lunedì 2 settembre 2013

SU "LA POESIA"

Buongiorno Professore,

grazie per avermi proposto di raccontare la mia esperienza in fatto di concorsi di poesia.
Sarò breve, ho partecipato tre volte ad uno stesso concorso, più breve di così non potevo :)
Non amo partecipare ai concorsi, m'imbarazza scrivere poesie su un tema obbligato. Nel caso specifico delle tre partecipazioni, avevo poesie già adatte che, casualmente, calzavano a pennello. Nella prima partecipazione sono stata selezionata, nella seconda ho vinto e nella terza lo saprò a Novembre.
Mi sono fatta prendere dalla progettualità di quel concorso a fini benefici, ed ho così ceduto volentieri.
Non tutti i concorsi richiedono poesie su tema obbligato, lo so, ma forse ora dirò una fesseria, un luogo comune: la poesia è voce dell'anima e non un esercizio di stile. Mettere in gara una qualunque di quelle scritte, sarebbe come far competere uno dei miei figli ad un concorso di bellezza. Come scegliere? Impossibile. Dovrei nominare un terzo, un responsabile poetico a cui far gestire la scelta, a cui demandare lo sgradevolissimo compito del selezionare. Lo so, dalle mie parti si direbbe che sono uno strano uccellaccio, ma, vede ... Le poesie sono creature timide, si nascondono dentro blocchi di pietra o dietro cortine fumose. Una volta uscite alla luce, sono delicate e soggette a traumi ... vanno trattate con cura e difese.
Vero è che, chi scrive, superato il timore del giudizio ed il pudore nel mettersi a nudo, ama farsi leggere. Far conoscere le proprie creature (tanto per restare nel tema figli), è un desiderio naturale. Non è possibile portare le poesie a passeggio nei giorni di sole e, quindi, gioco forza, si deve trovare una soluzione per mostrare i propri gioielli ed i concorsi, in fondo ed in superficie... questo sono.

Un saluto cordiale Antonella 

4 commenti:

  1. Carissima Antonella,
    ti sei messa nei panni di tutti quelli che scrivono ed hanno scritto poesie:"Le poesie sono creature timide, si nascondono dentro blocchi di pietra o dietro cortine fumose. Una volta uscite alla luce, sono delicate e soggette a traumi ... vanno trattate con cura e difese". E' vero. E' verissimo quello che scrivi; quello che esce con tanta spontaneità da un'anima sensibile,e, credo, portata per la poesia. Ma è d'obbligo aggiungere che la poesia è anche, e, soprattutto, parto complicato, che richiede labor limae, ricerca, mutamento, e tanto studio. La poesia ha bisogno di invenzioni verbali, di nessi creativi poi rivisti, meditati, e combinati anche con l'ausilio di un po' di ragione, anche se la poesia stessa è atto creativo e come tale antecedente al processo razionale. Quindi spontaneità e cuore, sì, ma poi lavoro, intenso lavoro per quella forma che Desantis definiva "Il tutto".

    Grazie del tuo articolo che metterò in prima pagina (post).

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  2. Buongiorno Professore,
    grazie per questa bella sorpresa...

    Ha perfettamente ragione sul labor limae ma credo che possa convenire con me se aggiungo che la poesia non si apprende. Ne sono certa, sicura, convinta. Si può diventare ottimi scrittori, grandi narratori, leggendo, studiando; fantasia e bella scrittura, capacità di trasposizione emotiva, certo, sì, possono fare di un talento, un vero talento. Poeti no. Poeti non si diventa. Non uso come discriminante la capacità di fare bella poesia, quello è un altro discorso, ma proprio il fatto di essere o no poeta. La poesia è per chi la scrive un modus, uno status dell'anima. Non cercato, non studiato, ma, semplicemente, trovato. Trovato in un modo diverso, innato, di sentire le cose, di percepire il mondo circostante, gli eventi, le emozioni proprie e quelle altrui. Si impara nel tempo a canalizzare il tutto, dentro regole, perchè la poesia è anche e soprattutto regola, e allo stesso tempo, si avverte il bisogno di rompere quelle regole per crearne di nuove. Per dare spazi nuovi e nuove parole a ciò che si avverte dentro. Come tutte le arti umane ha bisogno di affinarsi in un continuo processo di crescita personale, ma se posso dire, oserei paragonare la poesia alla pittura, all'arte astratta in particolare, e cito Wilhelm Worringer (Astrazione ed empatia, del 1908), dove l'arte viene interpretata in base all'intenzionalità dell'artista. La forma viene intesa come risultato dell'incontro tra uomo e mondo, in un alternarsi di empatia, ovvero avvicinamento alla realtà, ed astrazione [...]
    a completamento aggiungo le sue parole:

    [...]spontaneità, ricerca linguistica, naturalismo intimistico, motivazioni esistenziali, simbologia panica, rappresentazione di una modernità che, ereditata dall’altro secolo, fonda insieme tradizioni classiche e inquietudini della società dei consumi; e quindi lavoro, lavoro e lavoro, che non è affatto in antitesi alla spontaneità. E per intenderci dico di un mondo in cui il messaggio poetico, pur personale e liricamente valido, faccia, nella forma più accessibile per una platea, di una propria storia una missiva di vita e di afflato universale. [...] Nazario Pardini

    Un saluto ed ancora un grazie per la pazienza

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  3. Carissima Antonella,
    hai pienamente ragione. Analisi critica degna di attenzione e di rispetto. Al fin fine poeti si nasce, e l'atto creativo, la scintilla della grande fiamma, è in noi; ma va alimentata questa scintilla, va nutrita perché non si scarichi; e ci si affina, strada facendo, con conoscenze nuove, nuovi impatti emotivi, nuovi linguaggi acquisiti, novità vitali e conoscenze. E' bello quello che dici e direi totale: "Come tutte le arti umane ha bisogno di affinarsi in un continuo processo di crescita personale, ma se posso dire, oserei paragonare la poesia alla pittura, all'arte astratta in particolare, e cito Wilhelm Worringer (Astrazione ed empatia, del 1908), dove l'arte viene interpretata in base all'intenzionalità dell'artista. La forma viene intesa come risultato dell'incontro tra uomo e mondo, in un alternarsi di empatia, ovvero avvicinamento alla realtà, ed astrazione [...]" e in fin dei conti ritorni alle mie affermazioni tratte dalla "Giovinezza" del Desanctis: "La forma non è soltanto l'architettura stilistica delle parole,il loro combinarsi allusivo, ma la simbiotica fusione, il totale equilibrio,il grande abbraccio fra il colore e il significante di una tela. Il tutto. Forma=verbo/anima". E lo studio è essenziale, perché permette di conoscere altre fonti del sapere, e ci mette a contatto con altri mondi, che, non di rado, ci danno l'occasione di vedere meglio in noi stessi. E rafforza, senz'altro, i nostri mezzi espressivi. Si può avere un'anima gonfia di cose da dire, ma quest'anima deve essere presa per mano da un verbo plurale, composito, lavorato, studiato, cresciuto negli anni col bagaglio delle nostre memorie, affinché possa trovare l'alcova giusta in cui potersi acquietare.
    Carissima, se mi invii tue poesie le inserirò sul blog. Magari con una nota biobibl. di tre righi.
    Un caro saluto
    Nazario Pardini


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  4. Gentilissimo Professor Pardini,

    grazie per la richiesta di mie poesie da pubblicare sul suo blog. Ne sono onoratissima.
    Che dire, mi chiamo Antonella Borghini, sono nata a Roma e vivo in Toscana.
    Scrivo poesie dal 2008, prima le pensavo e basta. E' vero, le pensavo. Il 5 Marzo del 2008 ho pubblicato sul sito di "Scrivere", la mia prima poesia pensata e scritta. Da quel giorno ho trovato il coraggio, o forse la faccia tosta, di farle leggere e non ho smesso più. Ho aperto un blog "L'isola di E'riu" e mi sono persino lanciata nel self-publishing e, con l'aiuto del Professor Omero Sala (che ha curato "le istruzioni per l'uso" ), ho pubblicato una raccolta con LaFeltrinelli.it dal titolo "Purpurea malerba".
    Tutto qua. Ringraziandola di nuovo per questo regalo inaspettato le stringo virtualmente la mano.

    (Le invio cinque poesie fra le ultime scritte, scelga Lei quelle che ritiene migliori.)

    *Il mio lamento non è più canto*

    Mi sono immaginata aquila
    mentre volavo verso il sole

    e del sole avevo la luce dentro agli occhi

    e degli occhi lo sguardo dentro al cuore



    e il cuore mi ha tradita



    Il mio lamento

    non è più canto

    d'anima ferita

    ma il cigolare lento

    dell'ultima inferriata

    serrata


    tra me e la vita



    *Soliloquio con il mare*

    Perché sei qui
    mi chiede il mare
    mentre non la smette di ondeggiare
    è freddo
    oltre le scogliere
    si perde il biancheggiare
    acuto delle vele

    Son qui
    perché tu solo sai tacere
    e non mi chiedi di restare o di capire
    e ogni nuova onda è un nuovo mare

    Ti porto via con me
    propone l'onda
    mentre si abbatte
    fragorosa e tonda
    vacillando la mia posizione

    No
    ho gli occhi stanchi
    e stanco ho il cuore
    e su sé stesso
    s'è accasciato
    persino lo stupore

    Il mio orizzonte
    si confonde nelle sere
    e non mi serve più
    guardare
    ...per vedere

    *Comincia dagli occhi*


    Comincia dagli occhi
    che strano
    mi scalda
    la voce un po' roca

    ma vedo
    ed è questo a portarmi lontano

    La mano che stringe
    che dolce accarezza
    le nuche imbiancate
    la scure
    che spacca la brezza che arriva dal mare

    Le foglie d'ulivo
    bruciare
    nel tuo focolare

    Vedo le strade
    deserte
    assolate
    ma fredde
    adesso che l'estate è finita
    sul muro non resta
    della rosa
    che l'ombra fiorita

    *Anima di albero*


    Con l'anima di un albero
    che fa da nido al volo
    sono partita per il mio
    sgangherato viaggio

    Viaggio
    tra le torri irte
    dove la quiete
    ti scuote e ti consola
    prendendoti alle spalle
    con un soffio sul collo
    -come furtivo bacio-

    Bacio liberato
    mentre lascio orme
    da stambecco
    dietro me
    e alzo polvere con ali da sparviero

    Con ali di sparviero
    poi
    ho sospinto il mio destino
    di nascoste conchiglie
    su impreziosite rocce di corallo
    di pesci dal cuore giallo
    che su limpide scogliere
    san farsi di luce
    alla nascente Luna

    Luna nascente che il sonno
    cambi in febbre
    ai dormienti amanti
    con occhi iridescenti
    illuminami il viaggio

    *L'invisibile cambiamento*

    E' una inclinazione
    quella alla decadenza

    L'invisibile cambiamento
    è un paesaggio d'inverno
    che invoca
    a trattenere il fiato
    per quella luce radente
    che ghiaccia
    come suono d'organo
    nelle cattedrali

    E così è
    che io taccio
    per non disperdere
    un solo istante
    del mio inverno

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