venerdì 29 marzo 2013

F. CAMPEGIANI: TRAVISAMENTO E DECLINO DEL LOGOS NELLA CULTURA OCCIDENTALE



Travisamento e declino del Logos nella cultura occidentale

 

Socrate, uno dei geni più rivoluzionari ed incompresi del genere umano, definì maieutica il proprio modello pedagogico, intendendo con il termine, in modo figurato, l’arte di far partorire. In altre parole, secondo il filosofo, l’educatore deve limitarsi a provocare la fuoruscita, a stimolare l’emersione dei valori innati che ogni individuo porta con sé. Naturalmente non si parla di apprendimento dello scibile, dal momento che, per materie come la storia, la matematica, la geografia, eccetera, non si può fare altro che andare a scuola da chi già le conosce. E’ in sede morale – vuole dirci Socrate – che le cose cambiano radicalmente, giacché in quel piano ciascuno è maestro di sé.
Può essere al più ammessa una figura di assistente, il cui compito non è di inculcare principi, ma di stimolarne il parto, come fa la levatrice o la mammana. Educare, da ex-ducare, significa portare fuori. Da dove? Da dentro. Ciò comporta di credere nei valori innati che ciascuno segretamente cela dentro di sé. Ed è un principio fortemente democratico, sconosciuto a quanti ritengono che l’educazione consista nel modellare le menti altrui a propria immagine e somiglianza. Sul piano morale, vero maestro è colui che riesce ad eclissarsi dietro l’allievo, mentre vero allievo è colui che riesce a cancellare il maestro.
Una filosofia dell’autoeducazione o dell’autocontrollo, quella socratica, che sarebbe oltremodo utile riscoprire oggi, nello smarrimento dei tempi attuali. Non c’è bisogno di precetti, di direttive, di insegnamenti (i cui docenti, come sappiamo, finiscono quasi sempre per predicar bene e male razzolare). Ognuno ha dentro di sé il proprio faro, alla cui luce può procedere per la ricostruzione morale di se stesso (e, di riflesso, del consesso sociale). Una luce, occorre precisare, che impropriamente definiamo “Ragione”. Questo termine presta il fianco ad equivoci incredibili, dei quali forse non ci rendiamo ben conto e dei quali già i pensatori classici non si rendevano conto, essendo stato da tempo oscurato l’orizzonte misterico della speculazione aurorale in cui il termine ed il concetto di Logos apparvero per la prima volta.
Per i Presocratici Logos (da légein = “tenere unito”) indicava il nucleo, il centro della sapienza e della conversazione universale. Non proprio Dio, pertanto, nella sua configurazione primaria, ma il Divino diffuso da Lui nell’universo intero. Per Anassìmandro, era l’Apeiron, “l’infinito che comprende in sé tutte le cose e a tutte le cose è guida”. Per Eraclìto era l’armonia dei contrari, la legge sovrana del mondo, la riunione del molteplice, l’intesa segreta dei diversi in quanto partecipi dell’intelligenza cosmica. In pratica, Logos era l’impronta divina insita nelle cose stesse, pur restando separata e distinta da esse. Ciò presuppone una coniugazione del divino, una sua entrata indiretta nel mondo attraverso il conferimento delle proprie coordinate: le essenze cosmiche, le scintille divine da cui deriva ogni manifestazione sensibile.
 I Post-socratici imposero nella speculazione filosofica una visione sempre più antropocentrica e panteistica che gradatamente venne trascinando il divino nell’umano e nel mondo, fino all’identificazione di esso con la ragione dell’uomo stesso, saltando ed ignorando la cerniera intermedia, il piano della coscienza cosmica di cui qui stiamo parlando. Su questo travisamento madornale fu fondato l’intero processo della filosofia occidentale. E Socrate, che in realtà appartiene al pensiero presocratico molto più che a quello successivo, venne frainteso come lo “scopritore del concetto”, anziché del daimon, cancellando le valenze fortemente introspettive e dialogiche della sua filosofia per farle antesignane del pensiero razionale e dialettico.
Logos, nell’originaria speculazione filosofica, è la sapienza divina colta nella sua opera creatrice: una sorta di laboratorio universale dove si concentrano le forze intelligenti del creato per dare vita alla creazione stessa. Un piano intermedio tra Dio e il Mondo. Il luogo-non luogo della Coscienza cosmica. Il Coro angelico, la Voce unitaria del creato, la Sinfonia dell’universo intero. Questo è il Logos nel senso originario del termine, e non il discorrere degli uomini secondo corrette regole grammaticali, il conversare forbito e convincente, la capacità dialettica di primeggiare nella discussione. Non dunque l’equivalente della Ragione umana.
Purtroppo occorre dire che la teologia cristiana, escludendo l’umano dal Logos per riservarlo a Dio soltanto, non ha aiutato l’uomo ad accedere al piano angelico o arcano di se stesso ed ha contribuito pesantemente a confinarlo entro i propri orizzonti razionalistici. Conoscere è ricordare, diceva invece Socrate, alludendo alla sfera dei valori universali, innati in ogni essere vivente, ma destinati nell’uomo a cadere in oblio per causa dei condizionamenti collettivi. Ed è una conoscenza anamnestica, quella di cui egli parlava, un risveglio tutt’altro che razionalistico.
Platone, che fu il vero antesignano del razionalismo, con il termine “archetipi” volle invece indicare non più le guide nascoste, le coordinate intelligenti ed eterne di cui parlava il maestro, ma le idee universali ed astratte, le linee generali mentalmente estrapolabili dalla complessità dell’esistente. Fu così che la riduzione del Molteplice all’Uno venne trasferita dal piano introspettivo a quello dialettico e la mistica presocratica si trasformò in metafisica idealistica, soffocando nel razionalismo il substrato misterico della cultura preesistente.
Per lungo tempo, nella saggezza popolare continuarono a conservarsi tracce delle prime visioni animistiche, e ciò a dispetto delle culture dominanti che le hanno sempre bollate come manifestazioni di superstizioso ed ingenuo feticismo. Critica indubbiamente fondata, ma dalla quale non è immune nessuna cultura, ivi compreso il razionalismo, oggi approdato al feticismo tecnologico di cui ben conosciamo le storture. E se perfino le religioni storiche sono affette dalla piaga feticistica, allora l’animismo delle culture sorgive non deve essere confuso con il feticismo, che ne rappresenta soltanto la degenerazione. 
Il mondo contemporaneo ha portato alle estreme conseguenze le premesse inaugurate dal razionalismo antico, smantellando la saggezza popolare fondamentalmente animistica, ed anzi distruggendo l’idea stessa di popolo, come già ebbe a dire Marx e come successivamente confermarono i filosofi di Francoforte, per non dire delle denunce in tal senso di uno spirito ribelle come Pier Paolo Pasolini. Ciò facendo, la cultura contemporanea ha debellato la capacità di convivere con il mistero, propria dell’uomo di ogni tempo, sognando un mondo di paradisi artificiali e chimerici che, a dispetto del miglioramento materiale dell’esistenza, sta oramai rivelando il proprio degrado morale e tutte le proprie lacune.
Si dirà che questo è soltanto un problema di adattamento ai cambiamenti dello sviluppo scientifico-tecnologico, ed è vero. Ma la lacuna da colmare non è di natura scientifico-tecnologica, come da più parti si sente dire, bensì di natura morale. Il problema non è di portare l’uomo all’altezza di competenze e di abilità che ancora non possiede, bensì di portarlo all’altezza morale del progresso scientifico e tecnologico raggiunto. L’obiettivo deve essere di costruire una scienza a misura d’uomo e non uomo su misura della scienza, come si sente scandalosamente affermare da noti divulgatori in programmi televisivi di successo. 
La scienza non può insuperbire, pensando di potersi sostituire a tutte le altre branche dello scibile, che, battendo strade diverse, da sempre coltivano il sapere con pari dedizione e dignità. Gli antichi Egizi furono eccelsi nella scienza, così come lo furono nel Mito e nell’amore per il mistero, per il sacro. Quella civiltà seppe svilupparsi armoniosamente in tutte le direzioni, mentre oggi si tende all’amputazione di sfere fondamentali per l’equilibrio dell’umanità. Il risultato è sotto gli occhi di tutti, con uno sviluppo abnorme da un lato, e dall’altro con una recessione a livelli subumani di incultura e di inciviltà.
Nessuno pensa di frenare il progresso scientifico-tecnologico (ci mancherebbe altro!). Sarebbe sciocco programmare delle rinunce, ma è indispensabile compensare l’aridità delle macchine con un pari, ed anzi superiore grado di sviluppo spirituale. Ciò di cui abbiamo maggiormente bisogno, per reggere l’urto del vuoto imperante, è l’arricchimento interiore, la conoscenza del profondo e l’alleanza con il mistero di cui erano dotate le antiche culture, sicuramente meno vuote e vanesie dell’odierna civiltà. In assenza di ciò, dobbiamo abituarci ai rigurgiti di incontenibile virulenza da parte di un inconscio incautamente tenuto a catena; abituarci alle esplosioni devastanti  di un magma sotterraneo in grado di cancellare ogni traccia di civiltà.       
Vanamente la psicanalisi pensa di poter superare l’impasse “prosciugando il mare dell’Es” nel misero stagno della coscienza razionale. Vanamente il Comportamentismo s’industria di uscire dalle sabbie mobili coartando la condotta dei singoli entro regole convenzionalmente date. Tutto ciò mostra la sostanziale superficialità della cultura contemporanea. Ed anche il suo fondamentale manicheismo, preso nella risibile sfida del Bene, inteso come conformismo edonistico, contro il Male dell’inadattamento. Quanto c’è da apprendere dalle culture popolari ed arcaiche, fondate sul principio dell’armonia dei contrari, sulla consapevolezza delle alternative possibili ed impossibili, sulla certezza del rovescio della medaglia in ogni situazione (che è poi, in fin dei conti, fede nell’aldilà)! 
Deve essere superata, a mio parere, la visione antropocentrica finora sviluppata dalle nostre culture, al fine di promuovere una visione del mondo nuovamente cosmocentrica, dove sia l’uomo a ruotare intorno alla natura ed al cosmo, e non il contrario. Occorre recuperare le stagioni iniziali della riflessione filosofica, non certo per tornare indietro nel tempo, verso il passato, ma per andare avanti sulle tracce di un pensiero misterico ben più ricco e fecondo di quel razionalismo che ha prodotto molti frutti importanti, ma i cui limiti sono oramai palesi per tutti e che deve essere abbandonato, se si ha davvero a cuore il bene dell’umanità.
 
Franco Campegiani
 
 

12 commenti:

  1. Ninnj Di Stefano

    Un ottimo e significativo saggio che spazia tra filosofia e letteratura. Un ampio squarcio che si risolve in fine cucitura tra il passato e il presente. La penna di Franco Campegiani è mordace, pronta ad evidenziare referenti di prim'ordine nella storia del ns. quodidiano. La scrittura semplice e lineare, mai ingenua, ma speculativa e speculare dentro una prospettiva mai amorfica, ma piena di verve, è fruibile e sempre accattivante. Complimenti Franco

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    1. Carissima Ninnj, conoscendo il peso del tuo giudizio ed il tuo valore, non posso che esserti grato per queste lusinghiere parole, tese da un lato a valorizzare le qualità letterarie della mia scrittura, e dall’altro ad evidenziare, sul piano tematico, la cucitura fra presente e passato che costituisce un caposaldo del mio modo di pensare e di vedere la vita. Un desiderio di “radici” che non è immobilismo statico, visto che le radici si sanno sempre e comunque rinnovare, al contrario dell’esasperato modernismo che ad esse non attinge, perdendo la spinta verso il nuovo e precipitando in un funesto declino. Franco Campegiani

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  2. Caro Franco,
    ti leggo e mi riscopro discepola appassionata di una filosofia che, come getto di cascata, non si arrende alle dighe dell'uomo e, impavida, fruibile, convincente e avvincente, ci trascina nella sua spirale ineffabile.
    Socrate è un Maestro al quale riconosci assonanze con la tua teoria dell'autodeterminazione. Gli insegnanti non possono inculcare i loro precetti, che spesso peccano di incoerenza, sono malati di soggettività... , ma devono aiutare gli individui a 'partorire il 'logos', rendendolo 'maestro di sé'.
    Quale sanità e quale portata innovatrice nel concetto di una maieutica, che rispetta gli universi interiori dei singoli, che ha l'umiltà di aiutare a concepire, senza salire in cattedra e ostentare i propri meriti. E, soprattutto, quale grandezza nell'idea del 'faro' presente in ogni singolo. La teoria antropocentrica che rinneghi, trova a mio modesto avviso, l'espressione più sublime in queste idee ...
    Sempre gata ti stringo al cuore! Maria Rizzi

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    1. Maria cara, ti sono davvero grato per questa tua partecipazione appassionata. In poche battute, hai colto l’essenziale: quella sacralità degli universi interiori che la dice lunga sul rispetto che si deve, non soltanto ad ogni uomo, ma ad ogni essere vivente in quanto tale. Mi permetto di aggiungere che gli universi interiori sono necessariamente anche anteriori, giacché l’uomo viene prima del filosofo, dello scienziato, dell’artista, del religioso, dell’operaio, del dirigente, e di tutto quanto corrisponde alla costruzione orizzontale della vita, di valenze socio-storico-culturali. Di una sola cosa vorrei pregarti: di non considerarti “discepola”, dal momento che io non mi sento “maestro”, non avendo nulla da insegnare (se mai qualcosa da comunicare). Franco Campegiani

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  3. Commentare un trattato filosofico (anche se so che a lui non piace il termine e ne conierebbe volentieri un altro) come questo, che Franco ha affidato al blog ed alla competenza di Nazario Pardini, non è impresa di poco conto, tanto meno esauribile in poche parole. Tuttavia, conoscendo a fondo il pensiero del caro amico, mi proverò ad argomentare alcune delle sue tesi (condivise dalla mia stessa visione della vita). Sinteticamente: lo scritto si fonda sul "logos", riconosciuto, dalle culture animistiche, come il piano intermedio tra l'umano e il divino; vale a dire quel termine di confronto che permetteva la "conversazione universale", il "luogo-non luogo della Coscienza cosmica" - sostiene con forza l'amico -. Ora, sarà bene osservare che in questo modo Franco prende le distanze tanto dalle posizioni materialistiche quanto da quelle idealistiche riconducendo l'equivoco a monte, a ciò che è avvenuto dopo Socrate condizionando tutta la cultura occidentale: lo strapotere della ragione, che ha causato in un verso e nell'altro dei veri e propri abbagli. E mi preme, qui ed oggi, sottolineare quanto, soprattutto, afferma a proposito del progresso tecnologico: "L'obiettivo deve essere di costruire una scienza a misura d'uomo e non un uomo su misura della scienza". Si tratta di moralità, di fare in modo che lo sviluppo scientifico sia bilanciato da un non meno impellente sviluppo spirituale. Non si vuole - equivarrebbe a travisare il suo pensiero - tornare indietro, si vuole, questo si, recuperare la dimensione misterica dell'uomo e dunque dell'intero creato per non continuare a cadere negli errori di cui ciclicamente paghiamo le conseguenze se - ed al suo stesso auspicio mi associo - si hanno davvero a cuore le sorti dell'umanità.

    Sandro Angelucci

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    1. Sandro caro, che dirti? E’ esaltante sentirsi spalleggiati da menti del tuo calibro. Tu hai colto in maniera efficacissima l’equivoco razionalistico che dopo Socrate, a parer mio, si è imposto nella speculazione filosofica attraversando i procellosi mari della Metafisica e del Nichilismo. Ed hai anche sapientemente sottolineato l’intento, di cui il mio pensiero è intriso, di recuperare – innovandola – la dimensione misterica del precedente pensiero presocratico, al fine di compensare l’aridità tecnologica in cui oggi viviamo. E come me pensi – lo so, perché ne abbiamo tante volte parlato – che tutto ciò che nasce dall’uomo deve servire all’uomo, e non viceversa. Per cui noi oggi non dovremmo farci schiavi della tecnica, così come in passato lo fummo delle metafisiche, delle religioni e degli idealismi in generale. Franco Campegiani

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  4. Carissimo Franco,

    il tuo saggio, ricchissimo di spunti novativi,poetici,sociali e propositivi, è pubblicato. C'è un mare di notizie ghiottissime, e invitanti, ma il tutto è poeticamente e fermamnente abbracciato da quel cosmocentrismo, che io vedo in quell'armonia primordiale e sempre, intatta, per chi la sa cogliere. E' l'armonia che è nella Poesia, nell'uomo, e nel cosmo. Ma non dal cosmo all'uomo o dall'uomo al cosmo, ma in tutto il plurale, a mantenere l'unicità, la completezza, e l'inquietudine, anche, che deriva dal fatto di essre umani con dentro quelle facoltà sensitive e percettive di appartenere a quel tutto a cui aspiriamo. Come il fuoco che tende ad elevarsi in alto. Noi il fuoco l'abbiamo dentro ed è quel fuoco che ci parla di cosmo. E noi dobbiamo pensare di essere parte essenziale di questa totalità, e che ruotando, insieme alla natura, attorno a quello spirito, ci potremmo realizzare: e eticamente e esteticamente. Forse è proprio l'arte quella parte di noi che può agguantare la coda della verità. La Poesia. Perché è lei che contiene quell'armonia primordiale che compatta fra loro le singole parti che all'occhio appaiono divise ed incomunicabili. La coda, sì!, perché la testa, quel famoso anello mancante, non ci sarà mai concesso di agguantare. Né lo vorrei: sarebbe la fine dell'inventiva e dell'esistenza dell'anima. L'anima per esistere deve aspirare.
    Mi ci sono trovato in tutto e per tutto nel tuo saggio. Ma sono convinto che il geocentrismo dovrebbe essere sostituito dal cosmocentrismo. L'estensione è il pane dell'essere e dell'ultra. E quanto al progresso Galilei affermava che "Per essere tale, deve essere a dimensione umana"

    La ragione può portre all'aridità se non tiene conto del sentire. Sarà questa miscellanea a determinare il progresso vero per la rinascita dell'uomo. "Nuovi miti ci saranno":

    E immaginatevi Marti novelli
    con armi fuse ai piedi della pace.
    Oppure nuove Cereri a volere
    mele cotogne nei cassetti lignei
    a insaporire vesti ricamate
    da mani di concordia. E valli e venti
    di nobili concimi profumati
    di letti cari ad animali amici.
    E uccelli sicuri nei cieli
    di mille colori dipinti,
    gorgheggi a sfiorare l’azzurro.
    Gorgheggi gioiosi
    nutriti di semi
    ignari di morte. E dentro i boschi
    nuove Diane a proteggere i cerbiatti
    che salteranno liberi
    su slarghi ricamati di bellezza
    fra alberi invecchiati
    sopra suoli ridenti di marine
    e sapidi di ragie.
    E Nettuni placati che vorranno
    mari azzurri e rilucenti
    a rispecchiare cieli
    nei loro fondi chiari e cristallini.
    Nei loro fondi carichi di vita.
    Ed Afroditi tenere
    per puri amori scevri di commerci
    dove saranno i figli dell’amore
    il frutto sacrosanto d’uomo e donna.
    Dove i popoli
    tenderanno la mano ad altri popoli,
    non per meschini intrichi di poteri,
    ma per dono d’Ireni. E bandito
    sarà il verbo nemico
    dai linguaggi rinati.

    E quelli che verranno
    ci volgeranno lo sguardo
    come a un’età di assenze; ad un’età
    di uomini dimentichi del cielo
    che videro imbarbariti anche gli dèi
    in fuga dalle loro blasfemie.

    L'amico Nazario

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    1. Mio caro Nazario, che bella poesia hai posto a suggello del tuo commento assai riflessivo! Una nuova spinta mitopoietica è ciò di cui ha bisogno la nostra languente cultura. I miti allo stato sorgivo, non ancora decaduti a mitologia, non sono altro che la rivelazione degli archetipi da cui parte ogni cultura. Archetipi da me situati in un piano intermedio tra Dio e il Mondo, ma non già intesi come idee platoniche, né come simboli dell’inconscio collettivo, bensì come Daimon socratici, come Angeli custodi, se vogliamo, o anche come Muse. Come Essenze cosmiche disincarnate, ossia, da cui deriva (per autocreazione) ogni creatura vivente. Ritengo che la creatività (mitopoiesi, appunto), in tutte le sue forme, provenga da quella fonte.

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  5. Avendo avuto il piacere grande di presentare nel mio blog (andreamariotti.it),in data 5.3.13, il denso e bellissimo scritto dell'amico Franco Campegiani dal titolo ARS, TECHNE, SPIRITO CREATIVO, non posso che sottolineare qui il profondo interesse da me provato nel leggere il presente testo di Campegiani. C'è, in esso, una nobiltà divulgativa di trame complesse di secoli e secoli di pensiero filosofico mirabilmente illimpidite e sintetizzate da Franco in prima persona; con pungente e stimolante senso di responsabilità e cognizione delle cose. Venendo il mio commento dopo quello degli altri amici scrittori, cosa aggiungere da parte mia? un accenno alla bellezza della prosa di Franco, tersa come mare incontaminato (in virtù della quale, evidentemente, risulta possibile una fruizione non faticosa da parte di chi legge di nodi di pensiero per proprio conto tutt'altro che semplici).

    Andrea Mariotti

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  6. Grazie Andrea, per queste luminose e incoraggianti parole. L'articolo qui pubblicato, che fa pendant con l'altro (cui tu accenni) pubblicato nel tuo blog prestigioso, riassume per la verità un mio lunghissimo e articolato percorso di vita e di pensiero, dove ho dovuto strenuamente confrontare le pulsioni spirituali che m'attraversano con le acquisizioni contrastanti di tanto cosiddetto "pensiero razionale". Mi rende particolarmente felice sapere che un intellettuale del tuo rango, nonché poeta assai raffinato, possa apprezzare le qualità di sintesi e limpidezza della mia scrittura. E ancor più che sia rimasto interessato dai suoi contenuti. Franco Campegiani

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  7. Un contributo che avvia un percorso estremamente complesso e coerente con la formazione che oggi sembra aver definitivamente rinunciato a ogni ideale educativo, formativo, a vantaggio della pura e semplice acquisizione di strumenti e competenze tecniche. Una proposta molto attuale di approfondimento che interessa anche l'antropologia. matteo.m67@outlook.com

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  8. Non ci conosciamo, Matteo, e spero scuserai il tono confidenziale con cui ti rispondo, incoraggiato, oltre che da una sorta di affinità elettiva, come mi sembra di riscontrare, anche dalla considerevole differenza di età (ventuno anni, se quel 67 corrisponde al tuo anno di nascita). Tu hai pienamente colto il valore attuale di una ricerca che affonda lo sguardo nel cuore più antico del mondo per tentare di comprendere quali realmente siano le strutture portanti della mente dell’uomo, dalle quali ci stiamo allontanando con grave nocumento. Strutture che occorre ristabilire nel loro naturale equilibrio con opportune compensazioni. Ti ringrazio per queste tue considerazioni e ti stringo idealmente la mano. Franco Campegiani
    P.S. Ti risponderò anche in privato, visto che mi comunichi la tua e-mail

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