NERO WOLFE e le api
Pietro Rainero, collaboratore di Lèucade |
Suono
il campanello: mi viene ad aprire Fiorella, la solerte ed efficiente segretaria
di mia moglie.
Strano,
di solito lei alle 18 lei finisce il turno pomeridiano e rientra al suo paese.
Oggi
però sono le 19 e trenta.
“E'
al telefono” mi dice.
“Va
bene, aspetto qui” e le indico il divano.
Come
tutte le sere sono passato a prendere la mia metà per accompagnarla a casa. Mi
siedo in sala di attesa e prendo in mano una rivista per sfogliarla, ma lo
sguardo mi cade sul decalogo per il Cliente appeso al muro: mi è sempre
piaciuto il punto sei, che dice Non chiedere profezie all'avvocato. Se fosse
profeta egli non farebbe l'avvocato.
Anche
il quinto non è male: Evita di obbligare l'avvocato a ripeterti le cose ad
ogni tre giorni: lascia che serbi la sua pazienza per i giudici, per gli
avversari e per le cause.
Quando
apro la rivista risuona il campanello.
Mi
alzo ed apro la porta. Quadro! Resto inebetito dallo stupore: sulla soglia
due personaggi riconoscibilissimi, Archie Goodwin e Nero Wolfe!!
Nero
Wolfe, non al pian terreno della sua vecchia casa di arenaria nella
Trentacinquesima Strada Ovest di New York, ma al terzo piano di Corso Dante 28,
nella mia città natale!
Io
sono a bocca aperta: ecco perché Fiorella è ancora al lavoro. Ed arriva subito, esclamando:
“Buonasera,
siete in perfetto orario. L'avvocato vi aspetta, venite. Accomodatevi”
Wolfe
fa scorrere lo sguardo su di noi e agita un dito. L'atletico Archie, agilissimo, si fionda
nella stanza di mia moglie, seguito dal suo sferico signore e padrone che, data
la mole, è molto meno disinvolto nell'incedere e nel percorrere il corto
corridoio.
Incredibile,
mia moglie stava aspettando Nero Wolfe!
Mentre
la porta si chiude non resisto e mi avvicino alla stanza cercando di origliare.
Seguo
attentamente le manifestazioni sonore. Nell'ordine: lo scricchiolio della
poltrona che riceve i centocinquanta chili di stazza del più famoso
investigatore del globo, un versaccio simile ad un grugnito e la voce di mia
moglie che dice educatamente:
“Buona
sera, gradite qualcosa?”
“Buona
sera a lei, avvocato. Una birra, se non le è di troppo disturbo, marca Tuborg ”
risponde il pachidermico investigatore.
“Per
me invece nulla, grazie” aggiunge Goodwin.
“Fiorella...
di là c'è Piero?” chiede mia moglie.
“Sì,
Glielo dico”.
Appena
Fiorella esce dalla stanza le faccio segno che mi occuperò io della bevanda.
A
malincuore scendo al bar lì vicino, all'angolo di via Togliatti, per ordinare
la Tuborg e sentirmi dire dal barista che ne è sprovvisto.
“Va
bene, allora mi dia una Carlsberg, per piacere”.
Pago,
esco, risalgo rapidamente in studio, consegno la bottiglia a Fiorella e mi
avvicino di nuovo alla porta della stanza principale, giusto in tempo per sentire
il più grande (in tutti i sensi) investigatore del mondo che fa i complimenti a
mia moglie per l'orchidea posizionata sulla scrivania, una Habenaria Radiata, una rara
specie asiatica molto bella, almeno a parere di Wolfe.
“Me
l'ha regalata mio marito. Quando eravamo fidanzati mi sommergeva di fiori”.
“A
proposito di fiori” interloquisce
Goodwin “dalla nostra conversazione telefonica, quando ci ha contattati, so che
le serve il nostro aiuto per una questione di api”.
“Sì,
certo; ecco di cosa si tratta. Adrian Lowell, un colonnello dell'esercito in
pensione, alle sei e mezza del mattino del 16 novembre scorso, come sua
abitudine quotidiana, stava facendo una passeggiata in Central Park, per di più
una passeggiata a quattro zampe anzi che due. Le quattro zampe, di sua
proprietà, rispondevano al nome di Galileo, e Lowell le teneva presso
l'Accademia di Equitazione Stillwell, ad ovest del parco, nella Novantottesima
strada.
Quaranta
minuti più tardi, alle sette e dieci, Galileo è sbucato dal parco senza nessuno
in sella ed è tornato verso la scuola di equitazione. Dopo tre quarti d'ora una
guardia ha trovato il cadavere di Lowell dietro a dei cespugli, a pochi metri
dal sentiero riservato ai trottatori, all'altezza della Novantacinquesima
strada. L'autopsia ha dimostrato che la morte del colonnello è dovuta ad uno
shock anafilattico, probabilmente in seguito ad una puntura d'ape, visto che
sul luogo, tra i cespugli, è stato rinvenuto uno sciame di questi insetti”.
“Cose
che possono capitare” è il commento del Re degli investigatori..
“Le
dico la verità, signor Wolfe, sono convinta che la cosa sia stata fatta
capitare, sono sicura che si tratta di un omicidio!”
“Uhm...
e perché è giunta a questa conclusione?”
“Vede,
il signor Lowell, insieme ad altri due suoi cugini, Theodore Eads e Frank
Broadyke, è l'erede di un ricchissimo industriale, Peter Hagh, della
dichiarazione di successione del quale io mi sto occupando per incarico del
signor Eads”.
“Ah,
il signor Eads l'ha contattata forse dopo che tutti i giornali hanno parlato di
come Lei ha magistralmente condotto la successione di quei due coniugi... con
nove eredi.. qui in Italia”.
“Sì,
in un paesino non troppo lontano da qui. Comunque.. il mio Cliente,
l'architetto Theodore Eads, è convinto che il signor Broadyke, apicoltore nel
New Jersey, abbia deliberatamente architettato l'omicidio di Adrian Lowell usando un nugolo di api! Adrian
Lowell era allergico in modo estremo alle punture di insetti, e questo fatto
era noto a tutti i parenti. Con la morte di Lowell, la quota di successione
ereditata dai cugini aumenta e diventa una eccezionale fortuna. Tra l'altro,
come capirà, il mio Cliente è anche preoccupato per la sua incolumità. Siamo
arciconvinti che sia un omicidio”.
“Il
problema è che non possedete uno straccio di prova che è una” prorompe Archie.
“Devo
dire la verità, Vi ho contattati proprio sapendo della bravura del signor Wolfe
e sperando in un Vostro valido aiuto. Vedete, non possono esserci api a Central
Park: non ci sono arnie nel parco ed intorno sono tutti grattacieli, inoltre
non ci sono altre zone verdi nel raggio di molti chilometri”.
“Già,
e le api si spingono al massimo a 3 o 4 chilometri dalle loro casette, oltre i
5 chilometri praticamente tutto il nettare che portano nell'arnia è perso”
conclude Wolfe che, evidentemente, sa tutto anche su questi piccoli insetti,
oltre che sui fiori.
“Per
cui” riprende la mia metà “a Central Park non possono esserci api,
eppure c'erano!”.
“Devo
ammettere” dice gravemente Wolfe “che Lei, avvocato, mi presenta una situazione
originale e professionalmente oltremodo interessante”.
A
questo punto segue una lunga pausa, e dopo un po' Goodwin commenta, rivolto a
mia moglie: “Quando le sue labbra cominciano a muoversi, sporgendosi in fuori,
venendo risucchiate dentro e così via, il suo cervello è al lavoro”.
Io
invece mi sorprendo a pensare vuoi vedere che stavolta il grande, immane
Nero Wolfe viene sconfitto dalle piccole, minuscole api?
Forse
questa è anche l'opinione di Archie,
perché commenta:
“E'
un vero e proprio rebus irrisolvibile”. Ma dopo qualche altro attimo il grande
detective chiede: “Possiamo usare il Suo computer, avvocato?”
“Certo”
“Bene,
Goodwin, vada su Google maps”
“Fatto”
“Ora
inquadri Central Park e poi usi lo zoom per ingrandire la vista dall'alto”.
Cosa
che evidentemente il fido Archie fa, perché il suo capo chiede:
“Ha
una lente, avvocato?”
“Sì.
Tenga”
“Uhmm
… vediamo... dunque...Come diceva un mio collega, però lui frutto soltanto
della fervida fantasia di Conan Doyle, elimina tutti gli altri fattori, e
quello che rimane deve essere la verità...” e dopo un poco aggiunge “Ecco!
Come pensavo!”
“Non
mi dica che ha risolto il caso!” è l'esternazione di Archie.
“Certo.
Le case delle api, le arnie, non sono né nel parco né dentro i grattacieli,
quindi....”
“Quindi...
cosa?” chiede mia moglie.
“Quindi
possono stare solo sui tetti dei grattacieli! La vede questa costruzione
a destra? Se guarda attentamente con la lente noterà tanti piccoli rettangoli scuri, che secondo
me sono le arnie viste dall'alto. Faccia qualche indagine, scoprirà che il
signor Broadyke ha affittato nelle settimane scorse un appartamento in questo
immobile, per avere l'accesso al tetto e posizionare le case degli insetti.
Vedrà che ho ragione.”
“Si
fidi, avvocato” conclude Goodwin “il mio
capo non sarà un esempio di cortesia verso gli altri, ma è un genio. Le manderò
poi con comodo la parcella, grande come la considerazione che Nero Wolfe ha di
se stesso”.
“Non
penso vi siano problemi, il mio Cliente è ricco e tra un po' lo sarà ancor di
più. Per ringraziarvi del disturbo e della consulenza sulle api, intanto, ecco
qui un bel vasetto di miele. Proviene da un paesino qui nei dintorni, me lo ha
portato la mia segretaria. Buona serata.”
“Un'ottima
idea, spiritosa. Buonasera anche a Lei.” è il commiato dell'investigatore
(quello grande) che lascia la poltrona, sofferente poverina, per causare,
avviandosi all'uscita, un terremoto nel corridoio, tra un sobbalzar di quadri
ed un oscillar di lampadari. Dopo i saluti di rito verso di me e Fiorella,
Archie chiama l'ascensore e vi fa entrare il grande capo, il quale afferma:
“Non
posso rifare da solo la discesa fino al piano terra. Non mi lasci, Goodwin!”.
Ma
quest'ultimo schiaccia il pulsante e il trabiccolo parte mentre Wolfe urla
“Archie! Archie!! Archie!!!”
“In
due non ci stiamo, e poi fare le scale mi farà bene” risponde l'atletico
assistente buttandosi per i gradini ed esclamando “vediamo chi arriva prima”.
E
mentre lo vedo che divora le rampe del palazzo e penso a come il mio
investigatore preferito ha brillantemente sconfitto le api, in pochi minuti,
semplicemente grazie ad una telecamera posta su un satellite, sento la voce di
mia moglie che nello studio dice al telefono:
“Pronto,
polizia di New York? Passatemi l'ispettore Cramer o, per lo meno, il sergente
Stebbins. E' urgente; chiamo dall'Italia, sono l'avvocato ….”
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