Lorena Turri collaboratrice di Lèucade |
SILLOGE "DONNA"
DI SERENELLA MENICHETTI
Serenella Menichetti ci raggiunge sulla solatìa
spiaggia di Lèucade con questa piccola e incandescente silloge sulla Donna,
partendo da una laconica ed incisiva citazione del premio Nobel per la medicina
Rita Levi Montalcini in cui sollecita ad uscire dalla mediocrità, dal grigiore
di ogni passiva rassegnazione e dall’abitudine, trovando il coraggio della
ribellione.
E pensando a una donna ribelle, mi balza in mente
una grande artista e donna coraggiosa, quale Artemisia Gentileschi che seppe
dire “no” alla violenza del suo stupratore, che seppe dire “no” ai
condizionamenti di una società maschilista. Il suo coraggio e la sua
determinatezza la portarono ad essere la prima donna nella storia iscritta
all’Accademia del disegno, ed eravamo solo nel 1616. Artemisia si ribellò al
silenzio e portò il suo stupratore in Tribunale. Il processo fu lungo e
travagliato. Dagli atti risultano persino delle torture fisiche e psicologiche
a cui la stessa venne sottoposta (macchina della verità, cordicelle legate ai
pollici che, tirate, le provocavano atroci dolori), ma ella non mostrò mai segni
di cedimento ed ottenne alla fine la condanna del suo carnefice.
Qui non si tratta di femminismo fanatico, becero o
chiassoso, ma di un grido vigoroso, come deve essere il grido del poeta che
mette la poesia al servizio delle idee e delle giuste cause a discapito, forse,
di un emozionale lirismo, ma a vantaggio di un messaggio chiaro e
inequivocabile.
Serenella, donna, moglie, madre di donne, nonna di
future donne si sente in dovere di alzare la sua voce per incitare ad opporsi a
una mentalità che da sempre ha segregato la Donna nei bassifondi della vita
togliendole dignità ed essenza umana. E
lo fa rivolgendosi alla Donna stessa, senza retorica, tralasciando ogni tono
inquisitorio verso l’altro sesso. E’ la trasmissione della sua stessa presa di
coscienza.
A proposito dell’abitudine, scriveva Marcel Proust:
“L'abitudine! ordinatrice abile ma terribilmente lenta, che comincia con il lasciar soffrire il nostro spirito […] in una sistemazione provvisoria…”.
“L'abitudine! ordinatrice abile ma terribilmente lenta, che comincia con il lasciar soffrire il nostro spirito […] in una sistemazione provvisoria…”.
Ecco: non è possibile restare provvisorie, precarie
della vita, è necessario evolversi, come esordisce la nostra poetessa:
“Ero rigagnolo.
Diventai fiume d'argento
un giorno che mi ribellai.
Impossibile abituarsi al grigio.
….
Sconfinai nell'azzurro.” (Evoluzione)
Serenella procede con versi stringati, compiti e
telegrafici che denotano tutta la sua urgenza di dire, perché non è più il
tempo di rimanere madre col rischio di cadere come la pascoliana “rondine
caduta con l’insetto nel becco” o come un martire cristiano, portare sul petto
“acuminate frecce!Tante quante, pensano, siano le tue colpe.”(Ancora non hanno
capito).
La luce di una Donna non potrà mai essere spenta,
neppure dalla morte, afferma l’autrice; parole, queste, da leggersi come un biblico richiamo alla
stessa etimologia del nome di Eva,
ovvero “colei che vive”.
Con azzardi metaforici forti e con toni perentori,
atti al tempestivo convincimento di se stessa e conseguentemente dell’ “Altra”,
la Menichetti ci indica il percorso interiore da seguire per rinascere:
ri-fecondazione, ri-gestazione e,
infine, nuovo parto di sé. Una sorta di abdicazione a un’essenza passata,
distorta dall’abitudine, per una totale rigenerazione, nonostante “ la colpa di
non essere/come ti vogliono/rima(ne)rrà il tuo marchio indelebile.”(Immutabile)
Una conclusione, questa, un po’ sconfortata e sfiduciata ma plausibile allo
stato degli orrendi fatti di cronaca ai
quali siamo ancora, purtroppo,
giornalmente abituati.
La poetessa infatti si pone molte domande su cosa
questa donna davvero rappresenti per l’uomo, quale egli pensi essere il suo
ruolo e quali le sue colpe “adesso che sparg(o)e nel mondo margherite “ e
chiede, semplicemente di essere guardata con occhio diverso e di essere amata,
perché fintanto che l’uomo non smetterà di sentirsi giustiziere, la donna
resterà “equilibrista ancora, senza rete.”(La funambola).
Lorena Turri
SILLOGE “Donna”
“Nella vita non
bisogna mai rassegnarsi, arrendersi alla mediocrità, bensì uscire da quella
“zona grigia” in cui tutto è abitudine e rassegnazione passiva, bisogna
coltivare il coraggio di ribellarsi.”
Rita Levi Montalcini
EVOLUZIONE
Ero
rigagnolo.
Diventai
fiume d'argento
un
giorno che mi ribellai.
Impossibile
abituarsi al grigio.
Complice
fu la pioggia.
Un
varco nella nuda terra.
Sconfinai
nell'azzurro.
Serenella
Menichetti
ANCORA
NON HANNO CAPITO
Ti
muovi tra panorami di universi nudi
in
sussurri di passi.
Ogni
rumore un sussulto.
Sei
l'allodola non più messaggera
del
mattino.
Sei la
farfalla senza pulviscolo
precipitata
negli inferi.
Sei
mamma rondine caduta
con
l'insetto nel becco.
Sei la
pianticella dalla furia
del
vento divelta.
Contro
il tuo petto: acuminate frecce!
Tante
quante, pensano, siano le tue colpe.
Per
tramutarti:
In
ombra, alla ricerca del suo corpo,
in
Robot all'obbedienza programmato.
In
involucro vuoto, accartocciato.
Preso
a calci,
per
sfogare la cieca rabbia
dovuta
all' amaro risultato
dal
confronto con te.
Per
sopprimerti:
una
lama conficcata nel cuore.
Il
colpo letale.
Gioco
da niente.
E
benché il coltello venga sempre
loro
offerto, dalla parte del manico.
Ti
posso assicurare:
-La
perdente non sei tu!
Ancora,
non hanno capito
che
neppure il soffio della morte
riuscirà
a spegnere la tua luce!
Serenella
Menichetti
Ella
fu
Tu,
continui a fissare la ragazza
della
foto.
A
cercare quella che era.
A
sciorinar rimpianti.
Immagine
sorridente, ferma, statica.
Facile
bersaglio delle tue traiettorie trasversali.
Cieco,
alla vita in divenire di quel sorriso.
A
pezzi di occhi che reclamano di guardare
a modo
loro.
Venti
anni in quella foto.
Embrioni
che s'impiantano e generano vite
nel
tempo lineare degli eventi.
Aperto
al seme della consapevolezza
anche
la sua anima ha un utero
L'attesa
ha una durata soggettiva.
Infilata
in un tempo che si rincorre:
in un
girotondo di morte e nascita -nascita e morte.
Attende
l'autoparto.
Incontro-
confronto-scontro
Senza
epidurale.
Ed è
RINASCITA
Ella
fu.
Serenella
Menichetti
IMMUTABILE
E'
vento di burrasca che spinge dentro rive impervie.
E'
fuoco che fagocita le fiamme dell'inferno.
Il
cielo apre le sue ali bianche e fugge.
I tuoi
passi sono sordi alla luna.
I tuoi
lamenti si perdono nel buio.
Musica
che non si nota.
Rimane
tutto immobile
pur
nella successione
degli
eventi
La
quiete le sue vittime miete.
Senza
cambiamento di genere.
Sei
sempre tu!
Non
mutamento nelle menti
Seppure
un movimento circolare
ripeta
l'allora nell'ora
e il
là nel qui.
Ma la
colpa di non essere
come
ti vogliono
rimane
il tuo marchio
indelebile.
Serenella
Menichetti
METTERE
A FUOCO
Rosso ventaglio vermiglio
Aquilone
senza filo
Materia
leggera
Zavorra
a terra
Velo
sospeso
Tulle
di mille occhi.
Dall'alto
osservi paesaggi infiniti
Con la
leggerezza di una piuma
E'
seta pura il cielo.
Tessuto
grezzo, la terra.
Ti
svela adesso le sue trame.
La
recisione dei coriacei fili che ti legano
a
contaminazioni mentali.
Ti
hanno ferito le dita.
Fotografi
attenta ogni granello di sabbia.
E
inizi la tua metamorfosi.
Serenella
Menichetti
NON E’ IL MIO VOLTO
Un cerchio chiuso il mio spazio!
Inscritto
il mio tempo.
Un boomerang
la mia rabbia!
Corpo
e mente legati a fili d'oro.
La mia
povera anima annientata.
Ero
forse un animale braccato?
Ero la
gheisha che s'inchina ai tuoi bisogni?
La tua
preda? La tua concubina?
Ero
solo la madre dei tuoi figli?
Un
barattolo di miele che si butta, dopo il nutrimento?
Adesso
che spargo nel mondo margherite,
colpevole,
mi appelli?
Inadeguata,
contro natura?
Senza
istinto materno?
E'
l'ora di stracciare quella foto
che
hai preso nel cassetto di tua madre.
Quello
non è il mio volto!
Per
questo non mi devi condannare,
né
devi ritenerti giustiziere.
Ma
devi solo prendere coscienza
della
vera donna che io sono.
E,
innamorarti un poco anche di me!
Serenella
Menichetti
LA FUNAMBOLA
In
equilibrio su una corda tesa.
Sotto:
precipizio.
Voragine
d'un mondo che fagocita.
Troppi
venti contrari ti sballottano.
Ad
intaccar la corda, roditori voraci.
Affondi
angosce, che dopo riemergono.
Bella
la rosa che strappasti.
Rossa,
come una ciliegia.
Denso
di trasgressione il suo profumo.
Gocce
scarlatte sulle mani scendono.
Tu, in
bilico.
Per
necessità funambola.
Nel
vento volteggi, come carminio petalo.
A
braccia aperte.
Rondine
che non vola.
Passi
lenti, misurati, attenti.
Equilibrista
ancora, senza rete.
Serenella
Menichetti
Poesia schietta, di gradevole comunicazione seppur fortemente impegnata; di lirico impatto. Ben disegnata da un'ottima esegesi. Complimenti alle due Autrici.
RispondiEliminaProff. Angelo Bozzi
RispondiEliminaUn plauso ed un immenso ringraziamento a Lorena Turri, cara amica, donna intelligente, poetessa sensibile e critica attenta.
E’ stata una piacevole sorpresa trovare la sua ineccepibile esegesi alla mia silloge.
Molto pertinente il riferimento ad Artemisia Gentileschi che nonostante i costumi ha trovato la forza di reagire ad una vile ingiustizia.
Purtroppo oggi, sono ancora troppe le donne che subiscono, e siamo molto distanti dalla giusta forma di rispetto tra i generi. Il poeta è consapevole di questo, ma certo, non si vanta di essere portatore di verità né di essere dispensatore di formule capaci di cambiare il mondo e/o modificare al meglio i rapporti tra gli esseri umani.
Si limita a scendere nell’ abisso dell’odierno, a prendere coscienza del dolore, dell’ingiustizia, del degrado, del buio ed incapace di tacere, affida alla parola la denuncia sperando di fare un po’ di luce nella nebbia.
Serenella Menichetti.