Maria Rizzi,
collaboratrice di Lèucade
La voce di un Poeta
(Racconto ispirato alla canzone di Pierangelo Bertoli “A
muso duro”)
Sandro Angelucci,
collaboratore di Lèucade
Piero - Pierre, come lo
chiamavano gli amici, che, con lui, avevano condiviso le canzoni degli anni ’70
- è un artista. Un uomo che, nella vita, ha sempre messo al primo posto i
valori, quelli veri, quelli che contano e che spesso fanno scontrare con la
cruda realtà, con gli egoismi e con le prevaricazioni.
Questa priorità lo aveva
portato a fare delle scelte che, ai più, erano sembrate esagerate e, in alcuni
casi, persino prive di senso. Per lui non era così: al contrario, nessuna delle
decisioni prese era mai stata rinnegata e, se si fosse reso necessario, le
avrebbe operate ancora.
Certo, a volte, si sentiva
solo, avvertiva di andare controcorrente, ma in quei momenti si ripeteva: “Ho
sempre scritto i versi con la penna /
Non ho ordini precisi di lavoro”.
Già, perché Piero è un poeta
e, da quando la poesia gli si è rivelata, in età poco più che adolescenziale,
non c’è stato giorno in cui, seppure non fissandola sulla carta, non l’abbia
sentita presente.
La sua passione, lungi
dall’essere un hobby e, tanto meno, un bisogno di rivalsa sociale, di fama, è
l’unico modo che conosce di stare al mondo.
Se si guardano le cose sotto
questa prospettiva, non c’è da meravigliarsi che gli amici avessero deciso di
volgere in francese il suo nome, con chiaro riferimento al testo della canzone
dei Pooh. In altre parole, ciò che li colpiva era quel suo essere atipico,
‘sottile e pallido’ e a tratti triste. No, lui non era omosessuale, ma ci sono
tanti modi per esprimere la propria diversità in una società conformista e
omologante. Ci sono tanti modi per rifiutare la schiavitù.
Piero sa di non aver mai
potuto fare a meno di odiare “i porci ed i ruffiani / E quelli che rubavano un salario / I falsi
che si fanno una carriera / Con certe prestazioni fuori orario”, ma è da sempre consapevole che
resistendo strenuamente, perseguendo con coraggio e con tenacia il suo credo,
quelle persone non riusciranno mai a ferirlo mortalmente. Sono loro i vincenti,
ma solo in apparenza, perché non hanno armi affilate quanto quelle che possiede
chi vuole vivere in comunione e in armonia con l’intero Creato.
La poesia non ha cessato un
attimo di ricordarglielo e lui le è grato per questo. La poesia gli ha insegnato
a essere “Un guerriero senza patria e senza spada” e da apolide, pacificamente, ne segue l’esempio. L’uomo patisce i
frutti spietati del capitalismo, che inducono a marcire anche la Cultura,
privando troppi artisti, o sedicenti tali, dei legami con la loro stessa
dignità, allontanandoli dal rapporto salvifico con la Natura. Si trova spesso a
chiedersi dove sono finite le campagne dorate, il mare cristallino, gli
uliveti. E la quotidianità vera, incantata dei bambini… cosa ne è rimasto? Sono
prigionieri di case, di schermi, e non giocano più nei giardini o sul cemento,
non si sbucciano le ginocchia e i sogni. Le tematiche della Poesia di Piero
sono proprio i miracoli della natura e la vitalità rimasta negli occhi dei
semplici. Detesta il meccanismo feroce che rende gli artisti anelli
dell’ingranaggio economico. Lui ha fatto delle scelte. I figli hanno saputo
comprenderlo, purtroppo la moglie desiderava un’esistenza molto agiata e a poco
a poco si è allontanata dagli ideali che trent’anni prima sembrava condividere.
Vivono sotto lo stesso tetto come due estranei e lei ha colto troppe occasioni
per rinfacciargli le opportunità di successo mancate.
Marisa era convinta che la
Poesia, i concorsi, le vendite di libri, la fama avrebbero trasformato Piero in
una persona illustre che subisse il fascino del dio denaro.
L’uomo si ostinava a dirle: “Ho
speso quattro secoli di vita / E fatto mille viaggi nei deserti / Perché volevo
dire ciò che penso / Volevo andare avanti ad occhi aperti” e lei lo guardava come l’ultimo degli
uomini e lo scherniva: “Sei arrivato molto lontano con le idee e la testa alta.
Non vedi gli altri come sanno sgomitare?” Piero alla fine si è arreso. L’ha
lasciata sulla sponda del rancore ed è andato avanti senza scendere a
compromessi. Nell’ambiente poetico è conosciuto e ammirato, ma le liriche che
compone sono specchio del suo mondo interiore e l’uomo ha compreso sulla
propria pelle che i pensieri non sono pericolosi finché rimangono solo
pensieri. In quel campo sono consapevoli in troppi che non saprebbe mai
scrivere “Con i dosaggi esatti degli esperti / Magari poi vestir(s)i come un
fesso / E fare il deficiente …” partecipando a tutti i concorsi,
cercando le amicizie giuste per scalare le vette dell’ego, e magari componendo
poesie che raccolgano i favori dei critici del momento. Piero è rimasto libero e vero.
Le sue decisioni non sono mai
state condizionate da niente e da nessuno. Criticate, questo si, e non da
pochi. Quando si sceglie l’essenziale si scarta il superfluo, quando, al bivio,
si sceglie la strada stretta non ci si cura di sapere come sarebbe stato
agevole percorrere quella più ampia.
Per angusta ad augusta: questo
era il suo motto, fermo restando che nulla di maestoso, di solenne, di
venerabile si era mai proposto se non ciò che umilmente è maestoso, solenne e
venerabile.
Da giovane, e anche dopo
essersi sposato, aveva optato, nei limiti delle possibilità, per posti di
lavoro che non gli avessero tolto tutto il tempo, consentendo così alla sua
creatività di potersi esprimere, convinto com’era, che non si vive per lavorare
ma si lavora per vivere.
Quando scrive Piero percepisce
tutta intera la propria libertà, non la sente limitata da imposizioni di nessun
genere, siano esse materiali che intellettuali.
È una persona semplice, senza
tante pretese, e l’unica cosa che, in fondo, gli interessa è sentirsi parte di
una famiglia che comprenda non soltanto i suoi cari, ma ogni forma di esistenza
che popola e, con lui condivide, la straordinaria esperienza della vita sulla
Terra.
“Non s(a) se è stato mai un
poeta / E non (gli) importa niente di saperlo” perché,
per lui, fare poesia è come “Riempir(e) i bicchieri del (suo) vino”.
“Non s(a) com'è però… invit(a) a berlo”.
Purtroppo, in molti, in troppi
non hanno capito e non hanno accolto questa offerta: chi l’ha bellamente
ignorata, chi ha trovato la bevanda priva di sapore e chi, fingendo, ha detto
che sarebbe tornato a bere con lui per poi scomparire nel nulla.
Sta di fatto che Piero non si
è fermato, ha preferito andare avanti e affrontare tutto “a muso duro”. Quando si
prendono decisioni del genere bisogna mettere in conto i rischi che ne
derivano. E lui ha pagato. Ha pagato di persona, sia nel privato (non si
augurava certo di divenire un estraneo
agli occhi di Marisa), che nel pubblico (non tutti, ovviamente, ma almeno un
paio dei libri dati alle stampe avrebbero meritato una diversa attenzione da
parte del suo editore).
Ha risolto così: lasciare “le
masturbazioni celebrali…a chi è maturo al punto giusto” e le sue poesie
“a
chi sa masturbarsi per il gusto”.
I figli sono molto vicini a Piero. In un mondo di
opportunisti, di gente pronta a vendere l’anima al diavolo per raggiungere
determinati obiettivi, il padre sembra loro una perla rara. Mauro, il maggiore,
asserisce spesso che è una gioia crescere all’ombra di tanta purezza e che il
cuore dell’uomo somiglia ai primi libri dei bambini: contengono le parole
essenziali e sono piene di colori. Piero si commuove di fronte alla capacità
dei ragazzi, ormai adulti, di leggere le sue Sillogi e la sua interiorità con i
cinque sensi. I figli, ascoltando il padre e, soprattutto leggendolo e
vedendolo vivere, si sono resi conto che custodisce tesori inestimabili e che
la sua autenticità non consiste solo nell’essere vero, ma anche nel non ascoltare
le menzogne. Piero va avanti con “lo
sguardo dritto e aperto nel futuro”. D’altronde solo la mente di un eterno
fanciullo ha i porticati luminosi e il
futuro vi passeggia sereno… Affrontare la separazione morale da Marisa è stato
difficile. Tuttora Piero si accorge di soffrirne. La donna algida e dura con la
quale divide la casa è una sconosciuta. Gli sembra incredibile che sia la
stessa creatura che aveva sposato. La considerava la partitura delle sue
giornate, così estroversa, dotata di una vitalità quasi animale. Era il sorriso
che lo faceva alzare la mattina, il bacio che neutralizzava ogni cattivo
pensiero, la carezza che lo sosteneva nei momenti difficili. In lui era sempre
esistita un’esigenza profonda di sublimare l’oggetto dell’amore. Succede spesso
agli artisti. Ha attraversato un lungo periodo di crepuscolo della coscienza,
abbandonato da coloro che credeva amici, scoprendo persone nuove, sbocciate in
quel tramonto come nuvole arancioni, come fiori. L’uomo non ha mai smesso di
scrivere, consapevole che versi e pensieri sono come il sangue: hanno bisogno
di circolare e tengono in vita. Oggi è consapevole che il posto nel mondo che
cercava è dentro di lui, dove gli batte il cuore, dove fluisce il suo sangue,
dove respira, piange e ride, restando vivo. E’ un uomo forte e dolce, come
sempre, che ama ripetere “… alla fine della
strada / Potrò dire che i miei giorni li ho vissuti “.
Chissà quando sarà, chissà
dove la strada terminerà. Se sarà in un giorno qualsiasi e in un luogo
sconosciuto, oppure se quello sarà un momento particolare e il cammino lo
porterà a riconoscere posti familiari. Nessuno può saperlo. Ciò di cui è
assolutamente certo è, invece, di quanto sudore ha dovuto, e continua a versare
lungo il proprio cammino. Un sentiero irto d’insidie e
d’imboscate.
NEL COVO DEI MERCANTI
Asceta tra la folla
Vagare senza mèta tra gli
inganni
Senza possessi
Nel covo dei mercanti.
Essere qui
Per conto dei miei versi
Per rovesciare i banchi,
Esserci
Per essere soltanto.
La voce di un poeta
È quella del silenzio
Ma questo canto è lotta,
Guerra che si combatte senza
tregua
Fino alla resa,
Finché non sgorghi il
sangue.
Sandro Angelucci Maria Rizzi
Ringrazio infinitamente il nostro Nazario per aver accolto quest'altra proposta. Ho convinto l'amico Sandro a cimentarsi in prosa e si è scoperto che è nato Narratore.L'idea di ispirarci a cantautori - Poeti è di entrambi. Ringrazio anche il mio compagno di viaggio e li abbraccio forte entrambi! Con amici simili si è ricchi!
RispondiEliminaMi associo a Maria ringraziando anch'io Nazario. Mi dissocio - scherzo ovviamente - da lei quando dice che sono nato Narratore: la carissima amica mi onora dicendolo perché a sostenerlo è un'autentica e grande (senza alcuna piaggeria, lo sa), lei, si, Narratrice.
RispondiEliminaUn abbraccio calorosissimo ad entrambi,
Sandro Angelucci
Plaudo a questa iniziativa. Le qualità prosastiche (tutt'altro che prosaiche) della scrittura di Sandro mi sono note da tempo - come sono note a tanti - ma il tocco di narratore mi è nuovo e mi complimento con Maria per l'intuizione avuta. E' un testo che sprizza poesia da ogni poro: quella poesia che si nutre di silenzi e di spiritualità, di autenticità e di contatti diretti con il Creato, ponendo inesorabilmente l'uomo che di essa si nutre in contrasto con una società edonistica, materialistica, come quella di sempre, ma particolarmente quella in cui oggi viviamo. Nel mio piccolo, e con tutti i miei limiti, sento profondamente fraterno il personaggio di cui qui si parla, ispirato da Bertoli, ed il mio cuore sanguina - non da oggi - insieme al suo.
RispondiEliminaFranco Campegiani
Sono commossa da tanto entusiasmo Franco! Ti sei identificato in modo sanguigno nella figura del Poeta. Il risultato che io e Sandro volevamo sortire era esattamente questo: sentire le anime pulsare all'unisono con la purezza dell'Arte! Grazie infinite e un forte abbraccio!
RispondiEliminaRingrazio sentitamente Franco per aver voluto esprimere il suo parere. L'amico ha colto la critica del sistema edonistico e materialistico che oggi viviamo e che ci rende al contempo soli e massificati, e tutto, sempre, per soddisfare la sete dell'ego e del facile "guadagno".
RispondiEliminaPer quanto mi riguarda, la mia presenza sul blog non è assidua e quando trovo qualcosa che mi stimola, non mi esimo dal commentare. Certo, fermo restando che lo scritto m'interessi davvero. Ma è già qualcosa....
Sandro Angelucci