venerdì 9 gennaio 2015

N. PARDINI: LETTURA DI "VOCE DI LUNA" DI LUIGI GASPARRONI



Luigi Gasparroni: Voce di luna. Stampato in proprio. Teramo. Natale 2014. Pg. 25


Nuova plaquette (fuori commercio) questa di Luigi Gasparroni, che, pubblicata per il Natale 2014, lega   sentimenti, sensazioni, abbrivi emotivi, e ricordi ad una natura che la fa da padrone in questi versi tutti indirizzati a cristallizzare il senso della vita e dell’esistere. Ad uno scavo interiore da redde rationem di grande soluzione umana e di una inquieta meditazione sulla precarietà della vicenda terrena. Già la copertina funge da prodromico avvio al messaggio introspettivo delle venti poesie di cui si compone il volumetto. “Sulla copertina la collina con la casa colonica abbandonata. È una  visione che ritorna spesso alla mente, perché la mia casa natale è in campagna a Cologna, Comune di Roseto degli Abruzzi, che tra l’altro ricorda il paesaggio toscano…”, scrive il Poeta. Quadri di una natura che incendia i suoi orizzonti al declinare del sole. Immagini che tornano spesso a dare corpo a ricordanze di saudade spessore emotivo: ora con La vecchia fontana:

Vecchia fontana che borbotti ancora
il solito rosario di parole
confuse e senza voci,
accanto al tuo dolce fresco mi siedo
e ricordo
notti di luna trascorse
tra un sorso e un bacio
quando l’anima dentro ci ardeva
e inaridiva le labbra;

 ora con sguardi vòlti alla notte:

Sopra la luna candida d’agosto
migrano le nubi.
Come è ferma questa notte!
(…)
Io veglio sul tuo caldo respiro
e m’inebrio (Notte),

dove l’idillio iniziale si fa abbraccio totale di un forte ritorno erotico di urgente profondità spirituale;

ed ora in associazioni fra cieli azzurri ed occhi di una donna, fra rosso corallo e tenero tramonto, o fra bianco lunare e notte chiara:

Azzurro come gli occhi di una donna,
 rosso corallo in tenero tramonto,
bianco lunare di una notte chiara;
ogni uomo guarda il suo cielo… (Cielo).

Voce di luna il titolo. Ed è proprio la luna, questa magica e quanto mai romantica accompagnatrice di rievocazioni  intimistiche a fare da sottofondo musicale a questo spartito di euritmica sonorità. È ad essa che il poeta confessa tutto il suo pathos esistenziale dettato dalla coscienza della fugacità del tempo:

(…)
Fanciulli seminudi sulla spiaggia
attendono la luna.
Nel suono di conchiglie
la nostra breve estate s’è disciolta (Breve estate),

o dettato dalla inquietudine per la improbabilità di dare una risposta ai tanti interrogativi della nostra vicenda:

(…)
Sono un uomo deserto
confuso da mille silenzi
e attendo un segno
da questo firmamento:
saprò mai chi sono? (Guardo la luna),

o dal contrasto fra la  nostra terrenità e lo sguardo rivolto all’oltre:

(…)
Un giorno saremo al di là
di questo magnifico cielo
e guarderemo con nostalgia
la terra ormai lontana (Terra lontana).

Sì, ma il Poeta pur affidandosi al Cielo, a quell’Immenso che ci sovrasta in cerca di una risposta agli interrogativi che umanamente inquietano, crede così tanto nella  vita, in questa stupenda avventura, che bramerebbe conservarne il ricordo in una:

Geometria di astri lontani,
musica d’angeli,
Dio remoto:

dacché

ogni uomo ha bisogno
del suo cielo.

Nazario Pardini


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