domenica 29 dicembre 2019

FRANCO DONATINI LEGGE: "RELICTA" DI BENEDETTO MAGGIO




Nell’introdurre questa nuova opera di Benedetto Maggio, non posso non sottolineare il processo di approfondimento e maturazione delle tematiche tipiche della sua poesia, la memoria unita al rimpianto del passato, l’angoscia del presente e il senso di abbandono. In sintesi il travaglio dell’uomo moderno, diviso tra la dolce e talvolta amara nostalgia del ricordo e il dramma della vita che scorre, del tempo che avanza inesorabile e tiranno.
Nel ricordo ci sono gli amori, le passioni, le persone care, gli eventi familiari quelli esterni, che costituiscono il vissuto complessivo del poeta.
Il gioco delle voci / si è già spento / e un ritornello d’ombre segna il tempo / … / all’improvviso un giorno, alla finestra… / …mi sorprende l’autunno! / con lo stanco sorriso della luce / ... / E sia l’ora che dice “tutto passa” / il vuoto del letargo, dell’attesa
È un passato che si smorza, diventa indefinito nei contorni, in questa poesia “Il gioco di voci”, che testimonia la caducità delle cose e delle emozioni.
In altri casi, come in “Quel flusso di fotoni” la luce partorisce un’immagine che il ricordo conserva intatta nella forma e nello spirito:
Quel flusso di fotoni / t’ha cercata / come a rendersi bello / in te. La luce / sul tuo ovale riposa / un’elica di riccio delicata / t’allunga le sue spire / fino al labbro.
Altre volte sono i particolari degli ambienti e degli eventi, il vago ombreggiare del fico, un porto d barche senza remi, lo sfilare dei treni, un dissolversi di ponti acque e pianura, la terra rossa dell’orto, l’agrumeto schermato a tramontana, che oltre ad essere ricordi nostalgici, assurgono a metafore del sipario della vita.

C’è poi il ricordo degli amici incrociati nel corso degli anni che hanno condiviso con noi la passione e l’emozione della poesia, come “In ricordo di Ubaldo” un comune amico poeta che ci ha lasciato troppo presto:
lo sento passare. Lo sento come quando / un ticchettio usuale e persistente / che si ferma / riecheggia nella mente / dove ha ormai preso spazio e ritmo…
Anche in questo caso c’è la percezione della persistenza fisica e spirituale della memoria:
E intorno vedo la stanza e muri / e i quadri appesi trai quali s’aggirava / il tuo febbrile pensiero 
Ma è l’amore il tema dominante di questa silloge, l’amore declinato in tutte le sue accezioni.
L’amore della giovinezza, platonico, appena sfiorato ma rimasto nella profondità della sfera emotiva:
Sebbene non ci siamo mai sfiorati / dimmi che in quel recesso del passato / a fondo penetrai / il tuo cuore indeciso / e lì m’inabissai…
E soprattutto l’amore pieno di desiderio, esaltazione dei sensi, che ancora mantiene il suo vigore di un tempo anche dopo averlo perduto:
E ne andavi orgogliosa, tu / di quella tua carne di latte prorompente / che tendendo laccetti e triangolini  / sopra le spiagge / saziava già all’istante più appetiti
C’è infine il rapporto con la morte in una doppia valenza.
La prima vissuta come fine dell’essere, come l’impossibilità di portare a termine un percorso che resta incompiuto che avrebbe avuto molto altro da dire e da fare:
L’incompiuto cessare dell’essere / questo mi opprime / e i piedi che calpestano la terra / e non lasciano le orme / o il groviglio sfuggente dei pensieri / imperfetti, lo sconfortato ripetuto approccio / ai problemi irrisolti…
La seconda come elemento di separazione tra due mondi che di fatto conservano un collegamento, si parlano attraverso le persone che abbiamo amato che hanno fatto parte della nostra sfera di affetti:
I morti ci guardano / I morti ci parlano! / … / I morti ci gridano! / e ciò che distogliemmo, delle loro parole, / ora rimbomba / un’eco assordante percuote / il nostro orecchio profondo. / È fragoroso il loro suono / assente…
La poesia di Benedetto Maggio parte da una condizione intimista, di esperienze vissute in prima persona e rielaborate per divenire un paradigma universale dell’esistenza dell’uomo nella sua completezza sensoriale e spirituale, nella sua interrelazione con gli altri con cui ha condiviso affetti, amori, passioni, nostalgie e ricordi.  Ricordi di luoghi, di persone, di eventi, rivissuti con la sensibilità di oggi, dell’uomo maturo consapevole dell’impossibilità di possedere di nuovo quei momenti, ma determinato a mantenerne la presenza nella sfera più profonda.
C’è una visione filosofica della vita e del mondo, un’astrazione che tuttavia si stempera nel radicamento concreto alle proprie esperienze senza perdere l’universalità che è un requisito fondamentale della poesia.
Tutto questo è perfettamente chiarito nel corso della silloge, in particolare nella lirica “Il frullo del passero” che rappresenta una sorta di manifesto della sua visione poetica, una forma non didascalica, ma efficacie di definire la poesia e il modo di approcciarsi ad essa:
Non cercare mai la poesia / perché Lei non lo vuole. / Non ama i cercatori, non ama i seduttori / fugge da spasimanti egoisti che l’incalzano / per rubarle una nota, un’istantanea / e posare con Lei.
Una testimonianza personale, così come fa Baudelaire in “Correspondances”, in cui si definiscono i ruoli della natura che ci circonda di cui con i nostri sensi facciamo parte, della trama di affetti e fenomeni che ci parlano con la loro presenza, di come giocano nell’espressione poetica il collegamento e l’associazione dei diversi campi sensoriali.
Solo chi si possiede queste chiavi di lettura ma si lascia istintivamente trasportare dalla sua forza coinvolgente raggiunge la poesia:
Non cercare la poesia, ti dico / perché non la troverai / o la troverai morta. / Quando vorrà, sarà Lei, a toccarti
Un modo per ribadire ancora una volta che la poesia non è ricerca stilistica e nemmeno astratta elaborazione filosofica, ma un modo originale e profondo di connettersi con ciò che ci circonda e che sta dentro di noi attraverso il richiamo poetico che giunge soltanto a chi è in grado di percepirlo.  
Un approccio complesso alla comprensione delle problematiche dell’esistenza, che si avvale di un linguaggio ricco di suggestioni e sfumature, di cui questa silloge rappresenta un’alta testimonianza.

Prof. Franco Donatini, Università di Pisa

1 commento:

  1. Ringrazio l'amico Franco per la sua graditissima prefazione alla mia raccolta e per averla presentata con sincera partecipazione anche su questo blog letterario. Benedetto

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