venerdì 3 luglio 2015

SONIA GIOVANNETTI HA PRESENTATO "SI AGGIUNGONO VOCI" DI S. ANGELUCCI


Sonia Giovannetti collaboratrice di Lèucade


Sandro Angelucci collaboratore di Lèucade


Sonia Giovannetti su “Si aggiungono voci” 
di Sandro Angelucci


Parlare della poesia di Sandro Angelucci significa entrare in un mondo poetico alto, autentico e onesto. Sono grata al poeta per avermi dato la possibilità di poterlo fare qui, nella sua Terra, a cui tanto sono legata. Per quanto io ami la parola, per quanto la rispetti e per quanto m’impegni a collocarla nel luogo che le compete, sono anche consapevole che non sempre si riesce a dare espressione verbale all’emozione che si prova davanti ad un bel libro di poesie, come nel caso di “Si aggiungono voci”.
Per aiutarmi a parlarne, mi piace chiamare in soccorso una voce che, meglio e più autorevolmente di me, può introdurci con mirabile e suggestiva penetrazione ai tesori di questa silloge. E lo voglio fare prima di ogni mia parola, non solo perché questa voce è parte della vita stessa di Sandro, ma anche perché appartiene ad uno dei più grandi poeti e letterati del panorama italiano. 
Parlo di Gianni Rescigno che, pochi giorni prima della sua scomparsa, si rivolge così al nostro autore: 
“Carissimo Amico Sandro,
ricevo e leggo con vivo interesse la raccolta poetica “Si aggiungono voci”. In questo cammino di parole, partorite dalla tua non comune vena inventiva, mi vedo; e vedo quelli come me, cioè tutta l’umanità sperduta, simile a foglie solitarie e tristi nell’abbandono autunnale e tragico della morte. L’inno che scaturisce dalla tua anima è l’invito agli uomini di risorgere, a guardare ancora al sole e oltre, perché essi si uniscano agli angeli e infine a Dio, genuflessi nella preghiera di ringraziamento per il dono della vita, fiore più bello della natura, così stupenda ieri e oggi così martoriata dall’egoismo umano. Un abbraccio da Gianni Rescigno “

Anch’io - lo confesso - durante la lettura della silloge mi sono sentita parte di questa “umanità sperduta”, essendo convinta - come il poeta Rescigno -  che Sandro Angelucci abbia, “in questo cammino di parole”, invitato gli uomini a “guardare ancora al sole e oltre”, a far sì che lo spirito sia sempre spinto ad elevarsi oltre l’aspetto fenomenico delle cose e della natura: tale appare infatti il tema principale di questo libro.
Una natura che ci viene mostrata nei suoi tanti aspetti particolari: il grano, l’acqua, la terra, il sole, i petali di un fiore, il vento.. e nella incantevole molteplicità delle creature che la popolano: l’ape, il merlo, il gatto, il pettirosso, lo scoiattolo, la lucertola ..
Una natura che sorprende per la sua bellezza, per l’infinita varietà degli elementi che ne dipingono il fantasmagorico affresco creativo, ma che dichiara al tempo stesso la propria sofferenza per le ferite e le offese patite a causa dell’uomo, sempre più ottusamente e autolesionisticamente incurante dei danni che egli stesso le procura, procurandole a se stesso.  Tutto questo ci appare immediatamente già dalla prima poesia: “Abiezione”, che apre la parte prima dell’opera - Icaro:  “.. l’uccello non finisce di cantare, il vento prende a respirare con le foglie e le montagne (immobili, sicure) aspettano l’arrivo della luce.. Noi, soltanto noi (distratti, inebetiti) a spargere catrame, a bestemmiare…”
E se è vero che la poesia è il poeta, o meglio è lo sguardo che il poeta ha sul mondo, Sandro Angelucci immerge tutti i colori del mondo nella propria iride.
Il poeta, tanto acutamente sensibile al richiamo di quel paesaggio che tende a trascendere le proprie stesse apparenze visibili, sembra spingerci passo passo a condividere il suo urgente bisogno di ridefinire un panorama etico fin troppo alterato dagli atti umani. E se questo appare il messaggio accorato della natura a lui rivolto, l’uomo è allora chiamato al recupero di quelle condizioni di elevazione dello spirito che permettono, attraverso il rispetto e l’amore per il Creato, di oltrepassare la materia stessa e guadagnare – forse – la salvezza.
Una simile verticalità – altrove, peraltro già proposta dal poeta – che tende ad unire la terra al cielo, il corpo allo spirito, diviene così il maturo, prevalente soggetto di questa silloge.
C’è vita consapevole e vissuta con senso, in queste delicate poesie. Vita che è tanto più “vera” quanto più le sue radici si protendono oltre ciò che appare, oltre ciò che si mostra. Rivelatore di questa ricerca di armonia tra essenze apparentemente opposte è il dialogo: “Ciò che conta è il confronto” (Molestie) perché sa che “l’anima della fune resta intatta, si snoda intorno al mondo collega gli universi. Niente, nessuno sfugge: un solo filo può tenere insieme la vita e la morte” (L’anima della fune) e gli opposti si confrontano: ”I morti sono vivi. Per un solo raggio di Sole dall’alba tramuta in tramonto dal buio diviene chiarore il nostro cammino” (Per un solo raggio di sole). I contrari, così come dev’essere, si parlano con fiducia - senza piagnucolii - con armonia espressiva che vuole e sa essere presente in tutti questi canti.
Canti che fanno del volo il violino delle corde emotive. In “Saranno i voli”: “E poi picchiare ancora, ancora risalire, fino a sera finché c’è fede e amore e forza nelle ali ..”
Canti rivelatori del nostro essere ed esistere, quelli di Sandro Angelucci che   – come specialmente accade ai poeti, sublimi ed intuitivi indagatori dell’umano – invoca un’armonia profonda - percepita come salvifica - tra uomo e ambiente, tra sogno e realtà. Canti di estrema raffinatezza musicale che esaltano e danno forma al significante del verso e combaciano con la forza dell’intendimento di vita dell’uomo che è anche spiritualità del poeta “Era già alto il Sole e intorno ancora s’ascoltava la preghiera..” (Abiezione).
C’è una preghiera nei versi di Sandro Angelucci che, da poeta autentico, non è semplicemente attratto – come tutti gli umani dal mistero, ma anche lo penetra intuitivamente fino a svelarlo. I veri poeti, infatti, sanno leggere ciò che per gli altri è indecifrabile, hanno confidenza e sovente dialogano con ciò che è oltre il visibile, e perfino indovinano nelle forme della natura le epifanie del divino. Una preghiera, dicevo dunque, che sa di verità del sentire “.. il dramma, le fughe, le lacrime degli ipocriti, la colpa come sempre attribuita alle malvagità della natura. Ciò che non passa, ciò che non si vede è la sola verità” (Nella terra degli ibischi).
Il poeta, in questa silloge, nel ricercare e rintracciare questa verità, finisce anche per collegarla alla natura stessa dell’uomo con mano sicura, con acutezza, trascurando false piste, certezze illusorie, simulacri vacui di senso.
È questa la conquista della sua Verità.  E la verità è sempre bellezza.
“Questo mondo nel quale viviamo ha bisogno di bellezza per non cadere nella disperazione”, affermava Paolo VI rivolgendosi agli artisti nella chiusura del Concilio Vaticano II.  E aggiungeva: “La bellezza, come la verità, è ciò che infonde gioia al cuore degli uomini, è quel frutto prezioso che resiste al logorio del tempo, che unisce le generazioni e le fa comunicare nell’ammirazione”.
La poesia vive di bellezza e Sandro ci invita ad abbracciarla “Chi può dirlo da dove viene, dove arriva la poesia? …Svelare è il rischio che dobbiamo prendere…” (Svelare è il rischio)
E’ un abito melodioso quello che per natura indossa Sandro Angelucci. Usa la parola come una nota in cui la pluralità di significati si compenetrano e riflettono il moto interiore che il poeta modula e arpeggia con serena, velata malinconia. Quella benedetta malinconia che porta alla meditazione, all’introspezione di chi vuole essere e non solo esistere.
Ecco, il poeta “è” e lo dimostra non solo con la qualità dei suoi versi, ma anche con quella ostinata esplorazione nelle profondità della natura umana. Un viaggio dal sensibile al trascendente, il cui esito è tuttavia il ritorno alle radici e a quella sua particolare, potente metafora dell’esistenza “E l’albero torna con le foglie. Come se non le avesse mai perdute”.


Sonia Giovannetti (21 giugno 2015)

2 commenti:

  1. Sonia mia,
    hai accarezzato i versi del nostro Sandro con i toni che meritano,con la sensibilità di chi sa divenire 'compagna di viaggio' senza eccedere nelle interpretazioni.Sillogi come "Si aggiungono voci", a mio umile avviso, vanno rispettate. Lette, introiettate, amate e sussurrate a bassa voce. Anche la rabbia che Sandro esprime verso noi uomini, sordi agli avvertimenti di madre - natura é espressa con tale delicatezza che diviene lievito di pace.
    Sonia é stata la relatrice ideale. Solo la grazia può rendere il giusto omaggio a un Poeta simile. E il dono della lettera dell'indimenticabile Gianni Rescigno ha reso il suo intervento magico. Ringrazio lei, Sandro, il grande Rescigno, che ho potuto conoscere solo attraverso la monografia di Sandro e, naturalmente, Nazario, che inanella perle e rende il Suo scoglio
    un cenacolo di ostriche...
    Maria Rizzi

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  2. Ero presente, domenica 21 giugno, a Valle Cupola (Rocca Sinibalda), nel reatino, in quel luogo magico dove le voci della natura sono più limpide, e i silenzi più verdi e profondi e il manto della terra sembra un tappeto volante nell'azzurrità. Incantevole è stata la presentazione di Sonia, la cui grazia si è unita al coro di quegli angelici voli amplificandone l'intensità. Lei ha toccato molteplici tasti della poetica di Sandro, e di moltissimi altri, a suo dire, ha dovuto tacere per dovere di brevità. "Era già alto il sole e intorno ancora s'ascoltava la preghiera". Mi sono emozionato tantissimo alla lettura di questi versi, ma non meno mi sono emozionato di fronte agli appelli accorati, ed anche rabbiosi, del poeta per l'ottusità dell'uomo che procura danni alla natura, procurandoli a se stesso. Ma la cosa che più mi ha toccato, nella relazione di Sonia, è stato il riferimento al dialogo, alla necessità di stabilire relazioni amichevoli (il confronto costruttivo degli opposti) con la profondità della Terra-Madre e del divino da cui è abitata nel tentativo di tornare a far girare i nostri meccanismi mentali secondo ingranaggi universali.
    Franco Campegiani

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