venerdì 21 aprile 2017

N. PARDINI: LETTURA DI "MADRIGALI TASSIANI" DI M. DONTE

Torquato Tasso



Maurizio Donte,
collaboratore di Lèucade


Una silloge viva e articolata che contiene l’epigrammatica vicenda di un autore che fa della sua arte un repêchage di storici canti rivissuti con empatica intrusione tecnico-poetica. Maurizio Donte ci ha abituati a tali lavori di contaminazione letteraria. In questo caso è il Tasso il soggetto della contaminazione. Ma non ci deve confondere l’accostamento. Il poeta, con grande effusione, fa dei suoi parti stilistici un’opera nuova, un nuovo congegno espositivo in cui gli affetti, l’amore, le considerazioni, la visione della vita, della filosofia, del tempo che fugge, e del piacere dell’esser-ci, formano un ritratto della sua personalità; del suo modo di vivere e di riflettere sull’esistere che trova in questi madrigali  il giusto terreno per l’oggettivazione del suo pensiero (i sogni che muoiono, l’impossibilità di amare, il potere del silenzio, il mare come simbologia dell’infinito, la suggestiva influenza della luna, la caducità delle cose umane…). C’è in questi versi, appunto, una scrupolosa e capillare ricerca di sprazzi panici in cui concretizzare stati d’animo pronti a farsi poesia. Da rimarcare, soprattutto, la destrezza nel giocare con le rime e le strutture versificatorie, sempre nel rispetto  della nostra tradizione letteraria. Possiamo dire che nei componimenti del Tasso maturo, e non nei troppo lodati madrigali giovanili, che pur hanno accenti di fine malinconia o di morbida grazia cantante, va cercato il meglio del vasto canzoniere tassiano: ossia quel che più si avvicina, per intensità di affetti e di musica, alle pagine più alte della Liberata. Dove l’ispirazione manca e il suono o l’immagine sono cercati per se stessi e l’abilità tecnica degenera in tecnicismo (metafore ingegnose, bisticci di parole, paragoni ad effetto, bizzarre antitesi concettuali che aprono la strada al secentismo deteriore). Circa duemila Rime  in vario metro quelle tassiane (sonetti, canzoni, sestine, madrigali) spesso per motivi occasionali inerenti alla sua condizione di cortigiano e di uomo di mondo. Più schiette e naturali le liriche di ripiegamento doloroso nelle quali il poeta evoca l’infanzia e gli affetti familiari perduti; fa da esempio  la Canzone del Metauro.
In Donte quello che emerge è un esistenzialismo che da soggettivo si fa agevolmente universale; niente di occasionale o di artificiale sulle vicende umane; una saudade fresca che rende i componimenti attuali e sinceri, con quel tanto di malinconico substrato che fa bene alla poesia; la rende umanamente  contagiante.

Nazario Pardini

Ci scrive il poeta:
“Chiudo il lavoro a venti, non per stanchezza, avrei altro da dire, ma per rispetto a chi di tanto mi supera in ingegno e talento, il Tasso. Sono diciotto madrigali profani e due sacri”

Maurizio Donte



Madrigali tassiani

I

A volte in pace va a morire il sogno

aB(a)Bccd(d)Ce(e)E

La notte ancora tace
e nella pace mormora la luna
sull'onde in mare che il dolor raduna,
mentre in me viene lento
il male che col vento
riporta al triste inverno,
al freddo e al gelo eterno che mi sento 
in cuore. Così muore
la mia speranza e il sogno mio d'amore.

II

Impossibile amare 

ABBccD(c)dEE

S'è spento il sogno mio per sempre e nulla
resta di quello che sognavo, solo
l'ombra del sole di stamane, un volo
di gabbiani sul mare.
Impossibile amare,
alzar le vele, andare all'orizzonte
col vento teso in fronte,
contrario ad ogni rotta delle idee
che seguono nel moto le maree.

III

Un'ombra

abbAcCddeE

Sento salire dentro
un'ombra: e il sole spento
tace e si muove lento
tra nuvole sottili; ma nel centro
resti tu, che ora taci,
cardine ormai rimosso, che non piaci
al cuore disperato
che s'inquieta. Spietato
fu il dire tuo d'allora,
di vento teso le parole ancora.

IV

Io non voglio e non cerco che il silenzio 

AbbcCDdEEfF

Io non voglio e non cerco che il silenzio
la pace in cuore, il vento
che soffia e in un momento
rimuove ogni pensiero.
Qui, dove il passo posa sul sentiero
e vaga se ne va l'idea del giorno
quando tramonta intorno
amaro il sole, e lascia solamente
del tuo ricordo quest'ombra che mente
in ogni istante e dice
quanto la vita mia mi sia felice.

V

Lento sul mare vola

abBCcdDeEGG

Lento sul mare vola
il vento e l'alba ancor tarda a venire
e dell'ore il fuggire
si sente in cuore il battere veloce.
Così tanto feroce
fu il dire tuo d'allora
tutto passò nel volgere di un'ora.
Rare perle i sorrisi
infissi dentro come fiordalisi
accesi. Fiamme azzurre dell'amore
che come un lampo si mutò in dolore.

VI

Nasceva il sole 

aBb(c)dcDe(e)DEe(f)G(g)F

Nasceva il sole e il mare
quieto alla riva sabbiosa tornava
ancora ed era lava
bollente il tuo ricordo
amore mio, cocente 
delusione che sento dentro, sordo
ormai alla vita stessa.
Nell'aria va depressa la mia mente
in cerca del presente
che non tace, ma l'anima tormenta
e si lamenta il cuor che non ha pace.

VII

Scivola silenzioso

abBccd(d)EFfE(g)GHH

Scivola silenzioso
il tempo e s'allontana
come l'acqua sorgiva alla fontana
e muore ancora il giorno
e vien la sera intorno.
L'ombre si van stendendo,
mentre va diminuendo quella luce
in cielo, e un velo di stelle dipinge
il mare e il vento stinge
dentro di me il ricordo. Mi conduce
ancora a te mia cara, il dolor sordo
che rinasce così acerbo e nel volo
dell'anima mi dice che son solo.

VIII

Scivola l'onda

aBcbCDdEE

Scivola l'onda a riva 
piano e mormora e ride tra gli scogli;
sono strani gorgoglii
attenuati che cogli
solo se attento ascolti. Sono sciacquii
sonori, e salso è il mare che respiro.
Ricordi in cui sospiro
ancora, amore; ora il tempo viene
e passa e nulla di quel che fu, rinviene.

IX

 O dolce notte

AbccBddEE

O dolce notte mia, candida luna,
che dentro al ciel raduni
i sogni e le speranze
e vai lenta e le danze
del cuore tra le stelle in giri alcuni,
vorticando riporti
ai solitari porti 
dove le vele gonfiano le navi
di vento largo e di pensier soavi.

X

a(b)b(c)CDDEFef
.
Così passa la vita

Così passa la vita
in un istante: sembra in giovinezza
tua amica e sola amante,
ma vien presto l'inverno e la fatica
del vivere sarà sempre più grave
e la gaiezza d'un tempo soave,
disfacendosi andrà nel futuro.
E duro il passo verrà a quella soglia
dove del dì venturo 
si perderà la voglia.

XI

abBcCdDEFFe

Silenzio intorno 

Silenzio intorno e il vento
in sé reca le voci 
d'un tempo, quando m'erano feroci
i mali, e forti amori
in petto al cuor recavano dolori.
Ora scivola lento
il tempo, come l'acqua al fiume e sento
venire l'ombra amica che ristora.
Forse nel nulla troverò la pace
ancora, dove la parola tace
e muore, o mia signora.

XII

Ab(b)c(c)Dd(e)eF(f)G(g)HH

Donna, tu sei per me la sola voce

Donna, tu sei per me la sola voce
che in cuore giri ancora.
Bastò un'ora, e poi un giorno
per rivedere su nel cielo muovere
le nubi e intorno smuovere
l'amore; e nel dolore
mi lasciasti per sempre, mia signora.
Via se ne vola da allora la voglia
d'amare, come una foglia d'autunno
che si posa sull'acque del Clitunno.

XIII

Nel silenzioso passar del mattino

ABCcdD(e)FeDGGHII(h)LL

Nel silenzioso passar del mattino,
dove la nebbia lenta si riposa
soffice e grigia tra i rami del rovere
vicino a casa, povere
cose dentro la mente 
s'agitano, ma invano. Nel presente
corre il pensiero: il vivere è un terribile
mestiere, e nello scrivere
soltanto trova pace, altrove assente.
Nemmeno questo rifugio m'è dato
ormai d'avere, né altro, in tale stato
dell'oggi: non mi resta neanche un luogo
dove posare il capo, né sentiero
che volga il passo fuori dal mistero,
dal logo impresso, marchio di dolore,
nel disperato ed umiliante amore.

XIV

Stabat mater

abcbCDEFGgCHHiiLL

Stava la madre affranta
ai piedi della croce
e il figlio suo guardava 
in sofferenza atroce,
inchiodato sul legno, Lui, che amava
l'uomo ed era venuto per chiamarlo
al Cielo. Si squarciò il velo del tempio
in mezzo e venne il terremoto, scosse
la Terra e i morti rivissero ancora
un poco, mentre l'ora
estrema del Signore, si portava
in questo mondo all'ultimo respiro.
Si spense così il Giusto in un sospiro,
volgendo gli occhi al Padre
e lasciando la madre 
Santa, prostrata in lacrime e dolore,
qual Madre nostra, figli del suo cuore.

XV

Risuona il vento 

AbCc(b)A(d)DEeFG(f)(g)HHIlm(m)L

Risuona il vento tra le sartie tese
di quelle barche in porto, 
e fischia nelle raffiche di sabbia,
e acceca. Quanta rabbia
dentro me porto, e dolore: sian rese
note le mie sciagure, le sventure
che il fato mi riserva a piene mani.
Forse verrà un domani
diverso, dove un cielo finalmente
terso, mi porterà fortuna. Vaga
la mente e mai s'appaga d'un pensiero:
sente che un sogno mai potrà esser vero
e nel suonare limpido del mare,
davanti alla tempesta,
a lancia in resta, ti verrà a cercare.

XVI

Quando d'amore 

ABbAcCDdEF(g)fgF

Quando d'amore correrà sul mare
l'ultima eco e nel vento di grecale
si disperderà il male 
vissuto a lungo, io sarò cieco. Amare
saranno le memorie 
antiche e l'onda del tempo e le storie
vissute, guerra porteranno al cuore
ancora. Vedrai, amore
il perdersi nel vuoto di quei giorni
in cui pareva eterna primavera,
e invece verrà sera,
e triste se ne andrà
la vita al nulla, ma tu a me non torni.

XVII

Et resurrexit tertia die

ABBc(c)(d)DE(d)F(g)FghHI(i)LLmM

E dal sepolcro rotolò la pietra
e luminoso apparve il Dio risorto,
Colui che sul Calvario, in croce, morto
era tre giorni avanti.
Davanti a lui il creato così amato,
vibra d'amore, e nella nuova luce
rischiarato per sempre è il mondo intero.
Lui, la via, verità e vita conduce
all'Eterno ogni cuore umano perso
nelle tenebre, al vero ed a quel terso
cielo che sovrumano
accoglie nel mistero
ogni anima immortale: sul sentiero,
sarà la stella che traccia la via
verso la mia e la nostra redenzione.
Luce Sei delle genti, e l'emozione
immensa che proclama
che ogni uomo Dio ricerca e a sé richiama.

XVIII

Così a lungo tessé l'inganno amore

ABCDe(d)EffGG

Così a lungo tessé l'inganno amore,
e nel dolore mi conduce ancora.
Lento i miei passi muovo più lontano
che posso e mi nascondo dalla gente:
stanco di tante cose,
servite a niente. Fiorirono rose
allora e sogni; spine
divennero, e rovine.
E perché dire di te un'altra volta?
L'illusione passò, la vita è tolta.

XIX

E nulla resta in cuore

ABC(b)C(b)dE(d)ffGH(h)(e)IiEE

E nulla resta in cuor se non la nube
di tanti amori estinti; la bufera
che nella sera porta la memoria.
La primavera morta e della storia
nostra l'estremo canto:
il vanto che facevo allora amore
di quanto tu eri bella, 
per me, unica stella,
e di quanto sentivo travolgente 
in cuore e nella mente la passione.
Una canzone che non lascia spazio
ad altro che allo strazio 
dovuto all'estinzione
del mio sentire per te un grande amore
di cui non resta solo che il dolore.

XX

Lontano da me stia l'amore estinto

AbCABDEFGEEh(h)I(i)LL

Lontano da me stia l'amore estinto,
oltre le nubi in cielo
che il sole, tramontando di colori
accesi, gialli e rossi l'ha dipinto.
Così la sera posa l'ombra e il velo
grigio, e va l'onda sussurrando piano
a riva; muore il tempo e la ragione:
e a mano a mano rallenta nei cuori 
la speranza, e si spegne silenziosa.
Non lascia dietro sé della stagione
dell'amore nemmeno la passione,
che estenuava i giorni:
tu non torni, lo so, e più non ti attendo,
ma al vento, muto, tendo le mie mani 
chiedendomi la sorte nel domani.

Maurizio Donte


3 commenti:

  1. Come sempre felice e illuminante la nota critica di Nazario Pardini, che con la consueta, inimitabile bravura individua e "legge" il mondo sentimentale e poetico di Maurizio Donte, eclettico rivisitatore della nostra letteratura e dei suoi grandi interpreti. Questa volta è Torquato Tasso la sua interfaccia, e Donte ne ripercorre temi e argomenti, stilemi e accenti con indubitabile disinvoltura e perizia stilistica. "Ma", osserva puntualmente Pardini, "non ci deve confondere l'accostamento. Il poeta, con grande effusione, fa dei suoi parti stilistici un’opera nuova, un nuovo congegno espositivo in cui gli affetti, l’amore, le considerazioni, la visione della vita, della filosofia, del tempo che fugge, e del piacere dell’esser-ci, formano un ritratto della sua personalità". Da sottoscrivere in toto la 'descriptio' operata da Pardini, che giustamente sottolinea come l'elaborazione poetica condotta da Maurizio Donte porti quest'ultimo a disegnare con nettezza il perimetro del suo personale spazio esistenziale, in cui predominano sentimenti e atmosfere inclini alla malinconia, al disincanto, alla fatalità. Dunque Torquato Tasso, certamente (a cominciare dalla metrica: esclusivamente endecasillabi e settenari, con figure retoriche e rime variamente disposte e coniugate). Ma si profila anche, e forte, una proiezione identitaria del poièin di Maurizio Donte - e fin dal primo madrigale - con l'ordito dei temi (e perfino dei lemmi, in una sorta di continuità semantica e di "contaminazione nella contaminazione"), delle atmosfere e delle immagini care al Petrarca, in particolare quelle del "Solo e pensoso i più deserti campi", che molto pervadono la sua silloge: la solitudine, lo spleen, il rimpianto, l'abbandono, la macerazione interiore. E si possono riscontrare, nei vari madrigali, anche spunti ed echi che rimandano a Leopardi e a Pascoli, di cui variamente egli ripropone e recupera, rielaborandoli con sensibile e personale senso creativo, passaggi lirici e momenti esistenziali, a sottendere una evidente adesione alla loro visione del mondo e alla loro poetica. Insomma, grazie a Maurizio Donte e a Nazario Pardini per questo salutare e rigenerante tuffo nella storia della Letteratura. Un passato che, evidentemente, non passa; ed ogni volta che esso rivive grazie all'arte della poesia, si tratta, più che di un ripetitivo tuffo nel passato, di un immaginifico, stimolante, libertario "ritorno al futuro"...
    Umberto Vicaretti.

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  2. Che dire...sono davvero senza parole.
    Quando si esprimono in modo così lusinghiero due autentici "pesi massimi "della poesia e della critica lettetaria italiana, come i carissimi amici Nazario e Umberto (senza dimenticare il precedente commento di M. Grazia Ferraris), non si può far altro che essere felici e ringraziare.

    Maurizio Donte

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  3. Con il consueto garbo tu ringrazi, ma continua in questo tuo originale e appassionante lavoro che è anche di grande utilità per lo studio e la conoscenza della nostra letteratura.
    Complimenti e grazie, Maurizio!
    Edda Conte

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