Claudio Fiorentini, collaboratore di Lèucade |
Claudio Fiorentini. Sinfonia. Edizioni Ensemble.Roma. 2017. Pgg. 96. €12,00
Momenti
sinfonici di ascensione wagneriana
(…)
In
realtà, non si sa cosa sia
la
morte
vedere
l’ignoto è impossibile
perché
tutto, dalla vita,
risponde
a uno schema
ma
forse è proprio questa la soluzione:
lo
schema va distrutto
e
poi la morte, la vita, il tempo
avranno
un volto
il
Tuo.
Distruggere
lo schema, fare tabula rasa, e poi la morte, la vita, il tempo avranno un volto
nuovo, il Tuo.
Un
laico avvicinamento alla spiritualità epifanica del tutto.
Claudio Fiorentini si riaffaccia alla scena
letteraria con una silloge intensa, plurale, di vitale caratura, dal titolo
Sinfonia, che, con rossiniana spartitura dai ritmi ora aspri, ora esplosivi,
mai scade in sentimentalismi di memoria aleardiana. Un viaggio intrigante, di
ombre, penombre, e vie con sfondi di luce, fatto di tappe meditative,
istintive, e esistenziali in cui riversa tutta la sua problematicità di
incontri e scontri, di pensamenti e insoluzioni, di quietudini e conflitti, di
amore e spaesamenti, in un gioco di ossimorica tensione, che tanto sa di vita. Quattro
i movimenti in cui si divide il testo con riferimento a uno spartito musicale (Primo movimento, allegretto inquieto e pieno
di domande; Secondo movimento, adagio rabbioso, constatazione e amore; Terzo
movimento, andantino furioso e maturo; Quarto movimento, allegrissimo ostinato
con fuoco, felicità e amore). Quattro tempi sinfonici di ascensione
wagneriana, dove sembra che Claudio viva una spiritualità più vogliosa di luce,
come, d’altronde, si percepisce dalle accentuazioni aggettivali o dalle
intensificazioni verbali che, in crescente successione significante, si
diluiscono in una andatura etimo-sonora di urgente resa poetica. Un andare
ondulatorio, ora narrativo ora segmentato, di versi concisi o ipermetrici, che bene ritrae il viatico di un poema sulla
plurivocità dell’esistere. D’altronde questo è il gioco della vita: un mélange
in cui si alternano emozioni, melanconie, riflessioni, sensi di fragilità, questioni
di difficile soluzione, in un dilemma, in un mistero, che invita a metterci in
gioco per una verità distante dal nostro essere umani. Ed è per questo che il
Nostro ricorre alla parola, a quei sintagmi che ci permettano di elevarci, di
allungare il tiro verso sponde non sempre illuminate dal faro della conoscenza.
Ma sembra che neppure la parola, strumento essenzialmente umano, riesca a
soddisfare ancoraggi a sponde di quiete.
Il fatto sta, però, che esiste
l’amore, la gioia, anche se a dimensione umana, il brivido di sentirsi vivi,
presenti, la vertigine del bello, il bello dell’ignoto. Dacché è proprio questo
che ci spinge ad agire, a ricercare la parte più nascosta di noi. Una scalata
quindi verso vette di accecante
azzurrità, partendo dall’effimero da cui Claudio tende a staccarsi con una
verbalità ampia e succosa di incastri e assemblaggi di esperita connotazione
personale. Anche la sola parola, di per sé conclusiva e ultimativa, può essere
sufficiente all’interezza di un verso. E non è detto che l’Autore non si affidi
di sana pianta al magico potere del linguismo per conquistarsi una immortalità
che dentro di lui cova; e il tutto con l’apporto di una natura che l’aiuta nella
difficile impresa di una confessione di
peripezie ontologiche. Sì, gli viene incontro ma sempre per concretizzare
stati d’animo di oggettiva portata, nei quali non è difficile trovare una parte
delle nostre vicende interiori. D’altronde si sa che la vita è fatta di problematici
interrogativi; di inquietudini e richiami epicurei; ma Claudio, in una insicura
navigazione verso il regno di Thanatos
ed Eros, si convince, sempre più, della unicità di una storia.
Naturalmente dopo un percorso di
domande, di constatazioni, di furiosi e ostinati approdi ai lidi di felicità e
amore. Tanto vale viverla, tale storia; intensamente, con tutto noi stessi,
anche se dum loquimur fugerit invida aetas, coscienti della morte come fine e forse
rinascita panica; in fin dei conti in natura c’è sempre una primavera che
ritorna immancabilmente come rinnovamento di una luce che ha ragione sulle tenebre:
(…)
Alla
fine si accetta il male e il bene
e
li si vive con serena voglia di cambiare
ma
mai, dico mai
come
una vittima che fa del suo star male
una
bandiera.
E stare nel mondo è bello, sempre!
Nazario Pardini
Che dire? Sono commosso per questa bella e sentita recensione che arriva come un lampo e che scalda l'anima. Grazie Nazario, grazie di cuore!
RispondiEliminaClaudio
Non ho letto la "sinfonia wagneriana" di Claudio (così la definisce Pardini nella sua illuminata recensione), ma ho la netta sensazione che si tratta di un approdo importante per il noto poeta romano, la cui scrittura si viene evolvendo verso una riflessione sempre più matura, attenta ai temi esistenziali e metafisici della vita e della morte, del bene e del male, in un ricco "gioco di ossimorica tensione", come dice il suo recensore, che spiazza qualsiasi schema razionale, incapace di accettare la vita nel suo insieme di aspetti positivi e negativi. La costruzione del verso segue l'esigenza riflessiva del puzzle filosofico che l'autore viene costruendo sulla base delle proprie esperienze di vita.
RispondiEliminaFranco Campegiani
Stimo molto Claudio Fiorentini, e questa ulteriore prova poetica, che non ho letto ma leggerò, desta ancora più curiosità dopo le parole illuminanti di Pardini. Bellissimo pezzo, non solo vibrante ma caldissimo. Grazie a Nazario Pardini.
RispondiEliminaUna recensione illuminante, una preziosa chiave di lettura che ci avvicina col tratto magistrale di Nazario Pardini ai versi profondi e talvolta inquieti di Caludio Fiorentini.
RispondiEliminaSinfonia, forse come la vita, turbinio di emozioni e di forsennata ricerca di felicità per non cedere all’ordinario o, peggio, al dolore. Sinfonia sono pure gli accordi tra parole che richiamano i sogni e i ricordi di un tempo passato che ci appartiene e per sempre ci apparterrà. Accordi che evocano anche, o che ricacciano indietro i fantasmi delle nostre paure, dei nostri drammi irrisolti o irrisolvibili. Consolazione e ragionamento su ciò che possiamo solamente stare a guardare.
Basta leggere anche una sola poesia di Claudio Fiorentini per sentire l’anima rimettersi in moto e suggerire alla mente collegamenti, reminescenze, verità sopite accuratamente sepolte sotto la quotidiana routine.
Una scossa, un riportare alla luce cose sottratte alla coscienza, distrattamente abbandonate nel tempo perché credute ormai inutili, fuori moda, fuori contesto.
Poesia che tocca corde, che crea ... sinfonie.
Lea Valti