mercoledì 9 ottobre 2019

SEBASTIANO SATTA: "ALBA"


SEBASTIANO SATTA

Nacque a Nuoro nel 1867 e ivi morì  nel 1914. E’ il più grande poeta della Sardegna  e i suoi versi anche se scritti in lingua letteraria rappresentano l’anima e il costume della sua isola e specialmente  della Barbagia.
Fu avvocato, insegnante e giornalista. Anima ribelle e appassionata, amò e difese la sua gente e lottò spesso per gli umili e gli oppressi.  Nei versi ribelli ribollono i suoi sdegni e le sue ansie per la società contemporanea di cui egli avverte gli errori e la sete di libertà e di giustizia. Ma la sua vera  poesia è tutta raccolta nei volumi  CANTI BARBARICINI e CANTI DEL SALTO E DELLA TANCA, nei quali il motivo folcroristico è spesso superato dalla ricchezza del suo spirito, dalla profondità umana e dalla aderenza alla vita.

ALBA

Or i sardi pastori, all’indorarsi
dei cieli, mentre van con tintinnìo        
dolce le greggi a ricercar gli sparsi
rivi, levan le fronti e adoran Dio.

Rapiti, quasi sentano levarsi
la luce in seno, fremono ad un pio
sgomento come querce, su per gli arsi
greppi, dei venti roridi al desìo.

Poi vanno lungo il risonante mare,
fra prati d’asfodelo e per  le rupi,
vanno fantasmi d’un’antica età;

torbidi e soli nel fatale andare,
il cuore schiavo di pensieri cupi,
l’occhio smarrito nell’immensità.

1 commento:

  1. Esprimo tutta la gratitudine per l'inserimento di questo post sul Poeta sardo Sebastiano Satta, dimenticato dalla
    letteratura scolastica e di altissimo valore artistico e sociale. La lirica "L'Alba", concepita sui campi di Tiesi, in un’alba del Giugno 1796, ricorda nei contenuti descrittivi, realistici e di rara tenerezza molte altre sue poesie. Ne cito una:
    "IL PANE DELLA BONTÀ
    I tetti fumigavano
    Dalle scandule brune, tra il nevisco,
    E tre donne sfornavano e infornavano
    Al lume del lentisco.
    Venne uno stormo di fanciulli – O zia
    Un pane. – Va’ in malora! –
    – O zia, zïetta mia,
    Un pane. – Va’ in malora! –
    – O zia, mammina mia,
    Un pane… – Va’ in malora! –
    Ah che dopo l’avaro
    Diniego, ingrato e amaro
    Si fece il pane! E allora
    Passò Gesù bambino;
    Gesù bambino venne
    Al borgo di Barbagia:
    – Donne, un pane! – Per te, vieni, piccino. –
    E una donna distese
    Un po’ di pasta d’orzo sulla bragia:
    Ed ecco che quel poco
    Divenne molto, e sì divenne grande
    Quel pane che a sfornarlo
    Ci vollero tre pale.
    Ché sempre cresce e crescerà più sempre
    Il pan della Bontà."
    Versi che mettono in luce le capacità stilistiche di quest'Autore, perfetto e ispiratissimo nei Sonetti e nella metrica in genere, e la sua capacità di leggere i paesaggi con spirito paragonabile a quello del Pascoli o, come in queste liriche, del Virgilio delle Georgiche e delle Bucoliche. Un uomo, Sebastiano Satta, costretto alla paralisi, a vedere le luci e le ombre del mondo attraverso il filtro della sofferenza, che non sempre rende più buoni. L'Autore ha saputo fare del dolore l'uso meno comune, l'ha reso il proprio habitus d'amore per guardare ogni situazione con onestà intellettuale, con desiderio di verità e con bontà. Lo hanno definito ribelle, credo sia più giusto considerarlo un socialista, ovvero un fautore di cambiamenti economici e sociali. Un uomo che ha precorso i tempi, che si è comportato da 'difensore degli oppressi e dei diseredati', senza auspicare rivoluzioni, ma facendo delle proprie opere attestati di autentico apostolato.
    Sebastiano Satta è l'uomo che darebbe senso a tempi come i nostri. Grazie infinite per questo tributo.
    Maria Rizzi

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