Nel
dicembre del 1994 in una libreria ora scomparsa attorno a via Veneto la mia
attenzione ebbe a soffermarsi su un piccolo libro dalla copertina e dal titolo
molto suggestivi: Storie per una sera-
racconti maltesi. L'autore, a me sconosciuto, Oliver Friggieri. L'eco di un
mondo così lontano nelle sue narrazioni seppure così vicino nella geografia, il
profilo di una strada stretta nella sua luce ma nella penombra di un arco (di Mdina,
l'antica capitale), unita forse all'atmosfera risonante di quella giornata natalizia
contribuì certo non poco, con la semplice ma elegante edizione del libro,
all'acquisto di un testo che, inconsapevolmente, mi avrebbe portato lontano nel
rapporto col suo scrittore. Infatti non sbagliai acquisto nella fedeltà
immediata a una suggestione nei confronti di un'isola di cui all'epoca, e non
solo riguardo alla letteratura, non sapevo molto. La presenza dei Cavalieri,
certo, la cui bandiera continua ad affacciarsi dall'Aventino nel palazzo cui a
Roma hanno sede, i racconti infantili dei carnevali da parte di un amico del
liceo che da ragazzino ebbe a vivervi, ed il cui padre Franco Lanza, guarda
caso come da scoperta successiva, da docente di Letteratura Italiana presso la
locale Università finì con l'avere tra i suoi studenti proprio Friggieri. Ed
ancora qualcosa sulle rovine archeologiche dei templi megalitici di Gozo, lo
stupore di una confidenza paterna circa una sua possibilità da ragazzo subito
dopo la laurea di potervi andare a lavorare, o dal punto di vista sportivo
quello di fronte alle immagini di un incontro internazionale di calcio su un
campo in terra battuta (!).
Non mi
dilungo sul bene del testo, dei suoi racconti tra solitudini e dolenze, di
geografie e storie del cuore, più che dei luoghi, nella sapienza di una scrittura
ben addentro ai contrasti e alle contraddizioni dell'animo umano. Rimando per
questo alla nota di lettura riportata più avanti nel libro. Piuttosto ricordo
la spinta a voler saperne di più oltre a quanto riportato in quell'edizione, in
un' epoca preweb in cui tante ricerche in effetti erano davvero molto difficili.
Dopo letture inerenti a ciò che avrebbe potuto aiutarmi a conoscere meglio,
storicamente, culturalmente e socialmente l'isola (ricordo tra gli altri un bel
Storia della cultura italiana a Malta
di ....) contattai così direttamente
Ferruccio Mazzariol, l'uomo della Santi Quaranta, editore trevigiano ed autore egli
stesso energico ed appassionato, che lieto e a dire il vero comunque stupito di
tanto interesse non ebbe difficoltà a farmi avere tutti i recapiti dello
scrittore maltese. Il primo incontro, seppur veloce per ovvi motivi di tariffa,
avvenne per telefono con il riscontro entro una voce calda, quieta, riflessiva
di un uomo attento, paziente, soprattutto curioso. E felice di avere tanta
accesa corrispondenza da un mondo al centro dei suoi riferimenti culturali.
Alle mie domande rispose con altrettante domande nella promessa di invio di
materiale che lo riguardava. E così avvenne, giungendomi a domicilio dopo un
paio di settimane un plico contenente diverse cose, dall'intero elenco della
sua bibliografia a quelle che fino ad
allora restavano le uniche pubblicazioni di raccolte di sue poesie nel nostro
paese, Il pellegrino gentile (con aggiunta
dell'edizione americana a cura della Bank of America) e La voce dell'onda (senza dimenticare l'antologia francese nella
traduzione di Martin Vanthove). E poi, in ondate successive, poesie non incluse
nelle pubblicazioni sopracitate (compresi gli haiku che sarebbero stati
pubblicati nel nostro paese per "Libroitaliano" nel 2004) con fotocopie
di battitura a macchina della traduzione di Rachid Titouah in francese del
romanzo "La menzogna". Ebbi così a verificarmi in una lettura che mi
assorbì completamente nell'incontro con una poetica accesa, appassionata,
dolente anche come detto nel tentativo di ricucire quel mondo e se stesso
(nella umiltà e nella determinazione del servitore) nell'alveo di una
universalità culturale più vasta, là dove giusto, senza snaturarne però l'identità
anzi sottolineando e illuminandone le più intime caratteristiche.
Di qui
il desiderio di aiutarlo, sostenerlo per quanto possibile intanto favorendo una
più ampia conoscenza della sua scrittura, di un opera all'epoca, a un niente
dal nuovo millennio, da noi appena conosciuta grazie all'infaticabile
attenzione di poche figure quali Bruno Rombi, Daniele Giancane, Anna
Santoliquido. e delle poche case editrici (Spes, Il Veltro, Olschki) nell'uscita
di alcuni saggi critici e di storia letteraria. In una intimità sempre più
crescente dopo aver curato la pubblicazione di alcune sue liriche (1995) per la
rivista "Keraunia" del bravo, perché sempre all'erta nel favorire la
circolazione di poesia di qualità,
Sergio Fumich, proposi allora a Friggieri un'intervista a tutto tondo a
partire dalla storia sociale, culturale e letteraria dell'isola sui motivi e
temi della sua poetica, e della sua ricerca di studioso e saggista. La risposta
fu immediata trovando poi suo effettivo riscontro sulle pagine de
"L'ortica", il trimestrale di informazione culturale diretto da
Davide Argnani, altro uomo dotato di rara capacità di attenzione e di ascolto
(oltre che di doti letterarie non comuni) che si adoperò con fervore, era il
luglio del 1997, alla sua diffusione. Per una sua cronistoria rilevo che in
precedenza l'avvicinamento, il confronto e la stesura che via via andarono a
intrecciarsi durarono diversi mesi in un ricordo che ho di un'apertura sempre
più vasta che favorì col tempo un'affettuosa amicizia grazie anche al sostegno
del mio caro fratello Andrea che via fax permise un'operazione per intensità e
insegnamento a me fra le più care.
Ciò che,
venne a risultare (risuonando adesso dunque ancora più forte a pochi anni dalla
sua scomparsa, 2020) è la statura di un intellettuale e di uno scrittore
perfettamente consapevole nei suoi strumenti, e nelle capacità riflessive di
uomo addentro alla radice della sua terra, del compito (nella fermezza
dell'abito di vocazione) di tener desta l'attenzione nei confronti dell'isola, e
dell'uomo maltese in sé, come non solo non slegati dal proprio mondo di
riferimento, quello in particolare storico e culturale dell'occidente
mediterraneo legato nell'intreccio anche con quello anglosassone, ma anche per
alcuni versi loro espresso simbolo insieme certo, come detto, a quello di una universalità
di condizione, e di tempo a cavallo di due millenni, di solitudine nello
sgomento e nella frammentarietà dei rapporti, e di partecipata e aspirata
condivisione allora nella coralità dei racconti. Senza dimenticare poi, a proposito
di questo, la convinzione del "ruolo unico nel sud d'Europa" del
piccolo arcipelago del poter dare un suo contributo anche "per la base
della sua lingua e della componente araba della sua cultura" offrendo
dunque la possibilità di congiunzione tra diversi mondi. Europa, in uno sguardo
anche politico, osservata a tratti, a dire il vero, nel timore di uno
smarrimento reciproco nella necessità e nell'accrescimento del naturale
compendio cui lanciare ed imporre un grido, anche all'interno del proprio
stesso paese laddove al rischio di dimenticanza della memoria, e di futuro
nella facile sazietà delle abitudini e delle superstizioni, di accidia
nell'eccesso sonnolento di una malinconia richiamata allo splendore di una
creaturalità che ha nelle voci degli antenati e nella direzione sempre accesa
dei templi non un sepolcro ma l'esempio vivo di una modernità di interrogazione
che non si spegne.
Personalmente
ho pensato molto a questo durante la mia unica visita nell'isola, nel 2023, fra
il suo esser fautore dell'entrata del paese nell'Unione e la sua veloce ma
anche chiacchierata ripresa economica, fra cementificazioni e presenze,
epifanie di una sacralità che ha anche nel garbato pudore di tante figure il
suo volto più vero. Buona parte di questo il dettato poetico di Friggieri lo ha
incarnato secondo lo spirito della sua stessa terra con sofferta e lucida determinazione,
imponendosi a volte anche in maniera scomoda nell'impasto di una materia mai
spenta e per questo giovane sempre all'accensione delle sue domande, nei miei
occhi prendendo immagine del suo passaggio nell'indaffarato muoversi di tanti
ragazzi nella sala convegni a lui intitolata nella capitale presso Valletta
Design Cluster. A tanta spessore ho voluto così ridar luce rilanciandone
l'importanza e per affettuoso omaggio, anche umano data la relazione di
prossimità non solo letteraria che fra di noi si venne sviluppando, e per suscitare
nuovi sviluppi, nuovi studi riguardo una scrittura adesso ampiamente
riconosciuta a livello internazionale, dunque non solo nel suo paese dove
Friggieri è considerato come il maggiore
autore degli ultimi decenni.
Lo faccio in conclusione, per quanto mi è dato, nel presente e nel rimando del ricordo recuperando e mettendo al centro innanzi tutto le lettere che ci scambiammo, questo per dare una concreta traccia dell'impegno e della determinazione, unitamente alla passione, del lavoro dello scrittore di Floriana (nonché della grande capacità empatica qui dimostrata nei confronti di un autore agli inizi), ad esse aggiungendo l'intervista di cui sopra nell'invito a rileggerla criticamente alla luce della sua fortuna successiva, e ciò che più recentemente ho avuto modo di pubblicare , la recensione a Storie per una sera (per molto tempo bloccata) e una nota sulla produzione poetica. Infine, ma non secondaria, per illuminare anche sulla sua attività di traduttore, le poesie con testo originale a fronte che ebbe la bontà di pubblicarmi in momenti successivi nell'autunno del 1998 sul periodico locale "Spektrum". Spero in questo modo oltre che di ricambiare tanto condiviso sapere di stimolare anche, non solo al riguardo di Friggieri stesso, ma di una letteratura tutta maggiori e approfonditi interessi.
Gian Piero Stefanoni, Lettere da Malta- Oliver Friggieri e me, Ideostampa, Colli al Metauro (PU), 2024
Gian Piero si distingue sempre per la capacità di eludere gli argomenti convenzionali e attuare scelte di rara originalità. In questa occasione ci segnala un testo scoperto per caso, ricco di spunti di riflessione, di conoscenza e di interessi nuovi. Lo ringrazio per l'inesausta volontà di fare scelte coraggiose e lo abbraccio forte.
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