venerdì 4 ottobre 2019

NAZARIO P. LEGGE: "PERCORSI" DI SAURO DAMIANI


Sauro Damiani. Percorsi. Edizioni La Torre. Pisa. 2019


Un autore che si affida a case editrici locali, ma che vanta comunque degli spunti interessanti.


Un libro plurale, proteiforme questo di Sauro Damiani, che editato per i tipi di Edizioni La Torre nel marzo del 2019, presta il fianco a diverse chiavi di lettura: filosofica, storica, sociale, memoriale, autobiografica, psicologica; insomma umana.  La corposa edizione, di accattivante professionalità, ben fatta per copertina, alette, composizione, caratteri…  ci accompagna in una lettura di ampio respiro.  Il linguismo si fa fino e ricercato, ad hoc nei vari momenti ispirarivi, che danno una chiara idea della versatilità di un autore aduso  alla meditazione scritturale. Il poeta, attraverso un percorso complesso e articolato, ci fa dono di tutte le sue idee e di tutta la sua epigrammatica vicenda epistemologica attraverso l’impiego di una versificazione calcolata e studiata appositamente a oggettivare teorie e intenzioni emotive; il verso si fa ampio e ipertrofico, abbondante e spesso di positura prosastica, tanti sono i contenuti da rivelare; ars inveniendi, creatività, strumenti adusi ad uno stile polivalente. Non c’è contenuto che il poeta  non riesca a trasmettere con una semplicità complessa che stimola e invita all’approfondimento e all’informazione. A questo punto credo sia importante tirare in ballo una riflessione di Damiani sul ruolo della poesia tratto dal risvolto di copertina: “… Oggi più che mai c’è bisogno di persone che sappiano indicare la strada da percorrere. Credo che il poeta, nel suo modo, con la capacità persuasiva della parola, debba assumersi  anche questa responsabilità. Per porsi superbamente sopra gli altri? No, ma perché, responsabile della parola più di ogni altro, testimoni in prima persona, con la parola e la vita, che una direzione c’è, che non siamo condannati a un correre senza senso che sbocchi infine in un orrido abisso. Uomo come gli altri e insieme agli altri, il poeta può farsi portatore, interprete e operatore di una visione “altra” – quella, se vogliamo trovare un riferimento e un’immagine classica, del Sole-Bene, che in Platone sovrasta e illumina le altre idee”. Parola, luce, funzione didascalica allegorica, come Dante intendeva, sono le cose che più splendono nello scritto di Damiani. E si sa quanto la parola, il suo inserirsi in iuncturae significanti, i suoi sintagmi esplicativi e connettivi, siano importanti. Tanto più se si tratta di poesia dove il fonema è chiamato a dare corposità all’immagine. La silloge, i cui percorsi sono multipli “dalla commedia di  scenette prese dal vivo ai tre inni di Cosmo… attraverso percorsi che il lettore scoprirà da solo…  la rappresentazione della totalità… la poesia si doti di una pluralità di strumenti e che  accolga e faccia suo, ma a modo suo, anche il discorso scientifico, filosofico, teologico…”. E noi sappiamo che ogni contenuto è adatto a nutrire gli empiti focali del poema, basta che tali contenuti non restino impigliati nella ragione, nel freddo raziocinio,  più adatto ad un  discorso scientifico che ad un sobbalzo poetico, dacché la poesia si ciba di spontaneità, irrazionalità, sentimento, passione, emozione, disordine, anche, amalgamati da uno stile di euritmica andatura, visto che la  musicalità è in noi fino dalla nostra discesa in campo sul pianeta. Eponima la prima sezione, Percorsi. Il libro si apre con un numero romano prodromico a cinque componimenti iniziali: “Dispetti del sole, Viaggio nel tempo, Callipigia, L’ingenua, Di fronte;   segue il numero II che ne comprende altri quattro: Santa moderazione, Uomini e cani, Meglio il gelato, Sotto il sole. Le stesure poematiche si fanno sempre più ampie e più narrativo-meditaive dove l’autore sembra abbia bisogno di spazi per esprimere i suoi patemi esistenziali, le sue constatazioni scenografiche, soprattutto da quello che risulta dal n° III: Il diritto (di ben sei strofe), Il signor Potta (di otto), Il dottorino (di sei),  Fanny (di quattro), e a chiudere Un quarto d’ora prima. Segue la seconda sezione: INTERMEZZO ARISTOTELICO, di un solo poemetto su “Aristotele è tutto nell’alluce”.  Quindi la terza sezione: QUESTIONI DI LOGICA, di tre componimenti: La logica del corbello; Circoli; Homo lupus. Nel IV, l’opera Nemmeno la tomba è restata di lui, forse risulta la più emblematica nel riportare il pensiero di Damiani sul tempo, la vita, la fugacità, e sul Cotidie morimur senecano: “… solo un’informe chiazza di fango/ che ricopriva e imbrattava/ il legno rotto e fradicio che una volta/ era stata una croce-/ la croce di quel Cristo/ che egli sempre invocava”; seguono Demonio; In memoriam; Il figlio. Il n° V introduce la quarta sezione: VIAGGIO IN ITALIA, dove l’autore si abbandona a riflessioni storico- etiche su una situazione contemporanea: … “Quella di oggi è una realtà di sterpi...”; quattro pièces. Il n° VI comprende la quinta sezione dal titolo: DALL’EUROPA, che con  No!, Marco Aurelio e il passero (di cinque strofe contrassegnate da numeri romani), Gli occhi di Linceo, e Il volo dell’angelo, precede l’ultima sezione, VII, NEL COSMO.  A chiudere la poesia Solstizio d’inverno, dove il sole fa da primo attore illuminando un mondo pieno di difetti e di mancanze, non ultima quella dell’assenza di rispetto per la nostra madre più antica; un sole che a dispetto di tutto illumina e riscalda:

(…)
Mangialo, mangialo il sole!
Non temere, è dolce, più dolce
del labbro che brami di baciare.
Mangialo, mangialo il sole!

Il sole, il sole!

Un percorso zeppo di rimandi emotivo-contemplativi in cui il poeta, con un ritmo vitale e incisivo, affronta la complessità dei temi reali, apportando considerazioni e riflessioni ora ironiche, ora dolorose, ora dispiaciute, ora melanconiche ma pur sempre realistiche sul mondo che gli si snocciola davanti.

Nazario Pardini                           

2 commenti:

  1. si fa presente a Damiani che la poesia di Pardini ha ottenuto risultati che travalicano i confini nazionali. Laurea ad Honorem dalla università pontificia di Roma, Premio Calliope nel salone dei CINQUECENTO FIRENZE, Premio LIBERO DE LIBERO; tradotto in inglese, spagnolo, francese... Che Damiani si legga la poesia di Pardini, ad esempio l'ultima sua creazione I DINTORNI DELLA SOLITUDINE: avrebbe molto da imparare, soprattutto a livello espressivo, dacché io conosco lo stile piuttosto prosastico e ingarbugliato di Damiani, avendo fra le mani il suo libro. Pardini con la sua generosa critica ha dimostrato ancora una volta la sua magistrale competenza ma, al contempo, la sua bontà valutativa, scaturita da un animo nobile. Io avrei messo in evidenza il campo ristretto e locale in cui opera tale autore...
    Rodolfo

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  2. Da ciò che scrive Rodolfo, intuisco che l'autore Damiani si sia concesso l'ardire di criticare in negativo il Poeta N. Pardini. Questi, per tutta risposta, gli sfodera una critica invidiabile a tutti i poeti contemporanei. Tale gesto conferma (ammesso che ce ne sia la necessità)della sua più che copiosa magnanimità nei confronti di tutti coloro che scrivono in versi, in saggistica, in narrativa ecc. In questo sta la grandezza umana del prof.Pardini. Ma è legge di natura che chi sta in alto sarà sempre additato in positivo ma soprattutto in negativo. Ovviamente e volutamente ho messo da parte, dello Stesso, la grandezza culturale di poeta, saggista, critico letterario ecc.ecc. Non conosco l'autore Damiani del quale non posso esprimere un mio modesto parere ma, se come scrive Rodolfo, ha una espressività poetica -prosastica- e ancor peggio -incarbugliata- certamente non mi incuriosisce molto. Debbo ammettere però che quanto letto di pensiero sulla finalità della poesia sul sociale mi trova pienamente in sintonia. La poesia, specie nel contesto contemporaneo, ha un ruolo pedagogico relevante per arginare il più possibile l'andazzo materialistico e disumano che l'uomo stesso ha messo in atto. Pasqualino Cinnirella

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