giovedì 6 giugno 2013

N. PARDINI: NOTA SULLA POETICA DI LIANA DE LUCA




Nota su La poetica di Liana De Luca
 
La parola sta alla poesia come il colore al quadro

 

Mi ha colpito, fra i vari interventi dei convocati a Roma per  la Laurea Apollinaris Poetica, quello di Liana De Luca sul tema La parola e la poesia. È questo lo strumento primo del poeta: la parola. Lo ha chiarito con una proporzione calzante: “La parola sta alla poesia come il colore al quadro”. Ed io, d’accordissimo, ho ribadito il concetto, insistendo sul  lavoro che la poesia stessa richiede; il poeta, da vero artigiano, deve smussare, sostituire, ampliare, far riposare e riprendere. Riprendere per lavorare. E lavorare ancora, finché non raggiunge un appagamento. E la poesia della De Luca è veramente nuova e interessante. Ho avuto occasione di ascoltarla  a Roma e di leggerla  pubblicata sul mio blog. Mi hanno convinto l’intreccio allusivo, la schiettezza, e il realismo del suo dire. Ed ho potuto rendermi conto di quanto le sue teorie estetiche siano messe in atto. Il suo è un travaglio continuo, una ricerca attenta, una contestualizzazione maliziosa del termine. Si parte da un minimalismo spicciolo e quotidiano. Ed è qui la sua bravura, la sua interessante operazione di osservazione, di scavo, e di limatura sul materiale fonico-lessicale. Io credo che, di per sé, il termine, nella sua misura grammaticale, non sia completamente sufficiente a delineare il mondo, le sue consuetudini; né tanto meno l’anima umana, infinitamente profonda e misteriosa. C’è estremo bisogno di azzardi allusivi, di impennate simboliche che vadano oltre il termine stesso. E per raggiungere questa adesione, questa fusione fra anima e corpo, fra spirito e involucro, occorre proseguire oltre il sintagma, oltre il suono; occorre abbracciarne gli spazi, confondervisi, annullarvisi, anche, per agguantare la coda dell’impossibile; farlo con cifre di scrittura per niente “normali”, ma spinte oltre i limiti della sintassi. È qui la novità della De Luca, che, attraverso una propensione alla creatività, inventa, ricerca, e con sconcertante naturalezza, prolunga il verbo fino alla massima estensione per adattarlo alle sue esigenze creative. Partendo dalle piccole cose, dai gesti o dagli strumenti quotidiani, sa elevarsi, strutturalmente, stilisticamente e con cifra personale ad un poièin di alta levatura. Non scade mai, col suo realismo rappresentativo e intuitivo, nel becero piangersi addosso; il sentimento è di contorno, e trae luce dalle cose che si fanno nobili nei versi che assumono significati e significanti di impatto emotivo. È dal reale, rappresentato con tenacia descrittiva, che il lettore trae il patema giusto per sintonizzarsi al di lei pensiero. Alla sua interiorità. Dacché lascia al fruitore la possibilità di leggere, e personalizzare, di scavare e interpretare. La sua poesia non scorre leggera e fluida sui milieux; ne coglie le parti a lei più consone, e le re/inventa, con un lavoro di cesellatura, fresche e nuove, ri/lucidate e ben luminose in quei nessi che, con maestria, cuce con effetti di sonorità e naturalezza. La poetessa rifugge dal Romanticismo, e da tutto ciò che comporta con i suoi derivati: via i sentimentalismi, via le sdolcinatezze, via le effusioni passionali. Tutto è mantenuto su un livello umanamente concreto e piacevole. La sua scrittura è tutta diretta a dare forza e visività  a persone, accadimenti, o a strumenti che incontriamo o maneggiamo quotidianamente nella vita. Parlerei di un'arte novativa dove il λόγος e la sua propulsione la fanno da padroni. E questo vale anche per i suoi interessanti interventi critici.     

03/06/1013

 

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