venerdì 31 luglio 2015

GIUSY FRISINA "MEDITERRANEO"

Giusy Frisina collaboratrice di Lèucade



Poesia chiara, armonicamente diluita in versi che si fanno concretezza ontologica di un sentire potente e plurimo; di un sentire che trova la sua epigrammatica lucentezza in un mare tanto vasto quanto la sua storia; quella dell’uomo alla ricerca di se stesso, della sua dignità, di un’isola, di una patria, di un mondo che lo completi e che completi la sua irrequietezza di essere umano; il viaggio, quell’odeporico impulso che Ulisse ha provato ed Enea spinti dal misterioso azzardo verso l’ignoto. E quale immagine più netta che l’immenso piano azzurro può simboleggiare lo stato esistenziale di un  essere tutto vòlto alla grandezza, all’apertura, a quegli orizzonti che tanto sanno di naufragio leopardiano; a quei confini che mai potrà raggiungere data la sua pochezza, la insoluzione ai tanti suoi perché. D’altronde l’uomo da sempre ha cercato di scoprire il mistero del suo esistere; è nelle sue corde abbandonarsi al viaggio, al mare, alla scoperta, dacché le sirene, le colonne hanno sempre simboleggiato il sapere e la voglia di andare oltre. Ed è proprio al ritorno, magari, che, ormai ricchi di storie e di vicende, scopriamo la tanto sospirata e indecifrabile verità nelle cose più semplici: Felice come Ulisse chi ha varcato i mari, o chi fino alla Colchide si è spinto, Giasone, che poi tornando esperto e ricco di ragione il tempo che gli resta si gode fra i suoi cari!” (J. Du Bellay, Les regrets). La Poetessa, ispirata dalla superba storia del Mare Nostrum, dalle grandi civiltà che l’hanno percorso, dai mostri sacri che si sono spinti nei suoi misteriosi gorghi, allora affollati di miti, giunge con grande partecipazione emotiva al Mediterraneo di oggi; alle sue acque tormentate da grecali, scirocchi, e libecci a danno di poveri esuli che cercano terre ospitali; un mare che si fa nero, e che inghiotte tanti di coloro che, spinti da necessità umane, vengono sepolti dalle sue acque; quelle che, probabilmente, ancora oggi conterranno nei fondali legni di achei in cerca di siculi riposi. Un mélange di cultura classica appena sfiorata, di attualità, e di tematiche coinvolgenti in  un fluire metrico di urgente schiettezza partecipativa: “Mare nero  comunque nella notte/ Di inauditi pianti e di tempeste/ E irrequieti tam tam/ Su tavole  di navi barcollanti/ Giunte impreviste da sud est/ Con l’osceno Scirocco - O da sud ovest/ Coi più gravi sconforti del Libeccio …/ Mediterraneo amaro/ Non sai più chi sei ?”. E dire quanto il mare sia parte integrante della vita della Frisina è come rimandare il pensiero ad Alfredo Panzini che definì i Poeti (quelli veri, e Frisina lo è) “simili al faro del mare”. Sì, a quel faro che allunga la sua scia fin dove può; ed è lì che la Poetessa sente la necessità di prolungare lo sguardo oltre quel limen, al di là degli orizzonti che demarcano il nostro esistere. Ed è per questo che la poesia si nutre di tutti quei messaggi che caratterizzano la vicenda umana. Anche e soprattutto quella di tutti coloro che cercano, attraverso le insidie dei marosi, una terra su cui far crescere figli liberi, con in mano il bene più prezioso: la dignità di essere umani.   
  
 Nazario Pardini


Mediterraneo

Mare nero? No,  Mediterraneo.
Ovvero più che mai serbatoio
Di memorie e voci inesauribili
Pozzo senza fondo di un antico sogno
Né da Enea mai raggiunto -  né  da  Ulisse.
Mare nero  comunque nella notte
Di inauditi pianti e di tempeste
E irrequieti tam tam
Su tavole  di navi barcollanti
Giunte impreviste da sud est
Con l’osceno Scirocco - O da sud ovest
Coi più gravi sconforti del Libeccio …
Mediterraneo amaro
Non sai più chi sei ?
Un  tragico dio  che invoca compassione
Mentre  pretende solo
Segreta contemplazione?
O solo follia delle ultime ore
Di  spiagge affondate negli occhi
Di chi attende o già parte per l’ignoto destino?
Spiagge vomitate di conchiglie vuote e rifiuti
Prosciugate d’anime e di corpi
Ora fantasmi - alieni lungo  i porti
Improvvisati tra  le macerie e i deserti
Dell’altra sponda.
Di qui campi - senza filo spinato, ma per poco -
Malgrado la storia urli memoria
A chi dimentica più in fretta del suo dio.

                         ***
O stella d’acqua
Trasformata in marea di pesci
E spuma luminosa
Ricordati della tua remota bellezza
E non stancarti di raccontare le tue storie
E degli sguardi persi
Di chi è pur sempre umano!
Non lasciare ai freddi timonieri
Senza  cerimonie (pur sempre umani?)
il  dominio di un mare ch’è di tutti
E di nessuno. Che poi, non siamo noi stessi?
Gli uni e gli altri …
Storditi ed abbagliati
Con  troppo sole negli occhi
Andiamo  sempre senza posa
Per  nuove strade  di sabbia e  dolore
Aspettando di arrivare tutti - liberi finalmente -
Al Mare Nostrum.


MARIA RIZZI SU "L'ESATTO CONTRARIO" DI GIULIO PERRONE


Maria Rizzi collaboratrice di Lèucade

L’ESATTO CONTRARIO

Il romanzo “L’Esatto contrario” – Rizzoli Edizioni – di Giulio Perrone ha una sinossi, che trae in inganno, in quanto non consente di immaginare che possa trattarsi di un noir. Lo definisco così, perché risolve senza la chiarezza esplicativa del giallo.  Si evince chi é  il manovratore dell'intera storia, ma, in apparenza, non é il protagonista a risolvere,  nelle vesti del giornalista, che si inventa  investigatore privato.
Poderoso l'impianto dell'Opera. La figura di Riccardo, il protagonista,  incarna uno dei trentacinquenni  tipici di quest'era 'liquida, per dirla con il sociologo Baumann': privo di prospettive chiare,  pigro, incapace di portare avanti una relazione...  fedele alla regola dell'hic et nunc..' , attratto da tutte le donne che abbiano qualcosa di sensuale, in sintesi, precario: nel lavoro, nel modo di vivere, nei rapporti.
La storia lo spinge a voler assumere delle responsabilità, a scoprirsi diverso dall'uomo che ha sempre creduto e dimostrato di essere. Ha intuizioni brillanti, segue il filo delle vicende con acume e perseveranza e si trova ad annodare i fili di una vicenda che presenta solo punti deboli e buchi neri.
Riesce a sfidare la sua ancestrale volontà di tenersi fuori dai guai per dedizione a un'esperienza lontana e platonica: Giulia, la studentessa di Giurisprudenza, che lo coinvolse in un'attrazione più forte di quanto avesse realizzato al momento, diviene il suo primo punto di forza
nella vita.  Per merito suo trova la spinta a reagire alla redattrice di "Tuttogiallo" , giornale per il quale scrive recensioni di libri scadenti, che ha il carattere di un'autentica virago e sa di poterlo trattare come un burattino, tirando i fili tramite qualche assegno decoroso; trova la spinta a rinnegare le giornate dedicate alla Roma. al calcio in generale - altro elemento comune a troppi uomini della nostra società - e al dolce far niente nella casa che divide con due ragazzi in sub - affitto. Il legame a una ragazza, che ha solo baciato, induce a riflettere su quanto il passato non è morto e sepolto, in realtà non è neppure passato, per dirla con Faukner. Un piccolo accadimento
pregresso può influenzare le scelte e i comportamenti e può arrivare a fagocitare il presente.
Il romanzo, tramite la tecnica del flash - back, presenta improvvisi, oscuri, seduttivi momenti di narrazione dei delitti accaduti, lasciando i lettori sospesi tra infiniti interrogativi e attribuendo i connotati di potenziali colpevoli delle morti della giovane Giulia, del professor Morelli e del suo avvocato difensore Fiorentini, a vari personaggi del testo, come si addice a un'Opera di genere.
In più presenta caratteristiche sociologiche e analizza i lati oscuri della Roma delle periferie... dolce cagna che si lecca le ferite… L’Autore, infatti, ama attingere dal laboratorio neo – realista per affrescare le strade, i condomini, le vite in vetrina che si srotolano in quartieri come San Lorenzo, dando la dimensione di quanto la vita in una metropoli sia frammentaria.
Giulio Perrone mostra rare capacità di caratterizzare il protagonista e tutti i personaggi che ruotano intorno alla storia.  Si ha la sensazione che abbia attraversato ‘stanze e stanze di anni’ e sappia individuare i tratti salienti degli esseri umani e, soprattutto, abbia imparato la difficile arte di non giudicare.  Da verista ama i particolari, i dettagli e, quando gli eventi lo richiedono, sa descrivere le situazioni, gli stati d’animo, le solitudini con maestria. Ma il suo occhio, mai esterno alle vicende, si posa carezzevole sulle figure che potrebbero destabilizzare, come la coinquilina di Riccardo, che offre prestazioni sado – maso , o dello zio Italo, che si esprime come un ‘coatto’ e vive ai margini della legalità, attribuendo loro le caratteristiche di ‘deus ex machinae’ in molte situazioni e mostrando, quindi, una pietas che convince e coinvolge.
Il titolo “L’esatto contrario” può sembrare un rebus e in effetti, a lettura ultimata, non ho pensato a legarlo al romanzo… Ma l’Autore attribuisce sempre particolare valenza al titolo di un’Opera e non
si può trascendere da esso, neanche quando ci si trova di fronte a un noir.
Ho dato la mia personale, fallibile interpretazione, ovvero che fosse riferito al protagonista e all’assassino. Entrambi si rivelano ‘l’esatto contrario’ di come appaiono.
Lo stile del testo è veloce, scattante, moderno, spesso sanguigno. Oserei dire che nel leggerlo si comprende subito che è stato scritto da un uomo e mi assumo tutte le responsabilità di quest’asserzione.
Per concludere mi piace sottolineare che i libri come “L’esatto contrario” sono come la vita: non finiscono mai del tutto…                                                                

Maria Rizzi






PREMIO "ALBEROANDRONICO"

Vi trasmettiamo il bando aggiornato del prestigiosissimo concorso ALBEROANDRONICO, di cui è stato prorogato il termine di scadenza al 30 settembre.

Potete partecipare con poesie, racconti, favole, saggi, romanzi, cortometraggi, testi per canzoni e fotografia, tutto a tema libero, e in più potete partecipare alle sezioni “La strada, la casa, la città, l’ambiente: costruire e vivere il territorio”; “Sport”; e… la novità di questa edizione, “Il mondo degli animali.

Qui sotto il link al TG3, min. 12,52, dove si parla dell’ALBEROANDRONICO!!!
Info 334 7411438








giovedì 30 luglio 2015

A.A V.V. "OBSESSION 3" A CURA DI LORENZO SPURIO



Opera composita, che assembla scritti di 33 autori di tutto rispetto. La prosa si diluisce su percorsi di grande interesse contenutistico e formale per opulenza verbale e iconografica. Affascinanti e conturbanti, contaminanti e coinvolgenti i brani che si innestano come piccole perle in una collana retta da un filo di grande interesse analitico-psicologico    



A.A V.V: OBSESSION 3. "INCUBI, ALLUCINAZIONI E OMICIDI".
POETIKANTEN EDIZIONI. SESTO FIORENTINO. 2015. Pg. 340.
A CURA DI LORENZO  SPURIO 














QUARTA DI COPERTINA

mercoledì 29 luglio 2015

LORENZO SPURIO: "LA PAROLA DI SETA"

LORENZO SPURIO: LA PAROLA DI SETA.
INTERVISTE AI POETI D'OGGI. POETIKANTEN EDIZIONI.
SESTO FIORENTINO. 2015. PG. 299






Testo di notevole interesse letterario che ci avvicina con perizia critica a quelli che sono gli indirizzi poetici dei nostri giorni, attraverso le voci dei vari scrittori intervistati 

martedì 28 luglio 2015

"MILLEPAROLE" RACCONTI INEDITI

milleparole 2015 - racconti inediti


BANDO del CONCORSO
Art. 1 A CHI È RIVOLTO
Possono partecipare al Premio tutti coloro che invieranno i racconti rispettando l’estensione di 1.000 (mille) parole. Sarà discrezione della giuria accettare racconti con eccesso o difetto di 20 parole.

Art. 2 QUANTE SEZIONI HA IL PREMIO
Il premio prevede una unica sezione, unico requisito richiesto è che si tratti di opera inedita e, anche se inviata da cittadino straniero, scritta in lingua italiana. Il tema è libero e si può partecipare con più racconti pagando per ognuno la rispettiva quota di iscrizione (cfr. Art. 4).

Art. 3
IN COSA CONSISTE IL PREMIO
I primi dieci racconti, finalisti al concorso, verranno pubblicati in volume per i tipi della Raffaelli Editore. Il vincitore riceverà dall’editore la somma di 1.000,00 euro (tasse incluse). I diritti d’autore del racconto premiato saranno di proprietà della casa editrice che offrirà all’autore l’opportunità di pubblicare anche un volume monografico con eventuali altri suoi racconti.

Art. 4 COME ISCRIVERSI AL CONCORSO
La partecipazione al concorso è condizionata al pagamento di una tassa di iscrizione pari a euro 12,00 per ogni racconto partecipante, da corrispondersi con un versamento sul c.c.postale n. 15315476 intestato a Raffaelli Editore, Rimini Causale: “Iscrizione Concorso milleparole 2015”.

Art. 5 COME SI FA A PARTECIPARE Per partecipare occorre inviare il racconto, firmato con uno pseudonimo nel frontespizio, in una delle due modalità:
1 Via Internet in formato word al seguente indirizzo mail: concorsomilleparole@gmail.com. Nella stessa mail, in allegato, dovrà essere inviato un file a parte, contenente il vero nome e il rispettivo pseudonimo, una breve nota biobibliografica, i dati personali, il codice fiscale e i recapiti postali e telefonici per poter essere contattato.
2 Tramite posta ordinaria in formato cartaceo, in cinque copie dattiloscritte, firmate con lo pseudonimo nel frontespizio. Nello stesso plico, in una busta a parte, un foglio dovrà contenere quanto segue: il vero nome e il rispettivo pseudonimo, una breve nota biobibliografica, i dati personali, il codice fiscale e i recapiti postali e telefonici. Il tutto dovrà essere spedito a: Raffaelli Editore Vicolo Gioia, 10 - 47921 Rimini (RN).

Art. 6 QUANDO SCADE IL PREMIO
La possibilità di partecipare al concorso scade alle ore 24.00 del 13 dicembre 2015.

Art. 7 LA GIURIA
La giuria è composta oltre che dal vincitore della precedente edizione, da Autori, Critici letterari ed esponenti del mondo culturale italiano. Presidente di Giuria è l’editore Walter Raffaelli.

Art. 8 LUOGO E DATA DELLA PREMIAZIONE
Il luogo e la data di premiazione verranno comunicati con largo anticipo a tutti i partecipanti. Ai finalisti e al vincitore del premio sarà data tempestiva comunicazione a mezzo posta, telefono o indirizzo di posta elettronica. È d’obbligo la presenza dell’Autore vincitore alla Cerimonia di Premiazione.

Art. 9 TUTELA DEI DATI PERSONALI
In relazione a quanto sancito dal D.L. 30 giugno 2003 n. 196 “Codice in materia di protezione dei dati personali”, si dichiara, ai sensi dell’art. 7111325 che il trattamento dei dati personali dei partecipanti, fatti salvi i diritti di cui all’art. 7, è finalizzato unicamente alla gestione del Premio. Tali dati non saranno comunicati o diffusi a terzi a qualsiasi titolo.
Il mero atto di partecipazione al premio suppone l’accettazione del presente regolamento. La casa editrice non restituirà i cartacei inviati né sarà responsabile per lo smarrimento di originali e/o copie.

Per informazioni il coordinatore del Concorso è Maria Laura Pelliccia.
Info: concorsomilleparole@gmail.com

Allegato: 
Indirizzo web: 


FRANCESCO MULE' SU "ISTANTANEE DI VITA" DI ESTER CECERE


Ester Cecere

ISTANTANEE DI VITA
di Ester Cecere

NOTA DI CRITICA

Autrice  di tre eccellenti sillogi, tra cui Burrasche e Brezze (Il Filo, Roma, 2010), che permette ad Ester Cecere la comparsa in campo poetico, Come foglie in autunno, prefazione di Ninnj Di Stefano Busà (Edizioni Tracce, Pescara, 2012), Fragile. Maneggiare con cura, prefazione di Nazario Pardini (Kairòs Edizioni, Napoli, 2014). Sue liriche, premiate in concorsi letterari nazionali e internazionali, appaiono nelle varie antologie. La Poeta, molto valida e già nota nel panorama letterario italiano, oggi esordisce brillantemente nel mondo della narrativa con la raccolta Istantanee di vita, postfazione di Maria Rizzi (Kairòs Edizioni, Napoli, 2015). Sono 16 racconti di un libro che "non si  atteggia", che "non bara". Appunto perché l'Autrice si pone direttamente con il lettore e perché la Sua è una descrizione di rapporti con un  mondo vissuto, concreto, che Le appartiene.  Una  perla, Istantanee di vita, della narrativa italiana che si aggiunge alle altrettanto preziose della nostra Letteratura.                      Ester Cecere nasce a Taranto, dove vive e lavora presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche, occupandosi di biologia marina. Avvezza  ai tanti riconoscimenti che Le sono stati attribuiti dalla critica, ai premi nei vari concorsi letterari e ai numerosi apprezzamenti e consensi dei suoi fedeli lettori che continuano a stimarLa, e non a torto,  per la "nobile arte" dello "scrivere" che Ella possiede.
Perché il periodare, sovente breve, viene a caratterizzare la Sua personalità  piuttosto riflessiva, composita e integra, agile e sicura nella narrazione di storie di vita e di sentimenti  dei Suoi  svariati personaggi. Sentimenti e storie di vita che poi sono  i Suoi. L'amica Ester scrive per narrare e, soprattutto, per dilettare Se stessa, (ri)leggendosi  e  (ri)vedendosi attraverso  la  voce  dell' "alter  Ego"  che parla la lingua con la grazia e  l'eticità  del  Suo "Ego".  Nasce e cresce con animo scrittore / poeta, profondamente ancorato alla  realtà, capace di "vedere" e "capire" le  molteplici  negatività che infestano in svariati modi il reale cammino dell'uomo.
Descrizioni  di immagini, di paesaggi, di momenti di immaginifica  poeticità, nel nuovo testo, in  armonia  con gli arditi cromatismi emotivi che  caratterizzano  il personalissimo "ritmo" stilistico e creativo della Nostra. Autrice  di parole sapientemente pennellate, creatrice di dialoghi ricchi di intensità poetica e di pragmatico esistenzialismo.
Rimpiangi la tua nonna materna che ti portava qui quando avevi tre anni e quasi ti ostentava. Eri bellissima con quel cappottino rosso dal collo di pelliccia grigia che lei ti aveva regalato. Tu la chiamavi 'mamma', l'hai chiamata così fino a quando hai compiuto dodici anni. Lei era giovane per essere nonna, aveva meno di cinquant'anni e diceva a tutti con orgoglio che eri sua 'figlia'.
In questo continuo far parlare i Suoi personaggi mi viene da pensare che  l'Autrice decide di scrivere per il forte desiderio di volersi ritrovare. E va man mano a ritrovarsi, vergando pagine  su pagine, lungo il cammino interiore verso la ricerca unica: quella della verità.
Filosofia e prosa si frammischiano nella narrazione dei vari avvenimenti, dalla Scrittrice citati attraverso le delicate pagine del libro. Mi  sembra  sia il caso di dire che, per la Nostra, la  ricerca stia, soprattutto, nel costante tentativo / impegno di  trovare,  nel  più profondo  di una condizione esistenziale, sicuramente non felice, il delicato e dolce suono delle parole e delle frasi. E per suono intendo quella sonorità che, come per miracolo, ci è concessa  per staccarci  momentaneamente dalla corposità degli oggetti ed elevarci  alla loro leggerezza.
Parecchi i ritratti di personaggi che riescono a parlare con il loro silenzio. Ritengo che la Nostra, nel suo racconto prettamente realistico, di parole ricche di  sonorità ne abbia versate e toccate parecchie, come  dire  che  è stata  capace di trasferire ai nostri orecchi un po' di dis-incantata armonia, vera terapia dello spirito. E non solo il Suo.
Seguendo il ritmo dei Suoi racconti, che non stentano a  diventare fotogrammi, frammenti di vita, improvvisi flash, posso dire  di  aver camminato nei sentieri della Sua psiche, esplorandone i vari passaggi.
Un'opera, la Sua, assolutamente terapeutica. È da sottolineare, inoltre, la  complessa  costruzione delle  frasi  che rendono suggestivo il racconto nelle sue variopinte tematiche  fantastiche e, nel contempo, realistiche e contemporanee con tutti i suoi molteplici  richiami singolari.
Un testo naturalisticamente poetico (da non dimenticare che Ella  nasce autentica poeta), imbrigliato dentro metafore  che servono a distendere la prosa dentro autorevoli parole che non sono affatto  sfoghi innocenti, ma consapevoli conquiste, assolutamente interiori.
Se a una certa musica chiediamo che ci comunichi un qualcosa che sa di felicità  sonora, se alla pittura chiediamo che ci fornisca l'assolutizzazione della forma, alla letteratura chiediamo  che,  attraverso le parole / frasi, ch'essa ci offre, si possa  pervenire a quella "minuscola" verità, al fine di  interrogarci dentro quali sentieri soffi il pensiero dei giorni che stiamo vivendo.
Il  romanzo  / poema di Ester Cecere arreca l'impronta di  tale  verità. Manca poco  e tutte le domande, tutte quelle  riflessioni, tutti i soliloqui, tutte  le suggestioni, nel "germogliare" dello spirito ceceriano, potrebbero trovare  una definitiva collocazione in quella che  potremmo  definire "sistemazione filosofica".
Certo - pensò Rossella - (il medico) non poteva perdere tempo, il tempo è denaro, specialmente per medici come lui. E la nonna: Ricordati (Rossella), i figli sono solo delle mamme, prima ancora che nascano.
Ma, per  fortuna, un simile approdo non è possibile  per  la Nostra, e non solo. Perché l'uomo, oggi, non abbisogna di  sistemi filosofici, bensì di parole che parlino, scaturendo da quel  profondo silenzio prodotto da impossibili desideri di poeti, di artisti  capaci di  mantenersi in equilibrio sulle strade del  cammino  esistenziale. Equilibrio che li porti a guardare i fatti con armonia e con tutta la serenità possibile.
Un lavoro di pennellatura di immagini, di quadri, di concetti colorati da leggeri  voli di farfalla. Un'opera che rappresenta l' "anima", non  solo  della Cecere, ma anche, e soprattutto, della letteratura  contemporanea che, seppure inquieta e intrisa della più inanimata tecnologia, è permeata, ancora di prosa / poesia. Di quella vera. Di quella che ci giunge da Istantanee di vita.
Un  libro che risulta essere un appassionato succedersi di idee  e  di fatti. Un racconto dove sensibilità, passione, conoscenza  umana  si fondono  in Cecere con una sorta di magia.
Il romanzo / poesia, e concludo, ha il suo epilogo con un elegante e commovente brano 'Itaca' che compendia tutte le storie in esso contenute.
...Il nonno volse più volte lo sguardo dal bimbo al cane. Si intuiva che il nipotino gli aveva chiesto di portare con loro il cane e che egli avrebbe voluto accontentarlo, ma era indeciso. E mentre il pescatore sostava pensieroso, cane e bambino giocavano rincorrendosi sulla banchina. Osservando quella scena, il vecchio pescatore sciolse ogni riserva e gridò qualcosa al nipotino che corse ad abbracciarlo, e poi, raggiunta la cagnolina, la strinse forte a sé. Fu così che 'Itaca' venne adottata da una famiglia di
pescatori nell'isola di cui portava il nome.
L'amica Ester, raccontando,  da  brava artista, le  varie  vicende  umane, sovente  simili a quelle da Lei stessa vissute,  riesce a  coinvolgere pienamente il lettore nella Sua particolare sfera poetica.
Istantanee di vita si rivela quell'opera letteraria della Vita e dell'Amore, dei sogni e della felicità che, con pagine cariche di sentimenti e di sacrifici di personaggi comuni, viene a definirsi un viaggio della e nella vita  di Ester Cecere.
Coincidenza o qualcosa di più?

AD MELIORA ET MAIORA SEMPER!

Vallecrosia, 25 luglio 2015 - ore 16,50
Prof. Francesco Mulè

(Poeta, critico letterario, promotore culturale, fondatore e presidente del Circolo 'Smile' di Vallecrosia, giornalista)


lunedì 27 luglio 2015

PREMIO "JUAN MONTALVO": VERBALE E VINCITORI






MARIA RIZZI SU "L'ALIBI DELLA VITTIMA" DI GIOVANNA REPETTO

L’ALIBI DELLA VITTIMA

Maria Rizzi collaboratrice di Lèucade


L’alibi della vittima di Giovanna Repetto – Gargoyle Edizioni – è un romanzo che non oserei definire thriller (dall’inglese ‘rabbrividire), in quanto non gioca sulla suspence, sulla tensione e sull’eccitazione, ma piuttosto sulle caratteristiche tipiche del ‘giallo poliziesco’, in quanto consente al lettore di seguire la trama senza stupirlo con continui effetti speciali e alla fine risolve, al contrario del noir, che lascia aperte le possibili interpretazioni ai lettori.
Il fatto di non connotarlo come thriller non esclude che si tratti di un testo che riserva numerose sorprese nel corso della narrazione e presenti aspetti che ho trovato assolutamente innovativi.
Innanzitutto si stenta a credere che sia scritto da una donna. Ha tinte forti, sanguigne, a tratti morbose, non di una morbosità gratuita, ma perfettamente contestualizzata; in secondo luogo l’Autrice evita di edulcorare i personaggi, in qualche modo sono tutti anti – eroi, anche il maresciallo Trevisan, che non è uomo d’azione, ma di lavoro inesausto e di riflessione e ha, come tutti, le sua crisi familiare. In qualche modo il romanzo della Repetto evoca il famoso “Romanzo criminale”, con la sua catena di reietti, di persone che vivono ai margini della legalità, talvolta adottando la legalità stessa come scudo. Nessuno è salvo. Tutti hanno ipotetici motivi per essere uccisi o per compiere crimini. Infine è un giallo che adotta l’éscamotage della ‘frammentazione’. I capitoli sono brevissimi e si salta dalla storia di un individuo a quella di un altro, temendo di perdere l’orientamento… per poi scoprire che la tecnica riesce a rendere le vicende tasselli di un puzzle, interessante da ricomporre.
Tra i numerosi personaggi spiccano le figure trainanti dell’assistente sociale, Maria, detta Holy Mary per la sua attitudine a stupire con abbigliamenti, pettinature e comportamenti originali e insofferenti alle norme codificate e della psicologa Lina, che con pacatezza e competenza, segue i casi e cerca di affrancarsi dal un passato che non le ha concesso di essere protetta e capita, ma di confrontarsi con una madre eternamente bambina. Le due donne hanno rapporti con tutti coloro che fanno uso di droghe e anche con gli ipotetici ‘santoni’ che, tramite l’inserimento nelle loro comunità, potrebbero salvarli, come Melchiorre e “La cruna nell’ago”, isola nel verde, tanto suggestiva quanto misteriosa.
Di fatto il giallo cattura sin dalle prime pagine proprio perché catapulta in un paesaggio di uomini e donne, che sembrano tutti, o quasi, intenti a ‘fottere o farsi fottere’, come scrive l’Autrice.
La Repetto viaggia nelle anime dei numerosi personaggi, che mette a fuoco con maestria, e lascia lievitare le loro paure, le solitudini, le frustrazioni, le rabbie e tutti gli altri sentimenti repressi.
I canoni del giallo ci sono tutti: il maresciallo che porta avanti le indagini, il morto, i presunti, ipoteteci colpevoli, l’enigma che avvolge l’assassinio…  Il romanzo aggiunge ai consueti aspetti dell’Opera di genere un elemento nuovo e sconcertante: la vittima non possiede un alibi! Non mi è concesso scendere nei dettagli, in quanto
rivelerei elementi che devono restare segreti, ma ci tengo a sottolineare che l’arte della nostra Autrice sta proprio nel creare aure di sospetti intorno a ogni suo personaggio. Rocca Persa, un paese a pochi chilometri da Roma, diviene un surrogato dell’inferno. La cocaina gira più della farina; i giovani abitanti sembrano in gran parte dipendenti da essa e Greta, la rossa attraente, che ha venduto l’anima al diavolo,
rappresenta l’anima nera del luogo, insieme al trafficante Memé , che riesce ad apparire e scomparire come un fantasma. Altro personaggio di indubbio cinismo è il brigadiere Di Stasio, che non esita ad abusare dei propri poteri e a ricorrere alla violenza, approfittando del carattere mansueto del maresciallo e del clima strano, simile a una nuvola di piombo, che ammanta il paese.
A tratti il testo, porta il lettore in un clima indistinto di misterioso surplace. Il male, simile a una gorgone affamata, chiede sacrifici e coloro che lo nutrono, deperiscono, si consumano, perdono i contorni degli esseri umani.
Il paragone de “L’alibì della vittima” con “Romanzo criminale” è senz’altro azzardato, l’ho adottato solo per dare l’idea di un libro che non fa sconti, non ricorre alla pietas con facilità. Lina e Holy Mary restituiscono ad alcuni personaggi l’umanità
e l’ingenuità, ma pur prodigandosi, non riescono a salvarli dalle sabbie mobili in cui lentamente affondano.
Il romanzo potrebbe, forse, definirsi un affresco del mal di vivere da cui sono affetti,
oggi, i nostri giovani. Rocca Persa diviene la cittadina in cui convergono le loro disperazioni.
Lo stile è molto curato, oserei dire raffinato. La Repetto attinge dal laboratorio neo – realista per descrivere con dovizia di particolari le persone, i luoghi, le situazioni. Ed é, al tempo stesso raffinata, moderna, originale. Il testo si legge con avidità.
E lascia una serie di spunti sui quali riflettere. Ci insegna che non dovremmo vivere
fermandoci alle apparenze e che il sesso e i soldi sono troppo spesso le scarpe usate per camminare nell’esistenza. L’inganno sta nell’aver trasformato il paio di scarpe nella ragione del viaggio…
                                                                                                   Maria Rizzi  

   

CLAUDIO FIORENTINI: "LA POESIA VA IN PIAZZA..."

Claudio Fiorentini collaboratore di Lèucade

In mezzo ai palazzoni degli anni sessanta, nei luoghi che spesso vengono definiti “non luoghi”, là dove le scatole di lamiera gommate invadono strade e marciapiedi con una prepotenza che non gli è permessa altrove, dove il rumore dei bus viene accolto in un’orecchia di cemento, dove lo smog stenta ad andar via, dove i motorini sono parcheggiati alla rinfusa sui marciapiedi e dove gli stessi centauri circolano sui marciapiedi... in quei luoghi l’educazione è un bene raro e le Istituzioni dimenticano che esistono i cittadini. Già, questo è un dato di fatto. Eppure è proprio in quei luoghi che la vita si manifesta in tutte le sue sfaccettature e la vedi, la vedi negli sguardi della gente presa a correre per le strade, chiusa in macchina, a cavallo di una bicicletta, in moto, a piedi, alla fermata del bus, davanti a una vetrina, in una bottega, in un cortile, in strada, al supermercato… gente che si occupa delle mille e più faccende quotidiane, uomini e donne, vivi come spesso neanche ricordano, impegnati e occupati a riempire il tempo della vita. La città, quella vera, è lì, ed è proprio lì che occorre trovare il modo per fermare questo ritmo, rallentarlo, imporre una pausa e fare altro!
Basta qualche ora in un giorno qualunque, basta veramente poco per trasformare il “non luogo” in luogo d’incontro dove, come per incanto, tutta l’energia di questo disordinato e quotidiano pullular di vita diventa un’aggregazione di forze benevole e la magia della vita si manifesta nella sua meraviglia.
È successo a Porta Portese, nella piazzetta senza nome tra Via Ettore Rolli e Via Portuense, perché un manipolo di coraggiosi, per la precisione il Teatro “Porta Portese”, il comitato di quartiere “la voce di Porta Portese”, la biblioteca condominiale “Il Cortile” e l’associazione “R.O.S.A.”, ha voluto organizzare la festa del quartiere, una tre giorni di spettacoli teatrali e musicali.
Ma in piazza si può fare avanspettacolo, si può fare musica romanesca, si può fare uno spettacolo per bambini, cosa succede se a un certo punto ci mettiamo a leggere poesia? La poesia, lo sappiamo bene, non è un’arte di largo consumo, e ne occorre di coraggio per leggere poesie in piazza, all’aperto, tra gente che passa e rumori molesti, quando trenta metri più in là il chiasso di una macchina che frulla il manto stradale, e dell’asfaltatrice che la segue a ruota, tenta di imporsi… Ebbene, alle 19,30 del 24 luglio, che lo si creda o no, la voce della Poesia ha imposto il proprio valore proprio lì, dove quanto di più violento aggrediva le nostre orecchie! La Poesia non si è lasciata intimidire, e grazie agli eroi che hanno aderito a questa iniziativa, è scesa in piazza, ha vinto la paura e si è rivolta ai cittadini che si trovavano lì: passanti, commercianti, famiglie che accompagnavano i bambini a prendere un gelato, curiosi, non curiosi… persone comuni, insomma: gente che forse non aveva mai assistito a un evento del genere e che si trovava lì solo perché il caldo li spingeva a uscire di casa.
E così venerdì 24 ho avuto l’onore di presentare i poeti Patrizia Stefanelli, Roberto De Luca, Anna Appolloni, Alfonso Angrisani, Gino Guglielmi, Giuseppe Alagna, Marco Maria Cappelli, Fiorella Cappelli, Maurizio Bacconi, Felix Adado, Alessandro Dall’Oglio, Stefano Iatosti, Antonella Antonelli e Franco Cimarelli si sono alternati sul palco per circa un’ora e mezza di lettura di buona, e coraggiosa, Poesia. Alla magia della lettura si è aggiunto un piccolo miracolo grazie a Patrizia Stefanelli che ha portato sul palco sin dall’inizio Fabio, un chitarrista senza dimora che dorme un po’ qui e un po’ là, un barbone che si trovava lì per caso, conosciuto pochi minuti prima su una fredda panchina di granito della piazzetta senza nome.
Insomma, la poesia deve andare dove succede la vita, e nel nostro piccolo, noi di Porta Portese, ce l’abbiamo portata!

Claudio Fiorentini