Presentato il 28 settembre
presso la sede romana della "Dante Alighieri"
"Dalla parte del
tempo" il nuovo testo poetico di Sonia Giovannetti
Franco Campegiani, collaboratore di Lèucade |
Poesia pensosa,
problematica, questa di
Sonia Giovannetti. Poesia anche lieve, fresca e zampillante,
che prende sulle proprie ali il lettore, ma sa tenerlo ancorato alla terra,
nella crudezza della realtà. Poesia dove la dualità è di casa. Ossimorica potremmo anche dire, usando un termine
inflazionato che tuttavia rende l'idea. Un realismo lirico che vuole stare, e
sta, dalla parte del tempo, con i piedi per terra, pertanto, ma con la criniera
al vento, perché la realtà è un misto di cielo e terra, di assolutezza e di
caducità.
Sonia è ispirata da questa
visione duale della realtà. Ad essa dichiara espressamente di
aderire fin dalla
dedica iniziale, il
cui destinatario è nientemeno che Giano bifronte: "In
ogni istante del tuo divenire altro - gli dice - non fai che rimanere sempre te
stesso". Divenire ed essere, non in chiave antitetica, ma fusi in un solo
respiro. Unità eraclitea di opposti, armonia di contrari. "Sono ciò che
fui sempre, / futuro di una memoria", lei scrive. Un fuoco a
trecentosessanta gradi. Stare dalla parte del tempo, allora, significa anche
tendere verso quei principi immutabili da cui il tempo viene e che vengono
ciclicamente riscoperti nella temporalità. C'è insomma un rapporto di
complicità fra essere e tempo, e
ciò è magnificamente detto,
in metrica perfetta
e in perfetto
stile sapienziale, nella prima
composizione del testo:
"giacché nel tempo
ha dimora il vero / che non trasmuta e non conosce mete / ma sempre
torna a sé lungo un sentiero // ove infinito il ciclo si ripete / come in quel
fato, amico del mistero, / che porta al riapparir delle comete".
Che il tempo possa essere dimora del vero
è pensiero davvero inusuale in una
cultura che da sempre vede nel tempo, nel relativo, una contraddizione dell'eterno, dell'assoluto.
Il nichilismo attuale lo conferma: la verità eterna ed immutabile non
esiste, è pura
illusione in quanto
tutto è temporalità, è mutamento, è
dominio del caos.
Invece Sonia afferma
candidamente - sfacciatamente,
direi - che nel tempo ha dimora il vero . Non dice – attenzione - che la verità è
il tempo, ma dice che la verità vive segretamente nel tempo, partecipe del
tempo, seppure da esso distaccata.
Ed è posizione di pensiero
coraggiosa. Non è un caso che Plinio Perilli, nella sua
colta e come
al solito brillante
prefazione, sottolinei ed
elogi l'inattualità di questa
poesia, sia pure adducendo altre motivazioni. Qui si puntano i fari su di un
tempo interno allo scorrere del tempo: quel tempo della coscienza di cui
facilmente perdiamo contezza, naufraghi come siamo nel vorticoso e
dilaniante oceano del
divenire. Ma è
un tempo, quello coscienziale, che esiste realmente,
un tempo che sempre si spegne e sempre si accende, e non ha nulla a che vedere
con la lineare durata
bergsoniana.
Un tempo - abbiamo già
citato questi versi - che "sempre torna a sé lungo un sentiero / ove
infinito il ciclo si ripete". Stare dalla parte del tempo, allora,
significa stare sospesi, come Giano appunto, tra tempo e non-tempo, tra
divenire ed essere, in un viaggio perenne fatto di approdi e partenze, di risvegli e di oblii. Morire
e rinascere, rinascere e morire in un altalena infinita.
Stare in bilico, in
equilibrio: è questa la legge del tempo che difficilmente, vivendo nel tempo,
riusciamo ad accettare.
Quando però
l'oscurità si fa
totale, non può
che far bene
affidare all'aquilone, come fa la poetessa, le conchiglie raccolte sulla
sabbia. Fuor di metafora, offrire i frammenti dispersi della nostra esistenza
all'essere alare che ci vive dentro e che è nostro sodale. Egli sta insieme a
noi dalla parte del tempo, non aldilà del tempo, come è luogo comune pensare.
Vive con noi nel tempo, refrattario alle offese del tempo, che colpiscono noi
mortalmente nel piano sensoriale. Le flessioni certo non mancano, la fede
(questo tipo di fede) vacilla e si trasforma in dubbio mortale, ma i momenti di
grazia, seppure rari, esistono realmente, non sono chimere.
Sicché, sulle ali
dell'aquilone, finalmente Sonia può dire: "Il mio volo, questa notte, / ha
rimosso l'ingiuria del tempo". Come questo accada è un mistero, ma c'è un
"tempo nascosto della vita", lei dice, da cui sempre riparte ogni
avventura festosa. L'inverno, ad esempio, la stagione "in cui i semi abitano
la terra" "e gli alberi celano la loro identità", non è il tempo
della morte, come potrebbe sembrare, ma appunto il "tempo nascosto della
vita" che annuncia l'appressarsi di una nuova estate.
Ed ama la notte, Sonia,
patria per lei di sogni felici e non di fantasmi paurosi. Tanto che in una
giocosa e rimata poesia di tre distici, può scrivere:
"Vorrei che mai
venisse il far del giorno / a far cessare questa mia follia // che il giorno
porta seco, mentre intorno / la notte rende vera la pazzia. // So che non è mai
vero / quello che al sogno chiude ogni sentiero". Niente è a senso unico,
tutto si chiude e si apre continuamente, giacché il finito, ciò che è caduco,
porta dentro di sé l'immortale,
l'infinito.
Questo significa
stare dalla parte del tempo. Significa
sperimentare l'equilibrio
nella sua carica
esplosiva di luci
e tenebre: "Quando tutto s'annebbia / e non vedo cieli tersi //
quando il mio gatto si nasconde / e il sentiero si fa incerto / tra orizzonte e
oscurità // mi volgo ad altro sole / - che di
sicuro c'è -
a dar luce
/ alla notte e
a questo delirio.
// Altri occhi m'indicheranno /
la strada ed
anche la croce
/ si farà
coriandolo". Un ottimismo
non ingenuo, che si fa strada attraverso la macerazione interiore.
Struggente l'immagine della
"clessidra del tempo", dove "scorre il sangue /goccia a goccia",
"a scandire questo lungo esilio".
E l'amore non salva: o è
perduto per sempre, o è atteso invano. Amore tradito, o
forse mai avuto, o
solo sfiorato... La
pienezza è impossibile:
"S'affaccia sempre
quel tempo, / la stagione di quell'Uno che fummo, / che mai più siamo stati. /
... / Ho te dall'altra parte del mondo / e solo un po' di stelle in tasca. //
Il silenzio ci divide, la candela è quasi spenta". "La mia cometa
s'incammina altrove. / Stanca e fatta cenere, riprende la scia / e fugge da ciò
che non è stato / verso il luogo dove, in qualche / modo, continuerà a brillare".
Manca sempre qualcosa e
deve mancare, altrimenti si cessa di vivere e di credere, si cessa di
lottare. La tentazione è forte in tal senso e si è sempre sul punto di cedere,
di gettare le armi, così come si è sempre sul punto di aprire le ali. Ed ecco
improvvisa la luce: "T'indovino in ogni ombra. / Amo perfino la tua
assenza / se così vuoi tenermi vicina". "Un lampo di sole il nostro
incontro / nel grigio autunno dei miei giorni. / ... / Per vivere e per morire
/ basterà quel momento". "Vorrei imparare ad accontentarmi / della finitezza
di ogni cosa / e cogliere l'infinito in un attimo".
Grande saggezza. Eterno è
l'attimo, non è la durata. Il vero amore non è quello che dura cent'anni, ma
quello di un bacio o di un semplice sguardo che ti rapisce
e ti catapulta
al centro dell'universo, nel
cuore delle galassie lontane. Ciò
non toglie che
si possano vivere
cent'anni di questi
attimi favolosi, divini, ma ogni attimo è a sé, ed è unico. La poesia di
Sonia ha il potere di evocare questa fede nell'invisibile proprio in quanto
orgogliosamente attaccata al visibile, dalla
parte del tempo. Cito a sostegno dei versi, perché è molto meglio far parlare
la poesia:
"Quando il mio profumo
sarà svanito / e la poltrona non avrà più il mio calco / quando soffierai
sull'ultima candela accesa / e impetuosa scenderà la notte / io sarò ancora lì
/ tra le tende mosse dal vento". Poi: "Te ne sei andata lasciandomi /
la nostalgia dei
nostri giorni densi
/ delle parole
solo nostre. / ... / Quel nostro tempo senza tempo / di madre e figlia
nell'eternità".
E' una poesia che scava
nell'interiorità,in quel territorio dell'anima che si estende oltre i confini
dell'ego, dell'io, e che pertanto non ha
nulla a che vedere con l'intimismo, con le emozioni superficiali. Il verso vola
alto: "Ho cercato negli attimi astrali / la creazione, il mistero, la voce
/ inconosciuta di tutte le cose".
"Un tempo nel
tempo" conferma ampiamente il viaggiare della poetessa in regioni sconosciute a
Crono, il dio del tempo che scorre, a una sola dimensione, ma invece pienamente
note a Giano, dio del tempo duale. E' inevitabile che l'alto e il basso
spesso finiscano per bisticciare tra di loro, ma l'equilibrio è possibile:
"C'è un luogo incantato / dove ci incontriamo. / Ho un corpo inerte da
portare / al tuo cospetto, mente mia. / ... / Solo lì, finalmente, diventiamo
una cosa sola". La partita è comunque aperta e non si pensi ad una vittoria
definitiva. Lo sconforto
bussa costantemente alla
porta, ma neppure la sconfitta è
definitiva.
Quello che finora abbiamo
detto riguarda la prima parte della silloge, Il tempo dell'Io C'è una seconda parte, Il tempo del Noi,
e una terza parte, Il tempo dei luoghi, dove la tensione verticale lascia il
campo all'orizzontalità, dando vita ad una poesia civile particolarissima,
strettamente legata ai temi metafisici di cui abbiamo parlato, che qui si
traducono nel tema del contrasto fra utopia e realtà. Così, nel diario che
ricorda. La tregua di Natale durante
la guerra del 15/18, la
poetessa racconta la sospensione delle ostilità: "Sotto lo sguardo delle stelle /
assaporammo il profumo antico / del pane della pace. //Fu un attimo! / Poi,
all'ordine, tornammo indietro". Ed ecco di nuovo tornare l'attimo, il
magico attimo in cui realtà e sogno fanno tutt'uno. Sonia dedica versi
meravigliosi e struggenti alla tragedia di una madre (la nonna Anna) che perde
il proprio figlio in battaglia; alla Shoah, ad Auschwitz; al terremoto di Norcia;
alla tragedia dei migranti e ad altre situazioni consimili.
L'ultimo capitolo, Il tempo dei luoghi, si apre con una lieta
sorpresa.
Fanno la loro apparizione
quattro disegni della poetessa, che mostrano un versante sconosciuto della
sua creatività, la sua mano felice nel tratteggiare paesaggi con una freschezza
ed un'abilità inusuali. Sono schizzi di luoghi a lei cari,
ai quali dedica
altrettante poesie, testimoniando un
senso di appartenenza alla terra
davvero commovente.
Franco Campegiani
Sono molto grata a Franco Campegiani, oltre che ammirata per il suo colto commento al mio ultimo libro “Dalla parte del tempo”, che egli ha voluto affettuosamente presentare lo scorso venerdì al pubblico, nella splendida cornice della Soc. Dante Alighieri. Le sono grata perché, ascoltandolo, ho avuto subito la gratificante sensazione che il senso di questa mia ultima raccolta di poesie sia stato da lui esattamente còlto e compiutamente svelato. A me per prima, aggiungo, più e meglio di quanto avrei saputo dire io stessa in proposito. Franco ha parlato con ragione di una “visione duale della realtà” che pervade la raccolta. E’ vero, è proprio questo dualismo che mi ha ispirato e che vedo rappresentato nel sentimento che avverto del tempo, grande regolatore della nostra vita e nostro maestro; capace, pensandolo, di darci conto della complessità del nostro sentire quali abitatori del mondo: di questo mondo, e al tempo stesso di quell’ altro che custodiamo in noi e che sovente sentiamo diverso dal primo, da quello che abbiamo intorno. Una dualità che sempre è convivenza, e talvolta anche ossimoro, paradosso di senso: come quando, nei cosiddetti “momenti perfetti” che a molti è dato provare, ci capita di avvertire in un attimo l’eterno. Sento acutamente questa dualità come cifra dell’umano e, insieme, come una sorta di soffio divino, come rivelazione della verità della nostra vita, e credo che questo, a ben vedere, sia anche il messaggio più autentico che ho voluto trapelasse dalla mia poesia. Ancora grazie a Franco per avermi aiutato a capirlo e grazie a Nazario Pardini per la possibilità offerta di rendere pubblico il grande dono di Campegiani.
RispondiEliminaSonia Giovannetti
Tutti i miei complimenti a S. Giovanetti per il suo “ Dalla parte del tempo” presentato a settembre presso la sede romana della "Dante Alighieri". Una sede prestigiosa, accompagnata da relatori fuori dal comune che valorizzano e approfondiscono questa ultima fatica poetica di Sonia.
RispondiEliminaVarie recensioni sono comparse più volte nel tempo su Leucade. A memoria ricordo: quella firmata da N. Pardini, la mia e quella di F. Campegiani.
Ammira e riporta il sonetto incipitario “di elegante struttura classica, legato alla più vera tradizione italiana, che mette i puntini sulle i per quanto riguarda la visione che la Poetessa nutre sul passare dei giorni… una nuova plaquette densa di humanitas; di spirito odissaico, di indagine sul mondo e sul senso del divenire. Una profonda e inquieta ricerca alla scoperta di se stessa…” il nostro Ospite-Guida.
Insistevo io stessa sulla matura, elaborata struttura della plaquette: “ in tre parti: “il tempo dell’io”, che si astrae dalla cronologia storica individuale per approdare al sentimento più profondo ed autentico di sè, “il tempo del noi”, l’aspetto più storico-sociale della poesia che, lontano da ogni completezza cronologica, riscopre i momenti che possono davvero diventare patrimonio collettivo, “il tempo dei luoghi”, in cui il tempo si sposa con lo spazio evocandone la memoria e rinforzando la nostra identità”, vale a dire la ricerca del tempo in tutte le sue sfaccettature, che affonda le radici nel passato, vive il presente per coglierne tutte le vicissitudini e renderlo reale ed emozionante.
“Divenire ed essere, non in chiave antitetica, ma fusi in un solo respiro. Unità eraclitea di opposti, armonia di contrari. "Sono ciò che fui sempre, / futuro di una memoria"…-filosofica la presentazione di F. Campegiani: “…che il tempo possa essere dimora del vero è pensiero davvero inusuale in una cultura che da sempre vede nel tempo, nel relativo, una contraddizione dell'eterno, dell'assoluto.” E può felicemente concludere: “Questo significa stare dalla parte del tempo. Significa sperimentare l'equilibrio nella sua carica esplosiva di luci e tenebre..”
Davvero tanti auguri per Sonia e ringraziamenti per i suoi critici illuminanti e per il filosofo Campegiani.
Non posso che ringraziarti ancora, di cuore, cara Prof.ssa Ferraris, del tuo ulteriore e bellissimo contributo al mio libro. Avevi già donato a “Dalla parte del tempo” un’esegesi profonda e illuminante e ne abbiamo parlato qui, sul Blog che tanto apprezziamo e che ci concede sempre grande spazio.
RispondiEliminaDici bene, cara Maria Grazia, ho avuto relatori “fuori dal comune” che hanno valorizzato, senza ombra di dubbio, la mia raccolta e tu ne sei parte attiva. Mi sento davvero privilegiata della tua attenzione e delle parole che hai voluto dedicare ai miei versi,così come quelle immense di Nazario Pardini che lesse per primo il libro compiuto, quelle di Plinio Perilli che ha curato la prefazione, quelle di Natale Luzzagni sulla Rivista La Nuova Tribuna Letteraria e naturalmente quelle di Franco Campegiani e Anna Maria Curci che hanno incantato e commosso, il giorno della presentazione, me e l’intera platea presente. Si, un privilegio, anche parlare del tempo quando ci appartiene.
Un abbraccio. Sonia Giovannetti
Non posso fare altro, a mia volta, che esprimere il mio sentito ringraziamento, oltre che a Nazario Pardini, sotto le cui ali troviamo tutti accoglienza calorosa, a Maria Grazia Ferraris che mi gratifica con un commento così favorevole, della quale avevo già letto su questo stesso blog l'acuta recensione al testo di Sonia. Infine ringrazio la poetessa per avermi regalato, con i suoi versi preziosi, attimi di intensa e profonda meditazione, nonché di autentica emozione poetica.
RispondiEliminaFranco Campegiani
Stupenda la relazione di Franco sull'ultima Silloge della cara Sonia Giovannetti, che ancora non ho avuto l'opportunità di leggere. Mi sembra che le sue tematiche siano nelle corde del nostro amico Poeta e Filosofo. La visione eraclitea dell'esistenza, infatti, è il punto di partenza della "Teoria autocentrica" e del recente saggio "Ribaltamenti".Sonia sembra vivere sospesa tra realtà e sogno, tra buio e luce, tra parole e silenzi. E nel leggere le parole di Frano l'ho vista la nostra Sonia! Di rara discrezione, mai tesa al giudizio, funambola sul filo del tempo, lieve nell'accettare i giorni di gioia e i momenti oscuri. Giano bifronte, nella sua 'ossimorica' accezione è proprio il nostro, il suo, divenire altra restando se stessa. Sonia resta 'dalla parte del tempo vissuto' senza negarsi prospettive future, cosciente che 'le stelle in tasca' - immagine sublime - , sapranno fiorire e illuminare il cammino. Franco ci illustra le tra fasi della Raccolta e di fronte alla sua capacità espressiva ammutolisce ogni volontà di intervenire. Nell'attesa di nascondermi, fiera, 'dalla parte del tempo', rivolgo a entrambi il mio plauso più sincero...
RispondiEliminaMaria Rizzi
Grazie anche a te, Maria. Hai una capacità empatica di entrare in relazione con la poesia, che supera qualsiasi tentativo critico interpretativo. Con le tue parole aggiungi valore al mio discorso critico e Sonia ti sarà particolarmente grata, ne sono sicuro.
RispondiEliminaFranco Campegiani
Si, ti sono particolarmente grata, cara Maria. Franco Campegiani ha anticipato ciò che provo leggendo le tue generose parole. La tua attenzione al mio tempo e alla mia persona mi riempie di quella gioia che alimenta la luce di quelle "stelle in tasca" che conservo con cura.
RispondiEliminaGrazie molte.
Sonia Giovannetti