Paolo Sangiovanni
OMBRE
Squillò la suoneria da
un’altra stanza
di un telefono forse
inesistente
certo ignoto. Spergiuro. Ti
cercai.
Ma il trillo sparve . E mi
rimase l’eco
tutta la notte nella mente .
E di
quel tuo ricordo che talvolta
avevo
abbandonato fra i relitti in
un
vecchio cassetto: tante
meraviglie
rimpicciolite per le
sciabolate
quotidiane dell’essere sul
cuore.
Tutta la vita insomma e le
sue pene.
Così mi parve come se tu
fossi
scesa a cercarmi dal tuo
mondo ignoto
per richiamarmi all’ordine. O
persino
per vendicarti della mia
sguaiata
dimenticanza . E piansi per
la mia
memoria truffaldina. Di
truffato.
Ti affacci per tanti anni su
un cortile
fatto di teste bionde e di
gerani
e credi che sia quella la tua
vita.
Ma poi ti accorgi lentamente
che
dall’inizio alla fine quelle
teste
sono tutte mutate. E quei
gerani
sono morti e fioriti mille
volte.
E tu non l’hai saputo.
Raggirato
da una fretta abbagliante. E
allora sai
che non era il cortile la tua
vita
ma che sei stato tu con
quelle teste
e quei rossi gerani e quei pupazzi
un pezzo della vita del
cortile .
ELOGIO
DEI DECIMALI
Non chiedermi inconsulti
atteggiamenti
da uomo forte. Che decide a
braccia.
Io non decido niente. Non so
farlo.
E la mia debolezza è la mia
forza
Io non sono un intero. O
nessuna altra
cosa che può rassomigliargli
ma
sono soltanto un decimale. Un resto
posto dopo una virgola
soltanto.
Ma questo mi dà forza in ogni
caso.
I decimali sono l’avventura
nella numerazione,quel che
sfugge
ai sentimenti rigidi segnati
dentro il rigore delle
tabelline.
Sono così. E mi protegge il
fatto
di essere decimale.
Io resto intero
quando gli interi in una
divisione
o fra le righe di una
sottrazione
smarriscono la loro umanità.
E si fanno sperduti,
impreparati,
poveri decimali. Alla deriva.
STRADA
FACENDO
Dal nuovissimo al nuovo
Ti dirò di mio padre questa
sera
che rileggeva Sàlgari sul
tardi.
E poi si addormentava con la
testa
sul tavolo in cucina
.Ti dirò
di lui,dei suoi rimorsi. I
suoi peccati
così veniali da stupirne
adesso.
Perchè un padre è un’ellisse
che ritorna
al punto di partenza ogni stagione.
Con le rondini,i crochi,gli
ombrelloni.
E io penso che occorra
ricordarlo
una volta ogni tanto nella
vita
alla ricerca di quelle radici
che abbiamo lacerato nel
cammino,
mendicanti di questa società
senza più Società.
Destrutturata.
Deragliati,dispersi, ci
accaniamo
sul povero più povero .E la
notte
dentro i nostri lettucci
immaginiamo
con invidia le vite dei più
forti.
Degli assassini,dei
lenoni,degli
usurai che ci smerciano
parole
false,inutili,ambigue. A
tradimento.
Ma dei perdenti,ma di nostro
padre
no. Noi di loro non parliamo
mai.
E invece poter dire qualche
volta
del proprio padre quando non
c’è più
senza false emozioni,
solamente
con la turbata tenerezza di
chi sa che sta seguendo la
sua traccia
inavvertitamente,è come fare
un cedimento al Buono. Al
naturale.
Cadere mentre si parlava
d’altro.
Come quelle fortezze
medievali
definite imprendibili che poi
aperto solo un varco in
qualche punto
i nemici invadevano a
migliaia.
E non è una questione di
vecchiaia,
di confusione ,di navi attraccate
ai porti del buon senso o
della resa
Strada facendo mentre
pedaliamo
credendo di redigere
importanze
la catena si allenta e ci
stanchiamo.
E all’improvviso diventiamo
vecchi.
E un modo nuovo di lettura
allora
più ragionato e tenero ci
prende.
Ci regola la vita. E
riviviamo
accanto all’orlo del cratere che
sembra ci stia inghiottendo e non lo fa
prima dell’ora ignota che ci
attende.
Strada facendo mentre il
tempo passa
tutti abbiamo paura di
morire.
Ma non si può negare di esser
vivi,
di essere stati vivi. Così
allora
per non fuggire anch’io,per
perdonarmi
ti dirò di mio padre questa
sera.
Dopo mi sentirò solo e
distrutto.
Come una cosa. Come una
barchetta
che il vento spinge o che
rallenta e ferma.
E tutto non dipende mai da
noi.
NOTE BIOBIBLIOGRAFICHE
Paolo Sangiovanni napoletano settantunenne
è sotto molti punti di vista un irregolare. Ha svolto studi tecnici; è
esclusivamente poeta con rare apparizioni nel teatro e nella saggistica; ha partecipato raramente ad
iniziative letterarie che non siano i concorsi. Ne ha vinto (parliamo
solo di primi premi) circa un paio di centinaia nei più di quarant’anni di
partecipazioni tutti di un certo rilievo; dal prestigioso TIRINNANZI al
CASENTINO (due volte) da IL GOLFO al CITTA’ DI CAVA, da IL PORTONE (quattro
volte) al LIONS CLUB MILANO DUOMO, dallo SPALLICCI al NOSSIDE (premio assoluto)
dal RHEGIUM JULII all’OLINTO DINI, dal PONTE SAN NICOLO’ (due volte) all’OSTIA
LIDO, dal MONFERRATO al CITTA’ DI FIRENZE, dal CINQUE TERRE al CITTA’ DI
CORCIANO. Ha pubblicato attraverso alcune di queste affermazioni a titolo
assolutamente gratuito e ricevendone in premio le copie necessarie per
l’espletamento di una reale attività consorsistica, 23 libri e libricini. Con
alcuni di essi ha vinto anche interessanti
premi per l’edito superando nel confronto personaggi “autorevoli" della poesia italiana contemporanea. Ha anche concorso per la poesia dialettale
(NAPOLETANO) nella sezione inediti vincendone
tutti i più noti premi nazionali. Per il teatro ha partecipato ai
concorsi solo rare volte ed alla spicciolata. E’ stato comunque finalista al
premio TRAIANO (Benevento,1989) e al Premio ANTICOLI CORRADO ( Roma,1994)
cui si era già segnalato nel 1989. Nel 2004 ha vinto il premio LAGO GERUNDO (Paullo –
Mi). Ha vinto anche premi per la saggistica. Non scrive racconti o romanzi.
Pa
Paolo Sangiovanni è poeta di vaglia. Il mondo artistico a cui dà vita non è mai banale, perché intriso di eccezionale quotidianità, di folgoranti e stranianti soluzioni verbali. L'essere umano che è al centro di ogni creazione poetica di Sangiovanni è consapevole della sua precarietà e minimità, sa il limite invalicabilie della sua condizione e ne prende atto doverosamente (e talvolta ironicamente).
RispondiEliminaSi tratta di una poesia senza orpelli, raccontata con sapida umanità e accentuata fascinazione.
Questa è l'impressione che ho ricavato nel corso tempo dalla lettura di testi racimolati qua e là.
Complimenti a Paolo!
Pasquale Balestriere