Più che d'intervista, parlerei di voce controllata e sincera di un poeta sollecitato
alla retrospettiva di un percorso di storia personale di vita vissuta in
amalgama con un contesto (anni Settanta - inizio prima e seconda decade del
Duemila) prismatico, problematico: in esso la poesia ha registrato, sotto la
frusta della tecnologia imperante, momenti di eclissi e di consensi moderati e
mediati. Motivo la stanzialità nella nicchia della cultura elitaria ufficiale
con scarsa circolazione tra il pubblico adulto ed il pianeta giovane, bollato di
insensibilità e renitente a percepire le emozioni che possono trasmettere
liriche, che racchiudono le vicende dell'individuo, sorpreso nella riservatezza
del proprio io o calato nel marasma del mondo. Trattasi di mera
pregiudiziale. Quando ad una mia scolaresca di maturandi, a conclusione di un
ciclo di lezioni su nevrosi e crisi esistenziale, prodotte anche dalla
meccanizzazione, tra le varie letture, inserii anche il tuo Cuordileone nella
città automatica, ne scaturì un dibattito variegato e poliedrico, segno che i
giovani sono ben disposti a recepire il messaggio in versi. Ergo, come ti ho
sempre detto, la tua poesia ha aperto una finestra sugli aspetti contingenziali
del vissuto, senza mai infrangere il dettato lirico, perchè le tematiche, anche
di scottante attualità, sono state sempre inverate e ri-create dalla tua
scrittura sperimentale, vivificata dal lessico senza tortuosità cervellotiche,
mutuato anche dalla scienza e dalla tecnica, un'operazione che, all'epoca,
avrebbe fatto rizzare i capelli a linguisti come Zingarelli e
Devoto-Oli. Avverti nel tuo itinerario di poeta un mutamento adducibile al
fatto che, ad un certo punto del nostro cammino, siamo inconsapevolmente portati
a privilegiare più il mondo interiore con le piccole, care gioie del privato,
che quello che ci circonda. Questa svolta, evolutiva od involutiva che sia,
non tange la tua produzione, nella quale la storia interiore, la speranza, la
presenza del Divino sono state delle costanti, oggi, più visibili e manifeste,
ieri adombrate da velature, assumendo quel ruolo che Flaubert attribuisce
all'autore, come Dio nell'universo, ovunque presente, e in nessun luogo
visibile. Concordo su tutti i punti sui quali sei stato interpellato, in
particolare su quello inerente alla speculazione, nei nostri riguardi, delle
Case Editrici. La mia Invectiva in editores si allinea a quanto da te
espresso.
Con l'affetto e la stima di sempre.
Anna Gertrude Pessina
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