DICOTOMIE
AUTORE: Nazario Pardini
The Writer
Edition - Milano
In questa raccolta di poesie dal titolo Dicotomie, pubblicata nel 2013, si scorge
in modo ancora più pregnante un Nazario Pardini ispirato ed illuminato
dalla nostalgia delle cose elementari,
quotidiane e semplici.
Credo sia poeticamente
redditizio, in certe ore del giorno o della notte, riportare a nuova vita,
sollecitando la memoria, questi oggetti
oramai a riposo:
ticchettìo di forbici, ombrellini di
carta, ruote di carri, che hanno percorso lunghe distanze, falcino nelle mani
di una madre che lavora, tramonti che lisciano i campi; e aratri....aratri di una gioventù spersa vicino ad un albero
antico in cima a una collina.
Ci sarà' sempre l'albero
l'albero di acacia ad
attendere un volo di farfalla....
(L'albero
in cima alla collina - pag. 25) .
Questi oggetti del passato, nella poesia
di Pardini, evidenziano il rapporto tra
l'uomo e la terra e diventano la lezione
più importante per il Nostro poeta. Una
lezione tratta dall'usura che le mani hanno inflitto alle cose, un insegnamento
che conserva un pathos capace di infondere quel fascino umano o
forse "umanizzante di
sensibilità" che ancora ha valore
nella realtà di questo mondo.
Senza cadere in
un soliloquio morale, Nazario
Pardini mette poi a confronto
questa realtà-verità coesa
alla semplicità della vita contadina, con la realtà-mistificata del
rutilante benessere dei nostri giorni. Un
benessere tra persone che (si
lanciano sguardi, le borse, i vestiti
i paletot ( Per strada - pag. 39)) transitano nel brusio delle strade tra volti di gente
che passa e quasi si sfiora nelle "vasche" dei centri commerciali
indifferente e ammutolita; talvolta distratta, anche, dai fatti di violenza,
perché, come dice Pardini,
sulla strada ancora c'e' guerra.
C'e' guerra si ritorna;
e un botto deflagrante
irrompe attorno:
dei ragazzi violentano la
vita
per qualcuno in
dormiveglia con in mano
l'immagine di un Cristo
Salvatore.
(Sulla strada
c'e' guerra - pag. 33)
A questa condizione di apatia
relazionale che tende a scadere, se così si può dire, in una patologica deriva di coloro che violentano (inconsciamente) la propria vita ed inconsapevolmente anche quella di altri individui, il Nostro
contrappone l’azione patriottica
di giovani ragazzi che, in passato, hanno combattuto una guerra per la libertà della
Patria:
Morirono
brandendo una bandiera,
venivano dai luoghi piu'
lontani,
lasciando casa mogli, e
terre incolte(....)
le loro tombe vogliono
rispetto
le loro tombe gridano e
pretendono
di non essere cumuli di
polvere
contenitori d'ossa senza
nome.
(Per
i 150 anni dell' Unita' d'Italia - p.31)
Il tema principale dell'intera silloge, il
leit-motiv, resta comunque il rapporto dell'autore con la
natura la cui bellezza inonda gli occhi di meraviglia, anche ai giorni nostri; basta semplicemente vedere ed ascoltare la sua musica. La storia
di Beppe ne intona il canto con una vicenda umana, educata e cortese;
Beppe non è diventato un "cittadino"; è rimasto contadino e la sua semplicità equivale alla gioia vitale che brilla sulla terra!
Amava quella terra. La
campagna
lo riempiva di gioia. Era
la vita.
Quand'era solo in mezzo ai
suoi raccolti
non chiedeva di piu'. La
mattina
indossava i suoi stracci e
al primo sole
prendeva lo stradone per i
campi.
L'accompagnava un'alba
d'erba nuova
che usciva in fondo al
monte a discoprire
la vastità del cielo. Sprigionava
il nascere fecondo della
vita
collo sfrecciare d'ali già
veloci
al primo accenno di luci,
e diffondeva
il sentore dei campi che
si sposava al vento.
(Beppe - pag 87).
Queste sono poesie della memoria; poesie
ispirate dai ricordi di un tempo vissuto
a contatto con l'innocenza di
chi ha lavorato nei campi. Poesie che offrono idilliaci scenari di una vita paesana
guadagnata con la fatica di un onesto
lavoro. Una passione che non ha bisogno
di atti sconci per cogliere tutto il piacere
dell’esistere.
E il Nostro riesce a seguire queste vicende zeppe d'umanità, trasferendole
nel ciclo inesorabile delle stagioni, con metafore che s'innescano e si
susseguono in colori e suoni della propria esperienza e con
intonazioni di rara bellezza:
Se questo mio autunno
vorrà
attenderò' sia fertile il
terriccio
che nutre la mia anima. Su
quello
innesterò di nuovo i semi
sparsi
e ritrovati. Credo che
cresceranno
e torneranno in fretta
fusti snelli,
a un'aria un po' più'
mite.
Spero solo in un albero
folto ed affollato
di freschi giovanili,
proprio la',
sotto quei freschi,
voglio tornare a vivere.
(Ora
e' il tempo - pag 57)
Nella seconda sezione di Dicotomie, dal
titolo D'amore di terra e di mare (anni 1980-1990), si conferma l'idea iniziale di un cliche' che aggiunge ai luoghi
della memoria intime meditazioni e confidenze:
Delia e i tuoi sorrisi,
Delia le vesti bianche,
Delia i tuoi occhi cielo
e la pelle chiara
e la paura vergine,
mia Delia,
quando correvi sola.
Vibravano le cime nell'
azzurro.
t'accompagnava un canto,
su per un manto verde,
dove si perde ancora il
tuo sorriso,
ed il mio viso a stento,
ritrova bianche perle
ai bordi della vita.
(a
Delia - pag. 94).
Nella distrazione del quotidiano, il dolore
e la solitudine (una solitudine assordante) emergono dal
profondo; e visioni, forse, dettate dalla disillusione, si
rivelano in: siamo sperduti nel cielo su un corpo senza luce (....) (Solitudine - pag.
120). Un dolore che allude alla morte
ed attinge dal dubbio nichilista (tanto caro ai poeti esistenzialisti) l'immanente
concretezza della nostra nullità. Dolore
in dicotomia con la forza inquieta del mare, con i suoi moti
perenni e le onde sfuggenti dei giorni. Giorni finiti ed abbandonati (forse feriti), come dice il Nostro, sul
grembo della sera. Ma il grembo della sera e' come una madre;
la sua presenza rigeneratrice e
protettrice reagisce colla luce del mattino.
Questa luce può essere sogno, utopia, o amore che s’invola ancora con le sue ali? A dircelo è sempre il poeta che offre
a quell'alba l'incantesimo del chiarore;
e la sua voce.... diventa poesia.
Il mare
annulla la morsa della
notte
e l'alba nasce
là dove pasce il cielo,
là dove il gelo non arriva
mai.
(L'alba - pag. 139)
Alla fine del testo un nutrito apparato
di note critiche. Sono davvero tante le
citazioni che fanno da cornice alla silloge in una vera
trasposizione antologica-digitale,
perché, come tutti sanno, Nazario
Pardini è anche un blogger. E il suo
blog, Alla Volta di Leucade, accoglie e
propone notizie letterarie e
qualificate opere di autori; e serve, anche,
da "stimolo" per chi, oggi..... ancora crede.... nell'arte
della poesia e nella sua saggezza
d'impegno civile!
Miriam Luigia
Binda 07/03/2013
Grazie per la sua cortesia e per il bellisimo libro di poesie: DICOTOMIE che raccoglie, alla fine, numerose e preziose altre critiche letterarie. Miriam
RispondiEliminaUna voce poetica da seguire con tutte le Dicotomie del case. Ache per andare un po' in dietro nel tempo e ritrovarsi a contatto con le cose essenziali che per errore, qualcuno potrebbe scambiare per troppo semplici.
EliminaCiao.
Condivido pienamente, quello che dici ma aggiungo un'osservazione che mi hai fatto notare in altre occasioni e riguarda la giusta osservazione sul contatto delle cose essenziali. In questa poesia dell'autore Pardini, come è stato annotato nel commento critico, resta presente quel genere di cultura, mi permetto di definire, cultura dell'individuo e non solo della conoscenza delle cose e degli oggetti (andreia! come dicevano gli antichi) il coraggio di esprimere la vita anche attraverso l'epica. Matteo
Elimina