lunedì 8 aprile 2024

Giusy Frisina legge :" “Volevo il Pulitzer” di Jacopo Chiostri "....una introduzione alla lettura


 

I romanzi di Jacopo Chiostri da un po’ di tempo sono spesso all’insegna del paradosso, come del resto lo è tutta l’arte che si rispetti.  Ne è un esempio il fatto che mentre i primi quattro - Cemento armato, il segreto del terzo violino, L’ultima luna su Firenze, Pera Cunca e la collana di morte, dai titoli sempre molto accattivanti sono i titoli di un tipico romanzo poliziesco, cioè all’insegna del giallo giallo) , gli ultimi tre sono dei romanzi gialli molto sui generis, al punto da cambiare colore nel grigio/ nero o bianco dell’ombra e della luce, per usare una metafora tutta da meditare.  Hash MD5   è una sorpresa, una giostra di personaggi    paradossali che in una mia recensione avevo chiamato, come avrebbe detto Montale, delle “disturbate divinità” dove, pur nella trama impeccabile del giallo (di cui però non è poi così importante indovinare il colpevole ma semmai capirne il meccanismo perverso), si toccano temi filosofici e psicologici quali quelli della banalità del male e del disagio esistenziale. Invece “Non è un caso”, il penultimo   romanzo, è stato da me particolarmente apprezzato per aver fatto scontrare l’umanissimo capo della mobile dottor Gennaro, con l’esperienza della sincronicità, un argomento caro tanto alla fisica quantistica quanto alla psicanalisi junghiana. Succede così che la linea razionale dell’indagine, fondata sulla logica di causa-effetto e sulla successione ordinata dei fatti viene improvvisamente messa in discussione e può accadere che un atto criminale del tutto indipendente avvenuto a Torino, si intrecci misteriosamente con un omicidio accaduto a Firenze molto tempo dopo , e che  questo omicidio si colleghi, in modo solo apparentemente casuale , con la sparizione di una giovane rom. In questo romanzo, come già nel precedente, venivano inoltre toccati importanti temi sociali, come la condizione rom o la violenza sulle donne.

E questa volta quale sorpresa ci riserva l’inesauribile e imprevedibile scrittore? Senza bisogno di dover raccontare la trama del giallo, ecco alcune indicazioni per farvi affrontare senza traumi le novità. Intanto devo annunciare con un po’ di dispiacere che il commissario Gennaro non è più protagonista dell’indagine, visto che qui un giovane giornalista diventa lui stesso protagonista dell’inchiesta, arrivando a spacciarsi addirittura per poliziotto, cosa che gli costerà la perdita del lavoro al giornale riducendolo a  vendere spazi pubblicitari o a lavorare in una mensa per sopravvivere.

Ma qual è qui il paradosso?

Intanto, come dicevo, si tratta di un giallo che non è un giallo perché l’intrigo internazionale scoperto da Fabio del Colletto (questo il curioso cognome del protagonista) è sì la vicenda di cui tratterà il romanzo, ma di quale romanzo stiamo parlando?  Perché c’ è un romanzo nel romanzo che poi è il romanzo stesso.

Mi spiegherò meglio.  In un gioco di specchi il nostro autore, giornalista egli stesso, che ben conosce come funzionano gli ambienti della stampa e del dovere di cronaca, si proietta nella storia di questo giovane giornalista ambizioso e desideroso di fare al meglio il suo lavoro. facendolo parlare in prima persona.

Pertanto è il nostro stesso protagonista che ci racconta dell’intrigo internazionale da lui scoperto e raccontato in un romanzo che infine ha deciso di provare a pubblicare, arrivando curiosamente a dire che se i lettori lo leggeranno vorrà dire che il progetto sarà andato a buon fine, rendendo così la finzione verificabile.  Solo che il romanzo giallo, la cui trama è rigorosamente disegnata dalla perizia dello scrittore d’inchiesta, diventa il pretesto per un altro romanzo che il nostro autore c i racconta, sempre per bocca del suo protagonista.

 E di che genere di romanzo si tratta se non di un romanzo di formazione, dove il protagonista, come nelle fiabe analizzate da Propp, deve poter superare delle prove per raggiungere l’obiettivo?

Soffermiamoci un attimo sulla copertina, dove campeggia il “giallo”. Il titolo, Volevo il Pulitzer, rappresenta il sogno, il desiderio irraggiungibile, l’America. Come pensa il nostro eroe di inseguire quel sogno proprio nel momento in cui cade in disgrazia? Scrivendo un libro, ovviamente.

Il disegno sulla copertina è emblematico, si vede uno scrittore sulla scrivania con il pc davanti, ma in mano ha una penna o una matita e sta per scrivere qualcosa sul foglio.

L’autore, per inciso, una volta ha raccontato che i suoi romanzi li scrive sulla scrivania dove il suo prozio, Carlo Chiostri, disegnava le tavole per Pinocchio e i suoi romanzi in un certo qual modo sono fatti di immagini tradotti in scrittura, anche se digitati sulla tastiera, ma come se fossero disegnati. Il suo personaggio fa altrettanto, anche se non può dirsi quello di Chiostri un romanzo autobiografico se non nel senso che molti di noi, come lui, ci possiamo riconoscere in quel desiderio di raggiungere un mito, cambiare vita e città, magari nel paese dove sembra sia tutto possibile, anche vincere il Pulitzer perché no? Oppure rimanere e continuare a sognare ma raccontando il vero attraverso la scrittura?

E nel paradosso di questo dubbio si introduce ancora una volta la sincronicità. L’intrigo internazionale che dagli Stati Uniti rimbalza come per caso nella provincia fiorentina, perché un assassinio che nasce da un fatto banale e che scoperchia un vaso di Pandora, quello della lotta per le elezioni del Presidente americano, permette a Fabio Del Colletto di ricevere nientemeno una lettera di ringraziamento da parte di John Biden. Peccato che non potrà tenerla e usarla per il suo curriculum ma forse potrà scrivere un romanzo che potrebbe cambiargli la vita, chissà.  Il nostro eroe conduce infatti una vita monotona e solo questo evento sembra davvero scuoterlo, dopo che la morte del padre e l’abbandono da parte della fidanzata, che lo vede come un presuntuoso fallito, si ritrova solo a fare conti con una madre che lo vorrebbe tutto per sé ma che nello stesso tempo si preoccupa per la sua autonomia e prova cercargli un lavoro quando viene licenziato dal giornale. La cosa più difficile per Fabio è tuttavia liberarsi dai condizionamenti che l’educazione familiare gli ha inculcato fin da bambino, come il senso del dovere e del sacrificio e, soprattutto, il senso di colpa, nonostante i tempi siano cambiati. Ma il nostro quasi non si ritrova nella società fluida nella quale pure si trova immerso. E questo suo essere diverso oltre che un ostacolo potrebbe essere una ricchezza, ma per seguire la sua strada Fabio deve cambiare il modo di vedere le cose. Forse l’amicizia è la via che può aiutarlo a non sentirsi solo, ma anche una maggiore fiducia in se stesso e la voglia anche di rischiare per arrivare alla verità, ma senza dimenticare che la mamma proprio quel giorno gli aveva chiesto di accompagnarla a una visita medica. E senza rinunciare a sperare che un nuovo amore forse- o forse no – possa ancora cambiargli la vita.

Ma la vita cambia davvero quando ciascuno di noi diventa se stesso, ed è proprio questo che il nuovo bel romanzo di Jacopo Chiostri in fondo vuole dirci.

                                                                                                                        Giusy Frisina

2 commenti:

  1. Splendida, esaustiva esegesi dell'ultimo romanzo del prolifico scrittore e amico Jacopo Chiostri da parte di Giusy Frisina, Poetessa di indubbio talento e critico letterario di altrettanto valore. Un romanzo da leggere e apprezzare! Stringo la mia amica antica, l'autore è, naturalmente, il nostro Nume Tutelare!

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    1. Grazie Maria, sempre attenta e cara, un'amica iperuranica, come Nazario.

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