Terra, vita e libertà
Colloqui utopici con i filosofi nella trilogia poetica “Toamo” di
Giuseppe Piluso
di Cinzia Baldazzi
Da parte mia, è ovvio, non posso garantire -
lo sosteneva il logico-matematico di Lipsia nel tardo Seicento - che il diritto
naturale o della terra conduca (lo scrive Alberto Peratoner) «a non ledere alcuno, a dare a ciascuno il suo e a
vivere in modo onesto».
Il componimento C’è (Pensiero) - anche in vernacolo rendese
- mostra di condividere il rigetto delle aspettative: «E finisco di illudermi… / per non deludermi… / per non
avere delusioni… /deglutisco amari bocconi…». Ma prosegue: «Però… / tempo dopo riapro il cassetto, / un palpito
nel petto / viver mi fa»,
fino alla conclusione: «Amore
c’è».
Sotto il titolo Toamo - di cui comprenderemo poi il
significato - è stata raccolto una trilogia composta da La dama, la terra e
il leone (2020), Le due Anime, la Libertà e la Doxa (2022), La
Lotta, la Vita e l’Amore (2023). Tutti e tre presentano un nucleo centrale
di componimenti poetici corredato da importanti sezioni iconografiche dedicate
a fotografie, riproduzioni di quadri e disegni, nonché da scritti in prosa di
vario genere: pensieri e considerazioni, invenzioni mitologiche e proposte
politiche, racconti e testimonianze.
Nel corso della lettura accadrà che durante il
commento io abbia disseminato qua e là enunciati significativi dell’aura etica,
storica, filosofica, politica dell’autore, allorché si avvale dei versi o della
prosa, collocandoli in punti strategici del contesto ma lasciando solo ad essi
l’onere di sopravvivere con altre istanze magari contraddittorie oppure
complementari. Non alludo, comunque, a un errore espositivo, tantomeno
creativo: quasi nell’antica cultura greca Piluso volesse riproporre il rigoroso
rispetto coltivato da Socrate e Platone a riguardo della scoperta personale,
imprevedibile e continua, insita nelle risposte degli ascoltatori.
La poetica pilusiana, così come procede
nelle tre distinte opere cronologicamente successive, ripropone altrettante fasi
esistenziali primarie del Mito della Caverna platonico: lo scrittore scava nella
psiche travolta dapprima dal buio della conoscenza parziale (la terra, l’abisso
ontologico), quindi la accompagna nel mondo della luce (la libertà, l’opinione),
infine ne favorisce l’incontro con l’esistenza (la vita, l’amore) coincidente
con le idee.
La dama, la terra e il leone (2020) allinea tre sezioni: La dama, scelta di
brani con il sottotitolo “Poesie & Cronaca”; La terra, immagini fotografiche del luogo natìo;
Il Leone, che sotto
l’espressione “Gli abissi dei miei pensieri” presenta analisi e proposte.
Lungo le numerose tappe della civiltà, in
sintonia con Blaise Pascal (vissuto in Francia negli anni di Leibniz), anche in
Piluso può prender vita «un
rapporto di coppia tossico ove uno dei due individui tradisce, umilia e non
protegge il partner, anzi lo lascia a sé stesso esposto alla derisione altrui». In un frangente del genere, il termine “Toamo” non
può essere applicato. Come supera tale impasse la sua poësis, al
punto di creare i versi di Cuore tra le braccia? «Vicino a me stretta / sembra di stare / su una vetta,
/ che ho conquistato, / questa volta, non / ho barato, / le mie carte / bene ho
giocato!». Presumo
lo abbia ottenuto onorando l’importanza del meditare su Dio e sulla dimensione
di fede nell’esperienza in specie quotidiana, implicita nel sottotitolo “Poesia
& Cronaca” della sezione di apertura.
Dopo la parte centrale inerente alle
fotografie, con l’hic et nunc rimasto
intatto (suggerirebbe Walter Benjamin) dei paesaggi illustrati, nell’ultima
sezione, densa di riflessioni, ritengo interessante evidenziare l’aspetto
negativo contemplato nel promuovere una grande alleanza di Stati, ossia nel «rinunciare alla sovranità statale consegnandola a un
Ente superiore costituito».
Credo sarebbe con noi Piluso nel tentare di “positivizzarla” appellandosi in
via utopica al progetto platonico di ricorrere a filosofi-governanti, nel quale
- lui stesso rivela - si potrebbe «pensare anche a una forma costituzionale che tenga a
cuore e dia più valore alla carta dei diritti umani».
Dove trovare, però, la chiave del successo?
Ancora una volta esemplificando Platone, annota Roberto Radice: «Per la precisione, il punto di accordo è l’anima del
filosofo considerato come un telescopio puntato sul cosmo delle idee, da dove
trae regole e idee da applicare agli eventi contingenti per segnare l’ingresso
del Bene nella storia».
In sostanza, Giuseppe Piluso sembra voler
indicare la necessità di sviluppare una visione del mondo umano non dissimile
da quello naturale - cioè della “terra”, tema dominante del volume - in cui l’idea
del Bene filtrerebbe platonicamente attraverso la mediazione dell’ordine
geometrico e matematico nella sfera materiale.
* * *
Il secondo volume della trilogia, ovvero Le
due Anime, la Libertà e la Doxa (2021), presenta anch’esso una tripartizione.
Le due anime è composta da due
sotto-sezioni: le poesie de “La farfalla bianca” e i quadri e i disegni
(sviluppati dal 2002 al 2020) de “La chimera blu”. Analogamente, La libertà è suddivisa in due parti: “La
Libertà di lottare per la vita”, animata da una poesia introduttiva e da un
racconto-testimonianza di un trapiantato di fegato, e “La Libertà di lottare
per la propria terra”, con istantanee dei luoghi di origine, tra chiese e
vicoli. Il terzo blocco, intitolato Doxa,
contiene - spiega lo stesso Piluso - «mie opinioni e riflessioni su tutto ciò che concerne
lo stato di diritto (il nostro Paese), lo stato d’essere, la sessualità, ma
anche la filosofia, la poesia e l’unione tra queste ultime e altro».
Nel libro Le due Anime, la Libertà e la Doxa (2022) il quid poetico-letterario, come anticipato, risulta accompagnato da
una ingente quantità di riproduzioni di quadri figurativi e astratti dell’autore.
Che cos’è, in definitiva, l’opera d’arte? A dire il vero fa tutt’uno, si
integra perfettamente con l’input di ποιητική
τέχνη (poietiké tècne) del libro, quando,
lo enunciava Benjamin nel 1936, «il valore dell’opera
d’arte “autentica” ha la sua base nel rituale»: viene così a coincidere con il
rapporto tra rappresentazione e reale, da un lato come la concepisce l’artista,
dall’altro come la recepiamo noi. Infatti svela Giuseppe Piluso: «Oltre che esprimere i miei
sentimenti concreti, ovvero di ricerca, di giustizia sociale, oltre che di
sentimento, cerco di raccontarvi, attraverso i miei quadri, un po’ di me».
Affiorano i
due poli rituale-espositivo e personale, in grado - soltanto loro - di indurre il
dominio delle forze naturali ad abdicare in favore del regno della libertà: «Il tema centrale di questo
secondo libro è quello della libertà (libertà di lottare per la vita e libertà
di lottare per la propria terra) […]; le due anime sono l’anima poetica
invisibile ma concreta (poiché in essi ci sono frammenti di vita vera e
concreta) della farfalla bianca; poi vi è l’anima visibile, ma non concreta».
Nelle pagine
dipinte e in quelle scritte, in breve, accogliamo le parole del saggio di Walter
Benjamin: «La serietà e
il gioco, il rigore e la disinvoltura si mescolano intimamente nell’opera
d’arte, seppur secondo differenti gradi». Nell’inquietante altalena di fascino e timori, tipici
di una simile attività ludica, leggiamo in Rimango (prima dubbio, ora
certezza) questi versi: «Non sono
scappato / non me ne sono andato / ed ora abbiamo ricominciato / da te
rassicurato / senza perché tutto ho azzerato. / Cattivi pensieri dentro me /
tutti che iniziavano con se. / Andiamo avanti mi dissi / e le mie mani strinsi».
All’interno del
motivo conduttore di un χρόνος (crònos)
ritrovato, il suo segno-segnale, pur azzerato, costringe a cercare la via per
raggiungere l’obiettivo: come essere liberi? Giunti a questo punto della ποίησις
(pòiesis) di Piluso, siamo consci di
quanto, nella scrittura del nostro poeta, la riflessione sulla libertà non
derivi dal semplice incontro della volontà di possederla e di pensarla, poiché «nel noi io credo / ed è forte il
sentimento / che vedo». Del resto
il philosophe francese
post-strutturalista Gilles Deleuze ricordava: «I concetti non esistono già fatti
in una specie di cielo in cui aspetterebbero che un filosofo li afferri.
Bisogna fabbricarli». Ed è
esattamente un’operazione simile a condurre Piluso tra una riga e l’altra, fra
un’immagine pittorica e la successiva. Nessun significato scaturisce chiaro da
sé, il generarsi collima con la genesi dell’atto di pensare nello stesso tempo:
«Altro non
credo», confida Giuseppe
Piluso in Cuorlevante, «e ad alta
voce / pensando lo dico, / quando penso… / voglio subito / voglio tutto / nulla
di più brutto».
Ed ecco la chimera: indica un point of
view della coscienza che non vuole in misura gerarchica fare i conti con la
sfera empirica, bensì sostituirla. Da René Descartes a Immanuel Kant, da Edmund
Husserl a Karl Jaspers, la coscienza rappresenta il limite rispetto al quale le
illusioni della trascendenza si rigenerano: «La verità nelle / briciole era, /
tu illusione… / felicità di chimera» [Era]. Sul terreno
umano, nel culto del ricordo delle persone amate, lontane o defunte, l’unico
rifugio ambìto sembra appartenere al rituale dell’opera d’arte: «Sul letto carte / dove prima
c’eri tu»
[Blu]. Nemmeno Gilles Deleuze, recuperando un giudizio relativo
a Spinoza, trascurava il concetto, sebbene eccezionale, che l’immanenza («la sera» di Piluso) collimasse
con il confine della trascendenza assoluta («senza frontiera» oppure «un’altra era!»).
In conclusione, perché il vocabolo δόξα (dòxa,
opinione)? Nella sezione ad essa dedicata, posso supporre quanto l’oscurità
iniziale sia il frutto di un’immagine dogmatica della ragione, soprattutto causata
dall’angoscia totale della mancanza di un concetto godibile e chiaro del
desiderio annesso alla politica: lo leggiamo nell’Οἰδίπους
(oidìpus, Edipo) di Sofocle, il cui testo è stato eletto come matrice
ideologica ai tempi della teoria di Deleuze formulata (con lo psicanalista
Felix Guattari) ne L’anti-Edipo nei
primi anni Settanta.
Al contrario dell’interpretazione dello
psichiatra-psicoanalista Jacques Lacan, la coppia di studiosi era convinta che «il desiderio è un puro e inarrestabile
processo produttivo», specifica il
professor Fabio Treppiedi, «da pensare in
chiave materialistica più come una fabbrica che come un teatro».
In tale ambito, il filosofo Clément Rosset
dichiarava: «Il mondo si
vede raddoppiato da un altro mondo quale che sia, a favore dell’itinerario
seguente: l’oggetto manca del desiderio; dunque il mondo non contiene tutti gli
oggetti, ne manca almeno uno, quello del desiderio; dunque esiste un altrove
che contiene la chiave del desiderio (di cui il mondo manca)».
Nella trilogia di Giuseppe Piluso, l’aspetto
“desiderante” è rappresentato proprio dalla parola “Toamo”, esperimento
linguistico o neologismo capace di unire dentro sé le espressioni “Ti amo”, “Ti
voglio bene”, “Ti adoro” ma soprattutto “Ti desidero pienamente”. La sintonia è
ancora con le parole di Deleuze: «Se il
desiderio produce, produce del reale. Se il desiderio è produttore, non può
esserlo se non in realtà, e di realtà».
Lo sconforto transita così in direzione
della gioia: «Per quanto buio ci possa essere in una notte senza
luna e senza stelle», racconta Piluso, «e magari con vento e pioggia battente, questa
situazione non è per sempre, la pioggia cesserà, le nubi se ne andranno e si
vedranno le stelle e la luna, facendo capolino, sarà presente; e mentre il sole
sorgerà, lasciando il posto a quest’ultimo la luna ci sorriderà e sussurrerà ai
battiti del cuore: “Domani splenderò solo per voi!!!”».
* * *
Il terzo e più recente contributo alla
trilogia “Toamo” è La Lotta, la
Vita e l’Amore (2023). Nella parte iniziale, La lotta, il
lettore troverà trenta poesie seguite da “Mito, Pensiero & Racconto”,
contenente la descrizione di una inedita figura mitologica, alcuni pensieri e
una breve prosa narrativa. “La Vita
propone fotografie scattate in terra di Calabria (“Lo Stupendo Sud”), elaborazioni
grafiche (“Quadri e quadretti d’un fiato”), prove di logica (“Gioco semplice”).
L’ultima sezione denominata L’Amore
contiene “Giocando con le parole”, giochi linguistici e neologismi, infine una
mini-antologia intitolata “Poesie
appese”.
In La testa va… solo con te! Giuseppe
Piluso confessa: «Massaggiando
/ gustando / le azioni più belle, / e quando innaffio / contemplo le stelle. /
Ma ciò viene dopo / molto dopo un sentire / è l’amore che / non ti fa fuggire». L’instancabile ricerca, qui orientata a identificare
le «azioni
più belle»
dell’onnipresente e onnipotente Toamo, riconduce alla mente la sistematica di Edmund
Husserl - caposcuola della Fenomenologia e maestro, tra gli altri, di Martin
Heidegger - quando affermava: «Non
dalla filosofia, ma dalle cose e dai problemi deve provenire l’impulso alla
ricerca».
Infatti, prosegue Piluso: «Quel
sentimento che tu / tutta sei mia e io / tuo tutto sono, / e il nostro
sentimento / è più grande del tuono». Il fondamento fisico-concreto dell’ἔρως (èros) supera nella conoscenza quello
mega-naturale del boato sonoro del tuono, se non addirittura astratto, in
quanto può produrre in noi immagini fantastiche del creato.
Ancora di
più, il filosofo di Prostějov, nella scoperta del microcosmo nella totalità,
pur discreditando il pensiero come unica fonte conoscitiva, ribadisce un contesto
circostante costituito non solo di “cose” (tavoli, sedie, elettroni, galassie)
ma anche di elementi “psichici” dotati della caratteristica di essere “a
proposito di” tavoli, sedie, elettroni, galassie. In realtà, nell’ideologia del
suo maestro Franz Brentano ho rintracciato un concetto straordinariamente aderente
a certi passaggi poetici di Piluso, in particolare alla poesia La testa va… solo con te!: «Ogni fenomeno
psichico contiene in sé qualcosa come oggetto»,
annotava Brentano. «Nella presentazione qualcosa è presentato, nel
giudizio qualcosa viene accettato o rifiutato, nell’amore qualcosa viene amato,
nel desiderio desiderato».
Allora, come
è fatto il mondo, si chiede lo studioso husserliano Pier Alberto Porceddu
Cilione, «se esso
include, oltre alle cose, anche una
dimensione autocosciente che pensa se
stessa e il mondo come suo oggetto? E
come è fatto il mondo, se la nostra coscienza è “coestesa” a esso?».
Dopo aver
sfogliato pagine occupate da fotografie, grafica e quadri di varie fonti ispirative,
a loro modo risolutivi del quesito di Husserl, l’autore risponde all’interrogativo
nell’alternare l’efficacia di un mito di sua creazione, la dèa Téosy, paladina
sia delle lettere sia della φιλοσοφία (filosofìa),
a quella del Sole, stella e nume esso stesso nella veste di Ἥλιος (èlios). Ma cos’è il μῦθος (miùthos) nella testimonianza di un
grandissimo che di certo non ne fu un simpatizzante? Alludo a Platone il quale,
al di là di una propensione sospettosa nei confronti della mitologia - a quell’epoca, pensate - la usò con disinvoltura
nel suo sistema, delegando solo agli dèi l’onere di provare certe tesi e di
condurre alla ricerca del vero. Un simile arcano di natura mitica, in qualche misura
credibile, viene sciolto dalla divinità di Giuseppe Piluso: «Lei non guida, ispira solamente i sui adepti e li
lascia liberi di esprimersi e di auto-determinarsi nei pensieri, ma non nelle
azioni; per scelta sua demandando ad altri dèi il compito di aiutare gli umani
in altre situazioni».
L’apparente
incoerenza platonica, a parere di Roberto Radice, si spiega «intendendo il mito nel senso di racconto, cosa che la
lingua greca permette, in quanto in essa “mitologia” indica sia l’uno sia
l’altro termine. Tuttavia Platone interpreta il primo tipo di mito, quello
omerico, come “racconto del falso”, mentre il secondo tipo - quello che lui
stesso inventa - è un racconto verisimile». Una scelta stilistica del genere si combina con il cliché adottato nell’intera trilogia,
quando Piluso rappresenta la divina Téosy nell’atto di affidare ai «suoi prediletti una coroncina di fuoco che non brucia
e consuma, ma dà energia psichica e fisica, quanto basta per produrre».
Concludo
evocando un ultimo colloquio utopico dello scrittore con il pensatore da me preferito
all’interno del ‘900, ossia Ludwig Wittgenstein. Se fosse con noi, suppongo
consiglierebbe al nostro poeta: «Tutto ciò che la filosofia può fare è distruggere
idoli. E questo significa non crearne di nuovi». E Piluso, nonostante metafore e allegorie, aforismi
e sentenze, di questo inganno non è rimasto prigioniero.
Giuseppe Piluso
(1987), nato a Cosenza e residente a Rende, ha conseguito nel 2016, presso
l’Università della Calabria - Unical, la Laurea Triennale in Filosofia e
Scienze Umane con la tesi di Filosofia Morale Il male nella Teodicea di
Leibniz, quindi la Laurea
Magistrale in Scienze Filosofiche.
Dal 2014 in poi ha lavorato presso l’emittente locale Radio
W.A.Y. come co-conduttore della trasmissione Gli anni d’oro della Musica, quindi ha diretto il programma di
letteratura e musica Onda di china a Ponte Radio Unical.
Collabora con l’associazione socio-culturale “Club della poesia”
ed è componente di giuria in vari concorsi letterari. Nel 2018 ha aperto il suo
sito www.giuseppepiluso.it dove raccoglie recensioni, video-poesie,
fotografie, immagini e video delle sue serate di poesia.
Dopo le raccolte poetiche edite da Santelli Vita! (2015) e H come… cuore (2017),
ha dato alle stampe con l’editore Kimerik la trilogia “Toamo” comprendente: La
Dama, La Terra e Il Leone (2020), Le
Due Anime, La Libertà e La Doxa (2021), La Lotta, la Vita e l’Amore
(2023).
Dal 2022 è socio della Società Filosofica Italiana - SFI.
Come studioso ha pubblicato Il male in Leibniz (2016) e
successivamente The Theory of Love. The Problem of Evil in Leibniz (2021, in lingua inglese), saggio
sul male secondo la teodicea di Leibniz, rivolto a studenti con dislessia e
quindi corredato da mappe mentali e concettuali per agevolare lo studio.
L’ultimo lavoro, con le stesse modalità del precedente, è La Galassia Pace.
Etica, diritto e pace tra Kant e Bobbio (2022), attualmente in fase di
traduzione nelle lingue inglese e francese.
Grazie, Nazario, per aver ospitato questa analisi estetica della trilogia "Toamo" di Giuseppe Piluso, dove con il termine greco αἴσθησις si intende esprimere la percezione o sensazione connessa al verbo άζω, con il significato anche di "respirare".
RispondiEliminaLeggendo brani letterari, confrontandoli al pensiero umano che accompagna la nostra vita, affrontiamo la poesia come ai tempi di Omero e poi della nostra Saffo, dove la coscienza si identificava con il respiro corporeo, il quale, a sua volta, coinvolgeva accanto al pensiero anche l’emozione.
Congratulazioni a Cinzia Baldazzi, per la vostra opinione nell' analisi sulla filosofia, ricca di riferimenti culturali Una visione che mette al centro l’imprevedibilità e la fatalità della vita umana
EliminaGrazie mille
RispondiEliminaRitengo utile e ben strutturata questa trilogia su amore
RispondiEliminae filosofia che accompagnano la ragione. Deve essere interessante come le mie trilogie che del resto toccano tutte le sfaccettature della vita. Mi piacerebbe presto sfogliarla e leggerla.
Osvaldo Martani
Un tema trattato nella trilogia di Giuseppe Piluso "Toamo", il cui neologismo racchiude significati profondi, esistenziali sia ancestralmente che in un excursus storico che spazia dall'antichità ai giorni d'oggi. Sicuramente un'opera di grande spessore culturale ed esistenziale, magistralmente recensita dal grande critico letterario Cinzia Baldazzi. Tantissimi complimenti all'autore.
RispondiEliminaRita D'Andrea
La dottoressa Cinzia Baldazzi nella sua recensione alla trilogia "Toamo" di Piluso ci conduce in una analisi filosofica partendo dal Mito a Leibniz attraversando la tragedia greca, Socrate, Platone e un excursus filosofico per mettere in relazione il taglio delle poesie di Piloso in modo da incuriosire i lettori: esseri umani alla ricerca del senso della vita.
RispondiEliminaIl desiderio, la passione, la bellezza delle parole espresse nell'analisi di Cinzia Baldazzi mi fanno desiderare di cimentarmi nella lettura della trilogia poetica scritta da Giuseppe Piluso. Il pensiero è poesia, o dovrebbe esserlo.
RispondiEliminaFranca Mannu
Prendila con filosofia!
RispondiElimina"Sentire che viviamo è cosa dolce di per sé, poiché la vita è un bene naturale ed è dolce sentire che un tale bene ci appartiene. Vivere è desiderabile, soprattutto per i buoni, poiché per essi esistere è un bene e una cosa dolce", così diceva Aristotele.
Devo dire che mi ha colpito molto il fatto che Giuseppe Piluso nella sua trilogia abbia inserito immagini, mi ha colpito molto il titolo della silloge "Toamo", tanto che mi è parsa come un'esclamazione, come un “Io” sbalordito e allo stesso tempo felice di amare, perché la vita stessa è frutto dell'amore ed è amore.
Fondamentale, ma comunque a volte non è così, è non lasciarsi sopraffare dagli eventi negativi.
Nelle liriche traspare molta introspezione e apertura di finestrelle in un pozzo buio a cercare luce sulle cose belle della vita.
La poesia è un viaggio, un viaggio attraverso il quale si esprimono le proprie emozioni nel raccontare immagini, pensieri, particolari, fantasie, realtà, sensazioni che ci pervadono e si raccontano.
Il tutto è un qualcosa che fa stare bene, perché ci libera dai nostri silenzi nell'osservare, nel patire, nell'amare.
Il supporto della varietà di questa silloge, grazie a testimonianze, proposte politiche e altro, denota un puro spirito di condivisione: questa è la vita, per me non è un caso che l'autore abbia concepito la sua opera in questo modo così originale e raccoglitivo di tutto ciò che è “ego” ma anche no.
L'autore Giuseppe Piluso in questa trilogia ci porta in viaggio con lui, passo dopo passo, rima per rima, attraversando una tela, un'immagine, permettendoci di cogliere le sue sensazioni, che poi sono anche un po’ le nostre, perché tutto ciò che esprime l'arte non è altro che uno specchio, come ritrovarsi in altri occhi, e ovunque c'è sempre qualcosa di noi.
E quel che bisogna fare è pescare sempre qualcosa di positivo, guardare alle cose belle, per amarsi e volersi bene.
In questa trilogia c'è una vita raccontata con tutte le vicissitudini interiori, l'esplosione di un'anima che raccoglie i pezzi in una trilogia.
" Ti amo", per me che credo nell'amore universale, è un qualcosa che va oltre due parole, è appunto una filosofia di vita, amare l'altro è amare se stesso, anche se a volte porta a distruggerci, a darci la possibilità di scavarci dentro, ma è pur sempre amore, e comunque amore porta amore.
Le mie sincere congratulazioni a Giuseppe Piluso.
Ermanno Spera
Il “ti amo e la sua filosofia”: in quanti modi si può coinvolgere la persona davanti al suono di questo concetto. Tutto è nato da un errore fatto da una ragazza su un messaggio inviato al suo boy. Un termine nuovo che non esita di fronte a un “ti amo” totalizzante, comprendente altri termini come: “Ti voglio bene” o “Ti adoro”, a tutto tondo verso la persona amata.
RispondiEliminaLo scrittore ama sorprendere il lettore inserendo dei refusi nel suo libro di poesia allo scopo di attirare la sua attenzione: il mio complimento per questa innovazione scritturale al fine di catturare l’attenzione.
Pur amando i Classici, l’autore sperimenta il sentimento in tante sfaccettature da angoli diversi del pensiero. La poesia è nel suo cuore, in tutta la sua opera, ed è evidenziato nel suo amore viscerale per Rende, il luogo natio.
La sua logica filosofica trova radici in autori classici come Leibniz dove il male diventa una scelta, senza obbligo di farlo. Concludo nel confermare i presupposti di rinascita per considerare questo artista "Uomo del proprio tempo".
Margherita Bonfrate
Margherita Bonfrate complimenti, come sempre, sai cogliere l'essenza. Sono d'accordo con te. L' autore rivela una originalità di riflessioni, di pensieri, di sensibilità poetica ben inserita nel nostro tempo.
EliminaSantina De Santis
Mi ha molto colpito in una recensione accurata e profondamente sentita, la parte in cui si sottolinea, anche tramite i versi dell'autore, che ogni notte non sarà per sempre.Ecco che la trilogia tutta si illumina di questo bagliore infinito.
EliminaPerché alla fine Poesia e Filosofia sso intrecciano in una cosa senza la quale l'essere umano non potrebbe vivere: la Speranza.Grazie alla carissima Cinzia per questa splendida analisi.
Congratulazioni a Cinzia Baldazzi per la sua opinione sulla trilogia poetica di Giuseppe Piluso, per l'analisi sulla filosofia, ricca di riferimenti culturali: una visione che mette al centro l’imprevedibilità e la fatalità della vita umana.
RispondiEliminaPiero Sponze
Gentilissima Cinzia, non immagini il piacere che mi hai dato invitandomi a leggere questa tua bellissima dissertazione culturale, ricca come tuo solito, della quale la cosa che mi fa più piacere è che la tua attenzione si è posata su un caro amico cosentino che ormai conosco da svariati anni, prima ancora di queste pubblicazioni di successo.
RispondiEliminaMi inorgoglisce molto vedendo quanta strada ha fatto il mio amico filosofo e scrittore Giuseppe Piluso.
Che dire, essere "attenzionati" dal tuo giudizio critico è un gran segno di importante valore.
Un caro saluto a te e al caro amico Giuseppe nella sua nuova residenza milanese.
Alfredo Scotti
"Ti Amo", la più bella frase che possiamo dire agli altri, senza dimenticare di dirlo forte, vero e sincero, oltre che agli altri, prima di tutto a noi stessi, soprattutto se rafforzato e arricchito nel neologismo “Toamo” di Giuseppe Piluso. E già, in un'epoca dove si litiga pubblicamente e ci si vergogna di dire "Ti Amo", questo libro fa riflettere, e assai. L'amore è la medicina migliore.
RispondiEliminaFabio Polsinelli
«Per quanto buio ci possa essere in una notte senza luna e senza stelle», racconta Piluso, «e magari con vento e pioggia battente, questa situazione non è per sempre, la pioggia cesserà, le nubi se ne andranno e si vedranno le stelle e la luna, facendo capolino, sarà presente; e mentre il sole sorgerà, lasciando il posto a quest’ultimo la luna ci sorriderà e sussurrerà ai battiti del cuore: “Domani splenderò solo per voi!!!”».
RispondiEliminaSono frasi piene di speranza e di forza che occorrono ad ogni essere umano.
L’analisi di Cinzia è complessa ed estremamente curata, bellissima, ci avvicina a un autore molto originale e sorprendente. Complimenti.
Donatella Calì
Premesso che non ho alle spalle studi particolari di Filosofia, a parte alcuni parallelismi riguardanti la musica, Kant, Hegel, Schopenhauer e Nietzsche, durante il corso di Storia della Musica in Conservatorio (vecchio e nuovo 3+2 ordinamento), ho letto con estremo interesse lo scritto del sig. Piluso. In sintesi, penso che una disciplina come la Filosofia, tenuta in massima considerazione nell’antica Grecia, dovrebbe rendere migliore la nostra vita e il mondo in cui viviamo. Io, pur non seguendola in particolar modo, cerco di utilizzarla quotidianamente attraverso la Letteratura e la Musica. Auspico di riuscirci nel migliore dei modi.
RispondiEliminaUmberto Mori
L’opera di Giuseppe Piluso mi induce a fare una riflessione sul significato attuale della filosofia, partendo dal passato.
RispondiEliminaIn un noto passo della Lettera VII (340b1- 341b3) di Platone, l’autore - a cui, invero, non tutti gli studiosi attribuiscono con certezza la paternità dello scritto - sottopone Dionisio di Siracusa ad una prova (πεῖρα) per verificare se veramente possieda per la filosofia l’amore che professa. In merito, è interessante notare che la via filosofica non è descritta solo come un insieme di conoscenze, come un percorso che comporta un impegno meramente teoretico; l’esercizio (πόνος) della filosofia consiste anche in una pratica di vita faticosa e difficile, in quanto richiede impegno e resistenza di fronte agli ostacoli. Dunque, l’amore per la filosofia viene declinata, sia in una forma di pensiero, sia in una forma di vita. Come a dire, che la fatica della filosofia non attiene solo all’apprendimento di contenuti di conoscenza, ma riguarda anche la difficoltà di perseverare in una pratica di vita. Il passaggio, d’altra parte, introduce e mette in luce la metafora della βάσανος, la pietra di paragone, che sarà utilizzata nella Repubblica proprio per spiegare come il filosofo sia messo alla prova attraverso l’esperienza pratica.
Ma se pensiamo alla filosofia, oggi, qual è la prima cosa che ci viene in mente? Credo che i più la ritengano una disciplina lontana dalla realtà e, probabilmente, di scarsa utilità. Tuttavia, è importante rilevare come, di fronte ad un problema, spesso sia proprio la filosofia a farci porre le domande e ad aiutarci a trovare le risposte. In tal senso, si può dire che la filosofia appare sotto forma di riflessione, cioè attraverso domande che ci portano a pensare. Alla fine, cambiando punto di vista, è possibile che si riesca a trovare una soluzione: sebbene le domande filosofiche non ci forniscano direttamente una risposta, possono essere parte della soluzione. La filosofia, con le sue domande, apre certamente nuove prospettive da cui esaminare il problema.
La rapidità con cui i cambiamenti avvengono intorno a noi lascia poco spazio alla riflessione. Pertanto, uno degli obiettivi della moderna filosofia è spingerci a fermarci, portandoci a raggiungere i nostri risultati. Senza mettere in discussione i nostri pensieri quotidiani, difficilmente potremmo progredire. In tal senso, è necessario assumere la filosofia come una tecnica per analizzare la realtà, un modo per trasformare le cose complesse e difficili in altre diverse da quelle che vediamo.
Cicerone diceva che la filosofia è una medicina per l’anima, che serve a guarire noi stessi. Se ciò è vero, analizzando i nostri pensieri e le nostre convinzioni, la filosofia ci può aiutare a prendere coscienza di ciò che abbiamo fatto nella vita di tutti i giorni, eliminando le convinzioni irrazionali e trasformando quelle razionali in buone abitudini. In questo modo, possiamo ispirare il nostro operato ai nostri pensieri, conformando l’azione al pensiero. E questo ci porta ad essere più coerenti e sensati quando parliamo.
Inoltre, uno dei temi principali della filosofia è l’argomentazione, ovvero la formulazione di pareri a favore o contro determinate questioni. Se l’argomentazione diventa una pratica quotidiana, trovando contraddizioni in ciò che sentiamo o pensiamo, ciò ci aiuta a riflettere sulle opinioni degli altri e sulle nostre convinzioni.
Se ne deduce, infine, che non è corretto considerare la filosofia come una conoscenza astratta e superata. Essa si presenta, invece, come una disciplina ancora attuale e di concreta attualità rispetto alla vita di tutti i giorni.
Non conosco l'autore Giuseppe Piluso, ma, dalla scrupolosa recensione della dott.ssa Cinzia Baldazzi, ho avuto modo di comprendere che la “Toamo” del Piluso, racchiude e spazia un excursus storico che dall'antichità arriva ai nostri giorni. Tema magistralmente recensito dalla grande Cinzia, critico letterario libero, dotata di spirito indipendente e di indiscussa preparazione storica. Confesso che di filosofia sono a zero, ma stuzzicata dal pregevole scritto, dalle tante citazioni ed esempi della dotta Cinzia, mi cimento in qualche riflessione. Intanto, complimenti allo scrittore che con la sua “Toamo” è riuscito -cosa non da poco e non per tutti- a catturare l'attenzione della Baldazzi e di conseguenza la nostra curiosità e capacità di percepire quello che sente e soprattutto ciò che vuole trasmetterci. Mi piace e, attualissimo in questo momento, per il mondo intero e per la nostra disastrata Italia, quel “Filosofi governanti”; e già, ne avremmo proprio bisogno e non solo per dare valore alla Carta dei diritti umani. E qui, se è vero che l'anima dei filosofi è capace di vedere oltre, il Piluso con poesia ed eleganza ha messo il dito nella piaga sanguinante del nostro tempo. Al di là di cenni ed accenni, di storia e filosofia, quel che mi ha maggiormente incuriosito è il neologismo fresco di coniazione “Toamo”. Ti amo; sì, forse, nella nostra madre lingua è riduttivo. In vari dialetti e anche nel mio termolese, la parola amo è sostituita da BBENE, cioè ti voglio molto bene. Quella doppia B esprime l'intensità unica ed insuperabile dell'amore. “Toamo”, ovvero, tutto amo, tanto amo. Se la dottrina filosofica può distruggere gli idoli, mai potrà cancellare l'amore, supremo sentimento che regge e alla vita dona forza. L'amore inteso come lotta, lotta per la libertà, lotta per salvaguardare la terra, le proprie radici, lotta per la vita, per la propria e altrui dignità, lotta per sentirsi parte di un intero che va sempre più frammentandosi. Da questo sbriciolamento nasce quel buio psicologico che spegne ogni luce, che ammazza ogni speranza, che annienta qualsiasi forma di libertà. Se il bruco temesse il buio del bozzolo, non potremmo godere della bellezza e leggerezza delle ali bianche e colorate delle farfalle. Se il sentimento d'amore per la vita non fosse più forte del boato di una bomba, Ungaretti non avrebbe scritto: “Non sono mai stato tanto attaccato alla vita”, (Veglia) e Dante “Amor che tutto move”. Il “Toamo” dell'Onnipotente, il “Toamo” onnipresente; il sentimento, spesso, riferito al rapporto uomo donna e non all'universalità dell'amore, l'amore di Saffo, ”E ora nel mio letto resto sola”, di una Saffo che aveva smarrito il senso del “Toamo”, che non aveva capito che la solitudine non è data da un letto vuoto, ma dall'assenza di luce nell'anima, poeta divina, tra le cupe rocce di Leucade, per lei non “Non ape non miele”. Il “Toamo” che non teme Doxa, ma che non può trasformare il mondo in un paradiso, il “Toamo” di sentimenti vogliosi di analisi, di lotta, di vita, di libertà. Il “Toamo” che non ha bisogno di ridicola carnevalesca spettacolarizzazione; i sentimenti necessitano di intimità, di pudore, di rispetto, di tanta tanta poesia, di coraggio, di comprensione, di rose e di spine, di pazienza e tanta coerenza. Cara Cinzia, grazie per avermi dato con questa tua splendida recensione l'opportunità di esprimere il mio modesto parere. Chiedo venia a te, cara Cinzia, e a Piluso se quanto da me esposto storce quanto da voi scritto.
RispondiEliminaAntonietta Siviero
La dottoressa Cinzia Baldazzi, come sempre, permette al nostro pensiero di volare alto, sulle ali delle sue sapienti riflessioni, citazioni e parole. Nella sagace disamina della trilogia del Giuseppe Peluso viene raccolta l'essenza del miglior pensiero occidentale, nato in Grecia, riguardo all'amare, al filosofeggiare, al narrare, e su questo e sulla bravura del Nostro non c'è altro da aggiungere. Mi permetto di dire però che la filosofia non potrà mai farci dialogare con la Dea dell'Amore come invece può fare la poesia, semplicemente perché la filosofia è umana, la poesia, quando è poesia, è divina.
RispondiEliminaConcezio Salvi
Cara Cinzia, leggendo la tua recensione sulla trilogia poetica " Teamo " dell'artista Giuseppe Peluso si ha modo di inoltrarsi in un'opera alquanto interessante ed articolata che spazia in generale tra filosofia e letteratura. Non mi esprimo sui vari riferimenti filosofici da te citati in modo esaustivo ma voglio soffermarmi sul neologismo creato dal Peluso " teamo " che credo rappresenti il fulcro dell 'intera opera. Il termine coniato che si riferisce al più nobile dei sentimenti mi fa pensare all' Amore vissuto in modo totalizzante che racchiude l'io, l'altro e l'universo come in un simbolico cerchio che ne racchiude e contiene i vari aspetti, come il desiderio, l'ansia di non appartenersi e altri, non sempre semplici. Questo excursus è intercalato da varie espressioni artistiche compresa la sua poesia che regala esaltanti immagini di una concezione quasi " sacra " dell 'amore. In conclusione, al quesito implicito se la filosofia può insegnare ad esprimere il " ti amo " in modo diverso penso proprio di sì perché aiuta ad approfondire le diverse dinamiche che vi operano all'interno soprattutto in noi stessi, dobbiamo imparare ad amarci se vogliamo amare veramente. Complimenti al giovane e promettente scrittore Giuseppe Peluso e a te, cara Cinzia che riesci sempre a coinvolgere in modo costruttivo e arricchente.
RispondiEliminaGiuseppina Crispi
Quando la Dottoressa Cinzia Baldazzi sale in cattedra vi prego di fare silenzio, aprite soltanto i vostri cuori...
RispondiEliminaCara Cinzia, un vero saggio questa tua disamina della trilogia TOAMO, che già nel neologismo del titolo presenta un interrogativo , una percezione problematica e provocatoria di quanto seguirà.
RispondiEliminaPoesie, racconti, opere figurative, raccolte nelle tre sezioni, trovano una interpretazione interessante, profonda e logica, grazie ai tanti riferimenti culturali con i quali sciogli nodi di conoscenza e proponi una interpretazione che in sé di conchiude. Sicuramente le tue parole spingono alla lettura di un testo così complesso e insolito nella composizione.
Complimenti a te per il lavoro intellettuale che esprimi con tanta competenza e sempre con consapevolezza di un apporto filosofico che struttura l'interpretazione di opere creative tanto complesse come appare questa.
Mi complimento anche con l'autore, Impegnato nella diffusione e creazione della Cultura, laureatosi nella bella UNICAL, dove sono stata chiamata per chiara fama come Docente di Disegno per il Corso di Laurea in Scienze della Formazione Primaria sin dalla sua istituzione, AA 1999/2000, fino all'AA 2012/20,00. Ho un ricordo bellissimo della amata Università della Calabria, degli studenti appassionati, dei colleghi, soprattutto il folto gruppo degli Antropologi, con i quali organizzavano Incontri di alto livello internazionale, toccando le problematiche profonde del Sud, dalla immigrazione al ritorno, alla accoglienza e alla intercultura ecc. Ricordo tra il folto gruppo di eccellenze, i colleghi Lombardi Satriani, Gualtiero Harrison, Cesare Pitto, Giovanni Sole e soprattutto l'impegno ad internazionalizzazione la docenza. Anni stupendi, vissuti tra Cultura e Natura indimenticabili e...TOAMO anche io!
Eugenia Serafini
Olim Docente UNICAL
Come sempre, anche attraverso questa coltissima indagine filosofica nell'opera di Piluso, Cinzia Baldazzi offre spunti di riflessione e pone interrogativi, in particolare sul possibile ruolo della filosofia nella vita quotidiana e nella creazione artistica.
RispondiEliminaColpisce innanzitutto la struttura particolare data dall'autore alla sua opera: una trilogia, una costruzione armonica di tipo, oserei dire, rinascimentale, neo-platonica, che poi prende le strade della rappresentazione artistica più varia, dalla prosa, agli aforismi, alla raffigurazione pittorica, in una sorta di modernissimo zibaldone.
Mi ha fatto pensare ad alcuni saggi di Francis Bacon, da me tradotti per la mia tesi di laurea in "Lingue e letterature straniere".
Ebbene, in tali saggi, Bacone parte da strutture estremamente rigide derivate dall'ars oratoria e dalla retorica per poi perdersi nei mille particolari che elenca e analizza con amore di scienziato, anticipando il gusto barocco.
Ma torniamo a "Toamo", neologismo che dà il titolo alla trilogia che, secondo Baldazzi, significa "Ti desidero pienamente"; qui il desiderio diviene produttore di realtà e il pensiero coincide con l'atto creativo che avviene in piena libertà offrendo, dice Baldazzi, una visione del mondo di tipo platonico, evidente nell'ordine e nell'armonia della natura ( perfezione di tipo matematico e geometrico).
La stessa parola 'Toamo' corrisponde ad un atto trasformativo e dunque creativo della realtà.
Considero da ultimo il rapporto con la mitologia.
Il Mito ha permeato tutta la letteratura, l'arte, la psicanalisi e la musica del '900.
Anche Piluso, dice Cinzia Baldazzi, lo utilizza nell'ultima parte della trilogia, ispirandosi al Mito come inteso da Platone: un aiuto degli dei agli uomini; un Mito 'sano', insomma, non quello che nel secolo scorso portò ad alcune degenerazioni, come ad esempio il "Mito della Razza".
Baldazzi cita Wittgenstein, che afferma che il ruolo della filosofia è quello di distruggere idoli.
E qui ritorno a Bacone e ai suoi "Idola", che altro non sono che errori e pregiudizi formulati dalla mente umana.
E sì, il pensiero filosofico ha sempre un grande ruolo nella vita quotidiana e nell'arte, perché fa parte dell'Uomo.
ISABELLA SORDI
La filosofia è ricerca, ma anche la poesia è ricerca. E la ricerca è quel sentimento esclusivamente umano che ci spinge a riempire un vuoto, a colmare un’incompletezza. Non sono in contraddizione, ma al contrario costituiscono parte di quello stesso discorso verso la pienezza cui, consapevolmente o meno, tendiamo: pienezza efficacemente colta in questo indovinato neologismo “Toamo” con cui Giuseppe Piluso sembra voler afferrare l’assolutezza dell’amore in ogni suo aspetto, e la negazione di ogni solitudine. Perché l’uomo non è fatto per stare solo, e si esprime nell’amore così come nella società.
RispondiEliminaDa quella divoratrice del “Candido” di Voltaire che ero in giovinezza non posso che sorridere malinconicamente di fronte all’illusione leibniziana, ma ciò non toglie che condivido tuttora quel senso di speranza che avverto emergere dall’opera di Piluso, così come brillantemente introdotta e presentata da Cinzia Baldazzi: speranza che sì, alla fine, il nostro mondo – pur con tutte le sue brutture – possa rivelarsi per davvero il migliore dei mondi possibili. O, cosa più importante, cercare di diventarlo.
Dora Laganà
Il neologismo “Toamo” può essere rivolto a qualsiasi forma d’amore, certi del fatto che davvero ne esistono tante, come questa delle tue squisite parole che rivolgi alla trilogia pilusiana, vibranti per l’appunto di amore.
RispondiEliminaEtica, storia, filosofia, politica, poesia, bellezza, fede e speranza: la tua analisi nulla tralascia e si nutre della vasta cultura greca e moderna.
Dalle fasi esistenziali primarie del platonico Mito della Caverna tra terra e luce, tra vita e amore, alle tante tappe che coinvolgono l’esistenza e la civiltà, compresa la negazione del “Toamo” oppure del suo spostamento sull’amore di Dio che tutto può, sulla fede, sull’utopica e possibile visione "del mondo umano non dissimile da quello naturale".
"La libertà di lottare per la vita simile alla libertà di lottare per la propria terra" (quella di origine) è “Toamo”; il tentativo di unire la poesia alla filosofia, "l’anima poetica invisibile ma concreta con i frammenti di vita vera e l’anima visibile ma non concreta" è “Toamo”; il fabbricare concetti tra un rigo e l’altro, fra l’immagine pittorica e l’altra è “Toamo”; il dolore per l’assenza delle persone care è “Toamo”; il desiderio per l’oggetto mancante di desiderio è “Toamo”; lo sconforto, per una notte senza luna né stelle, per la pioggia battente, che tuttavia si trasformerà in gioia nel sopraggiungere del nuovo giorno è “Toamo”.
Si “Toama” la lotta, la vita, l’Amore, si “Toama” la filosofia che potrà distruggere gli idoli per non crearne nuovi, ma non l’amore che non potrà mai essere spiegato né idealizzato data la sua valenza all’aria che si respira.
La tua scrittura, cara Cinzia, è danza. Essa leggera si muove sui pensieri antichi e nuovi, e leggerla è come bere un sorso d’acqua che disseta, certa che solo "l'amor che move il sole e l'altre stelle" produce questi effetti.
Rosalba Griesi
Dare, ad una complessa e strutturata raccolta poetica, come titolo, il frutto di un errore di scrittura, è una scommessa non da poco. L'autore la scommessa la vince ampiamente, non tanto per la creazione di un neologismo ma per la funzione che lo stesso acquisisce all'interno dell'opera stessa. Esso infatti non è il solito "ti amo" scritto, o ancora peggio, pronunciato con facilità o addirittura superficialità. In esso si fondono situazioni e legami profondi che oltre all'amore includono il volersi, desiderarsi.
RispondiEliminaComplimenti all'autore anche per la struttura dei testi che compongono la trilogia.
Tantissimi complimenti alla dott.ssa Cinzia Baldazzi per l'accostamento dei passaggi più evocativi dell'opera alle rilevanti linee filosofiche degli illustri pensatori.
Salvatore Ferla
Secondo Maria Zambrano la filosofia e la poesia in tempi remoti furono separate a causa di una sensibilità differente e di un diverso modo di intendere e interpretare la realtà.
RispondiEliminaIl rapporto da allora non è stato mai pacifico (non privo di anatemi) e ogni "sconfinamento" è stato inteso come deprivazione delle caratteristiche peculiari del "campo" avverso.
In opposizione a questo "strappo originario", la Zambrano propone di riannodare quei fili recisi attraverso un pensiero poetante e una poesia "filosofica".
Su questa traccia pare muoversi questa interessante Trilogia di Giuseppe Piluso, senza dubbio nuova e originale.
E tuttavia, non è dissimulato il percorso dell'Autore verso lo "stato nascente" della poesia stessa che attraverso la riscoperta del suo "canto" primordiale si incarica di riunire in sé le lingue tagliate delle diverse arti alla defatigante ricerca, mai sopita, di un'arte "generale", quanto mai necessaria nella Babele contemporanea.
Ros Lo Conte
RispondiEliminaCredo che, anche senza averlo deliberato a priori, Giuseppe Piluso è riuscito a creare versi descrivendo se stesso, le proprie riflessioni, le domande, i dubbi, il mondo nelle sue infinite sfaccettature, l’amore - o il gioco dell’amore - , con libertà e passione. Un po’ come i pittori di un tempo che si raffiguravano in un angolo della tela, per darci un’idea più profonda, e forse nascosta, di se stessi, una sorta di autoritratto che non ripiegano verso l’intimo ma si aprivano ad altro. “Toamo” procede alla ricerca di una ragione d’essere, di un poetare che ci accoglie e ci ninna, fino a sfinirci di tenerezza. Come se Piluso combattesse, in ogni verso, contro l’idea che sempre è legata alla poesia, la sua effimera volubilità, il suo essere prigioniera del tempo. In questa trilogia ogni lirica sa che bisogna inseguire i mutevoli umori degli dei e degli umani, con una chiaroveggenza del senso della vita, di un’umanità legata al paesaggio, alla terra. Sentimenti che si rinnovano, puliti, lucidi, come acqua e vento, ma fatti della vita stessa, con le sue stagioni sgretolanti e morenti, ma anche con la possibilità di pregustare il domani, il momento seguente.
Credo che l’analisi di Cinzia Baldazzi sia perfetta, partire dal mito per arrivare alla costellazione di antichi maestri, Socrate e Platone, fino ai filosofi più recenti, per concedere alla poesia di Piluso quanto merita: vincere la scommessa esistenziale che è il cuore del suo messaggio, messaggio che si fa coraggio e si interroga, senza pretese di risposta.
Emilia Testa
Interessante appare la trilogia poetica di Giuseppe Piluso. Bravissima tu, Cinzia, nell'aver fatto una profonda lettura critica dei contenuti che mettono in rilievo l'importanza del filosofo, l'unico capace di unire il mondo naturale con gli aspetti umani. Così si giunge ai diritti, a uno stato di benessere nell'andare oltre per mezzo della poesia. Complimenti a te.
RispondiEliminaTania David
Grazie, carissima Cinzia, di avermi segnalato il tuo scritto critico sull’opera di Giuseppe Piluso perché, ancora una volta, come le altre in cui ti ho letta, mi sono potuta addentrare negli innumerevoli rivoli del tuo sapere: filosofia, critica letteraria, considerazioni sulla storia greca antica o quella più vicina a noi.
RispondiEliminaL’amore trattato da Piluso, arricchito dalla filosofia che in un poeta non può non essere considerata come il motore che dona la pulsione a scrivere di poesia, si esprime dunque non solo con un “Ti amo”, ma si arricchisce del neologismo “Toamo”, che unisce in sé anche i vari modi di amare, fino a quello di desiderare pienamente.
Leggendo anche solo pochi brani dell’opera di Giuseppe Piluso si riesce a comprendere, grazie alla tua ricca recensione che scandaglia ed esamina ogni dettaglio degno di cura e attenzione, che l’opera è intima, profonda e culturalmente validissima.
Daniela Vigliano
La recensione della dottoressa Cinzia Baldazzi prende il lettore per mano e lo conduce nel mondo filosofico e poetico di Giuseppe Piluso. Un mondo fatto di chiaroscuri, come del resto è la vita, un mondo che si interroga sulle motivazioni dell' esistere ed è alla ricerca di risposte, non sempre prevedibili. La chiave, la linea guida è individuata nell' amore. Originale e interessante l' uso del neologismo "Toamo". Un plauso caloroso va all' autore per la bellezza dell' argomento trattato e alla dottoressa Baldazzi per aver suscitato con la sua disanima attenta e puntuale la curiosità dei lettori.
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