E guardi il mare
quieto, dall'alto, con occhi di gabbiano,
diffidente, da vicino lo vedi spumeggiare di moti
impercettibili,
corpi minuti si confrontano, divergono, s'infrangono, senza
tregua,
ora qua, ora là, in ogni orientamento, in ogni dove, onde
luccicanti al sole come mosse da un vento invisibile che soffia
in superficie dove nulla permane di ciò che sull'acqua cammina.
Niente di sé conduce l'onda marina, solo l'eterno scivolare.
Non è un oggetto, non ha argomenti, la chiara identità
delle sabbie finissime, degli scogli. E' solo un fluire di
eventi,
al pari del tuo corpo nudo fatto di incostanti molecole.
E più l'onda s'appressa, più l'animo trascende l'attimo
appena vissuto prima di sciogliersi, nuovamente in mare.
Chiedersi se la mente sia la rada dove ammarano i gabbiani
il porto che si lascia docilmente insabbiare da voci rauche,
sentimenti, in un solo pensiero. Ecco perché temi il
mondo
oltre
la boa, oltre l'azzurro profondo, il fosco remigare, l'orizzonte.
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