lunedì 15 dicembre 2014

VALERIA BELLOBONO SU "LA VITE E LA VELA" DI GIANLIVIO FASCIANO




La vite e la vela


Balla Linda, diceva Battisti in una delle sue canzoni. E io aggiungerei corri,  Linda, corri come fai tra le pagine del libro in cui vivi, continua a correre così, tenue e leggera, forte e appassionata. Un giorno ci incontreremo e ci fumeremo una bella Lady insieme. Io non fumo, a dire il vero, ma il gusto di quelle boccate chiare che sanno di vita, sì, lo vorrei provare insieme a te. Prendi quel treno, non farlo partire, salta su e comincia. Ricomincia. Io ti sono accanto.
Sono da sempre un’accanita sostenitrice delle donne. Di quelle donne speciali con l’aura di zucchero filato, che sprigionano forza, compostezza e dignità da un corpo fragile o solido, giovane o appassito, lieve come il vapore grigio che sale da un camino o compatto come tracce di passi nella neve fresca. Sempre più spesso, le protagoniste dei romanzi più belli sono donne. Ma non donne qualunque. Donne segrete e svelate, misteriose e accoglienti al tempo spesso.
Sono le donne raccontate dagli uomini.
È un esperimento estremamente interessante, perché generalmente le donne di cui ci parlano gli uomini sono femmes fatales in tacchi alti e giarrettiera, che tutt’al più dicono “” o “Ahahahahah!”, più simili ad oche giulive che a rappresentanti del gentil sesso, munite di frustino e rossetto carminio. Oppure emergono le rievocazioni materne, quelle figure nostalgiche e sciatte, coperte da un grembiule a fiori  e col volto sporco di farina, tanto caro e rassicurante a quella fetta di pubblico, generalmente un po’ in là con gli anni, che si sente a proprio agio solo quando la propria signora è di là, in cucina, magari a girare la polenta o a sferruzzare una sciarpa perfetta.
Il nostro autore ha deciso di mettere in scena, invece, una donna vera. Una donna di periferia, che conduce le redini di una storia che porta ad abbracciare problematiche importanti e disperatamente attuali. Da un avvocato giuslavorista, non potevamo non aspettarcelo.
Linda ha i capelli castani e gli occhi scuri e lucenti. Una corporatura media tendente all’esile e unghie dipinte di rosa. Così la vedo. Così la immagino. Sa di mughetto, come il detersivo che usa, perché un profumo vero è troppo costoso per qualcuno, anzi, per molti; ma lei non lo sa, o magari non se ne cura. Linda guarda avanti e ti fissa negli occhi, apre il sorriso come petali di un fiore e ride come solo le donne di Napoli sanno fare. Con il cuore, prima che con la bocca. È una figlia del popolo, Linda, una donna come tante che ha una storia da raccontare e sacchetti di patatine nascosti in dispensa, da sgranocchiare davanti alla finestra aperta. Lavora sorridendo e sognando di poter cambiare le cose, anche se non se ne rende conto, mentre si spezza la schiena pulendo le scale calpestate dai passi dei signori che indossano cappelli a falda larga, cloche, Fedora o Borsalino. Loro con il mento alto, imbellettati e incipriati come attori di teatro, avvolti in costosi soprabiti e arricchiti  da preziosi orpelli. Lei con lo sguardo basso, dimessa solo nella percezione che hanno di lei coloro che la ignorano. Linda mi ha ricordato la meravigliosa  Renéé de “L’Eleganza del riccio”, la portiera sciatta e pigra che nasconde  il segreto di una rara cultura, celata al mondo. La nostra protagonista è un personaggio simile, che racchiude in uno scrigno il suo ruolo di proletaria vinta dalla vita, un’anima ricca, seducente e combattiva. È una donna che non si arrende, che non si lascia vivere, è una ribelle che segue all’improvviso quella luce che può squarciare il buio, lasciandosi alle spalle il disordine, la mediocrità dell’assenza e, soprattutto,  la rassegnazione. Possiamo cambiare la nostra vita! Basta rendersi protagonisti e non più spettatori. Basta squarciare quel velo che ci vuole schiavi di un destino mai assegnato e cambiarlo, trasformarlo, guidarlo. Dolcemente o con violenza. La prospettiva di un miglioramento dipende da noi e Linda se ne accorge all’improvviso. Non ha paura di girare le spalle ad un’esistenza  logora, ma la prende per mano e l’accompagna con amore, sussurrandosi “Mi voglio bene”.
Cambia vita e cambierà quella di tanti altri, intrecciando la sua storia a quella di guerrieri senza armi che combattono a mani nude  e di uomini e donne che invece si sono lasciati piegare e vincere dalla rassegnazione e dallo sconforto. Anche loro vittime del lavoro. Vittime come Linda, come alcuni dei coprotagonisti del romanzo, come le migliaia di invisibili che ogni giorno combattono per avere un pezzettino di dignità in una nazione che dispensa briciole spacciandole per pagnotte.
È un romanzo duro, quello di Gianlivio Fasciano, uno scritto di denuncia mascherato da narrazione dalle  parole morbide e composte. Fiele coperto di miele, direi. Cambia la prima consonante,  insieme al sapore. Quando lo mandi giù ti accorgi cosa hai inghiottito, ma non puoi tornare indietro.  La vite e la vela  presenta una piaga sempre più profonda, che macchia di sangue la vita di tutti quei lavoratori che prestano la propria attività senza tutela alcuna e per pochi spiccioli. I nuovi schiavi. Donne e uomini che affollano le pagine di cronaca nera per incidenti evitabili e sordi, vittime senza carnefici, la cui vita vale un risarcimento umiliante e carico di dolore. La macchina statale non è in grado di tutelare i suoi figli minori, matrigna crudele che affila la lama nella carne morbida come una Medea vendicativa e rabbiosa. Non c’è giustizia per nessuno, perché la morte di Paolo, di Giovanni, di Sara, di Abdel, di Rachida, di Fatima, di Chan, di Adrian e di Ion non avrà mai un colpevole. Strega famelica, graffiante e sorda, che gronda sangue dalle fauci lacere, sghignazzando fiera in privato  per poi piangere affranta in pubblico o davanti alle telecamere.
Parliamone, continuiamo a parlarne, perché la parola è l’unica arma per contrastare quelle morti bianche  dipinte di nero e imbrattate di rosso.
Tu continua a correre, Linda. Anzi, fermati. Fermati un po’ con me. Fumiamoci quella Lady che ci siamo promesse. Le ho comprate adesso, tra le pagine del  libro che racconta di te. Dal tabaccaio non le hanno mai avute.

Valeria Bellobono


5 commenti:

  1. Sono d'accordo con te, Valeria. Le oche giulive e le femmes fatales non sono donne vere, come non lo sono le squallide e conformiste sciacquette da cucina. Lasciami dire però che gli uomini che le vogliono e le descrivono così non sono uomini veri. Ogni simile attira il suo simile. Gli uomini veri vogliono donne vere, donne con la spina dorsale. Seducenti, certo; vestali domestiche, indubbiamente; ma soprattutto amazzoni grintose e ricche di personalità, compagne di battaglia con cui poter affrontare le asperità della vita. Come la tua Linda, per l'appunto, "una donna che non si arrende, che non si lascia vivere, una ribelle" alla cui scuola siamo tutti invitati - uomini e donne - per apprendere come si diviene artefici del proprio destino, lasciandosi alle spalle sconforto e rassegnazione. Non ho letto il libro di Gianlivio Fasciano e in merito non saprei cosa dire. Dico però ciò che penso di questa tua suggestiva presentazione: una nota critica eccellente, intrisa di commovente poesia e di muscoluta grinta morale. Grazie e complimenti vivissimi.
    Franco Campegiani

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    1. Franco, le tue parole mi confondono... grazie mille! Questa è la riprova che la buona letteratura fa davvero bene (il libro è profondo e godibilissimo) e, attraverso attestazioni di stima simili, non si fa altro che accrescere la voglia di andare avanti e continuare. Siamo una squadra stupenda e condividiamo quanto di più bello possa esistere...

      Valeria Bellobono

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  2. Ho assistito personalmente a questa presentazione di Valeria Bellobono e - come le ho detto in quella circostanza - desidero ora ribadirlo pubblicamente:
    è così, per quanto mi riguarda, che la critica diventa essa stessa un'opera, gratificando l'autore come meglio non si potrebbe e recando un grande contributo alla creatività letteraria.

    Sandro Angelucci

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    1. Caro Sandro, io penso che sia uno scambio. La nota critica o la recensione è quanto l'Autore riesce a fare emergere dall'anima del lettore, come se fossero sensazioni risvegliate attraverso il profumo della carta. Grazie per le tue bellissime parole...

      Valeria Bellobono

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  3. Cari tutti,
    la recensione di Valeria, autentica 'perla' è il frutto della magnifica serata del 13 dicembre alla Libreria Arion Monti, nel corso della quale abbiamo presentato i romanzi di Gianlivio Fasciano e Antonio Moscatello. A questo proposito ritengo doveroso porgere un plauso alla casa Editrice Kairos, che pubblica testi di indubbio valore, meritevoli di occupare posti di rilievo sugli scaffali di ogni libreria. Fasciano e Moscatello si sono rivelati scrittori di autentico talento: innovativo, originale, fantasioso il primo; profondo, intenso, coinvolgente l'altro e lo staff Iplac, che rivoluziona le antiche formule delle presentazioni, coinvolgendo tutti gli amici nelle relazioni, ha dimostrato di dare ancora una volta il tocco vincente alla serata.
    Valeria è stata assolutamente meravigliosa. Il suo stile si staglia fiero, poetico, appassionato e dimostra come il critico letterario nasca anche e soprattutto sul campo. Nel ringraziare lei, gli altri relatori e i lettori, ci tengo a ribadire che il nostro è un lavoro entusiastico di puro volontariato!
    Un abbraccio.
    Maria Rizzi

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