mercoledì 9 aprile 2025

Note a :" L’arcobaleno nella pozzanghera" di Maria Rizzi


Maria, come scrittrice, ha compiuto il suo primo omicidio in età adulta, circa una dozzina di anni fa. La vittima, una ragazza di età indefinibile, fu trovata in posizione fetale, accanto a un cassonetto della spazzatura. Da allora non si è più fermata e qui, su uno scaffale della libreria alle mie spalle, i successivi omicidi sono tutti allineati, in sequenza, uno dopo l’altro. Ma l’autrice è anche donna di legge e ha sempre disegnato investigatori dediti al lavoro, talvolta condizionati da problemi personali o famigliari, da umane insicurezze, ma sempre carichi di una profonda umanità. Poi, in una nuova elaborazione creativa, Maria ha aperto il cassetto dell’anima, trovando appunti, note, bozze lasciate incompiute, ricordi e odori nostalgici.

Dall’unione di questi elementi nascono due storie, una di testa con il suo intreccio, il suo ritmo, i suoi colpi di scena; l’altra, interiore, che parte dalla dolcezza e dalle suggestioni dei ricordi,  fa da contrappunto alla prima. Dal loro incontro nasce il romanzo L’arcobaleno nella pozzanghera.  La protagonista,  Miriam, alter ego di Maria, in seguito a una promozione si trasferisce nel commissariato di polizia del luogo di provincia che l’ha vista crescere, prima bambina, poi adolescente e, infine, diventare giovane donna. La gioiosa opportunità di un ritorno alle sue radici,  con la promessa di un viaggio tra i luoghi dell’anima e i vecchi amici che li hanno abitati, viene condizionata dal ritrovamento, sulla banchina della stazione, del cadavere di una giovane ragazza immigrata. Miriam, a questo punto, deve fronteggiare una doppia sfida, sia professionale che privata: portare avanti le sue prime indagini nella cittadina della sua vita precedente e metabolizzare la profanazione del luogo, affacciato sul mare, che ha visto nascere il rapporto con Gianni,  l’amore della sua vita.

 Il delitto, compiuto con particolare efferatezza, metterà a dura prova le capacità investigative e l’equilibrio della commissaria e della sua squadra, che l’autrice tratteggia con efficace abilità descrittiva, tanto che è difficile non simpatizzare per il sanguigno ispettore Ferragni, o per l’apparente fredda ispettrice Girotti o, ancora,  per  l’impulsivo agente Scotti. Le indagini, quasi una insonne ricerca, porteranno i protagonisti ad affrontare una dolorosa discesa verso gli abissi del degrado umano, tanto da intaccare la corazza dei tutori dell’ordine, in uno scenario figlio dei tempi e della società in cui viviamo. Ad alleviare le fatiche dell’indagine ci saranno i vecchi amici – tra cui Giulia, a rappresentare il periodo adolescenziale, e Guido, a ricordare gli anni della fanciullezza - con la loro consolatoria capacità di ricomporre gli antichi legami e di richiamare ricordi non sopiti. E qui è la storia - l’altra -  che viaggia tra sentieri pieni di ricordi nostalgici e ha come baricentro la Villa, con le sue due querce, luogo evocativo di mille ricordi famigliari, tra vecchi racconti di guerra, voglia di essere un ragazzo, prati, ginocchia sbucciate, cinema all’aperto e, soprattutto, testimone del tempo dell’innocenza della protagonista.

Alla fine del lacerante percorso investigativo Miriam si troverà davanti a un bivio esistenziale: godere della crescita professionale o ritornare dagli affetti famigliari. Una scelta che la condurrà verso un più maturo rapporto con il passato, attraverso lo sguardo attonito davanti a un edificio diroccato e rinato in forma diversa, ma che è solo la rappresentazione esteriore di una realtà fatta di ricordi e relazioni da portare dentro di sé come una radice.

Il romanzo si snoda, nella narrazione e anche nei dialoghi,  in un linguaggio, tipico della scrittura di Maria, poetessa che non scrive più poesie,  punteggiato di similitudini, metafore visive, immagini, per far esprimere ai personaggi i propri stati emozionali.

Come scrittrice, Maria continuerà a commettere crimini e, contemporaneamente a combatterli, in un contesto - quello della polizia -  dove si muove con naturalezza e conoscenza ambientale, ma in quest’ultimo romanzo si avverte, forse nascosto alla stessa autrice, il germoglio di un cambiamento, di un cambio di passo, il bisogno della ricerca di nuovi orizzonti narrativi dove esplorare storie e paesaggi nuovi, magari più intimisti. Sembra di avvertire questo bisogno in una più matura narrazione dei rapporti affettivi, nella ricerca del registro nostalgico, e nella capacità di mettere a nudo le fragilità emotive di una donna forte come la protagonista.  O, più probabilmente, sono solo fantasie di un vecchio amico recensore, quasi un personaggio di un suo romanzo.  

 

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