venerdì 10 novembre 2017

N. PARDINI: LETTURA DI "PATRIZIA STEFANELLI"


Qui, in questi versi c’è la grande passione, la pluralità degli intenti emotivi, la corposa identità verbale di Patrizia. Un inno alle meraviglie dell’esserci. Un volo en haut. Sì, l’esistere è gioia, stupefazione, terrenità di brividi e di amori, meraviglia per la bellezza del creato e della poesia, ma anche coscienza di una “sera che segue imperterrita il giorno”. Patrizia vive appieno la vita a livello culturale, emotivo, esistenziale, per questo possiede tutti i requisiti per contenerla e misurarla. Ma la sua voce non fa altro che esternare input emotivi di urgente resa ontologica: sfidare le rupi, azzardare voli, intraprendere inquiete scalate oltre la siepe. Il suo mondo, sazio di giochi iridei, di incontri marini, di paniche vertigini e spazi limitati, non si riconosce più: ambisce ad altro, a superare quei confini, a impolparsi di quella azzurrità baudelairiana che fa grandi i poeti. La volontà chiedeva il corpo altrove. Sta qui il male di esistere, nella consapevolezza del breve spazio di un soggiorno; l’anima vola, il corpo resta impantanato nelle pieghe della precarietà. È di questa diatriba che soffrono i poeti; di questo dicotomico contrasto fra corpo e spirito. Anche il linguaggio vorrebbe concretizzare con forza visiva queste emozioni scalpitanti; ma non ce la farebbe con la sua regolarità morfosintattica: occorre inventare, creare, simboleggiare, metaforizzare, affidarsi a degli appigli che superino l’immobilismo della tradizione. “Aveva il mare nel passo a ondeggiare/ spighe di giugno al vento;/ aquila fiera nel volo ferita/ restava in cuore l'anelito fermo/ a sfidare le rupi./ La volontà chiedeva,/ irresistibile,/ il corpo altrove”. Come se l’anima volesse il corpo strinto a sé, l’amico di una vita a braccetto; il suo respiro fisico nel seno; ma a lei resta solo la brama insoddisfatta, il desiderio di un palpito sempre più lontano: l’anima là, nel suo ritorno alle radici celesti, il corpo qua, nelle micragne scusse del quotidiano; l’ossimorico gioco  della presenza-assenza; non le resterà che mirarlo nella solitudine del novembre: “Trovasse almeno un cane. E’ già novembre”; in quella solitudine che può far rivivere in una donna il cammino della sua identità-bellezza “Come fa il vento,/sui corpi nel deserto,/ sentì quel tocco alitare nel petto/ e camminò più lenta/ nel punto in cui/ mai era stata così tanto viva.”. Stare lontani dal fulgore della sua vitalità, dal potere della sua meditazione; stare lontani dalla singolarità della sua solitudine, significa amarla, Patrizia, così come è, nella sua unicità, senza pretendere di intaccare l’essenza del suo canto “State lontani./ Ancora la pietà mi riempie il cuore.”.

 Si fece giorno e poi sera così
come la vita alla morte sussegue
nella grazia di chi non ha rimorso;
cadde il pensiero da arco troppo teso:
un dardo che si posa a quattro palmi.
Cadde.
Dimenticò se stessa,
l'acquosa sua immaginazione e danno.
Impallidì il tempo e sciolse l'iride
rugiada a compassione.
Aveva il mare nel passo a ondeggiare
spighe di giugno al vento;
aquila fiera nel volo ferita
restava in cuore l'anelito fermo
a sfidare le rupi.
La volontà chiedeva, irresistibile,
il corpo altrove.

7/11/2017
 ( Border line)

E’ già novembre

Sono strade nell’ombra
quelle che gratta a lungo avanti e indietro.
Cerca il suo cane, lo chiama fischiando
un nome, un altro e ancora.
Come figura o mito a eterna gloria

di legno verde tiene alta la spada
strusciando piedi di cartone.
Poche case coi lumi alle finestre;
tra gli steccati divelti il degrado
delle periferie.
E’ guerriero di latta e paglia, grido
sgraziato della notte.
Qualcuno ascolta. Il freddo è troppo freddo;
domani si lavora.
Gigi non sa la sua casa e non è
questo il suo nome.
Combatte l’aria tra brume pietose,
in petto un giustacuore di giornali.
Trovasse almeno un cane. E’ già novembre.

Una donna

… e se ne andò lontano
non prestò fede ad altra profezia
che la voleva a un cumulo di cenere.
Sapeva il passo di Siviglia
e la casa di Pablo,
piazze e chitarre dell'Andalusia;
per questo, forse, sembrava svagata
ai più che la incontravano,
sviata donna in cammino.
Strana figura incoerente uguale
a quei cieli che si affacciano ai bagliori
rossi d' Alhambra
e non sai se è giorno o sera
se non dall'ombra.
Portava sui capelli un velo blu

del tempo azzurro delle piene e ai piedi
i sandali d'argento delle notti.
Scrivo il mio nome e posso dimenticarlo sui muri bianchi dell'Andalusia
E la ragione fece il viaggio e il viaggio
fu l'unica ragione
cambiò le pieghe del sorriso in linee
amare dell'assenzio
versando su ferite
l'etere crudo del dolore.
Come fa il vento,
sui corpi nel deserto,
sentì quel tocco alitare nel petto
e camminò più lenta
nel punto in cui
mai era stata così tanto viva.


Non per voi ma per me, state lontani


Serpi sul seno, voi il veleno;
vi ho allevati con pruni dolci
e succo di letizia
nelle coppe versato.
Versato, come adesso, audace balsamo,
sul morso repentino e pur veloce
delle parole spicce,
filante bava d'impudenti vipere.
State lontani.
Ancora la pietà mi riempie il cuore.



7 commenti:

  1. In questi testi poetici di Patrizia Stefanelli mi par di cogliere in modo piuttosto evidente una continua oscillazione dal piano del reale, peraltro appena accennato, al piano creativo-figurato che si tinge di sfumature surreali, con le categorie di spazio e tempo marginalizzate da un onirismo incalzante. I testi si snodano prevalentemente per percezioni apparentemente quasi irrelate, giunte alla penna e giustapposte probabilmente seguendo inconsciamente i fili dell’analogia e della metafora.
    Non ho letto abbastanza di Patrizia Stefanelli e quindi ignoro se la situazione (o condizione) che ho descritta appartenga solo a queste composizioni o sia normale nel fare poetico di questa brava autrice.
    Pasquale Balestriere

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    1. Carissimo Pasquale, Ti ringrazio infinitamente per aver letto questi testi e averli commentati poiché ti stimo immensamente come uomo e poeta e critico. Hai ragione, poco hai potuto leggere di mio perché dimentico, sempre dimentico, di quel che butta giù la mia penna. Nei nostri incontri avrei voluto farti dono (o carico) di alcuni miei testi ma accade che a molte cose penso fuorché a questo. Rimedierò, se me lo permetterai, attendendo le nuove poesie. Questa è la mia poetica e, come tu ben commenti, arriva al mio pensiero con immagini, dice quel che dice, espone abbastanza della realtà visiva ma incatena altro. Gigi, ad esempio, è un prodotto della società, la povertà, un senza dimora che vive delle sue fantasie (facile incontrarlo per le strade) ma è anche, nella negazione del suo nome, ognuno di noi nella ricerca di sé. Un grande abbraccio e ancora grazie per l'onore della tua attenzione.

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  2. Ecco la valenza e la bellezza delle metafore:dicono e non dicono, suggeriscono ma non impongono,conducono verso sentieri che possono essere percorsi in modo diverso secondo la sensibilità e il vissuto del lettore.L'analisi di questi testi sarà diversa per ciascuno di noi appunto per l'ambiguità degli stessi ma nessuno ne resterà indifferente perché questa è vera poesia. Brava!

    Carla Baroni

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    1. Grazie, carissima Carla, mi raccogli nel segno. Un segno che non impone che non conosce verità. In fondo, proprio questo ieri dicevo con amici, non mi chiedo più molto. Spesso non capisco, pur comprendendo, il perché di tanti accadimenti, comportamenti e altro ancora. Seguo il sentiero della vita, che s'apre e poi si chiude,lasciandomi portare con consapevolezza. Alla poesia non chiedo verità, non ce ne sono se non da un punto di vista limitato. Altro si svolge dal suo filo, come nella vita: il non visto, l'immaginato che solo l'esser-ci (come sottolinea Nazario) può sentire e percepire. Ti ringrazio ancora augurandoti ogni bene. Arrivederci al più presto con un abbraccio.

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  3. Ringrazio il Prof. Nazario Pardini. Ti ringrazio, Nazario, e ti sono grata della bellissima sorpresa che mi hai fatto. Ti avevo mandato questi testi poiché da tanto non lo facevo. Avevo bisogno di sentirti dire, con la franchezza con cui mi stai crescendo, cosa scrivo ancora e ancora. Non immaginavo che tu pubblicassi i testi con una critica che mi toglie il fiato. La tua critica letteraria mi dà la contezza della sapienza con cui mi stai dentro. Ormai mi conosci tanto bene, più di come possa conoscermi io. Mi vedo in uno specchio e mi è necessario. Noi non siamo quel che crediamo, ne sono sempre più convinta, ma siamo quel che gli altri percepiscono di noi. Così anche una poesia ha bisogno della percezione di chi può comprenderla in tutta la sua figura. La tua lettura è piena, precisa e diretta. Non sono la Stefanelli ma Patrizia e questo mi dà forza e gioia. E' già novembre. Grazie, Maestro, con tutto il cuore conservo.

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  4. Cara Patrizia, non sono né Il caro Prof. Pardini né l'amico P. Balestrieri o la brava C. Baroni in quanto a critica letteraria anzi, senza giri di parole, Ti dico che non sono per niente un critico, nemmeno con la -C- minuscola; ma per la stima e simpatia nei tuoi confronti mi permetto scriverti il mio pensiero sulle tue sopra lette e più volte rilette. Le stesse le definisco metaforicamente dei -fuochi d'artificio- dove ogni verso scoppietta, schizza in svariate direzioni inimmaginabili ed imprevedibili per il quale il tuo lettore rimane attonino e spaesato fin quanto nella chiusa o prima non sveli il pensiero originario (o lo slancio emotivo che Ti ha indotto a scrivere) che unisce il reale col surreale. Pertanto, a una prima lettura, lo scritto rimane chiuso, ermetico quansi intellegibile che induce alla seconda o più rilettura del testo. Un fare così poesia e porla in essere non è certamente facile e a pari tempo ne denota una estrema fantasia nella quale l'estro creativo ha il massimo della espressività ed estrosità. Nel senso più buono del termine T'invidio. Pasqualino Cinnirella

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    1. Carissimo, quelle di cui mi parli sono qualità che non sono sicura di meritare e ti ringrazio. Tra l'altro io trovo i miei versi abbastanza semplici per poter essere complicati. Alla poesia, personalmente, non chiedo di raccontare ma di evocare, non chiedo risposte ma domande. I miei temi sono terranei, si staccano dal reale per essere vissuti appieno attraverso la percezione. In fondo trovo molto più surreale parlare di anima o del Divino o ancora di guerre e di morti mai vissuti se non dalle pagine distratte di un Tg. Grazie per la tua lettura che ho molto apprezzato.

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