Il
manifesto semiserio di una ninfa
E fu una ninfa a prendermi per mano
per introdurmi nei segreti
suoi
di tecniche e sospiri. Qui - mi disse -
ci sono rime fresche che sciacquettano
oppure versi bellici che infiammano
risonanti e severi. E ancora avanti
quelli che alimentarono le voci
dei grandi aedi. E tutt’intorno vedi
gli gnomi che balzellano: i velati
rappresentano metafore,
allegorie, mentre i suonatori,
che danno voce ai venti ed ai ruscelli
con violini e flauti,
sono onomatopee;
e tutti differenti nel vestire
e più o meno brillanti o trasparenti
puoi vedere: traslati, metonimie,
sineddoche, iperboli, ironie,
antitesi, litoti ed eufemismi.
Eccoli tutt’intorno.
E sparsi tra le fronde color maggio stanno appesi
i bei lirici versi che sgorgarono
dai seni innamorati: gli uni a Lesbia,
a Beatrice, a Laura, a Delia a Mara,
e sempre appese ai rami
udire puoi le note
ad Angelica, a Silvia oppure a Lara,
e a tutti quegli amori tramandati
dai maestri più grandi. Per apprendere
le cose giuste - disse - e quelle ingiuste,
vere e non vere, reali o anche fantastiche,
mira tutto, ma scriviti le leggi
che devi rispettare con i versi:
1) che distinzione grande non ci sia
tra musica e poesia. Peggior cosa
non v’è di un verso che all’orecchio stride.
2) Non cercare parole complicate;
più difficile dire e trasparire
che dire ostile per non apparire.
3) Se in quello che tu leggi c’è poesia
lo senti quando scrivi: voli in alto
e quando torni a terra nostalgia
provi nel cuore di tornare in volo.
4) Ricordati che il poeta è un galeotto
sempre pronto a fuggire dal suo esilio.
Sta sulla terra come un passerotto
che ha le ali raggrumate. Ed è un martirio.
5) Volgi lo sguardo al cielo, ai monti, al mare,
alla natura insomma che risplende,
canta, suona, si adira oppur si acquieta!
Che a lei sia dato l’onere
di trasparire l’animo, che parli!
Narri di te e di quello che ti preme,
ora coi raggi sangue del tramonto,
ora con le speranze
del giorno che si leva,
ora col volto ardente
dell’ora meridiana,
ora con il crepuscolo
che si scontorna e smuore.
La notte poi ti sia voce suprema
nel suo dire più oscuro o un po' velato
dell’argenteo alitare che la luna
affida al suo vagare. Quando leggi
di te nei suoi contorni
ti riscopri sereno
ché è l’amico sincero
che descrive ed annota. E solo allora
misurata passione
o passionale misura
scorrerà dentro i tuoi versi
a volte risplendenti, a volte vaghi
tra le ombre che non videro mai sole.
6) Non ti mischiare né in filosofia
né troppo nel sociale, è il raziocinio
che è il primo impedimento all’espressione.
Che il sentimento vinca. Ed è il medesimo
che sentì Saffo o Alceo di quell’attuale.
7) La sera è il tempo in cui ogni poesia
scorre migliore. E lì ti rendi conto
quanto la vita vada
senza sosta,
quanto caduca sia; ed il pensiero
ti riporta la sera senza scoria.
8) Comunque se tu vuoi un consiglio saggio
allacciati al passato. Non fidarti
di tante novità. Quello che resta
è legato a una grande tradizione,
ai nomi che conosci. Sopra il trono
sedevano monarchi poco avanti
che gli stessi moderni hanno cacciato.
9) Fatti tutt’uno alfine nelle vene
degli uomini e la voce tua di tutti
sia sentita; per chiedere la linfa
necessaria, nel sangue della terra
tingi l’anima, assorbi il nutrimento,
passa dal cuore. Portati nel cielo
la voglia e il sentimento dell’effimero
mortale. Solo allora puoi sperare
di elevarti oltre i limiti del nulla
e meno duro rendere
un soggiorno
sulla terra più volte disadorno.
Nazario Pardini
CANTA LA NINFA
RispondiEliminaCanta la ninfa, come fosse aedo,
ad esaltare il ruolo del Poeta:
annichilire i mali del Pianeta
e avvicinarci al Cielo col suo credo.
Ogni creatura, all'ora del congedo,
se puro ha il cuore è giunta alla sua meta.
Io vesto spesso i panni dell'asceta,
ma ai vizi del demonio a volte cedo.
Coll'estro di Dionisio poi risorgo
e i volti dei miei simili dipingo
con versi illuminati da sorrisi.
L'Amore prende forma su quei visi:
dal ciglio di una lacrima mi sporgo
sciogliendo incanti che nel petto stringo.
Roberto