Sandro
Angelucci, DI RESCIGNO IL RACCONTO
INFINITO
Appena
ricevuto il libro, dopo il consueto sommario esame esterno per rilevarne le caratteristiche tipografiche e i dati
salienti, spinto dalla naturale curiosità (e dal fatto che vi si parlasse
dell’amico Rescigno e fosse prefato da Giorgio Barberi Squarotti - autentico
nume tutelare della letteratura italiana),
ho as-saggiato un certo
numero di pagine di quest’opera che mi hanno rivelato la serena e paziente
indagine da parte di un esegeta molto capace e acuto come è Sandro Angelucci.
Quella che inizialmente era un’impressione si è trasformata in certezza al
momento della lettura organica. Angelucci
procede nella sua indagine con serietà, attenzione e acribia, esamina i
testi, cerca in primo luogo il dato essenziale o magari la chiave per
scoprirlo, e poi combinazioni, riferimenti,
agganci, analogie, conferme, per venire a capo di un quadro generale, di una
visione d’insieme della poesia e della
poetica dell’autore preso in considerazione, cioè di Gianni Rescigno. E
intanto, nel suo lavoro critico, recupera e contestualizza precedenti suoi
contributi (note, recensioni, ecc.) per meglio illuminare la figura e l’arte
del poeta di Santa Maria di Castellabate. Un lavoro certosino che implica
quanto meno una lunga e appassionata frequentazione non so se dell’autore, ma
certamente delle sue opere.
Se
c’è un aspetto che più degli altri mi ha colpito nel metodo critico dello scrittore reatino è
un’accentuata e quasi caparbia costanza nel ricercare spie di lettura a fini
interpretativi; perché, innanzitutto, vuol capire, ma per davvero e fino in
fondo, una realtà poetica che, dietro la parvenza di una facile accessibilità,
cela un percorso creativo lungo,
variamente articolato, ricco e multiforme. Insomma l’esegeta vuole
toccare con mano quella realtà su cui poggia e di cui si sostanzia la poesia di
Rescigno. E per comunicarla al lettore egli utilizza in gran numero escerti e citazioni che
racchiudono il nocciolo delle sue intuizioni critiche e nel contempo costituiscono
una prova perspicua della fondatezza del suo argomentare.
L’obiettivo
del saggio è specificato a pag. 22: il nostro esegeta vuole “assistere al
parto” della parola poetica ”non per sostituirsi a chi l’ha concepita ma per
cogliere ( … ) il suo primitivo vagito”;
ed è ripreso, quell’obiettivo, a pag.87: “Il fine che mi sono proposto (…) è
stato quello di scendere nelle profondità di una parola che, sempre, ho
ritenuto legittima ereditaria del misterioso retaggio del tempo.” La parola, il logos/verbum, l’alfa e l’omega
della vicenda di ogni essere umano, il suo segno distintivo ed esemplare. Ma
qui la parola del poeta
(Rescigno) interpretata da un altro poeta (Angelucci) acquista ulteriore
valenza semantica e ricchezza esplicativa. Da sempre vado sostenendo che un
lavoro critico (sia pure una breve e semplice nota) consta di due momenti
contigui, forse anche parzialmente (mai completamente!) sovrapposti: quello
della lettura, in cui ci si immerge nel testo con fiducia e disponibilità ad emozionarsi -ed è gesto di
spiriti generosi-, e quello della valutazione critica, in cui occorre mente
serena e libera da emozioni e anche da pregiudizi.
Ora, nel nostro caso, chi
può capire un poeta meglio di un poeta?
E soprattutto, chi è più generoso di un poeta, di un vero poeta? Ecco uno dei
motivi per cui ritengo che Angelucci,
calatosi nella poesia di Rescigno in
lettura fidente e partecipe, abbia potuto produrre in fase critica frutti così
cospicui.
“Assistere
al parto” della parola poetica ha consentito al Nostro di individuare
all’interno del percorso creativo di Rescigno tutta la forza trainante di una
verbalità che trova sostanza nelle cose
e nella vita reale e che mira a rastremare sempre più uno stile di scrittura
già parco di per sé, che, come afferma
Angelucci alla fine del libro, “tende a raccogliersi per lasciare più spazio
possibile al silenzio”(p. 88).
Tassello
su tassello, con grande acuità e accortezza, ma anche con speciale senso della misura, il critico
costruisce la sua ricca esegesi, navigando nel mare magnum dell’universo poetico di Gianni Rescigno come esperto e
saggio nocchiero, attento alla rotta e alle stelle, pronto a captare il segno
che confermi la giustezza del percorso e, vicino, l’approdo alla luce della
verità.
Pasquale
Balestriere
"Chi può capire un poeta meglio di un poeta?". Sono totalmente d'accordo con questa domanda/risposta di Pasquale Balestriere a proposito dello stupendo saggio critico di Sandro Angelucci sulla poetica di uno dei maggiori e significativi poeti del nostro tempo: Gianni Rescigno. Sandro Angelucci - lo conosco da tempo - oltre ad essere uno squisito esegeta, e prima di essere tale, è un poeta autentico legato a fil doppio alla vitalità, alla spiritualità e all'intelligenza arcana del creato. Ed è indubbiamente questo il tratto che lo affratella, al di là delle differenze generazionali, alla poetica del grande salernitano, aggrumata intorno ai temi della terra, del mare, del cielo, ed in breve della natura, del grande archetipo della cultura contadina, della vita del popolo e di tutti gli esseri che nascono e si dissolvono, non per estinguersi, ma per tornare da dove sono venuti, in uno sconosciuto, ma fortemente creduto aldilà. Il fine di Angelucci, rammenta Balestriere, è di "assistere al parto" della parola poetica rescignana. E nessuno - sono d'accordo - può capire un poeta meglio di un altro poeta. Non esiste una critica, come suol dirsi, "scientifica" o "oggettiva", se è vero, come è vero, che la poesia non richiede distacco, ma partecipazione emotiva. Non riesco proprio a comprendere come possa essere "oggettiva" una critica che non sappia calarsi nella materia della poesia. Non si può capire in astratto una poesia, ma bisogna, come suol dirsi, "sporcarsene le mani". Non si può capire la creatività senza mettere le mani in pasta nei processi creativi. Soltanto così ci si cala realmente nell'onda della poesia.
RispondiEliminaFranco Campegiani
Ha fascino particolare l’operazione culturale che si svolge su Lèucade: Angelucci che “svela” Rescigno con uno scavo profondo dalle scaturigini, dal “parto”della poesia e del verbo per costruire poesia, Balestriere che scava e ricostruisce l’esegesi di Angelucci alla fonte, attraverso “un percorso creativo lungo, articolato, ricco e multiforme” fino alle conclusioni dello stesso! Che dire? E’ vero: “chi può capire un poeta meglio di un poeta”? riprende Campegiani, e chi può capire il secondo poeta meglio di un altro poeta? Non ci sono parole. E’ un “gioco” che si trova solo su Lèucade, uno scavo critico profondo, senza fine, perché lascia spazio al divenire ermeneutico delle immagini e del dire, della poesia e delle riflessioni sulla poesia. E’ uno dei “giochi” più belli e attraenti che ci offre la letteratura e la creatività poetica. E se poi i poeti sono questi!....
RispondiEliminaUmberto Cerio