A CHE PUNTO STA LA SVOLTA
DELLA CHIESA CATTOLICA SUL PIANO ECUMENICO E STORICO
di
Ninnj Di Stefano Busà
La situazione della Chiesa cristiana sul piano
liturgico, ecumenico è cambiata con l’avvento degli ultimi due Pontefici, ma il
suo messaggio ancora oggi resta ancorato alla profonda crisi di fede che sembra
attraversare in lungo e in largo tutto l’Occidente.
Cinquant’anni fa si apriva il Concilio Vaticano II,
che avrebbe dovuto imprimere una svolta nel panorama della civiltà ecumenica.
Lo storico inglese N. Ferguson nel suo volume dal
titolo Occidente: Ascesa e crisi di una
civiltà (Mondadori, Mi, 2012) si pone l’interrogativo sul come una civiltà
avanzata come la nostra sia riuscita a produrre un capitale enorme in fatto di
ricchezza economica, politica, tecnologica, socioculturale, di come ciò abbia
potuto contaminare con il vento della libertà e l’arbitrio del mercato
azionario la forza produttiva del lavoro e dell’utile anche nel resto del
mondo, cambiandone forse per sempre il profilo fisiognomico e strutturale.
La risposta sta nelle mosse o per meglio dire negli
strumenti con cui l’Occidente si è fatto strada.
Esso lungo il corso della storia si è saputo
organizzare per altre direzioni prospettiche allo sviluppo della società
industriale tecnicamente più avanzata, per afferrare e competere in strategie
monetarie e speculazioni finanziarie e intervenire nelle trasformazioni
etico/socio/culturali del secolo che sempre più si sono allontanate dalla
morale e dalla liturgia chiesistica.
Un reale sviluppo ha caratterizzato e improntato il
cambiamento epocale andandosi a scontrare con la tradizione e il culto ecumenico
sul piano liturgico. Impressionante e rapido è stato il cambiamento di rotta:
la realtà si è andata sempre più orientando sui parametri dell’utilitarismo
materialistico tralasciando altri valori insieme al culto della bellezza e
della verità.
Oggi da più parti si leva un interrogativo sulle
nuove problematiche che attendono l’umanità e la storia. Sapremo uscire dall’empasse? ritrovare valori e significati?
L’accelerazione è stata repentina. In un trentennio o poco più si è passati
dalla devastazione dell’ultima guerra al clima sfrenato e ineludibile del
<tutto è concesso> senza remore, senza reticenze, un libertarismo
sfrenato e senza regole si è insediato nelle coscienze facendo proprio il
diritto di felicità, di utile, di pienezza, “illimiti” di una classe sociale
che aveva assistito alla caduta delle speranza in un clima d’impoverimento
delle risorse mondiali.
Oggi a cinquant’anni dal Concilio (11 ottobre,1962) le
prospettive del mondo vivono una crisi profonda e ineludibile per la storia e
per gli uomini i quali subiscono le
conseguenze di un disastro finanziario senza precedenti.
Il mondo è pervaso di ansie e di paure, il mutamento
percorre strade inquietanti di guerre, fame e tribolazioni, il medioriente è un
focolaio di sangue, le primavere arabe ne hanno versato molto.
Il postmoderno assume il volto tumefatto di un
malfunzionamento epocale che sintetizza solo un pragmatismo e una tecnocrazia
aberranti, poichè viene a scontrarsi con una totale sfiducia nel mondo e nelle
parole e negli atti della Chiesa. La società disincantata non risponde più con
la fede in Dio, ma con la perdita sempre più ampia di consensi verso la parola
di Dio, nel rifiuto della condivisione dei suoi valori ecumenici e nella
comunione degli insegnamenti liturgici. Lo scontro è tra civiltà, soprattutto
oggi che la postmodernità viaggia sull’etere con messaggi di guerra e minacce
nucleari. La paralisi è alle porte in ogni momento. La crisi antropologica va
di pari passo con la crisi evangelica, si ripudiano i dogmi della verità
liturgica per abbracciare fantomatiche insidie e la totale sfiducia nella
Chiesa di Dio ne è un esempio.
Manca la volontà della fede, la teologia delle
capacità di rapportarvisi, manca la vita volta al cristianesimo come stimolo
verso l’offuscamento delle possibili cause di morte spirituale. Vi è in atto un
ateismo teocratico che è stato per tanto tempo la base distintiva del Concilio
Vaticano II in fatto di secolarizzazione. Il Dio biblico è andato scomparendo
per dar vita ad una eredità di declino irreversibile che le lacerazioni in atto
non potranno che aumentare.
Ninnj Di Stefano Busà
Questa interessante riflessione mi riconduce a un romanzo profetico e molto serio di quel disconosciuto genio letterario che è stato Guido Morselli, da titolo Roma senza papa, edito da Adelphi, che sembra scritto nei nostri giorni inquieti.
RispondiEliminaVi invito alla lettura.
M. Grazia Ferraris
Fa riflettere moltissimo questo scritto della Busà e la ringrazio a nome mio e di tutti i lettori. Che la spiritualità stia vivendo una crisi profonda nella società materialistica in cui viviamo, è verissimo. Che la Chiesa fatichi tremendamente per mantenere alta la fiaccola dello spirito in un'era come la nostra, segnatamente marcata dal trionfo dell'egoismo, è altrettanto vero. Forti sono le spinte verso la solidarietà, verso un senso più altamente umano e fraterno del vivere, ed in questo ambito i venti dell'ecumenismo, nati dal Concilio Vaticano II, hanno indubbiamente svolto un ruolo trainante e salutare. La dottrina sociale della Chiesa, di cui l'attuale Pontefice sembra destinato a diventare un interprete straordinario, rappresenta - con i suoi richiami all'amore - un forte antidoto alla generale crisi di valori morali. Tuttavia i venti contrari sembrano essere più forti, e condivido il pensiero della Busà laddove afferma che ci troviamo a vivere "un'eredità di declino irreversibile che le lacerazioni in atto non potranno che aumentare". Contro tale declino sarebbe oltretutto improponibile opporre un assurdo ritorno al moralismo teologico e biblico del passato. A mio modesto parere, pertanto, per uscire dall'impasse non c'è che una via: quella impervia, ma realisticamente percorribile, che induce gli individui (ogni individuo)a riscoprire autonomamente le proprie sorgenti spirituali. In assenza di ciò dovremmo rassegnarci purtroppo a rinunciare a qualsiasi progetto di rinascita umana, civile e morale.
RispondiEliminaFranco Campegiani
Giustissimi i vs. interventi. Vige negli intelletti saggi la speranza di una nuova rinascita, ma i richiami alla straordinaria maleficità dell'uomo che sono: l'egoismo, il denaro, e l'assenza di coscienza stanno perpetrando tali lacerazioni al mondo da ridurlo sull'orlo di un baratro. Saprà il Bene, visto come forza trainante dell'umanità, contrastare e immobilizzare ogni residuo malvagio? in questa grave crisi dei valori saprà conquistare la sua libertà e imboccare la strada giusta per la salvezza?
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