lunedì 30 aprile 2012

Tre poesie di Rina Accardo



MALINCONIA



E tu, malinconia, perché mi annienti?

Una spirale nel vuoto dei sensi.

Sopprimi nel fiato scosceso

una larva di vita

che più non nasce nel circuito del previsto

e nell'imprevisto giace.





VOCE



E visualizzo dialoghi inesistenti,

la mente vola

in quell’abitacolo

racchiuso da vetri appannati.

Parole lontane dal dire sentito,

discorsi enfatizzati

a coprire un silenzio di fondo,

loquace nell’aria.








MIRAGGI

Notti
custodite nel ricordo
del tuo sorriso addosso.
Guance che scottano
nell’ammanto di un sogno.
Son rimaste lì,
scolpite,
le lancette del nostro tempo.


Rina Accardo


12 commenti:

  1. questa trilogia la chiamerei "Un'anima si parla" ed il verso le risponde che per lei "Son rimaste lì,scolpite,le lancette del nostro tempo." G.S.

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    1. Mi piace molto questo titolo ...può darsi che lo utilizzi.

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  2. "Le tue poesie mi sono piaciute in maniera
    particolare. Appare scolpita la parola dallo scalpello di un'anima che sa incidere oltre l'intenzione del termine."
    N.P.

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    1. Un commento incisivo che mi dà gioia. Il mio saluto grato, anche per la cordiale ospitalità.

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  3. Si può chiedere all'aria di non parlare, bruciare, alla malinconia di non annientare un'anima distante? La poesia di Rina tenta di trovare risposte ai segni che la vita ci lascia sui sentieri che percorriamo, tenta di fermare i gesti e di riproporli dentro sè per meglio amarli. Sono versi che ci lasciano un'idea di presente concreto sospeso nell'eco dell'ignoto. Un saluto caro

    Federica Galetto

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    1. Le tue considerazioni, Federica, mi lasciano esterrefatta. Mi sento 'colta in flagrante'. Non è che per caso ti sei nascosta in un angolino ben riposto per riuscire a leggermi dentro? ...grazie, ciao!

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  4. E' l'espressione di un'anima candida, fragile ma non troppo, ma un poco audace - quella di Rina. Si manifesta tenue, anche se i temi del vissuto umano, trascritto in versi, suggerisce "sguardo" "voce" "sogno" come un trino riparo. Nostalgia più che tristezza, spleen lucido, acuto questo cogliere il Caos - per "coprire un silenzio di fondo". Un silenzio assordante, come i sentimenti "scolpiti" in un notturno chopiniano ad accompagnare una presunta fragilità... E' proprio la forza dell'imprevisto, dei segni, di un ignoto tutto da scoprire, che può rimuovere coaguli di dolore, già pronti a estinguersi. Dove vive la fragilità, vive la forza che ne è Figlia. Figlia e Madre. I tuoi versi sono il primo allarme, il campanello che s'innerva nel profondo. Sai, mi hanno tanto tanto commosso le tue poesie, perché - oso sfrontata nel dichiararlo - parcellizzano qualcosa che sta già avvenendo. O è in procinto di accadere. Il rinnovamento... Un grande abbraccio,

    Nina Maroccolo

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    1. Senza parole... quasi tu parli per me. Credo davvero di avere trovato qui persone che hanno saputo scandagliare l'animo mio. Nina, grande nel tuo cogliere tanto di me. Mi sento fortunata di averti incontrata. GRAZIE. Ti abbraccio.

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  5. sono bellissime...e mi danno un senso di infinito e di indefinito, l'imperfettibile perfetto, con un piccolo senso di malinconia,,bellissime

    Matteo Toscano

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    1. Matteo, in sintesi tu hai centrato il corpo di questi versi. Il tuo 'bellissime' mi farà dormire col sorriso stanotte. Ciao.

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    2. ne sono davvero contento perchè le tue poesie fanno questo effetto a chi scrive

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  6. nel breve ci *si* parla, 6 versi 6 versi 8 versi - versi. per *aversi* [jeu de mot - i' mi son un che, monosillabi, dichiarazioni; e ci si dichiara sempre in una forma, *dopo l'annichilamento*]. dovendo scegliere, l'anima si annienta e si riduce, per esistere. c'è l'abitacolo e poi ci sarà la strada - il bunker non è definitivo, come sotto le case svizzere. da poca luce viene la malinconia del "senso di
    infinito e di indefinito". il *soffio di qualcosa che verrà* è per dopo, ma ci sarà - sarà quello "loquace nell'aria". il maggior bene a Rina, che sente e sa l'invasione (e questa prevale per un po', è inevitabile: siamo sempre lì, e non c'è niente di meglio e niente di peggio, come nelle prime due carte della Vita Nova del nostro padre, di cui non siamo più grandi figli) [m.]

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