Giusy Frisina, collaboratrice di Lèucade |
Lo stare
quieti a vivere una realtà che tanto sa di te; restare a meditare, remota e
persa, nel mare deserto; cercare la
nostra solitudine trasportati da una musica che ti calma equivale ad un
gioco di amplessi esistenziali che dicono del tuo esistere; del tuo esserci.
Una fuga da noi verso le melodie del creato e un ritorno dentro le note della
nostra complessià umana. Poesia intensa, ontologicamente intricante, spiritualmente
ascetica, che fa della realtà un trampolino di lancio verso mete di superlativa
quietudine, dove l’animo trova l’alcova giusta per un riposo di simbiotica
fusione con ciò che ci circonda; con il mare che la Poetessa ama e al quale si
concede con erotico stupore, oltre il fischiare del treno, il tremolio del
vento, il profumo della pioggia nella crepa di fine estate.
STARE QUI
e il
treno fischiare alle tue spalle
e camminare a piedi nudi tra i sassi
annusare la pioggia tra assi di barche
immersa nella crepa di fine estate...
stare qui e voler guardare oltre
per sentire ciò che arriva da lontano …
non é qui non è qui ti ripeti.
e camminare a piedi nudi tra i sassi
annusare la pioggia tra assi di barche
immersa nella crepa di fine estate...
stare qui e voler guardare oltre
per sentire ciò che arriva da lontano …
non é qui non è qui ti ripeti.
Ma é qui e ora invece
questa solitudine che ti solleva
questa solitudine che ti solleva
questa musica che ti calma
questo concerto di sensi da cui filtra
misteriosa e serena
la tua anima.
questo concerto di sensi da cui filtra
misteriosa e serena
la tua anima.
Giusy
Frisina
Voglio
stare
Voglio
stare a guardare
il
mare blu, stasera,
ma
così, senza scopi,
senza problemi
di melanconia.
Voglio
stare a mirare quella vela,
il suo
scivolare leggero,
l’incendio
del suo scafo.
Voglio
mirare in alto, là lontano
la
sagoma di un’isola brumosa,
che
vibra la sua immagine irrequieta,
alla
mia vista bieca, di un povero mortale.
Eppure
su quell’isola lontana…
Non
fare scherzi memoria stasera,
non mi
assediare, resta ferma e quieta,
dentro
il tuo mare di malinconia.
Stasera
non c’è pane per un’isola
che tenta
di tornare alla ribalta.
Voglio
solo guardare questo mare
così come
si guarda senza un fine
la
cosa di un reale
fotograficamente
ferma, attuale.
Nazario Pardini 20/06/2017
Ho ritrovato questa poesia senza cercarla - l'avevo abbandonata nei miei ampi cassetti digitali - subito dopo aver letto nell' ultima silloge di Nazario Pardini la sua bellissima"Voglio stare", che proprio qualche giorno fa avevo letto agli studenti, nella "Notte dei Classici", insieme con un saluto affettuoso di Nazario "ai ragazzi di un Liceo" , pensiero che è stato molto apprezzato...
RispondiEliminaPosso chiedergli, nel ringraziarlo del suo inatteso e graditissimo ulteriore omaggio, di pubblicare in questa pagina anche la sua poesia, per confermare la strana coincidenza? O sono incontentabile?
Grazie infinite quanto le onde del mare, comune amore.
Giusy
Non sei incontentabile; riporto con piacere la mia poesia vicina alla tua in un afflato di comune amore per il mistero del mare.
RispondiEliminaNazario
Bella questa comunione tra i due poeti.
RispondiEliminaGiusy Frisina e Nazario Pardini s'incontrano "senza essersi dati appuntamento".
Succede così quando è la poesia a decidere, quando è il mare il luogo predestinato.
Permettetemi di congratularmi con tutti e due per il grande servizio che rendete all'arte di Calliope: questo significa lavorare per una giusta causa.
Lo ha fatto Giusy leggendo agli studenti del Liceo i versi di Nazario e lo ha fatto Nazario facendoci conoscere quelli di Giusy.
Grazie. Altro che scuole di poesia...
Sandro Angelucci
Vera "scuola" è quella in cui, ascoltando il maestro, l'allievo - maieuticamente - ha la sensazione di ascoltare la propria voce interna e viene sospinto a "ricordare" se stesso, ad estrarre se stesso dal proprio oblio. Niente a che fare con i tanti "laboratori" che oggi vanno di moda (come del resto lo sono sempre andati) dove si dettano regole (tanto più sciocche quanto più inflessibili) per la "buona" poesia. Questi versi di Giusy toccano il punto cruciale dell'anima, il suo stare in bilico e in equilibrio instabile tra l'attrazione per l'immenso, per quel mare simbolo maestoso dell'assoluto, e l'amore per il relativo, per i propri scogli e per i propri limiti esistenziali. Un moto dell'anima del tutto autonomo, splendidamente convergente con i noti versi, struggenti, di Nazario Pardini.
RispondiEliminaFranco Campegiani