Questa pagina è dedicata a Daria
Menicanti
Maria Grazia Ferraris, collaboratrice di Lèucad |
Nel lontano 2012, quando Maria Grazia Ferraris ha cominciato il suo viaggio collaborativo con Lèucade, mandò un breve scritto dal titolo Daria a Giulio, che aveva per oggetto proprio il tema dell’amore difficile della poetessa per Giulio Preti, il marito filosofo, costruito sulla lettura delle sue poesie. Fu pubblicato con consenso e grande entusiasmo da parte mia, e poi il pezzo venne premiato ad Empoli, premio Rea. Ora la Ferraris ripropone alcune straordinarie poesie di questa dimenticata poetessa, con un piccolo commento, parzialmente pubblicato su Q.N.
DARIA
MENICANTI. Poesie d’amore.
Se Daria Menicanti fosse un uomo, “giusto un uomo”,
un Giulio Preti, ad esempio, le sue poesie sarebbero più conosciute, più
diffuse nelle antologie novecentesche, poesie certo da leggere e
rileggere.
Daria sa cogliere le variabili di un’arte poetica non facile, non sentimentale, non urlata né lacrimosa- che sono le componenti abusate da cui si allontana la grande poesia-, quella in cui, forte della sua ironia, del suo amore per il pensiero, per l’epigramma e l’aforisma, strumenti da lei privilegiati, (e non dimentichiamo che sono usati da pari loro da Fortini, Flaiano, Bo, Pasolini…) dimostra di essere davvero una grande poetessa, anche se nella folla di coloro(e sono tanti) che giocano con le parole (poetiche), rischia di essere fatalmente dimenticata.
Sa muoversi nella sua biografia privatissima (Breve storia di un lungo amore, Lieto fine) con leggerezza, evocando il suo difficile rapporto con Giulio Preti, la sua causa perduta, (Di te resta, Lettera in bottiglia) la solitudine incapace di sostituzioni, il ricordo congelato pur nel dolore mai esibito, fino all’ironia (L’amore (non) è eterno), che ci riconduce al tono poetico e al dominio emotivo della Szymborska, fino alla confessione d’amore de Il cuore innamorato, tra incanto e disincanto. Sempre consapevole e misurata: “E sono anche molto fiera di possedere questa dote dell’ironia che ho certamente ereditato dalla famiglia toscana di mio padre. Il senso dell’ironia, ovvero la capacità di vedere sempre le cose un po’ scherzando, un po’ comunicando i propri pensieri più veri e riposti.”
Daria sa cogliere le variabili di un’arte poetica non facile, non sentimentale, non urlata né lacrimosa- che sono le componenti abusate da cui si allontana la grande poesia-, quella in cui, forte della sua ironia, del suo amore per il pensiero, per l’epigramma e l’aforisma, strumenti da lei privilegiati, (e non dimentichiamo che sono usati da pari loro da Fortini, Flaiano, Bo, Pasolini…) dimostra di essere davvero una grande poetessa, anche se nella folla di coloro(e sono tanti) che giocano con le parole (poetiche), rischia di essere fatalmente dimenticata.
Sa muoversi nella sua biografia privatissima (Breve storia di un lungo amore, Lieto fine) con leggerezza, evocando il suo difficile rapporto con Giulio Preti, la sua causa perduta, (Di te resta, Lettera in bottiglia) la solitudine incapace di sostituzioni, il ricordo congelato pur nel dolore mai esibito, fino all’ironia (L’amore (non) è eterno), che ci riconduce al tono poetico e al dominio emotivo della Szymborska, fino alla confessione d’amore de Il cuore innamorato, tra incanto e disincanto. Sempre consapevole e misurata: “E sono anche molto fiera di possedere questa dote dell’ironia che ho certamente ereditato dalla famiglia toscana di mio padre. Il senso dell’ironia, ovvero la capacità di vedere sempre le cose un po’ scherzando, un po’ comunicando i propri pensieri più veri e riposti.”
Epigramma per
il cuore
Se il cuore è innamorato
il fracasso che fa.
Io non capisco come mai la gente
non se ne avveda mentre quello va
tambureggiando sospeso nel petto
e non sosti interdetta a domandarsi
qual che si sia e chi fa.
Poesia d’amore
Le giornate si sono fatte lunghe
I nembi caldi, soffici; marino
quasi
il vento guerriero.
E mi porta farfalle e cartoline
E sull’angolo
Te,
uno irto di capelli e di sontuose
baruffe,
ma assai caro
egualmente,
assai caro.
L’amore
(non) è eterno
Non
può durare. Certo non durerà.
Si
attacca l’amore smaniando
al tuo
corpo bruciante e corre ad altre,
eterno
solo in questa sua vicenda.
Il
resto che si dice è peste e corna
di
poveri poeti.
Lieto
fine
C’era
una volta che mi innamorai
di uno
sino a conviverci.
Ma lui
cercava una perpetua rissa
e
applausi femminili al suo nome
e
l’affannata attesa per ognuno dei suoi ambiti ritorni.
Ora il
suo battelletto se n’è andato
lontano.
In compagnia di un dappoco
oggi
mi annoio. Eh, sì:
meravigliosamente
mi annoio.
Breve storia d’un lungo amore.
Da
Un nero d’ombra
Un
uomo pieno di debiti
Idrofobo
Gran
dormitore
Grande
fumatore
Con la
barba di almeno tre giorni
Odiatore
del piccolo- di suo
Un
genio, questo sì:
degli
aerei giochi un maestro-
lodatore
delle altre
ballerino,
contro
un uomo così a schiantarsi andava
il mio
giovane asettico amore.
Di te resta, 1964
Da un nero d’ombra
Di te
resta sospeso nelle stanze
un
leggero sospiro di tabacco
francese,
l’eco
delle tante imprese
col
Pensiero per balze rarefatte.
Resta
di te l’alone romanzesco
degli
amori di vecchio Don Giovanni
tenero
e stanco, quasi senza impegno
ghermitore
di soffici colombe.
Lettera in bottiglia per Giulio
Da
Ferragosto
Ti
scrivo tutto quello che ancora mi è rimasto:
l’infinita
stanchezza le curiosità inesplorate
una
femmina vecchia ma non fatta più saggia
amante
i rischi il figlio che non avemmo.
Quando
ho saputo che eri là e con niente
subito
ti ho mandato a dire: se vuoi torna.
A casa
hai sempre un luogo
I tuoi
libri i tuoi dischi
E la
stanza più grande di tutta la mia casa.
Ma non
credo che torni
Questo
non me lo aspetto
Pure
ti lascio lo stesso la lettera come
sàgola.
L’ho
chiusa in una bottiglia buttandola a galleggiare:
non mi
illudo che andrai a ripescarla: di tutte le mie cause perse
tu,
caro, sempre sei stato
la
causa più persa di tutte.
Epigramma per noi due.
Da
Poesie per un passante
La
morte giocò a lungo a rimpiattino
tra
noi due. Poi ad un tratto- così dicono-
scelse
il migliore.
Daria
Menicanti nasce a Piacenza nel 1914 da padre livornese e madre
fiumana. Laureata in Estetica a Milano con il filosofo A. Banfi, fu
insegnante e traduttrice. Sposò il filosofo Giulio Preti.
Morì a Mozzate (VA) nel 1995. Le sue prime opera poetiche : Città
come, 1964; Un nero d’ombra, 1969; Poesie per un passante,
1978. Nel 1986 pubblica Altri amici e Ferragosto. Nel 1990 esce Ultimo
quarto. Nel 2013 l’Università dell’Insubria (VA) le ha dedicato una
giornata di studi e la pubblicazione completa delle sue poesie col titolo Il
concerto del Grillo ed. Mimesis.
Grazie carissima Ferraris! Un'altra delle tue sceltissime pagine che regalano al lettore di Leucade notizie di cultura e curiosità sempre piacevoli a leggere , come questo incontro con una donna davvero speciale che rivendica piacevolmente il suo spirito toscano, di eredità paterna. Una poetessa che ha lasciato di sé e della sua vita un ricordo in versi tanto vivo che ancora oggi ci trasmettono uno spirito fresco ironico eppure grande nella comprensione verso l'uomo amato.
RispondiEliminaMolto interessanti e di piacevolissimo gusto le poesie che hai presentato. Sincere congratulazioni per il tuo lavoro di critica e attenta studiosa .
Edda Conte.