venerdì 17 giugno 2011

Da "Elegia per Lidia", Centro Culturale il Golfo, La Spezia 1998


Elegia per Lidia

Ritornerai tra gli alberi e sui campi
quando l'autunno
lacrime di giada
gocciola a terra
fiore di stagione.
Fulgeva di passione
l'occhio glauco
ed oltre i davanzali le tue mani
coglievano gli steli delle stelle.
Quando il profumo volerà per terra
(che sepolta ti tenne
per millanni)
ritorneranno i fiori inebrianti
di giovani corolle ricamati.
Tingeranno caverne, forre e prati,
vinceranno l'odore della morte.
Lontano sarà il giorno dell'addio
ed il viola dei tappeti al muro
che tennero la bara del tuo rosa
trapunterà di vita la campagna.
L'assenzio spargeranno nelle stanze
che videro i tuoi crini
sciolti a caso
fiori rinati
che più sul nostro suolo noi vedemmo.
Si apriranno gli avelli
e fani belli amanti dell'amore
suoneranno negli incavi nascosti
flauti imprestati
dagli angeli dei cieli.
Non ci saranno veli
a coprire l'innocenza.
Squilleranno le trombe i Serafini
ed ai confini dei mari
compagnia ci faranno le bellezze
che le brezze mortali di nascosto
rapirono le notti
negli abissi.
Fissi negli occhi i giorni leggeremo
di quando si correva
tra i pineti
stanchi giammai di abbracci e di carezze.
Sui colli danzeremo,
sopra le acque
al tinnire frequente
che mai tacque
l'aria imbevuta
dei nostri desideri.

E attorno ai cimiteri anime bianche
sugli avelli riempiti di colori
al canto degli uccelli variopinti
danzeranno beate e le fiammelle,
linguiformi falò, apriranno i cieli.




 
Del mio paese a sera

Del mio paese a sera vedo il fiume
che scorre lento e rispecchiarsi neri
nei gorghi quasi fermi della sera
gli svoli d'ali a radere veloci
di cannella i sapori. Acuto spiove
l'odore denso d'acqua e di cent'erbe
fluente d'alghe sopra il verde giada
e la memoria d'onde cristalline.
Là m'invitava, prima coi suoi canti,
a consegnarmi ai flutti. E spesso torno
dalla città che esplode i suoi rumori
per le strade affollate. Qui tra gente
che viene e va da casa verso il nulla
sui marciapiedi dove si ripete
di certi il triste rito di rinuncia
alla vita, si mischiano i rintocchi
dei passi che trasvolano le mura.
E i cittadini all'ombra delle rughe
o al rombo dei motori e ai neri fumi,
che grigio scuri rendono
le finestre, i portali e le tarsie,
osservo e malattie dei nostri lustri.

Del mio paese a sera vedo il fiume
che scorre lento. L'argine rispecchia
lucori rossi spersi tra gli steli
di papaveri e timi. E' qui che sento
in mezzo, pura, ad un silenzio verde,
un'anima che perde il suo fragore
nel vuoto impercettibile del fiume
all'aria smorta che la notte scopre.

Nessun commento:

Posta un commento