Giulia e la vita immaginata
La giornata di Giulia non è definibile. E'
una continua variante, come quelle stradicciole in mezzo ai boschi che non sono
mai dei rettilinei, perché il tracciato è venuto dopo la vita del bosco, gli
alberi non chiedono l'autorizzazione a nascere e crescere in un dato posto.
Così, camminando nel bosco si va avanti curva dopo curva, zigzagando,
biforcando o triforcando il cammino iniziale.
Ecco perché è facile perdersi. ("...la
dritta via era smarrita", dice il Sommo Poeta!) La vita non è una selva? Dunque
ci si può anche smarrire.
Giulia va, anzi, è andata sempre un po' a
naso, come si suol dire, ma non per capriccio, diciamo non ha, finora,
incontrato una via diritta, per questo è arrivata a metà della sua esistenza
seguendo sentieri sempre diversi. Ma è di carattere tosto e talvolta insiste
anche laddove sarebbe bene cambiare strada, finché arriva un giorno in cui lei
si accorge che rema contro vento, e il vento è più forte di lei. A questo punto
diventa d'obbligo cambiare rotta.
Bene, fuori di metafora: cominciamo dal
principio.
Giulio si è trovato sul cammino di Giulia.
Giulio e Giulia si sono piaciuti, subito.
Si sono innamorati follemente, come solo i giovani di vent'anni sanno amare.
Atmosfere magiche sembrano creare un mondo
fatto solo per loro; belli, giovani, spensierati, un poco pazzi.
Giulio adora tutto di Giulia, lo incantano
i piccoli gesti della ragazza che si muove sinuosa e sexy tra i tavoli della trattoria
dove lui va a pranzo. Gli appare come una statuina della Venere classica, con
un lato B di tutto rispetto. Giulia è in perenne ammirazione davanti al brio di
lui, colto e di spirito, bello nella persona ricca di fascino naturale.
Dalla scintilla divampa un fuoco che li
consuma. Niente ha importanza. Giulia, ragazza di buona famiglia, non conosce
più remore: va a vivere con Giulio, adattandosi ad una precaria convivenza in
un appartamentino di un amico di lui, e lì non ci sono né ore di sonno, né ore
di pasti. L'amore non può attendere.
La tovaglia ingombra, i bicchieri con i
residui di vino, l'odore dei cibi cotti non guastano la voglia di sesso, sempre
e ovunque, a qualsiasi ora.
Così i due bruciano nel fuoco della loro
passione, senza un pensiero. Senza un futuro.
I due
giovani sono solo un presente.
Marcello
vive in periferia. Un ghetto paragonabile a una new town, ovvero una sorta di
nuova città nel cuore di Roma. Definisce la capitale ‘una cagna che si lecca le
ferite’, ma non potrebbe lasciarla. Si ostina a credere che il luogo dove abita
rappresenti il buco nero della sua esistenza, il limite e il confine per le sue
aspirazioni. Si ostina a negare che sia proprio in lui il grande buco nero
della propria vita. Pesante e solido al centro del petto gli impedisce di
esprimere le parole giuste. Evaporano
prima che abbia il tempo di pronunciarle. Sente il loro sapore, ma non saprebbe
dire se sono dolci o salate. Non riesce
a comprendere che i buchi non si chiudono da soli, bisogna imparare a crescere
intorno a essi, a rimodellarsi tra le crepe.
Le
alchimie delle famiglie sono spesso incomprensibili.
Marcello,
a soli trent’anni, si arrende al crepuscolo della coscienza, convinto che a
pochi isolati da lui la città si scrolli di dosso il mantello periferico e
indossi la pelliccia di visone.
Intanto
tra Giulio e Giulia sembra che l'avventura si trasformi in una storia meno
delirante.
I due
vanno a vivere nella cittadina di mare dove i genitori di lui occupano una
importante posizione nel ceto sociale del paese, quasi una aristocrazia di
antico casato.
Lì Giulia
è felice. Giorno dopo giorno scopre le bellezze del luogo, noto per la
frequentazione turistica e per le varie attrazioni legate alla storia passata.
Nel frattempo gioca a fare la moglie.
Ma
moglie non è.
Giulio
è bello, colto e brillante, ed è entusiasmante per la giovane fare coppia di
sicura attrazione in qualsiasi locale vadano, anche tra gli amici stessi,
finché si accorge, dapprima con stupore, poi con rabbia, che lui non ha occhi
solo per lei, anzi … Trova ogni donna bella e desiderabile e con tutte sfodera
le sue armi di conquista.
L'estate
al mare è la stagione degli amori facili, tipo usa e getta ... o forse per
Giulio è solo un'abitudine di vita, un gioco imparato sulla spiaggia, fin dalla
prima giovinezza, tra un tuffo e l'altro, ostentando bravura e richiamando
interesse, prima dell'invito serale.
Ma
oggi nessuna manovra, anche la più sottile o scherzosa, sfugge a Giulia, che
comincia a sentirsi a disagio.
Gelosa?
Anche, ma sicuramente la ragazza è colpita nel suo orgoglio; reagisce con le sue
armi femminili, e irrita il forte maschilismo di lui. Qualcosa cambia.
Giulia
si cerca un lavoro, e comincia a gustare una piccola indipendenza. Intanto
osserva Giulio, lo studia, impara a conoscere i lati deboli di lui. Non le
stanno bene.
Giulio
non se ne accorge e continua a vivere la sua vita spensierata.
Fra i
due si sta formando ormai una crepa che alla fine appare in tutta la sua
entità.
Marcello,
mentre si trascina tra impieghi saltuari e si convince di essere destinato a
vivere in funzione della madre, a ruotare intorno ai suoi giorni, alle sue
esigenze, al suo affetto possessivo come la luna intorno al sole, riceve una
proposta concreta. Si è specializzato in informatica e uno dei datori di lavoro
gli offre il trasferimento in una cittadina di mare non lontana dove si trova
la sede dell’impresa e lui dovrebbe svolgere il ruolo di coordinatore tra le
due piccole aziende.
All’inizio
il giovane si sente destabilizzato. Il ghetto, che lo soffoca, è tutto
l’universo che conosce. La convivenza con la donna piccola e dolce rappresenta
la radice, il tronco vitale, il resto sono solo foglie che seguono il corso
delle stagioni. Muoversi dalla casa e dalla periferia equivale per Marcello a
scivolare via da un utero denso di odori, suoni e malesseri ancestrali.
Teme
che la cittadina sia un altro buco nero, ma non se la sente di rifiutare
l’opportunità che gli viene offerta.
Dopo
il primo periodo, nel quale il tempo gli sembra un ladro che ruba i ricordi, le
sensazioni, le certezze e li disperde lungo campi evanescenti, si accorge a
poco a poco che il distacco dal suo Sole è meno doloroso del previsto e che
imparare a vivere da uomo, in una casa che non dà su altre case, ma è esposta
alla luce, vicina al mare, e gli restituisce il senso della nascita.
Il
luogo di villeggiatura a luglio è in pieno fermento. Il giovane lavora fino al
tardo pomeriggio, ma tutte le sere e nei giorni festivi si ritrova a respirare
l’aria salmastra e l’atmosfera pulsante di vita e di allegria. Il crepuscolo
nel quale è cresciuto rischia di intrappolarlo, e soprattutto, di ingannarlo,
perché in esso le cose e le persone mostrano i loro profili incerti. Il volo di
un moscerino può disturbarlo quanto l’arrivo di un temporale. Il rapporto con i
colleghi e l’assenza di nostalgia malata del passato lo inducono, però, a
comprendere quanto un uomo diventa ciò che si lascia costruire attorno.
Marcello impara che tutti i cambiamenti hanno la loro malinconia, poiché ciò
che abbandoniamo è una parte di noi stessi, e bisogna morire a una vita per rinascere
a un’altra, ma con impegno impara a destrutturarsi, a rimodellare l’aspetto
estetico e gli atteggiamenti intorno alle vecchie crepe. e una sera, in un pub,
naufraga negli occhi più neri e tristi che abbia mai visto. Il giovane pensa
che si abusa tanto del potere dello sguardo nei film e nei romanzi che si
finisce per non averne fiducia … eppure ha la certezza di baciare quella
ragazza senza sfiorarla. Lei sembra non accorgersi del bacio. Dello sguardo sì.
E lo ricambia con qualcosa di struggente, che ricorda un grido di aiuto. Nel
caos del locale si sfiorano, si toccano casualmente le dita prendendo i boccali
di birra e Marcello, quasi senza rendersene conto, si ritrova a presentarsi e a
chiederle come si chiama. Lei è Giulia. Semplicemente Giulia. Gli sorride. Gli
permette un secondo naufragio negli occhi profondi come la notte, e si allontana
dal locale con gli amici
Giulia
era in quel locale, con il buio negli occhi, dopo l’ultima definitiva litigata
con Giulio. L'occasione della rottura era stata la più banale, ma per Giulia,
intelligente sensibile e orgogliosa, aveva rappresentato una doppia cocente
delusione.
L'arrivo
dell'amica, sua ex compagna di scuola: attraente, libera, civetta provocante, senza
alcuna voglia di crearsi degli scrupoli.
Mentre
Giulia era in ufficio, al lavoro, la giovane, ospite non invitata, in
quella
stessa casa si era goduta le vacanze in intima e allegra compagnia di Giulio.
Marcello
è troppo introverso per dar seguito allo sguardo. Per seguirla. Resta immerso
nel sogno di quei pozzi neri, pensando che avrebbe voluto domandare a quella
giovane triste come lui, cose che spalancassero strade, gettassero ponti,
fiumi, qualsiasi parola che avvicinasse i loro universi. Invece è rimasto
immobile. Riesce soltanto a considerare che
dietro un paio di occhi esiste sempre una storia. Migliaia di pagine scritte.
Alcune stracciate dal dolore, altre, colorate di sogni e speranze. Sa che si
chiama Giulia e che vive nella cittadina. Forse è in vacanza, forse no… I giorni passano, e Marcello si impegna nell’impiego
di informatico e continua a lavorare su se stesso, sperando in momenti
rivoluzionari di rinascita. Il tiglio dalla grande chioma, che si erge
imponente nel giardino, gli trasmette una carica incredibile, e spesso si
ritrova ad accarezzarlo con la sensazione di attingere energia dal rigoglioso
amico.
Una
sera il giovane torna nel pub dove era inciampato negli occhi di brace e tra la
folla scorge Giulia, su un divanetto con un grosso boccale di birra. Resta colpito dalla trasformazione della
ragazza, è vestita in modo vistoso, truccatissima, e gli occhi immensi hanno
sembrano senza sguardo.
Per
sopravvivere si compiono a volte scelte inadeguate, ma comunque funzionali al
dictat “tirare avanti si può”. Giulia ha ormai preso coscienza
dell’ineluttabile istintiva civetteria di Giulio… fosse stato una donna, da
tempo gli epiteti offensivi del gruppo di cui fanno parte avrebbero esteso la
loro eco a rovinarle la reputazione. Ma la sorte lo ha fatto nascere uomo,
pertanto esente da giudizi di carattere morale.
Giulia
invece lo ha giudicato, eccome, ma ciò che il cervello razionalmente ha deciso,
il suo animo non riesce a digerirlo. La compagna di studi, in allegra atmosfera
vacanziera, non si è fatta problemi ad accettare il corteggiamento di Giulio;
non importa se sia accaduto qualcosa, è sufficiente la totale mancanza di
rispetto che le è stata riservata. Giulia è cresciuta secondo principi
rigorosi, trasmessi per via genetica e verbale dal padre, che l’ha eletta a
figlio maschio. E non tollera civetterie, né al femminile né tantomeno
declinate al maschile. Ha compreso bene, ha sofferto, ha pianto e si è
arrabbiata. Dopo un’iniziale calma ha impugnato il maglio e ha brandito colpi
senza guardare come e dove colpiva. Tanto che, alla fine, Giulio è riuscito a
farla sentire in torto, a guardarla dall’alto della sua sicurezza di maschio e
a comunicarle senza mezzi termini la sua delusione per essersi comportata da
femminuccia gelosa.
Alla
disperazione, alla frustrazione e alla rabbia è subentrato un mal gestito senso
di vendetta. All’unica maniera che ha imparato. Occhio per occhio dente per
dente. E ora eccola là, in quello stesso pub dove, in un tempo che ormai sembra
appartenere ad altra epoca, andava a bere un bicchiere con Giulio, sentendosi
la sua regina. Si è truccata come non ha mai fatto – la sua faccia allo
specchio le ha rimandato indietro un’espressione di disapprovazione. Si è
vestita in modo appariscente – o almeno lei così ritiene, perché quanto ad
abbigliarsi da “maliarda” non ha nessuna cognizione di causa. E con un
risultato discutibile, ma efficace, è
riuscita a sentirsi nascosta dietro un
diverso modo di manifestare se stessa, ed è entrata con passo sicuro dentro il
locale, Ma sono bastati gli sguardi cannibali degli uomini al bancone e le
occhiate ironiche delle ragazze isolane per metterla ko. Con un boccale di
birra, bevanda che neppure apprezza particolarmente, si è accucciata su un
divanetto, tentando di nascondersi dietro il riflesso del vetro spesso.
Cercando, con gli occhi spalancati, un punto fuori.
Marcello
che sta provando a uscire dalla tela che l’ha sempre imprigionato, ma ha ancora
difficoltà a instaurare rapporti con gli altri, di fronte alla trasformazione
della giovane pensa alla sensazione provata pochi giorni prima. Le era sembrato
di baciarla con gli occhi, senza parole. Decide di uscire dal locale, ma Giulia
non gliene dà il tempo. Lo raggiunge barcollando e, con tono simile a ringhio,
dice: “Ehi tu, dove scappi? Io cerco
svago e mi eviti?” Il giovane avverte tutta la propria vulnerabilità. Non sa
reagire. Ha la sensazione di sentire il rumore fisico delle crepe che tornano
ad aprirsi. L’aggressività lo ha sempre spaventato, in una donna gli appare
come un ossimoro. Ha creato l’immagine femminile modellandola sulla madre,
tanto determinata quanto dolce. Si blocca al centro del pub e si lascia
investire dal tornado che ha perso lo sguardo profondo ed è diventato isterico
e provocatorio. Giulia lo trascina sul divanetto. Lo osserva come un animale
raro e, di colpo, lo bacia. Lui non prova assolutamente nulla. Aveva immaginato
il bacio in tutt’altro modo: un ponte costruito tra due anime che danzano sulla
vertigine della vita. Marcello ha paura di cadere da quel nulla scricchiolante
e resiste facendo appello alla dignità. Il suo silenzio e il rossore sulle
guance irritano la ragazza, che vede nello sconosciuto dinoccolato e
malinconico l’oggetto ideale per mettere in atto la sua vendetta. Ma il giovane
non sa prestarsi alla foga di lei. La osserva con qualcosa di così pulito nello
sguardo che Giulia, inevitabilmente, si sente ridicola. Poi si alza, e con
fierezza attraversa il pub. Si ferma al bancone per pagare con il fuoco sul
viso.
Cosa
sarebbe la vita senza immaginazione; adesso si usa molto anche nei film, si fa
agire uno dei personaggi e si mette in scena anche un controcanto, la vita
immaginata dal personaggio stesso, quello che avrebbe voluto fare ma non ha
avuto il coraggio di fare. Così è accaduto a Giulia. Quando ha riconosciuto nel
giovane che le stava ciondolante a pochi passi lo stesso uomo che tempo prima
la aveva guardata in fondo agli occhi, ha immaginato quello che avrebbe voluto
essere capace di fare: carpirlo come una leonessa che addenta una gazzella
smarrita e trascinarlo in un gioco di sopraffazione. Ma non si può essere
veramente altro da ciò che si è; la propria immagine esteriore si può cambiare
a piacimento, forse, ma il nocciolo duro del proprio modo di essere non lo si
può sradicare.
Così
Giulia ha proiettato nella sua testa quel discutibile scenario di una LEI che
aggredisce verbalmente un LUI e lo scaraventa sul divanetto, al solo scopo di
farlo sentire oggetto di svago.
Probabilmente
il suo sguardo, o una capacità empatica di Marcello – così le pare di ricordare
che si chiamasse – hanno dato a Giulia la sensazione che la sua immaginazione
venisse letta e tanto è bastato a farla schizzare in piedi e catapultarsi fuori
dal locale, come se andasse a fuoco. Piena d’imbarazzo. E sentendosi molto
ridicola.
Si
volta indietro solo una volta, per vedere se quello sguardo che le è apparso
giudicante, l’abbia seguita… forse lo avrebbe voluto, alla fine la cosa
peggiore è sentirsi soli. E forse avrebbe voluto scambiare due parole con
Marcello, magari banalmente sul clima, o anche snocciolare, come si fa in
treno, con uno sconosciuto compagno di viaggio, tutta la sua storia.
No,
quello sguardo non l’ha seguita. Allora scappa via a gambe levate, con l’unico
desiderio di andarsi a lavare la faccia. Se avesse aspettato ancora solo un
minuto, lo avrebbe visto quello sguardo, affacciarsi timidamente sulla porta
del locale, tra l’interrogativo e l’intenerito. Probabilmente non era il
momento, il tempo per lei e il tempo per lui ha dimostrato di avere dimensioni
diverse.
Quando
finalmente il tempo di Giulia ricomincia a scorrere a un ritmo naturale, torna
ad essere l’eterno amico/nemico, pronto a spalmare balsami anche sulle ferite
più profonde. L’unica scelta sensata, senza travestimenti o finzioni, è stata
quella di abbandonare il campo. Lo hanno fatto anche i grandi condottieri
quando hanno visto che la battaglia girava a favore del nemico e per evitare
danni peggiori hanno tolto le tende. In attesa di una prossima più propizia
occasione di confronto.
Giulia
guarda con quieta malinconia la scia di schiuma che segue il traghetto mentre
si allontana dall’isola.
Un
amore così totalizzante come quello provato per Giulio, con Giulio, non può
essere cancellato da inutili travestimenti del proprio sé.
Forse
più avanti potrebbe incontrare qualcun altro, quando avrà l’animo guarito.
Forse no. O magari, da qualche parte, potrebbe rincontrare un giovane come
Marcello, dinoccolato e insicuro, e provare di nuovo a perdersi in qualche
altro angolo del mondo.
In
fondo la vita non può trasformarsi in una quotidiana guerra, o in una gara.
Ciò
che davvero conta è semplicemente concedersi di viverla.
Edda
Conte Isabella Conte Maria Rizzi
Ringrazio di cuore il Maestro per aver postato tempestivamente questo racconto che ha valore di omaggio a Edda. E' stata lei a volerlo strutturare in modo nuovo e, quando 'si è spostata nella stanza accanto' (Sant'Agostino), la meravigliosa figlia Isabella si è offerta di continuare al suo posto. Quest'ultima ha rivelato, a mio avviso, doti di grande, originale Narratrice, dimostrando che il talento è scritto spesso nel DNA degli amori. Ringrazio entrambe per avermi concesso di vivere questa nuova, emozionante, dolcissima esperienza ... e le abbraccio insieme al Nume Tutelare, che unisce sempre la sua voce a quelle degli amici di Leucade. P.S. Non so vivere Edda in una dimensione diversa.
RispondiEliminaLeggere ed immaginare; leggere con gli occhi e immaginare, nel gioco dei pensieri della mente, luoghi, spazi e passioni intimisticamente proiettate sullo schermo delle emozioni. Il cuore palpita per questo nuovo, e non ultimo, racconto/perla che Edda aveva lasciato incompiuto in un cassetto e che poi, l’amicizia di Maria e l’amore di Isabella hanno egregiamente completato come estremo omaggio alla Sua memoria.
RispondiEliminaTrama avvincente in una scenografia dove la peculiarità delle Autrici è quella di trasmettere ogni recondita passione umana del sentire dei singoli personaggi/attori.
Grazie Maria, grazie Isabella per avere traghettato allo Scoglio la voce ed il profumo indimenticabile di Edda e grazie infine al nostro nocchiere Nazario che tutti ci avvolge nell’abbraccio delle Muse con irrinunciabile amicizia.
Lino D’Amico
Ringrazio Lino per questa Sua affettuosa riflessione sul racconto che il Prof Pardini ha così delicatamente accolto sul blog. E abbraccio con gratitudine Maria Rizzi che con grande affetto, "sorellanza" ed empatia mi ha preso per mano e sollecitato a dare una continuazione e una conclusione al racconto che aveva iniziato con mia madre in tempi di poco antecedenti al suo volo in quell'altrove che ha sempre immaginato.
RispondiEliminaUn grande abbraccio quindi a Maria, a Lino e al Prof. Pardini, universale e allargato a sfere ultraterrene
Isabella
Lino mio, ti ringrazio per le bellissime parole, che mettono in risalto quanto Edda sia il traino di questa avventura letteraria. L'amore della figlia e quello di un'amica hanno tentato di farle omaggio. Sei sempre generoso e raffinato nella lettura. Ti stringo al cuore in un abbraccio universale come quello di Isabella...
RispondiEliminaGiulia è l'immagine della vita che ciascuno si propone nel proprio tempo concesso dall'Essere esistenziale.
RispondiElimina"Vivere" significa inventarsi e scoprire se stesso o meglio tentare di farlo.
Qualcuno degli umani ci riesce: Marcello non ancora; Giulio con ogni probabilità si ricrea ogni istante per accedere al successo con evidente soddisfazione più esteriorizzante che altro; Giulia, dopo la vendetta "spuntata", ritorna a sé stessa, alla propria essenza originaria per ricavarne maggiore solidità e comprensione vitale.
La verità è che solo il post-tempo può ricondurre il passato al presente trascorso, meditato, sofferto.
Null'altro che non sia il tentativo coraggioso di procurarci l'essere esistenziale per capire l'assolutezza dell'Essere onnicomprensivo di umanizzazione nello Spirito.
Ottimo narrato di vera autenticità artistica a sei mani; ricco di spunti riflessivo-filosofici che aiutano la "vita" a continuare la sua corsa.
Grazie a Maria Rizzi, a Edda Conte e ad Isabella Conte.
Grazie a te Marco. L'idea è stata da Edda. I personaggi partono da storie diverse, che riescono a convergere. Forse non a incrociarsi. Infatti Isabella e la sottoscritta le hanno rese vicine solo il tempo necessario per scoprire le loro distanze. Ti abbraccio forte nel nome di Edda e stringo con te la mia Isabella e il nostro Vate!
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