martedì 26 ottobre 2021

GIAN PIERO STEFANONI LEGGE: "LA GRAZIA DEL TEMPO" DI JUANA ROSA PITA

Gian Piero Stefanoni,
collaboratore di Lèucade


Juana Rosa Pita, La grazia nel tempo (edizione bilingue italo-spagnola).

Deslinde Edzioni, Madrid, 2021.

Abbiamo già avuto modo di parlare della poesia e della figura di Juana Rosa Pita, poetessa, traduttrice, editrice cubana da tempo residente negli Stati Uniti piacevolmente intrisi di una scrittura nella grazia di un dialogo tra culture diverse ma quasi complementari, quasi allo specchio, quella ispanoamericana d'origine e quella europea (avendo vissuto tra l'altro per alcuni anni anche in Spagna), l'italiana soprattutto nello sguardo di propulsione della sua arte. Il tutto entro una fede nella vita da quella apertura di grazia e di tempo, nel tempo allora a proposito del titolo qui presentato, che le viene da una fede più alta, da quel Dio d'amore rivelato nel Cristo nel pieno affidamento a quella partitura a noi sconosciuta ma che il mistero nella sua musica proprio tramite noi interpreta. Discernimento, ancora, anche come da omonimo testo a pagina quarantacinque, in un "abbandonarsi a Dio,/alla sua pietà,/per essere protetti/ dall'arbitrio del mondo" che non va a chiudere ma splendidamente ad aprire nella intensità di una rivelazione che le viene dall'accompagnamento, dalla sua pronuncia in una parola sospesa tra gesto ed evocazione, e per questo libera, e dinamica anche alle intime sconfessioni di se stessa. Di noi stessi diremmo in quella bellezza che è il vero motore a cui - per cultura abbiamo detto, e per indole-  la poesia della Pita tende, a cui il suo mondo, nel mondo tende avvertendone tutta la possibilità di riemersione di ogni vita al suo"nido di luce" nella preservazione trasfusa in preghiera di una creazione che nel suo divenire mutante anche di noi abbisogna. Ed allora non a caso da questa soglia, da questa grazia nel tempo che ci comprehende e salva, il volume va ad aprirsi con l'omaggio sgomento in tre brani dedicati alla Vergine nel tema principe dell'Annunciazione risonante da altrettanti capolavori di Leonardo e Antonello da Messina. "Arca di una nuova alleanza" entro una scrittura netta, sicura, rispondente come il sì di Maria da cui poi tutto il fiume di rivelazione va a scoprirsi. Così la Pita, cui tutto ritorna come in una bambina che sa d'ogni cosa l'eco e il bisogno, saldamente legata al discorso mitico del mondo pure sa risolversi nell'intimità di una cartografia che nel dialogo tra interiorità del paesaggio e invito degli spazi finisce col divinarsi nell'intreccio sapiente dei suoi riferimenti qui nella collimazione del tanka negli ottantuno movimenti che vanno infine a definire il testo. Il tanka dunque, composizione poetica di origine giapponese nata il V° secolo d.c., di cinque versi (dai primi tre usati come poesia a sé tra nascendo tra l'altro l'haiku), come paradigma di una fonologica rappresentazione e conoscenza del mondo data nella collimazione armonica di un tempo ancora in origine, e per questo fedele nell'esatta quadratura dei suoi elementi, delle sue sillabe abilmente riportate dalla Pita al dialogo con la visione più occidentale, propria delle sue riflessioni, nella riprova di raffinate per noi allora disposizioni alla terra. "Dono fragile",  il cui dolore, le cui aspirazioni sono come raccolte in un canto che del cosmo e del piccolo si fa immenso pensiero, volo come d'uccello a cercare in alto d'ognuno la salvezza, nella pienezza di un senso che  viene dal romper le uova in alto. "Approfondire/estendendosi al certo/fondo divino:/il sangue che circola,/sconfinato, d'Iddio", questa dal tanka settantatre l'impronta di una ricerca a rompere il velo, o per meglio dire quel vizio del moderno a "dire che niente è reale:/vuota parvenza". Giacché "pur vola la farfalla/e la vede chi vive" nella lezione di una poesia che come "miglior balma:/velando armi ed anime,/al drago dà la morte". A partire da questo allora, da un sapere umilmente iscritto in tutta quella soglia a cui è chiamato, consigliamo la lettura di versi come angelicamente rivelati da un sogno:" Mi pronuncio nel cerchio/ di chiunque custodisca".

 

 

 

2 commenti:

  1. Molto efficace Gian Piero caro, il tuo affresco dell'Opera di Juana Rosa Pita, che esplica la sua grazia pluriculturale in verticalità. Il misticismo vissuto in senso profondo, autentico sembra il protagonista di questo testo bi-lingue, tant'è che concludi la superba esegesi asserendo: "A partire da questo allora, da un sapere umilmente iscritto in tutta quella soglia a cui è chiamato, consigliamo la lettura di versi come angelicamente rivelati da un sogno". Abbiamo bisogno del coraggio dei sogni, Amico mio, e tu sai porgere quello dell'Autrice con una 'grazia' che si fonde con la sua. Ti ringrazio e ti abbraccio.

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  2. Grazie amica cara, Maria, un abbraccio a te

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