giovedì 24 ottobre 2019

NAZARIO PARDINI: "IL SORRISO DEL MARE"


Il sorriso del mare

Non l’avevo più vista dai tempi dell’amore.
Furono i primi baci, i primi approcci,
poi la vita, la scuola, le distanze,
ma non passava giorno che io non ripetessi
quell’immagine sacra, le sue mosse,
i suoi lunghi monologhi, le grazie.
Mi dissero gli amici
che si era trasferita                                
dopo avere sposato un militare.
Mi feci a piedi tutta la salita
fino al numero di casa. Restai
fermo, lì, davanti all’orto
sperando che uscisse. Era malmessa,
non aveva più niente del mio sogno,
accanto a lei due giovani marmocchi
appesi alla sua gonna. Mi guardò
con un sorriso strano come fossi straniero.
Nei suoi occhi,
solo negli occhi, si rifletteva il mare
che la vide sbracciata quella sera
un po’ folle, in corsa sulla rena.
Non vi è peggiore cosa
che vedere sfiorire la bellezza.

Nazario Pardini
Da Dieci poesie d'amore, inedito 


6 commenti:

  1. Un poco triste, come gli anni che passano e ci rubano il "sorriso del mare"..eppure la memoria ci ama..e tutto della giovinezza resta con noi, nel nostro cuore. Anche l'amore.
    E' sempre un immenso piacere seguirti, grande amico Nazario, nei giardini della tua poesia. Grazie!
    Edda

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  2. E' un sorriso amaro, dunque, quello del mare in questo inedito di Nazario. Un sorriso perché con la sua azzurrità, con le sue onde che frangono a riva spumeggiando altro non si può pensare e altro non si riesce ad immaginare perdendosi nella sua infinità.
    Eppure il mare è anche burrasca, anche paurosa allegoria di naufragi, d'impotenza di fronte alla furia degli elementi.
    E non è forse tutto questo l'amore? Esplosione di bellezza e lento suo "sfiorire"?
    "Non aveva più niente del mio sogno /.... / mi guardò / con un sorriso strano come fossi straniero" - canta il poeta - ed è subito poesia: nella contrapposizione che immediata diviene interposizione.
    Negli occhi, solo negli occhi, è rimasto il sorriso del mare; adesso si è fatto strano, straniero, come se più non le appartenesse; adesso il mare è lontano, dimenticato.
    Sono finiti i "tempi dell'amore" ma il mare sorride ancora a nuovi innamorati, e sorride burrascoso perché non finge, non finge mai chi ama e chi si ama.

    Sandro Angelucci

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  3. Una poesia d'amore intensa come il sentimento che arde nel cuore indomito e ritorna inseguendo un sogno, il sogno del mito di Orfeo ed Euridice. Qui il poeta ripercorre le memorie come una discesa nell'ade e va alla ricerca del suo amore giovanile ma quando si volge per vederla ancora una volta, la bellezza svanisce.
    Si avverte una forza nelle parole di questi versi pregni di una freschezza giovanile. In questo testo si raffigura la caducità della vita che segna il corpo, ma non scalfisce lo sguardo dell'anima "solo negli occhi/si rifletteva il mare." Forse (ma sono convinto che lo sia, e non potrebbe essere altrimenti) la poesia è un elisir di giovinezza che coinvolge e trascina dentro un altrove ingenuo e incantevole, senza possibilità però di ripercorre con la stessa intensità quello che è già successo.

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  4. Il titolo, Nazario mio, è già poesia. E lo vedo quel mare che sorride, lo sogno, ambisco a star vicino a esso, a respirare il salmastro, ad ascoltare la musica della risacca o l'incendio delle sue tempeste... La lirica, neo - realistica, srotola i quadri figurativi di un amore giovanile, che s'immagina resti perfetto in eterno. Nel delirio d'onnipotenza degli anni in fiore non si ha idea del futuro, del divenire, del mutare. Non è una poesia in linea con le tue, ma proprio per questo mi ha soggiogata in modo particolare. Ho pensato: anche Nazario, l'immenso, ricorda con gli occhi del ragazzino che era e descrive in musica i passaggi dell'esistenza, lo sfiorire della primavera, la delusione di un non previsto inverno. E' l'andamento dei versi che mi ha incantata. Un palcoscenico allestito con amore, la scenografia di una storia semplice e bellissima, i personaggi che si muovono piano e piano perdono i loro colori. Una tela realista, che consente a ognuno di condividere, di tornare sui propri territori della memoria. Chi non ha visto il sorriso del mare tra le braccia di un sogno di luce? E chi può dire di non averlo perso? Certo vederlo senza luce è storia più triste, ma la vita non torna indietro, scorre e, come disse il caro Eraclito, 'non ci si bagna mai nello stesso fiume'.
    Caro Nazario, sei contagioso come una malattia buona, come il sapore dei sogni, come il senso dell'esistenza, come il coraggio dei sogni. Ti stringo forte forte.
    Maria Rizzi

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  5. Come dire: "Fatti un nome e addormentati". Non v'è dubbio che il mini-racconto del "Maestro" sia simpatico, nostalgico, fanciullesco, passionale ma, dov'è la poesia? Da profano, ho la sensazione che di poetico non vi sia nulla. Chiedo scusa al Prof. Pardini e ai vari commenti ma, essendo un estéta, ho il dovere di esprimere la mia opinione anche se questa, è controcorrente e farà scaldare l'animo di qualcuno. I canoni della Poesia, con la P maiuscola sono altri ed il prof. Pardini li conosce benissimo. Personalmente, ritengo che Egli abbia voluto fare un esperimento, una sorta di sondaggio atto a dimostrare che, ai nostri giorni, tutto o quasi, può essere interpretato a mó di poesia, sebbene la scrittura sia scorrevole, piacevole e coinvolgente.
    Scusandomi in anticipo, saluto il Prof e tutti gli amanti del blog.
    Josye Traulcer

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  6. Eppure la poesia c'è, Josye Traulcer, bisogna scovarla tra le righe... I canoni dell'ars poetica, quella con la P maiuscola, non sono sempre presenti, del resto, anche in certe composizioni di grandissimi Autori. Qui bisogna comunque osservare le immagini da cui sbocciano i pensieri e viceversa... Quei tempi andati della gioventù trascinati via dalla fuga inesorabile del tempo ("la vita, la scuola, le distanze"), che viene contrapposta all'immagine dell'amata, fissa nella mente di lui, indelebile nonostante l'assenza. Poi, la prosaicità della vita che subentra: lei che è ormai una comune moglie e madre, la sua figura trasandata, e i figlioli, guardati come due "marmocchi", dalla sottintesa vivacità rumorosa e forse un po' sguaiata. All'"apparir del vero", il sogno, l'illusione giovanile dilegua, si affloscia a terra come un bianco lenzuolo caduto. Gli occhi di lei più non riconoscono l'antico amore, perduto due volte, perché scomparso anche dalla memoria. Ma in quegli occhi - sebbene soltanto allo sguardo del poeta - traluce ancora una volta l'incanto del mare, e pure quella spiaggia dove, una sera di tanto tempo prima, la donna correva, spensierata come la sua bella giovinezza... Un quadretto semplice, sobrio, in cui affiora un senso nostalgico intriso di amarezza per la caducità delle cose, dei sentimenti, della vita stessa. Il tutto espresso con la nudità di un "sermo cotidianus", è vero, ma con un'efficacia e un'intensità non per questo meno poetiche.

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