial, times new
roman, tahoma, 10, 12, 14, formato A4, T-90, e tema a loro massima discrezione se volete,
impaginiamo, tipografia, stampiamo e vendiamo noi la vostra disorganizzazione.La tirannia delle
riviste non deve mettere in gabbia l’artista come una tigre allo zoola linea editoriale la
imponiamo noi, fecondiamo l’uovo dell’arte come l’ultimo spermatozoo,ci siamo liberati, a Revolverate,
di ogni gabbia metrica e ci imponete i vostri criteri di sottomissione,e noi, versoliberisti,
ci vendiamo al mercato, non ci subordiniamo alle bizze di un direttore coglione. Quindi, i miei riots
conquisteranno il mondo, sono sereno sui vaffanculo mandati alle redazioniio ho diretto, da
solo, tre riviste, senza la minima necessità di accollarmi le depravazionidi avere dei
subordinati, con l’incompetenza di Nazione Indiana, che mi fottevano sotto il
nasocombinando
l’intervista dell’amico dell’amico, la ndrangheta non raggiunge l’esito del
Pornaso,questi ignoranti,
occupa-spazio, tipo Giovenale o Cati, spacciano in rivista i loro blog
WordPresse noi, artisti
dementi, a correre dietro a questi cazzari come se fossero l’Orient Express. Purtoppo è inutile che
vi agitiate, cardinali e curiali, coi vostri maneggi da contrabbandoi miei riots, a
forza di tagliare teste, conquisteranno tutto il mondo,se alla Policane hanno
affidato il supplemento culturale della Stampasostengo, a ragione,
che alle Odi barbare carducciane sia meglio Vamba.
IL CRITICO LETTERARIO MILITANTE È METODOLOGICAMENTE
IGNORANTE
Nelle ultime settimane il mio anti-maestro, doppia lingua, mi
ha messo in contatto con un coetaneo, critico letterario militante e io, militante dell’anti-«poesia»
militare, l’ho buttato nel Mediterraneo mi è bastato un giorno di ordinaria ironia a stroncare l’intelligencija
di un giornalista di Teramol’ho bloccato sul bagnasciuga, e, come Alì Babbaz,
declamando la locutio «apriti sesamoho dimostrato la differenza tra un nullafacente e un accademico/manager/giurista di successo sono bastate una decina di frasi anti-frastiche e,
piangendo, si è nascosto a rifarsi il trucco al cesso. Senti, buffone, se dai ad ogni interlocutore, che non è
d’accordo con te, tre volte dello scemo,c’è rischio che trovi il tizio che ti spara una Revolverata
nell’an-encefalo con la brutalità del demosermo vulgaris, lo ius perculandi, nell’antica
Roma/amor, era una funzione del tribunus plebisattuo la provocatio e commuto la tua morte al dovere
di subordinarti al ludibrio senza dire crucissolo due scemi, tu e un tedesco, riuscite a affermare che
l’UE dovrebbe bombardare Moscaamici serbi mi sfottono, mandiamo la Giulia coi muli, mi
sembri un cervello in una vasca,Putnam, non Putin, ci bloccano a Lubiana, sparano una decina
di termonucleari su Milano, l’è istess, mica bombardano l’Abruzzo (?) e le tue amene millanterie sulla
Library of Congress.Parentesi, hanno i miei volumi una ventina di Uni
USA, nazione col vizio di esportare democrazia,non ho creato una casa editrice ad hoc distribuendo
in Amerika centinaia di inviti alla narcolessia,la menzione alla Library of Congress è automatica,
l’accademico con cinque volumi emblematicil’arrosticino buffone con seicento libri inutili, editi da
sé, col valore del -√⅒ dei matematici,il sostegno di Crocetti, uno dei massimi fautori del regime,
a sapere uscivo in collana Mondadorinon con le University Press, con lustri di studio, mi
disponevo ad accettare fastidiosi dolori,di culo, Cucchi, centrocampista dell’Inter spingeva, tu non
hai patemi nella dimensione del bucoio, che non sono un gno’metto, lombardo non dimentico, ho
l’insistenza di un diadoco,m’hai fatto scrivere una scrofa di 10 versi, i tuoi grugniti
elegiaci hanno la levitas dei carboidratileggo un tuo testo e divento obeso, se (tu) non fossi stato
un imbecille saremmo stati alleati.