I “
Cantici” misteriosi di Nazario Pardini
Marco dei Ferrari, collaboratore di Lèucade |
Filosofo
della Natura incardinata nell'esistenza del breve attimo concesso dalla genesi
del privato, Pardini “canta” l'emozione di viversi.
Spaziandosi
nelle stagionalità del tempo scopre l'avvicendarsi delle sensazioni che mai
consumano i propri contenuti evocati nelle scorrerie del gesto. Mutandosi poi
nel cenacolo delle parole, Pardini si obbliga al recupero di un “essere”
sfuggente ricco di malinconiche malìe.
Il
confronto titanico tra il creato e il demiurgo lirico si sfoga nell'acuto
profondo di stimoli narranti che si affollano nelle pianure della memoria
padrona di ogni verso.
Tutto
vive e freme dall'aia al sole (intreccio eccezionale) per confondersi di sapori
e micropresenze campestri che si dimensionano su tematiche assolute di
esistenze storicizzate nella radice del mistero oscillante tra nascita e morte.
Cantare
luce di cespugli, illusioni di venti marini, sospiri d'amore... sacralità di
fiumi e stagioni (autunno) e sopratutto selezionare il momento serale ovvero
l'anatomia del ritorno sereno, triste, illuminato di immagini allusorie: questo
è il viaggio di Nazario.
Tra
amore e bellezza marmorea, ma virtuale... così il poeta elabora il mistero della presenza-assente che
circonda le problematiche esistenziali di un istante per una vita intera...
Si
affollano così le emozioni, i pensieri, i rimpianti, le gocce di luminosità
spirituali, le incognite di emergenze scolpite e sepolte dall'osservarsi per
meditare in sé le conclusioni della scintilla che placa gli umori di un giorno
qualunque per una vita terrena ansiosa di stupirsi oltre il nulla del simbolo e
del passaggio.
E
allora i “richiami” di Nazario misteriosamente si trasformano dal reale onirico
al virtuale vissuto: la pineta diviene vento di cielo; il mare profuma
d'estate, di rena, di dune..., il fiume è donna di ricordi e brusìo di voci...
la campagna è fontana di zampilli su ombre di avi in attesa... l'autunno è
violino di vibrazioni mistiche... l'alba è fioritura di lumi... la vita è lembo
di terra che contiene tutti gli sforzi dell'esistere... l'amore è cornucopia di
sogni... la barca è approdo di ricerca nell'azzardo di una fuga... la bellezza
è eternità di forma immateriale... l'aia è festa di un raggio di stoppie... il
sole è serenata per l'anima...
E dai
“richiami” all'introspezione onirico-lirica il passo è breve: la sera si
compenetra, virtualizza, gioca, intriga l'esistente del non-essere con
l'irreale/realtà di un inconoscibile, ineffabile dubbio che occupa i “Cantici”
e ci devìa l'analisi inducendoci all'errare.
E
allora immaginiamo quest'irrealtà pardiniana che traspare tra le presenze
minimali e grandiose della naturalità per associarsi alla contemplazione del sé
pencolante nell'inquietudine della propria storia che avanza ineluttabile (“ormai
è di sera”) dal tramonto alla “visione”.
Completezza di una metamorfosi interiore più analitica dove tutto si
trasforma nell'altro-assente per ritrasformarsi ancora in un divenire presente.
E il
“canto” di Pardini prosegue nella sua misteriosa melodia dalla palude dei
ricordi (“vesperale suono”) dispersi all'àncora del proprio “essere”
riconciliato con il passato di un futuro da rianimarsi nell'estensione di un
orizzonte sempre più indefinito.
Marco
dei Ferrari
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