martedì 10 dicembre 2024

CINZIA BALDAZZI – Lo scialle nero di Sabrina Fardello





 Il monologo Lascia ch’io pianga è stato scritto e interpretato dalla soprano e attrice Sabrina Fardello. La regia video è di Micaela Laurelli.

 

https://www.youtube.com/watch?v=Ka96X6Q1mzI

 

Questa performance, scritta, interpretata e cantata da Sabrina Fardello con una splendida voce da soprano, è curata nella regia video da Micaela Laurelli e il tessuto musicale utilizza liberamente Lascia ch'io pianga, una celebre aria composta da Georg Friedrich Händel risalente al 1705. Dopo averla utilizzata all’interno di altre composizioni, il musicista tedesco naturalizzato inglese, vissuto nel periodo barocco, inserì il pezzo (con il nuovo testo del librettista Giacomo Rossi) nel secondo atto dell’opera Rinaldo (1711), affidandolo al personaggio di Almirena.

Ascoltando la presenza sostanziosa, nel monologo messo in scena dalla Fardello, di una moglie-madre a rischio di morte poiché il marito infuriato tenta di strangolarla, potrebbe sorgere spontaneo – come è accaduto a me – immaginare che Almirena, figlia di Goffredo di Buglione, sia stata anche lei succube di un uomo deciso a ucciderla. Ma non è così: con la donna alla quale dà corpo e anima la Fardello, essa ha in comune un grido di rivolta non soltanto a causa di violenza fisica o psicologica, in quanto la romanza originaria coincide con la supplica all’umanità (rappresentata, nella trama, dal carceriere nel castello dove si trova reclusa) di essere liberata dalla prigionia.

Senza dubbio Sabrina Fardello, pur avendo dichiarato di essersi ispirata a un fatto di cronaca il cui messaggio estremo mettesse in luce, oltre al coraggio tutto femminile di ribellarsi, la carenza delle forze dell’ordine, ebbene, a due passi da noi spaventata, terrorizzata, in ansia per la figliola, quando ho visto, presumendo il peggio, le sue mani nel gesto di calmarla, di custodirla, di affidarle l’orsetto bianco, e poi l’ho seguita recarsi alla stazione di polizia per chiedere (inutilmente) aiuto, confesso di non aver pensato all’infamia di una libertà negata, piuttosto al suo essere sottomessa a un’immotivata furia omicida, dunque a trovarsi in pericolo di vita. Ho avuto grande paura per lei e la bambina.

Un atteggiamento del genere ha offerto però una risposta solo immediata all’universo rappresentativo, totale della performance: quando infatti, a un certo punto, la vedo, come dal nulla, con un viso imperscrutabile indossare prima di uscire - per coprirsi, forse proteggersi - uno scialle nero, allora comprendo il cuore profondo della mise en scene alla quale sto assistendo.

Intorno al 1900, Luigi Pirandello scrisse un racconto entrato a far parte della raccolta Novelle per un anno e revisionato a pochi mesi dalla scomparsa, intitolato Scialle nero. La protagonista, Eleonora Bandi, una proprietaria terriera ormai matura, dopo essere stata stuprata da uno stalliere diciannovenne e rimasta incinta, costretta a sposarlo per il volere del fratello, vive infelice nell’ampia villa della campagna siciliana e per il dolore perde il bambino. Infelice di questa unione a lei imposta dall’ipocrisia fraterna (e dagli interessi economici dei suoceri), la sera in cui Gerardo, il coniuge, cerca di usarle violenza, si ribella: dapprima nasconde l’aggressore con il suo scialle nero per non vederlo, poi si getta da una rupe. Ma «lo scialle, che s’era aperto al vento, andava a cadere mollemente, così aperto, più in là».

Anche quello indossato dalla Fardello prima di uscire di scena, insieme alle scarpette rosse, è sopravvissuto alla violenza: in più, è sceso su di noi spettatori per proteggerci, questa volta non invano, dal temere di lottare a ogni costo per rimanere libere (ci.ba.).

 

 

Sabrina Fardello, nata a Frattamaggiore (NA), è laureata in Scienze Biologiche. Risiede a Latina, dove da oltre venticinque anni insegna in una scuola media inferiore.

Ha scoperto un talento artistico nel canto lirico e ha intrapreso un periodo di intenso studio con il maestro Nicola Franco, con il quale collabora tuttora. Ha fondato una compagnia di arte e canto lirico intitolata "Liricando sotto le stelle", con la quale porta le sue esibizioni nelle piazze e nei teatri d’Italia.

La sua attività si estende anche al teatro, che l’ha portata a frequentare un corso dedicato e a scoprire una passione per la scrittura di monologhi, che ama recitare e accompagnare con il canto.

 

 

Lascia ch'io pianga

monologo scritto e interpretato da Sabrina Fardello

 

 

È sera, fuori fa freddo.

Le luci della casa sono accese e da fuori si sentono voci di un uomo, poi di una donna e poi grida.

 

"Lasciami! Lasciami, vigliacco! Lasciami! Mi stai soffocando! Lasciami!!!"

 

Un pianto disperato risuona nella stanza.

Lei si blocca, il cuore stretto in una morsa, quando incrocia gli occhi della figlia di tre anni, spaventata e in lacrime.

 

"Piccola... piccola mia! Vieni, vieni da mamma! Abbracciami..." dice con voce spezzata. "Piccola, no! Papà non ce l'aveva con te, no! Tranquilla! Certo che mi vuole bene, papà! Non avere paura! Papà è solo un po' nervoso, ok? Sai che facciamo adesso? Andiamo da zia Anna, va bene? Così giochi un po' con i cuginetti, Ok! Prendi il cappottino... Sì, sì, anche l'orsetto! Sì, brava! Dai, andiamo... Vieni con mamma, andiamo via da qui!"

 

La prende per mano e si avvia verso la porta. Una volta fuori, tira fuori il telefono e chiama Anna.

 

"Pronto? Anna? Sì, sto venendo! Sto venendo a casa tua! Senti, mi devi fare un favore... Devi tenere un po' la bimba. Sì, ok! No, no, tranquilla! Sto bene! Arrivo subito, eh!"

 

Dopo poco arriva a destinazione.

 

"Eccomi, Anna. Buonasera!" esclama, tentando di mascherare il tremito nella voce. "Ti prego, tieni un po' la bimba... Sì, lo so che sembro nervosa, lo so... Ma vai, vai con la zia, amore! Vai a giocare nella stanza, dai!"

 

Appena la bimba sparisce dietro la porta, si lascia andare.

 

"No, Anna... non sto bene! Non sto bene, hai ragione!" confessa in un sussurro carico di lacrime. "Hai sempre avuto ragione, è un bifolco! Me l'hai detto mille volte, e io... io ho resistito. Ho resistito tutti questi anni! Ma dove potevo andare? Non lavoro, non ho i miei genitori vicini... Dove vado? Ogni volta che chiedo soldi mi risponde 'vai a lavorare'! Ma come faccio? Con quello che guadagnerei non basterebbe per la bimba!"

 

Prende un respiro profondo, cercando di controllare il flusso delle parole.

 

"Ma adesso basta! Questa volta ha esagerato, Anna! Mi ha preso alla gola, mi ha bloccata al muro... Davanti alla bambina! Hai capito? Davanti a lei! Si è spaventata a morte! Basta, basta, basta! Questa volta vado dai carabinieri. Lo denuncio. Denuncio tutto, tutto quello che mi ha fatto in questi anni! Non ce la faccio più!"

 

Si alza di scatto.

 

"Ok, tienimi la bimba! Io adesso vado!"

 

Arriva fuori dall’ingresso della caserma dei carabinieri, esita per un istante, poi si stringe lo scialle attorno al corpo e sussurra tra sé e sé:

 

"Devo entrare... devo trovare il coraggio. Questa volta devo farlo!"

 

Entra.

 

"Buonasera, agente. Sì, sono io. Ecco i documenti. Voglio fare una denuncia. Mio marito... mi ha stretto alla gola, ha cercato di soffocare!"

 

L’agente la osserva, serio.

 

"Vuole vedere i segni? Guardi, eccoli!"

 

Lui scuote la testa.

 

"Ah... non vede segni? Ma lui mi ha stretto! Mi ha bloccata al muro! Mi ha quasi soffocata!"

 

La voce dell’agente si fa monotona, distante.

 

"Mi sta dicendo che, secondo la legge, senza segni evidenti non si può fare nulla? E cosa mi consiglia, allora? Tornare a casa, fare la brava e fare pace con mio marito?"

 

Sente le parole uscire dalla sua bocca, come se non fossero le sue.

 

"Va bene, agente... Buonasera."

 

Esce dalla caserma, incredula. Il mondo intorno sembra sfocato, le sue mani tremano.

 

"Adesso torno a casa...faccio la brava. Gli preparo la cena. Magari gli è passato il nervoso."

 

Una lacrima scivola sulla sua guancia.

 

"Ma lascia che io pianga..."

 

 

 

 


 

47 commenti:

  1. Grazie al professor Pardini da parte di tutte le donne, in primis le ospiti di Leucade, e tutti gli uomini, come lui, che lottano al nostro fianco per la libertà. Con un' arma potente e sottile: il messaggio letterario.

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    1. Il monologo interpretato dalla dr.ssa Fardello è stato emotivamente molto coinvolgente.

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  2. Innanzitutto ringrazio il prof. Pardini per l'ospitalità e grazie di cuore alla dottoressa Cinzia Baldazzi per le splendide parole. È una gioia immensa sapere che il mio lavoro sia riuscito a trasmettere emozioni così profonde. Questo è il motivo per cui scrivo e faccio teatro: creare connessioni autentiche con il pubblico.
    Il canto lirico è per me una fonte continua di ispirazione e il connubio che ho voluto creare ha contribuito a esaltare la drammaticità di un tema così importante e doloroso come la violenza sulle donne.
    Sabrina Fardello

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  3. Un monologo, quello scritto interpretato dalla dr.ssa Fardello, indubbiamente bello. Un monologo che per certi versi, rispecchia e testimonia la normalità di tanti, troppi rapporti di coppia. Se non erro, anticamente un detto recitava che le donne indossavano gonne larghe, larghezza atta a coprire le malefatte perpetrate proprio tra quelle quattro mura domestiche non più sinonimo di sicurezza, di tranquillità, ma, mura di prigione. Prigione che incatena il corpo e soprattutto l'anima di una donna che tutto ha creduto dell'amore del suo uomo. Per la Fardello, non è la gonna, ma uno scialle, uno scialle che s'apre nero nel buio di un animo, su un corpo ferito, oltraggiato, annientato. Ieri, si copriva con gonne, oggi con pantaloni e tubini, con scialli. Profondo monologo in cui, così, come un batter di ciglia, la donna da succube e copritrice, diventa attiva e accusatrice. Ruolo, questo, non sempre apprezzato e soprattutto, spesso, sottovalutato. La cronaca ci riporta denunce inascoltate, braccialetti elettronici mal funzionanti, allontanamenti da famiglia non controllati. Tutto ancora, fa sì, che la donna nei confronti del così detto maschio, tenga il capo chino, subisca, serva, sia disponibile e nonostante gli ematomi, sorridente. Un tentativo di strangolamento, un pugno, un sei puttana? Sì, per certi uomini, tutto a bene. La letteratura e la mitologia, sono piene di storie di violenza a danno di mogli, compagne, amanti. Apollo opprime Dafne con il suo folle non contraccambiato amore, Pia de' Tolomei, a Dante immortalata, uccisa dal marito per poter sposare liberamente un'altra donna, Otello, accecato da gelosia distruttiva, uccide l'innocente moglie Desdemona. Ancora oggi, quante donne affrontano vari calvari in silenzio per amore dei figli e per quell'amore che un giorno provavano per il compagno; quante donne, ancora, sotto la scure maschilista. Per molte qualcosa sta cambiando. In tante qualcosa scatta. Non si è più disposte a subire e ci si ribella pur sapendo quanto faticoso sia risalire la china, quanto difficile ritrovare la propria dignità. E qui, ciliegina sulla torta. La dr.ssa Baldazzi cita e non a caso “LO SCIALLE NERO” di Pirandello; quello scialle che cerca di coprire l'aggressore, quel nero con cui è stato camuffato il dolore, la vergogna, quello scialle che Pirandello fa cadere mollemente, che si apre su ferite non rimarginabili è l'oscurità che non lascia più intravvedere luce. Quello scialle, però, ormai a terra , nonostante tutto, sopravvive alla morte, così come lo scialle indossato dalla Fardello, alla violenza. Questa volta, nel caso specifico, lo scialle ha avvolto ed è sceso sugli spettatori. Li ha avvolti, quasi a proteggerli, come ad incoraggiarli a lottare sempre per una libertà dignitosa e rispettosa dell'essere donna, madre, sposa. Grazie alla bravissima Fardello per la sua performance. Grazie a te, cara Cinzia per averci resi partecipi di questa magistrale rappresentazione d'arte e non solo, grazie per averci invitato a riflettere sul atto che nessun amore può essere definito tale se intessuto di violenze e sopraffazione. Andiamo oltre, LASCIAMO CADERE LO SCIALLE. Antonietta Siviero

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  4. Complimenti per la bravura e la profondità, è sempre bello vedere donne che si battono anche per le altre donne.
    La solidarietà femminile e la lotta contro la violenza va sostenuta e portata avanti con la speranza che questa lotta porti la diminuzione e l’azzeramento dei femminicidi. Ho avuto il piacere di vederti in scena da vicino a Latina e sei stata davvero bravissima Sabrina.

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  5. È raccapricciante, come in questo paese, si facciano processi per cose banali, invece per cose serie come la violenza sulla donna, non si vadano ad esaminare bene i segni al fine di fare seriamente qualcosa! Vero pure che esistono denunce basate su cose false...ma verso la donna ancora ci sono pregiudizi

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  6. Complimenti. Viene descritta bene la triste resa della donna alla violenza dell'uomo. Finale che, volutamente, induce, invece, in chi legge e chi guarda l'interpretazione attoriale , la reazione e lo sdegno contro queste violenze a danno delle donne e anche dei figli bambini. (Dante Ceccarini)

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  7. Sabrina Fardello, dodata di un eccellente talento artistico nell' interpretazione sulla violenza contro le donne, rappresenta un importante problema di sanità pubblica, oltre che una violazione dei diritti umani. Voglio esprimere il mio sincero apprezzamento alla critica Cinzia Baldazzi.

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  8. Ho avuto il piacere di assistere dal vivo all’intensa interpretazione di Sabrina Fardello del monologo "Lascia ch’io pianga" nell’OpenHub di Latina lo scorso novembre.
    Un testo potente, che racconta con dolorosa autenticità il dramma della violenza domestica. La voce di Sabrina ha dato vita a ogni sfumatura di paura, impotenza e speranza, trasportando il pubblico in una realtà troppo spesso ignorata.
    Con la sua sensibilità e il suo straordinario talento interpretativo, Sabrina è riuscita a coinvolgere profondamente ogni spettatore, rendendo tangibili emozioni complesse e drammatiche.
    La scena nella caserma, con l’indifferenza delle istituzioni, è stata un pugno nello stomaco, e le parole finali, "Ma lascia che io pianga", hanno risuonato come un grido silenzioso di dignità e resistenza.
    Un monologo che scuote e lascia un segno profondo, ricordandoci l’urgenza di ascoltare e agire. Grazie, Sabrina, per aver portato questo messaggio con così tanta forza e sensibilità.

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  9. Ho avuto l' onore di partecipare all' evento e vedere la splendida Sabrina in questo monologo. Da donna che ha subito violenze domestiche in passato, mi sono commossa perché la sua recitazione ha veramente colto la realtà dei fatti,.
    Grazie a Cinzia Baldazzi per avermi invitato e grazie a Sabrina x la Sua splendida performance! Alla prossima e buona ARTE a tutti!

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  10. Perché stupirsi se le donne piangono, perché la loro sensibilità è sempre troppa? Perché alla donna vengono delegate sin da piccola le azioni di cura, pulizia e affettuosità che, nella mitologia dei ruoli sociali imposti, diventano obbligo di un ruolo femminile. La sottomissione si impara dai gesti delle madri prima che dalle parole degli uomini. Ancora adesso qualcuno dice che dovremmo stare a casa e fare la calza. Il contesto non si stupisce della violenza sulle donne figlie madri mogli. Ragazze, l'unico affiancamento dall'ignoranza e dalla morte sociale resta lo studio e la conquista di un lavoro. Questi sono il passaporto necessario per pensare e agire autonomamente. Il tema tragico del monologo esprime a mio avviso tutta l'impotenza del ruolo femminile che un mondo patriarcale cerca di tramandare ipocritamente anche oggi, riproponendo una continua separatezza tra il sentire e il fare del rapporto uomo-donna. I figli così ascoltano e imparano in modo subliminale questa incapacità tutta maschile di esercitare uguaglianza e dignità umana. Esistono certamente uomini illuminati, ma le donne illuminate sono di più e ahimè messe sistematicamente in ombra. Ivana Sorce

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  11. Grazie Sabrina per aver lanciato questo magistrale invito, con la parola, col canto, col cuore e con il corpo tutto, a non limitarci a piangere, a denunciare nonostante i molteplici ostacoli, alzarsi in piedi anche da sole, anche incomprese, con tutta la forza di questo intenso monologo al quale ho assistito con grande partecipazione emotiva. Grazie a Cinzia Baldazzi per averci ricordato lo scialle nero di Pirandello e per aver illustrato e spiegato così bene quella tensione in cui lo spettatore viene catapultato. Che non rimanga lì questa tensione ma ci porti a cercare soluzioni costruttive per crescere tutte e tutti pur continuando a godere delle stupende arie tristi che ci hanno lasciato Haendel e prima di lui Purcell.

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  12. Davvero bello e toccante questo monologo che con un testo essenziale ma assai significativo e una gestualità stilizzata, di grande eleganza, rilievo e rigore espressivo riesce a trattare una tematica tanto delicata. Ottima anche la scelta dello struggente brano di Hendel, che conferisce un ulteriore, profondo pathos alla performance.
    Complimenti. Grazie. Francesco De Girolamo

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  13. Grazie Sabrina per aver lanciato questo magistrale invito, con la parola, col canto, col cuore e con il corpo tutto, a non limitarci a piangere, a denunciare nonostante i molteplici ostacoli, alzarsi in piedi anche da sole, anche incomprese, con tutta la forza di questo intenso monologo al quale ho assistito con grande partecipazione emotiva. Grazie a Cinzia Baldazzi per averci ricordato lo scialle nero di Pirandello e per aver illustrato e spiegato così bene quella tensione in cui lo spettatore viene catapultato. Che non rimanga lì questa tensione ma ci porti a cercare soluzioni costruttive per crescere tutte e tutti pur continuando a godere delle stupende arie tristi che ci hanno lasciato Haendel e prima di lui Purcell.
    (Susanna Hirsch)

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  14. Ben scritto e drammaticamente vero e attuale

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  15. La cosa che più mi colpisce della violenza sia fisica che psicologica subìta costantemente dalle donne è che ci stiamo talmente abituando ad ascoltare e a seguire fatti di cronaca di questo tipo che ne siamo quasi assuefatti, viziati, corrotti a tal punto da non capirne più profondamente la gravità, l’ importanza, tutto il nero che li ricopre. Questo è terribile. Questo spaventa. Dove sta andando l’ umanità ? Sabrina Fardello ha fatto qualcosa di grande, ha dato sè stessa in una magistrale interpretazione in cui, ancora una volta, la figura maschile risulta doppiamente negativa. Rimane la donna col suo pianto, sì, ma anche col suo coraggio, la sua forza, la sua determinazione, la sua maternità che la rende indistruttibile di fronte ad ogni male.

    Silvana Cenciarelli

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  16. Potente ed efficace il messaggio del monologo.
    La resa del tutto è affidata anche all'elemento simbolico dello scialelle nero che a mio avviso rende il messaggio un po .... senza uscita. Non tutto deve per forza finire in "tragedia".
    Insomma manca un elemento salvifico anche se vedo tante realtà associative di donne che sono capaci di produrre importanti risultati sia di cura sia di protezione e di prevenzione.
    Valerio Di Paolo

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  17. Descrivere un problema sociale così grave che irrompe troppo spesso nella nostra quotidianità, non è semplice. Siamo abituati alla sintesi delle notizie di cronaca che comprimono in poche parole storie drammatiche, privandole della loro profondità. Il teatro, invece, è uno strumento potente per il coinvolgimento emotivo e per la sua natura pedagogica. L'artista ha qui usato al meglio il potere del teatro, grazie ad una rappresentazione emozionante, intensa ma nel contempo misurata, riuscendo a trasmettere tutta la forza del dramma umano. Complimenti.

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  18. Grazie dell’opportunità che mi viene data di esprimermi sull’argomento che meriterebbe grande spazio e confronto.
    Innanzitutto mi complimento con l’autrice Sabrina Fardello per questo commovente e potente monologo.
    Ho partecipato all’Open Hub svoltosi a Latina nel mese del novembre scorso, presente come animatrice e moderatrice la D.ssa Cinzia Baldazzi. In questa occasione ho avuto modo di apprezzare, del monologo, tutta la sua forza comunicativa, lo spessore umano e la rappresentazione artistica.
    Purtroppo, devo dirlo, ho dovuto condividere anche l’epilogo di colpevole impotenza in cui le istituzioni galleggiano vinte spesso dagli artifici, dai cavilli legali e dalle sottigliezze che di fatto tolgono strumenti per combattere e condannare quella barbarie, così come mi sento di mettere in guardia dalla subdola spettacolarizzazione, quasi pessima moda che si impadronisce di questo dramma, di ,questa gravissima piaga sociale che tra i salotti ed i programmi- verità tende a contrapporre in una deriva di livello psico-filosofico la donna all’uomo, dimenticando e cancellando il tutt’uno per cui l’uomo e la donna hanno ragione di esistere.
    Estendo i complimenti alla cara d.ssa Cinzia per averci detto, nelle note storiche espresse, quale sia il legame invisibile che alimenta l’antico al moderno.
    Carmelo Salvaggio

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  19. A nome dell’associazione culturale Transversum desideriamo ringraziare il prof. Nazario Pardini per aver dato spazio al monologo di Sabrina Fardello.
    Il 30 novembre scorso, a chiusura del mese dedicato alla lotta contro la violenza sulle donne, nel nostro spazio multifunzione Quadrarum Art Gallery, a Roma, in un evento coordinato da Cinzia Baldazzi, abbiamo avuto il piacere e l’onore di ospitare l’attrice nel suo monologo “Lascia ch’io pianga”: la performance ha lasciato forte commozione nei presenti, tra i quali molti hanno poi commentato su questo blog.
    Grazie ancora e complimenti per l’attività di “Alla volta di Leucade”.
    Donatella Calì e Maurizio Pochesci

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  20. I miei complimenti all’attrice Sabrina Fardello, una performance toccante, direi una perfetta interpretazione di una donna che si trova ad aver subito l'ennesima violenza domestica da parte del marito, per di più davanti alla propria figlioletta.
    Straziante la scena di dover giustificare il marito davanti alla figlia, stati d'animo che passano dall'amore alla disperazione, pure quando porta la figlia dalla sorella, ritrovando l'amore per se stessa andando a denunciare il fattaccio: ma purtroppo non ha segni sul collo, le forze dell'ordine la rimandano a casa col suo aguzzino, e lei: “lascia ch'io pianga”.
    Tanto amore, tanta rabbia, tanta delusione, tanta disperazione, tanta pseudo-calma, poi la rassegnazione, un coacervo di emozioni sparate letteralmente in un monologo perfetto, in cui l'attrice fa entrare lo spettatore nel personaggio che interpreta, vivendo ogni stato d'animo in ogni suo gesto, in ogni sua parola, vivendo la sua stessa amarezza, in quel velo portato sul petto nella scena finale, con tanta dolcezza ma anche con tanta rabbia. Chapeau, anche per la sua interpretazione canora, un usignolo, tanta qualità in questa artista.
    Complimenti anche alla recensione di Cinzia Baldazzi, sempre impeccabile nei suoi accurati riferimenti storici da riportarci nel dramma del teatro classico greco, arricchendo il monologo di Sabrina Fardella di nuovi spunti
    riflessivi.
    Ermanno Spera

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  21. Disperazione e rassegnazione sono i componenti di questo monologo, un momento atroce vissuto nel quotidiano, con la forza sovrumana che caratterizza molte donne. La “forza di farsi forza” per i figli e per risolvere ciò che è irrisolvibile…grande interpretazione.

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  22. Dovremmo pensare,respirare,onorare.
    Mentre ascoltando un dolore,
    quello di una donna che gridando protegge il suo frutto,il suo amore,il suo cuore,offrendo il suo corpo alle mani di un solo che non conosce il sogno.
    Splendida interpretazione ma una donna non si tocca nemmeno con un fiore dovrebbe saperlo quella giustizia che vuole solo interpretare non considerare.

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  23. Questo monologo, semplice, diretto e toccante, fotografa con precisione chirurgica una realtà che, pur essendo sotto gli occhi di tutti, viene ancora e ancora colpevolmente ignorata da tante, troppe persone. Abbiamo bisogno dell'arte, come sempre, per arrivare al cuore delle questioni e delle persone.

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  24. Un monologo purtroppo molto vero. La violenza subita in casa e troppo spesso tenuta nascosta a un mondo che sa ma fa finta di non sapere...
    Lia Grassi

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  25. Il monologo di Sabrina Fardello è un potente ritratto di una donna intrappolata in una situazione di violenza domestica. La scelta di farla parlare direttamente al pubblico, senza filtri, rende la sua sofferenza palpabile e toccante. È un monologo intenso e toccante che offre una testimonianza potente della violenza domestica. La scelta di portare in scena una tematica così delicata è coraggiosa e merita di essere apprezzata. È un invito a non restare indifferenti di fronte a una realtà troppo spesso nascosta.
    È evidente un contrasto tra la realtà e l’apparenza: la donna cerca di mantenere un’apparente calma, ma interiormente è tormentata dalla paura e dalla disperazione. La della figlia rappresenta la fragilità e l’innocenza, ma anche la motivazione più forte per cercare aiuto. La protagonista esita a denunciare il marito, mostrando la complessità di uscire da una situazione di violenza e la risposta dell’agente di polizia sottolinea le difficoltà che le donne vittime di violenza spesso incontrano nel cercare giustizia.
    Il monologo ha una grande autenticità e tocca corde profonde, grazie alla rappresentazione realistica di una situazione purtroppo comune, mentre la recitazione di Sabrina Fardello trasmette tutta la gamma di emozioni della protagonista, dalla paura alla rabbia, dalla disperazione alla rassegnazione. Il monologo solleva un problema importante e attualissimo, invitando alla riflessione e alla sensibilizzazione. Il linguaggio usato è semplice e diretto, rende il monologo accessibile a tutti, rafforzando l’impatto emotivo, l’interpretazione, attraverso la mimica facciale e i gesti, arricchisce il significato delle parole e ha la capacità di provocare una forte reazione emotiva nello spettatore, spingendolo a riflettere sulla violenza di genere e a sensibilizzare l’opinione pubblica.
    Congratulazioni!

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  26. Complimenti.
    Ormai rara l'identità totale nell'essere attrice.
    Riuscita in una interpretazione ardita. Non c'era finzione, era realtá. È il vero messaggio, di quella donna, che arriva al pubblico, senza ostacoli, se la sensibilità dell'ascoltatore si apre.
    Credo possa dare non solo un messaggio contro la violenza alla donna ma anche contro la violenza psicologica ai figli.

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  27. Un monologo che ti scuote fino al profondo, 'Ma lascia che io pianga'. Parole che danno voce alle grandi responsabilità che una donna si trova a portare sulle spalle, tra famiglia, lavoro e ingiustizie. Grazie alla dottoressa Cinzia Baldazzi ho scoperto questo testo e ho subito voluto dire la mia. Complimenti a Sabrina per aver avuto il coraggio di affrontare temi così attuali.

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  28. Allora come ora, a distanza di più cento anni, le donne sono ancora discriminate.
    Ne parlava Pirandello nella novella “Scialle Nero” agli inizi del Novecento e lo raccontano mirabilmente Sabrina Fardello nel suo monologo “Lascia ch'io pianga” e Cinzia Baldazzi nella recensione al monologo.
    Monologo nel quale lo scialle nero della protagonista cade a terra, quasi ad emblema del dolore causato, così come fu per lo scialle della novella pirandelliana.
    La società patriarcale degli inizi del secolo scorso relega la donna al ruolo di madre e moglie, sottomessa prima al padre, poi al marito o ai fratelli in caso di donna nubile.
    Pirandello lo descrive abilmente nella sua novella che vede la protagonista, in principio violentata e costretta al matrimonio riparatore, legare al suicidio il suo supremo gesto di libertà.
    A distanza di cento anni la protagonista di “Lascia ch'io pianga” di Sabrina Fardello prova a ribellarsi al marito violento, che tenta di ucciderla in presenza della bambina, denunciando il suo comportamento ai carabinieri.
    Il suo gesto, però, lungi dall'essere accolto dalle forze dell'ordine, non soltanto è respinto, ma annientato, non riconosciuto e, ancor più dolorosamente, minimizzato.
    La donna ancora una volta costretta ad abbassare il capo e piegarsi ai dettami di un amore violento, distruttivo e pericoloso, volto ad annientare la sua essenza.
    La donna alla quale è negato qualsiasi diritto anche in ambito familiare, soggetta ancora oggi a un potere che si regge su tradizioni patriarcali che considerano le donne prive di qualunque identità, ancor più grave, prive di qualunque tutela giuridica.
    Le donne oggi più che mai fanno paura perché in grado di costruire ponti, di unire, di essere portatrici di dialogo, di speranza, come fu per Eleonora Bandi, protagonista della novella pirandelliana, e per le tante donne che si battono per le affermazioni dei loro diritti, della loro indipendenza.
    Si battono per la loro capacità di ribellarsi ad un razzismo dilagante che le considera il bersaglio principale.
    Rosella Lisoni

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  29. Complimenti a Sabrina, un’attrice con la A maiuscola, che ha il dono grande di saper emozionare e incantare l'anima. Ho avuto il piacere di assistere alla sua interpretazione che mi ha toccata e commossa... e, aggiungo, anche cantante magnifica... grazie Sabrina.
    Barbara Peonia

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  30. Essere stata spettatrice di violenza sin dai primi anni di vita e vivere dopo i miei settanta anni ancora in un mondo dove dilaga questo grave problema senza poterlo arrestare, mi fa capire che l'uomo, inteso come essere umano, invece di cercare di amare il fratello, quali noi siamo, non ha fatto un passo avanti nei millenni che si sono succeduti. Pervade odio, indifferenza, mania di grandezza e tutto ciò che ci fa vedere nemici. La donna dovrebbe essere considerata come il fiore che dà la Vita e quindi rispettata sempre! Ma tutto prosegue indifferentemente, come una (la) guerra che, per mania di grandezza, nessuno vuole arrestare.
    Complimenti a Sabrina Fardello e alla cara Cinzia.
    Rosanna Di Iorio

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  31. Quando l’essere umano capirà che l’amore non significa possesso sarà sempre troppo tardi. Il genere maschile, in particolare, sostenuto da un atavico senso di competizione, non permette al suo ego di essere sopraffatto da nessuno e da nessun sentimento che lo possa mettere in crisi. La cronaca è piena di fragili omicidi che non riescono a comprendere che l’amore è libertà. Ma è anche una condizione di maleducazione sentimentale che proviene dalle famiglie di origine. Educare, in generale, è faticoso: molto più facile lasciare diseducati in tutti i sensi. Ora, come nel passato, questo archetipo produce vittime e disagi non solo tra i due sessi. Brava la Baldazzi nella critica a mettere in risalto il dramma della protagonista: lo scialle rappresenta lo schermo che cela una realtà che non si vuol vedere. Facendo finta di niente si sopravvive ma non si vive pienamente…
    Graziano Gismondi

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  32. L' uso dell'aria di Händel come spunto musicale è particolarmente toccante: la supplica universale per la libertà si trasforma in un grido contemporaneo contro la violenza domestica, con un forte richiamo alla cronaca attuale. La scena dello scialle nero, non solo come accessorio, ma come simbolo di protezione, dolore ma anche di trasformazione e di resistenza, si rivela un elemento narrativo di rara profondità, richiamando suggestioni pirandelliane...
    Questa fusione di musica, teatro e denuncia sociale renderà sicuramente il monologo un'esperienza toccante in grado di scuotere le corde più profonde della sensibilità umana e invitando a riflettere sull'urgenza di lottare contro ogni forma di oppressione. Complimenti a Cinzia Baldazzi e a Sabrina Fardello.
    Cinzia Proietti

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  33. Ci sono poche occasioni per dare spazio ad interventi di vario spessore e la performance della versatile Sabrina Fardello fa la differenza. Con il suo monologo “Lascia ch' io pianga” coglie una centralità, mettendo in risalto una tematica contrastante, non solo la violenza domestica, ma descrive nel filone logico l'indifferenza delle istituzioni che a volte non si fanno carico di tali problematiche a una adeguata prevenzione.
    Complimenti per aver evidenziato come percussore “Scialle nero” menzionato dalla nostra saggista- scrittrice-critica di prestigiosa letteratura Cinzia Baldazzi la condizione di sottomissione delle donne ottocentesche di cui parla Pirandello.
    Mi ha ricordato "Il canto delle donne" di Alda Merini, una denuncia del femmicidio.
    La discriminazione è la violenza nei confronti delle donne, e la donna si fa scudo attraverso il linguaggio, la complicità di personaggi che hanno le capacità interpretative, come l'eccellente espressività canora della Fardello tra spettacolo e commento, potenziando egregiamente aspetti inquietanti, menzionando la prevaricazione, la manipolazione come campanelli d'allarme.
    Fabiola Poliziani

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  34. Tutta forza di una "donna madre moglie", racchiusa in un toccante monologo che sintetizza in modo realistico e poetico, al tempo stesso, il dolore di essere donna.
    Purtroppo, non ho potuto godere dell'interpretazione dal vivo, ma il testo e i commenti del pubblico hanno reso evidente l'atmosfera della serata. Sempre illuminante il commento di Cinzia Baldazzi che ricompone il senso delle opere rileggendole in chiave storico artistica e filosofica, dando unitarietà e significato a quello che viviamo.
    Concordo con chi afferma che la spettacolarizzazione dei media non aiuta a risolvere il problema ma lo accentua. Tuttavia, ben venga "la voce delle donne” come Sabrina Fardello e Cinzia Baldazzi.
    Grazie!!!
    Saveria Balbi

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  35. Interpretazione emozionante e coinvolgente. Sembra di sentire sul proprio corpo, la violenza di questa donna. Complimenti Sabrina Fardello!

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  36. Sale alto il canto di Sabrina Fardello, si libera ed esplode al termine del drammatico monologo da lei stessa magistralmente scritto e interpretato: "Lascia ch'io pianga". È un pianto liberatorio dalla prigionia della sua condizione di donna violata, inerme, muta, ridotta al nulla dal suo aguzzino. Nel racconto di Pirandello "Scialle nero", già citato da Cinzia Baldazzi, con l'autorevole acume del critico letterario d'eccellenza, il suicidio è vissuto dalla protagonista, Eleonora, come liberazione dalla schiavitù tipica della donna-oggetto e lo scialle nero, posto a difesa, è simbolo della sua prigionia.
    Anche l'attrice lascia cadere lo scialle, potente strumento di scena, liberando il canto, e la supplica chre si leva dalla composizione di Handel diventa il grido universale delle donne. La Fardello ha saputo dar loro voce, componendo un monologo efficace perchè essenziale ed emozionante, in cui si concentrano tutte le tappe della via Crucis di chi subisce violenza: dalla stessa violenza agita, alla doppia violenza del non essere creduta, essere giudicata e abbandonata a se stessa, dalla paura per i figli all'urgenza di proteggerli dall'insana follia. L'autrice afferma di aver tratto l'ispirazione da un caso di cronaca: l'ennesimo, diremo noi, e troppe sono ancora le donne che indossano il velo nero della sottomissione.
    Complimenti a Sabrina Fardello per aver contribuito con la sua arte alla causa del contrasto alla violenza di genere.

    Isabella Sordi

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  37. L'aria "Lascia che io pianga" può essere dedicata a tutti coloro che hanno sofferto e soffrono a causa della volontà altrui. La sofferenza sembra essere parte integrante dell’essere vivi (almeno, parlando per il genere umano). Sofferenza del corpo, sofferenza della psiche, due forme dello star male di cui è difficile stabilire quale sia quella potenzialmente peggiore. La sofferenza è associata al nostro esistere nel momento della nascita, in quello della morte (la nostra o quella degli altri) e in svariate altre occasioni intermedie. Ci sono sofferenze inevitabili, accidentali, provocate solo dall’estrema variabilità degli eventi di questo universo: la malattia, gli incidenti, la tristezza per eventi ineluttabili; ce ne sono altre provocate da più o meno deliberate scelte di altri esseri umani. Nell'opera, Almirena, l'amata di Rinaldo, viene rapita e imprigionata in un giardino incantato. Il momento è pieno di tragedia e disperazione, e l'aria trasmette magnificamente questa emozione. Il testo infonde un senso di dolore e supplica. Almirena lamenta il crudele destino che affronta, esprimendo il suo desiderio di sospirare per la libertà. D'altra parte, la musica è la più potente forma conosciuta di consolazione.

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  38. Complimenti di cuore a Sabrina Fardello e Cinzia Baldazzi per il loro straordinario contributo artistico e critico.
    A Sabrina Fardello, vanno gli applausi per la sua intensa interpretazione e per la profondità con cui ha incarnato il monologo "Lascia ch’io pianga". La sua capacità di dare voce a emozioni così complesse — paura, rassegnazione e forza interiore nascosta — testimonia un talento raro e una sensibilità straordinaria. La sua performance tocca le corde più profonde dell’anima e lascia un segno indelebile nello spettatore.
    A Cinzia Baldazzi, vanno i complimenti per l'acuta analisi critica. Con parole precise e appassionate, ha saputo cogliere la vera essenza del monologo, valorizzandone il messaggio sociale e umano. La sua riflessione lucida e profonda invita a una necessaria presa di coscienza su una tematica così delicata e attuale.
    Grazie a entrambe per aver creato e valorizzato un'opera tanto potente quanto necessaria.

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  39. La performance di Sabrina Fardello è straordinaria. In pochi minuti ci pone di fronte a un dramma sempre più dilagante che tante tavole rotonde e tante trasmissioni TV non hanno neppure scalfito. Credo che la sua alta cifra stia proprio nell’efficacia di riprodurre nello spazio e nel tempo quella tragicità che spesso si trova a fianco a noi e di cui ne siamo colpevolmente del tutto ignari.
    È un immenso problema culturale. Il Censis di recente ci ha informato che oltre il 40% degli italiani non è in grado di capire un testo. E questo porta come tragico corollario alla madre di tutte le nefandezze che accadono in questa nostra società: l’ignoranza. L’ignoranza è la notte della mente, è la cappa che ottenebra ogni pensiero. Dobbiamo fare in modo che questa notte sia rischiarata dalla luce di qualche stella. E il monologo di Sabrina Fardello lo è.
    È una stella luminosissima capace di strappare quel sipario, metaforicamente rappresentato dallo scialle nero che lei porta e che avvolge quella parte di mondo che vive nell’oscurità. Quella parte di mondo che nega la libertà alla donna, che la umilia, che ne calpesta ogni giorno la dignità, che ne tarpa le aspirazioni, che ne fa il bersaglio della rabbia dei propri fallimenti. “Lascia che io pianga”, stupenda aria di Handel, è la degna colonna sonora che accompagna questa tragedia senza fine, che presta le parole al finale in cui la protagonista, pur pronunciandole sommessamente, si staglia nella grandezza della sua dignità al di sopra del manto scuro del suo annientamento e come condanna delle istituzioni sempre colpevolmente latitanti.
    Ennio Berenato

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  40. Un grido acuto e appassionato sulle violenze di genere. L’ennesimo, direbbe qualcuno con malcelato fastidio. Come se le urla di denuncia dovessero limitarsi o subire un qualche contingentamento. In realtà sono sempre troppo poche o troppo poco considerate.
    L’artista Sabrina Fardello, in questo video, con un sapiente mix di arti diverse (recitazione e canto), scaglia letteralmente e sapientemente, in pochi minuti, i riflettori sui molteplici aspetti della situazione che vivono tante (troppe) donne. Dall’aspetto economico (cosa faccio? dove vado?) alla solitudine, dalla paura per i figli alla scarsa (quasi nulla?) attenzione e aiuto che il mondo esterno, il potere in particolare, offre loro. Quasi che a loro non rimanesse altra scelta che tornare a casa, preparare la cena e fare pace. Sperando che ai rispettivi compagni violenti “sia passato il nervoso”.
    L’assenza di scenografia è funzionale al tema del monologo, mentre sorprendentemente efficace appare il costume che l’artista indossa. Un meraviglioso contrasto tra il luttuoso nero del vestito e dello scialle e lo scintillante rosso delle scarpe, in grado, queste ultime, di mostrare tutto l’orgoglio e la reazione che le donne vittime di violenze e soprusi sono in grado di mettere in campo.
    Questa denuncia artistica è forse, come si diceva all’inizio, “l’ennesima”. Ma possiede la forza e lo slancio che deriva dalla assoluta mancanza di passaggi retorici, presentando e preservando una asciuttezza e sobrietà che diventano il vero valore aggiunto del messaggio.
    Piero Sesia

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  41. È questa una significativa performance teatrale messa in scena da Sabrina Fardello tramite un drammatico monologo sulla violenza di genere. È un racconto che dà visibilità all'odioso misfatto dello stupro, replicato da sempre e ovunque in forme diverse, caratterizzato ogni volta dalla stessa odiosa sostanza! Protagonista di questa narrazione è una donna lasciata sola nel pugno della psiche malata e perversa di un uomo! Si tratta di una madre che cerca di lottare e di preservare la piccola figlia dal trauma che potrebbe subire assistendo ad azioni tanto inique e ingiuste. Come da prassi, lei chiede aiuto alla giustizia, ma rimane inascoltata. Il contenuto teatrale, la voce e il video, per la loro intensità, trasportano lo spettatore in uno stato di commozione e di forte empatia.
    Il canovaccio teatrale utilizza oggetti simbolici come lo scialle nero, metafora di una condizione triste, quasi di un lutto! Lo scialle occulta e al contempo mostra una donna stuprata nel corpo e nella dignità. Anche nei contesti più deprivati e in epoche passate caratterizzate da arretratezza generale, le donne coprivano il capo e indossavano abiti castigati. Nonostante il progresso, ancora oggi il vestito femminile fa da biglietto da visita della donna ed è elemento di giudizio della persona in base alle sue fattezze. “Lascia ch’io pianga” è dunque un’ispirata e significativa denuncia/condanna della violenza di genere da sempre inarrestabile.
    La recensione di Cinzia Baldazzi arricchisce di significato e di bellezza la performance di Sabrina Fardello. Accompagna lo spettatore nel percorso di lettura di quanto espresso con note storiche e riferimenti letterari assai interessanti! Mi è piaciuto molto accedere a questo spaccato espressivo variegato, complesso e trascinante!
    Antonietta Fragnito

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  42. La protagonista del breve monologo "Lascia ch'io pianga" è l'ennesima donna maltrattata e quasi uccisa dall'orco di turno; neanche il suo doppio ruolo di mamma e moglie, infatti, induce il "mostro" a risparmiarle offese morali e fisiche, neanche la piccola con il suo orsacchiotto riesce a redimerlo. Soltanto "lui" ha il diritto di essere nervoso...
    La donna cerca insieme alla piccola una prima via di fuga da parenti ai quali lascia sua figlia; gli stessi la invitano a rivolgersi alle autorità dopo una fragile difesa della donna, consapevole che neanche un lavoro le farebbe raggiungere la vita sperata. Il secondo tentativo di fuga è quello dai carabinieri, i quali, non vedendo segni evidenti sul corpo della vittima, invitano la stessa a tornare in "gabbia" e far pace con il suo "assassino". Lei stessa ufficializza la “resa" dicendo ai militari: "Ma sì... vado a casa, preparo la cena, forse si è calmato...” e, in un momento di disperata dignità, dicendo: "Lasciate almeno ch'io pianga".
    Oltre la splendida interpretazione della Fardello, mi è rimasto dentro un grande senso d'impotenza, d'ingiustizia, di dolore... e la certezza purtroppo di una società palesemente alle corde. Ho visto la protagonista rassicurare senza che lei lo fosse, l'ho vista andare dai parenti con il massimo risultato di ricevere consigli, l'ho vista rivolgersi alle autorità inutilmente... l'ho vista tornare a casa con gli stessi propositi della nazione in cui vive, con le stesse patetiche speranze.
    Fabio Prili

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  43. "Ah... non vede segni? Ma lui mi ha stretto! Mi ha bloccata al muro! Mi ha quasi soffocata!". Questa è la chiave di volta del bellissimo monologo di Sabrina Fardello. O almeno a me arriva come tale, come una stilettata nel petto: i segni ci sono eccome, fisici e non, solo che è più comodo voltarsi dall'altra parte e far finta di non notarli. La violenza sulle donne è un argomento ancora percepito, non di rado, come troppo scomodo da affrontare. Nel monologo l'indifferenza è riferita nello specifico alle forze dell'ordine, ma sappiamo bene che essa costituisce purtroppo un discorso generale.
    Come diceva Pascal, è incredibile ravvisare nei cuori delle persone tanta sensibilità per le minime cose e una perfetta indifferenza per le cose più grandi. Siamo diventati pian piano una massa di "stranieri", uguali al protagonista del famoso romanzo di Camus. Perfetti estranei l'uno con l'altro, a volte anche con noi stessi. Insensibili, o resi tali da una società sempre più fredda e spietata e che però si accalora per gli argomenti più futili, spesso sapientemente pilotati dall'alto.
    E così anche il pianto finale, come quei segni, si fa invisibile, in una società che non solo non vuole ma forse non ha più occhi per vedere. Un pianto tuttavia non liberatorio, però "libero", che nessuno può impedirci, almeno quello. Come nessuno può strapparci la nostra dignità, la forza nella sofferenza, quella stilla di speranza, ed è così che voglio interpretare quel gesto di stringere a sé lo scialle nero, non solo quando la protagonista entra in caserma ma anche quando ne esce.
    Vero, il finale appare foriero di tragedia: quel "va bene" incredulo e strozzato mi ha colpito come una seconda stilettata, una resa totale. La protagonista tornerà a casa, preparerà la cena e magari "farà pace" col marito se nel frattempo "gli sarà passato il nervoso". Eppure. Eppure lei sa, eppure ci sono personaggi positivi come Anna, disposti ad aiutarla e a combattere al suo fianco. Eppure, forse, non è ancora detta l'ultima parola. Sta anche, soprattutto, a noi che ascoltiamo scuoterci dalla nostra insensibilità.
    Complimenti, come sempre, alla critica Cinzia Baldazzi, che ci illustra sapientemente il simbolismo dello scialle e delle scarpe rosse, ma senza mai mancare di empatizzare con l'autrice grazie alla sua grande sensibilità, e di veicolare e trasmetterci queste profonde emozioni.

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  44. La violenza subìta, la volontà di proteggere le persone care, un senso di impotenza dinanzi alle autorità. L' interprete descrive in modo toccante e accurato gli stati d'animo di una donna che cerca di sfuggire a una quotidianità distorta e pericolosa, con un finale sospeso tra incredulità e pessimismo.
    Antonella Santoro

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  45. Un momento di grande tensione drammatica e di pregevole interpretazione tanto toccante quanto più aderente ad una realtà violenta e ripugnante, che investe non solo le donne, spesso costrette a subire ed impossibilitate a riscattarsi, seppur consapevoli, ma anche bambini ignari e spaventati, destinati a portare cicatrici.
    Suggestivo e vibrante anche l'abbinamento al brano musicale.
    Complimenti all'attrice protagonista!
    Giuseppina Dibitonto

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  46. Monologo, rappresentazione teatrale, canto lirico, una saggia commistione di più espressioni artistiche per una finalità civile sempreverde. 6 minuti di sicuro impatto emotivo a rappresentare la dinamica della violenza rimasta subdolamente inascoltata dalle forze dell'ordine. Rimasta terribilmente non ascoltata, aggiungo, dal cuore della protagonista e di ogni donna che assiste alla scena. Un complimento alla performer per questa testimonianza artistica e alla la Prof.ssa Baldazzi per aver trovato, come sempre, le parole giuste per presentare e recensire il monologo. Assolutamente pertinente il riferimento pirandelliano, dove lo scialle nero diventa metafora di una libertà cercata e negata, ottenuta a fronte di un sacrificio che nessuna donna dovrebbe mai compiere. Grazie a tutte per questa condivisione di rara qualità. Flavio Provini

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