mercoledì 19 aprile 2023

MARISA COSSU: INEDITI

 

Iniziare dalla poesia incipitaria significa andare da subito a a fondo della piccola  silloge inedita di Marisa Cossu : musicalità, varietà ispirativa, suoni, ombre, vita, armonie, recondite armonie, direbbe il mio maestro Puccini, dove la fluidità del tema e la forma si supportano a vicenda per dare il via alla grande poesia, dove sogno e realtà si completano in un ritmo piacevole e accattivante quale vuole la vera poesia. Già dalla piccola composizione “piccolo suono”, si può intuire la grande disciplina formale di cui si serve l’autrice per esternare le sue emozioni.  L’autrice non si risparmia ma  dà tutta se stessa all’arte di Apollo. E il tutto si fa  poesia, con i suoi palpiti, le sue competenze poetiche, le sue esperienze. Il fatto di esistere si fa padrone della scena, si impossessa dell’esistere della Cossu.  Ella lascia a riposare  immagini e sentimenti finché quando escono sono del tutto nuovi di colori e forme. Ed è così che si fa nella vera poesia: i suoni ed i colori, hanno bisogno di riposo, per acquisire quella stesura originale e personale di  cui si veste  l’animo. Si inizia   con “piccolo suono” e si procede con “Disconnessione” e su su fino all’ultima composizione , dove i dolori della vita si confondono col dipanarsi degli eventi ed è così che la vita si consuma lasciando dietro piccole e importanti tracce: le memorie, che giocano un ruolo importante nella poesia e nell’esistere. Insomma tutto questo si fa presente in questa silloge, lasciando suoni e forme: una poesia plurale, copiosa, da cui emerge la grande professionalità della Cossu: forma, contenuto,  sonetti, canzoni, varietà.  Una poesia che nella Nostra non fa differenza tra  il vecchio ed il nuovo. Quello che conta è fare vera poesia:

 

 

(…)

 A volte Poesia in me risale

e spesso con lei fuggo dalla vera

 

mia vita. Con me reco le spine

pungenti delle rose colte in viaggio

e poi deposte presso quel confine

che in musica si spegne in un Adagio.

 

Sono, di tante donne che son stata,

l’insieme che uno solo ha forse amata.

 

  

 

Nazario Pardini

 

 

 

Piccolo suono

(sonetto)

ABAB ABAB CDE EDC

 

 

Nasce nell'aria, a volte, un lieve canto

di accenti e sparse fole, un improvviso

piccolo suono, atteso già da tanto,

che sospira velato in un sorriso.

 

In sé conduce grazia, gioia e pianto,

ma cela ancora il lume del bel viso

avvolto a tratti in tenue ornato manto

sospeso a vuote stelle ed indeciso.

 

E spira intorno bello ed imperfetto

di rime nuove il verso immaginato

che poi si tace e vola via lontano.

 

Nessuno può fermare con la mano

la grazia del sentire ormai scemato.

Ed è soltanto un sogno quel sonetto.

 

 

 

 Disconnessione rapida

 

 

 

 

Disconnessione rapida

dal mondo

ascoltando la pioggia

che dolcemente scivola

sul davanzale grigio

della finestra aperta.

Scrive l'Autunno il primo canto umido

di un poema incompiuto.

 

 

 

 

 

 Novembre

 

 

 

È tempo di invecchiare:

la rosa è stata colta.

Ora possiamo uscire

dalla stanca vicenda del vissuto,

stare infinitamente,

dimenticati e paghi di silenzio.

Ora possiamo tendere alle origini,

andare per le crepe

e i solchi degli eventi

e scoprire che mai ci siamo mossi

dal giro conosciuto delle stelle

a cui si torna fragili,

colpiti da una luce che stordisce.

 

 

 

 

 

 

Un’altra Estate

 

 

Di un’altra estate il tempo ha dissipato

gli umori e le promesse.

Non a noi consegnò nuove certezze;

del calore ci resta solo il peso

di uno stanco sudore,

l’occasione fallita ad inseguire

il vento sulle spiagge adamantine

e un tuffo nella schiuma di scirocco.

Non a noi questo giorno ha dedicato

un presagio d’eterno;

ma i ricordi infuocati delle sàrtie

e vele biancheggianti.

Ora possiamo scrivere la pioggia,

ariamo i grigi campi dell’Autunno;

ci resta questo inchiostro

di gocce trasparenti,

forse restituzione d’esistenza

in un sogno vissuto.

 

 

 

 

 

 

 Pensando a Baudelaire

 

Leggiamo insieme i versi maldetti

assorti nel tuo spleen e riluttanti

ad uscire dall’ombra e dalla nebbia;

rimuginiamo i soliti concetti,

del nulla siamo amanti e nulla accade

mentre la Senna gonfia e muove l’onda.

Ma tu, Poeta, ormai di vino sazio,

sei quel gabbiano che, perdute l’ali,

cercando una pur minima ragione

all’esistenza umana,

 stringe le piume in nodi esistenziali

e non trova più spazio:

il tempo è un fiume scarso,

Andromaca ha già pianto,

i confini svaniscono d’incanto.

E resta là Parigi, ma non brilla,

muore bella e lontana

sedotta da una liquida pozione.

 

 

 

 

 

 

                                                                      Chi sono

(canzone breve)

 

Di passioni un groviglio e caldo il cuore,

in testa storie nate per incanto

e di bellezza un superiore amore,

di vita e morte mi sovviene il canto.

 

Ma di ragione lume mi ristora

e a sé conduce tutto l’accaduto

che s’apre all’infinito e si colora

di sfumature eterne, un non voluto

 

senso di nostalgia verso il futuro

che non conosco, che non so vedere,

se non con sguardo teso ed insicuro,

alla fiamma indistinta del sapere.

 

Eccomi ancora ingenua sognatrice

nel tremore dei giorni ormai vissuti

e la speranza che mi benedice

col sapore dei beni già goduti.

 

Spigoloso il carattere essenziale

-isolano pudore mi connota-

A volte Poesia in me risale

e spesso con lei fuggo dalla vera

 

mia vita. Con me reco le spine

pungenti delle rose colte in viaggio

e poi deposte presso quel confine

che in musica si spegne in un Adagio.

 

Sono, di tante donne che son stata,

l’insieme che uno solo ha forse amata.

 

 

 Marisa Cossu

 

 

 

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