giovedì 1 maggio 2014

P. BALESTRIERE SU "DI RESCIGNO IL RACCONTO...", DI S. ANGELUCCI

Sandro Angelucci, DI RESCIGNO IL RACCONTO INFINITO




Appena ricevuto il libro, dopo il consueto sommario esame esterno per rilevarne  le caratteristiche tipografiche e i dati salienti, spinto dalla naturale curiosità (e dal fatto che vi si parlasse dell’amico Rescigno e fosse prefato da Giorgio Barberi Squarotti - autentico nume tutelare della letteratura italiana),  ho as-saggiato  un certo numero  di pagine di quest’opera  che mi hanno rivelato la serena e paziente indagine da parte di un esegeta molto capace e acuto come è Sandro Angelucci. Quella che inizialmente era un’impressione si è trasformata in certezza al momento della lettura organica. Angelucci  procede nella sua indagine con serietà, attenzione e acribia, esamina i testi, cerca in primo luogo il dato essenziale o magari la chiave per scoprirlo, e poi  combinazioni, riferimenti, agganci, analogie, conferme, per venire a capo di un quadro generale, di una visione d’insieme della poesia e  della poetica dell’autore preso in considerazione, cioè di Gianni Rescigno. E intanto, nel suo lavoro critico,  recupera e contestualizza precedenti suoi contributi (note, recensioni, ecc.) per meglio illuminare la figura e l’arte del poeta di Santa Maria di Castellabate. Un lavoro certosino che implica quanto meno una lunga e appassionata frequentazione non so se dell’autore, ma certamente delle sue opere.


Se c’è un aspetto che più degli altri mi ha colpito nel metodo  critico dello scrittore reatino è un’accentuata e quasi caparbia costanza nel ricercare spie di lettura a fini interpretativi; perché, innanzitutto, vuol capire, ma per davvero e fino in fondo, una realtà poetica che, dietro la parvenza di una facile accessibilità, cela un percorso creativo lungo,  variamente articolato, ricco e multiforme. Insomma l’esegeta vuole toccare con mano quella realtà su cui poggia e di cui si sostanzia la poesia di Rescigno. E per comunicarla al lettore egli utilizza  in gran numero escerti e citazioni che racchiudono il nocciolo delle sue intuizioni critiche e nel contempo costituiscono una prova perspicua della fondatezza del suo argomentare.
L’obiettivo del saggio è specificato a pag. 22: il nostro esegeta vuole “assistere al parto” della parola poetica ”non per sostituirsi a chi l’ha concepita ma per cogliere  ( … ) il suo primitivo vagito”; ed è ripreso, quell’obiettivo, a pag.87: “Il fine che mi sono proposto (…) è stato quello di scendere nelle profondità di una parola che, sempre, ho ritenuto legittima ereditaria del misterioso retaggio del tempo.”  La parola, il logos/verbum, l’alfa e l’omega della vicenda di ogni essere umano, il suo segno distintivo ed esemplare. Ma qui la parola del poeta (Rescigno) interpretata da un altro poeta (Angelucci) acquista ulteriore valenza semantica e ricchezza esplicativa. Da sempre vado sostenendo che un lavoro critico (sia pure una breve e semplice nota) consta di due momenti contigui, forse anche parzialmente (mai completamente!) sovrapposti: quello della lettura, in cui ci si immerge nel testo con fiducia  e disponibilità ad emozionarsi -ed è gesto di spiriti generosi-, e quello della valutazione critica, in cui occorre mente serena e libera da emozioni e anche da pregiudizi. 


Ora, nel nostro caso, chi può capire un poeta  meglio di un poeta? E soprattutto, chi è più generoso di un poeta, di un vero poeta? Ecco uno dei motivi per cui  ritengo che Angelucci, calatosi nella poesia di Rescigno  in lettura fidente e partecipe, abbia potuto produrre in fase critica frutti così cospicui.
“Assistere al parto” della parola poetica ha consentito al Nostro di individuare all’interno del percorso creativo di Rescigno tutta la forza trainante di una verbalità che  trova sostanza nelle cose e nella vita reale e che mira a rastremare sempre più uno stile di scrittura già parco di  per sé, che, come afferma Angelucci alla fine del libro, “tende a raccogliersi per lasciare più spazio possibile al silenzio”(p. 88).



Tassello su tassello, con grande acuità e accortezza, ma anche con  speciale senso della misura, il critico costruisce la sua ricca esegesi, navigando nel mare magnum dell’universo poetico di Gianni Rescigno come esperto e saggio nocchiero, attento alla rotta e alle stelle, pronto a captare il segno che confermi la giustezza del percorso e, vicino, l’approdo alla luce della verità.

Pasquale Balestriere


2 commenti:

  1. "Chi può capire un poeta meglio di un poeta?". Sono totalmente d'accordo con questa domanda/risposta di Pasquale Balestriere a proposito dello stupendo saggio critico di Sandro Angelucci sulla poetica di uno dei maggiori e significativi poeti del nostro tempo: Gianni Rescigno. Sandro Angelucci - lo conosco da tempo - oltre ad essere uno squisito esegeta, e prima di essere tale, è un poeta autentico legato a fil doppio alla vitalità, alla spiritualità e all'intelligenza arcana del creato. Ed è indubbiamente questo il tratto che lo affratella, al di là delle differenze generazionali, alla poetica del grande salernitano, aggrumata intorno ai temi della terra, del mare, del cielo, ed in breve della natura, del grande archetipo della cultura contadina, della vita del popolo e di tutti gli esseri che nascono e si dissolvono, non per estinguersi, ma per tornare da dove sono venuti, in uno sconosciuto, ma fortemente creduto aldilà. Il fine di Angelucci, rammenta Balestriere, è di "assistere al parto" della parola poetica rescignana. E nessuno - sono d'accordo - può capire un poeta meglio di un altro poeta. Non esiste una critica, come suol dirsi, "scientifica" o "oggettiva", se è vero, come è vero, che la poesia non richiede distacco, ma partecipazione emotiva. Non riesco proprio a comprendere come possa essere "oggettiva" una critica che non sappia calarsi nella materia della poesia. Non si può capire in astratto una poesia, ma bisogna, come suol dirsi, "sporcarsene le mani". Non si può capire la creatività senza mettere le mani in pasta nei processi creativi. Soltanto così ci si cala realmente nell'onda della poesia.
    Franco Campegiani

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  2. Ha fascino particolare l’operazione culturale che si svolge su Lèucade: Angelucci che “svela” Rescigno con uno scavo profondo dalle scaturigini, dal “parto”della poesia e del verbo per costruire poesia, Balestriere che scava e ricostruisce l’esegesi di Angelucci alla fonte, attraverso “un percorso creativo lungo, articolato, ricco e multiforme” fino alle conclusioni dello stesso! Che dire? E’ vero: “chi può capire un poeta meglio di un poeta”? riprende Campegiani, e chi può capire il secondo poeta meglio di un altro poeta? Non ci sono parole. E’ un “gioco” che si trova solo su Lèucade, uno scavo critico profondo, senza fine, perché lascia spazio al divenire ermeneutico delle immagini e del dire, della poesia e delle riflessioni sulla poesia. E’ uno dei “giochi” più belli e attraenti che ci offre la letteratura e la creatività poetica. E se poi i poeti sono questi!....
    Umberto Cerio

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