Convivio
Convivio
Liriche
di Flavio Vacchetta
epistolario
di Egidio Belotti
matite
e chine di Franco
Blandino
Convivio. Tipolitografia Ferrero &
Salomone. Fossano. Pp. 53
Opera ricca, questa, a tre mani; opera impreziosita dalle
matite e dalle chine di Franco Blandino; matite e chine che si esprimono
in linee varie, rotonde, smussate,
circolari; in figure ora precise, reali, ora fuggitive; in abbandoni e fughe in
spazi ora più ampi, indeterminati, anche venati di mistero. Tratti di donne, di
castelli, di colline con svoli di uccelli; giochi di frammenti d’anima zeppi di
vicissitudini di grande impatto tecnico-emotivo. E che dire dell’epistolario di Egidio Belotti.
Un racconto di vita, di esperienze, di storie, di realtà, di propositi, di
illusioni e delusioni, di amore, anche, e di sogni. Un diario di impennate
iperboliche, e di ritorni alla città, alle cose quotidiane, al vivere che
spesso contraddice il sogno. Ma sono proprio i fatti minimi , di ogni giorno
che rendono viva e vibrante la storia.
Vicina ad ognuno di noi. E quello che convince è il dire, il messaggio, portato
avanti con nonchalance, con una disinvoltura sconcertante; è il tatuaggio di
un’anima che vive, che pulsa, che ama, e che offre i suoi sguardi al mondo per
trattenerlo e ridarlo al foglio pregno di esistere. Un’analisi psicologica puntuale,
ricca e efficacemente costruita su fatti di grande effetto narrativo.
Ma veniamo all’amico Vacchetta. La sua poesia, che io
conosco bene per averla già più volte letta e commentata, è complessa; sorretta
da un’architettura versificatoria tutta volta a disegnare un sentire di grande
intensità emotivo-esistenziale, arriva con immediatezza a sintonizzarsi, a
farsi plurale nel suo messaggio umano. Tocca tutti gli ambiti del vivere e
dell’esserci e con figure stilistiche che azzardano varianti sul piano
sintattico, crea immagini di personalissima caratura. Si parte con lui per un
viaggio senza limiti e senza confini. Pur decollando da una terra fatta di
minuzie e minimalismi – piogge, piedi scalzi, chiesette, biforcazioni, transito
di treni – si abbandona anche a galoppate al confine di cielo e stelle. Ma il
verso è nutrito di passioni, anche, e di grandi avvenimenti; eppure il tutto è
smussato, proposto en passant per non
pesare più di tanto, per non rischiare cadute di stile. E’ da là che parte il
Nostro. Dalla vita, dalla quotidianità, ma per slanciarsi oltre, oltre la vita
stessa, oltre il mondo, in una fuga verso Urani carichi di amore e di speranza.
Speranza che sa irrobustirsi sulle incertezze e, anche, sulle tante malinconie dell’essere
e dell’esistere. E la parola è lesta, è pronta: si snoda, si slarga, si
abbrevia, si propone con invenzioni creative, novative per soddisfare le
esigenze del sentire. Di un sentire cosciente anche della precarietà del tutto
e della caducità dei fatti. Per questo se ne vuole svincolare per proiettarsi
in mete di largo respiro.
M’affaccio
ad un elenco d’astri
bisbiglio
d’universo
penso
di riuscirci
oltre
i limiti gestuali
l’esperienza
incrocia la parola
il
privilegio di vivere
secondo
la regola dei bambini
da
loro dipende il mondo di pace
E’ lì, in quei versi, il mondo poetico di Flavio
Vacchetta: in una combinazione di parole vestite di esperienze, e di bisbigli
d’universo. E non è detto che proprio nella poesia non trovi quel bisbiglio che
lo possa appagare.
Nazario Pardini 27/02/2013
DA
CONVIVIO
Soffia il vento delle bufere
nitido è il sogno dei congiunti.
Lui che cercava l’affanno di una lacrima
sulle sue dolci ciglia.
Lontano e nascosta
sui vicoli stretti
calava la sera e dovunque andasse a morire
all’improvviso volava via.
Talvolta mi sento fuori da questo mondo rapace
e mi sveglio vuoto e stordito,
privo di sensi.
Ho riconosciuto il peso della follia
ma sento che ormai
sta andando via: il male, il dolore e la risata vuota.
Fermo le mie mani,
tumuli e voci,
nuovi limiti di senso
penetrano su di un vuoto
insignificante e opaco. Il Mistero
non lo riconosco più.
Nel dormiveglia inquieto balbetto nonsense per cercare di prendere
sonno,
ma la sua incalzante passione di donnacugina dai toni misurati e
precisi mi
dischiude insolite emozioni: graffiante, il suono incisivo dei
Marlene Kuntz
mi fa compagnia e quella sua voce delicata e sottile mi trascina
su un sofferto,
vellutato, mare di nebbie.
Fossano (CN), luglio ’89
Milano, 20 febbraio ’06
Egidio,
È come se fossero passati solo pochi giorni, è come se fosse
passata una vita
intera, è come se si parlasse di un’altra vita, o forse della vita
di qualcun’altra:
adesso mi chiamo per Anna e non più Annachiara, come nella mia
adolescenza.
La coscienza
non dorme, si propone
oscilla tra bene e male
prepara un’anima di legno
si trastulla comodamente.
Non provare a non darle risposta
resta in guardia.
Se la noti nell’aria
adattati ai suoi respiri
arrestala
sollevala senza capire
da finte mosse
se necessario.
Ma rispondile senza scandire il tuo nome:
è già in suo possesso
cucito sulla tua pelle d’orso.
Fossano
“Fossano, una specie di Bergamo in miniatura, formata dalla città
alta con castello,
portici antichi, chiese, palazzi d’epoca, suggestive piazzette
(che la rockstar Gianna
Nannini, ospite vent’anni fa nella trasmissione radiofonica da me
condotta, aveva un
po’ paragonato alla sua natìa Siena) e la parte bassa, moderna e
industriale…”
Non sto tentando di fare della Poesia anch’io, ormai da quando
avevo 16 anni
non ci ho più provato, anche se penso spesso che un giorno o
l’altro, quando
sarò stanca di vivere nello spazio convulso di Milano, mi rifugerò
in Valsesia
in mezzo ai boschi di faggio e di castagno e ricomincerò a sentire
i suoni della
natura, a guardare i segni delle stagioni e a leggere e scrivere
poesie.
È arrivata una busta gialla, ma io non avevo tempo di andarla a
ritirare, è
arrivata da Fossano, in provincia di Cuneo. Mi piace lasciare che
i giorni
passino e il pensiero possa andare a qualcosa che non sai, che ti
immagini,
ma che non conosci e devi scoprire. Oggi tutto è programmato e
ogni cosa si
sussegue in modo frenetico: invece è così bello aspettare,
lasciare che il tempo
passi e l’ immaginazione lavori…
Sapevo che era qualcosa che mi avrebbe riportato indietro nel
tempo in modo
delicato, come delicata è l’immagine che conservo di quel cugino
curioso che
Sono al capolinea
forzata prigionia
neanche un secondo da sprecare
di questo ammiccante viaggio
sapremo cantare la vita
con tenerezza di doni selettivi
giochiamoci con l’uomo,
istinto da lupi,
le nostre ansie
nessuno ci troverà
avvolti da nebulose d’universi
ho conosciuto di sfuggita e poi niente più. Mi ricordo bene la
caduta dal motorino
e, ancor prima, dei dialoghi nella cucina della nonna in Città
Alta e quella
zia che veniva da Zambla e lo zio che se ne era andato in
Piemonte. Il mondo si
è rimpicciolito oggi: sono stata in Cina, Finlandia e Messico, ma
nel Piemonte
occidentale mai. Ogni tanto pensavo al cugino di Fossano, un
passato a cui
sono molto legata, perché fa parte di quel tempo della vita che
sento indissolubilmente
legato alla civiltà contadina, ai racconti dei nonni, a qualcosa
che
conservo come un ricordo perché l’oggi è così diverso! Entrambe le
dimensioni
mi appartengono, una dentro l’altra, e il tuo breve racconto
‘Annachiara’ mi
ha fatto sentire che anche la più intima è reale e rappresentata
sulla carta con
l’inchiostro delle parole. È una bella sensazione, grazie per
avermela regalata.
Anna
la “censa”
i “persi delle vigne”
il silenzio notturno
interrotto
dal muggire di vacche grasse
rino
maria labella
jota
bias taric
inota
la corriera
se li è portati via
tutti
tutti quanti
dimenticandosene
nessuno
Milano
Nessun commento:
Posta un commento