Sonia Giovannetti collaboratrice di Lèucade |
Sandro Angelucci collaboratore di Lèucade |
di Sandro Angelucci
Parlare
della poesia di Sandro Angelucci significa entrare in un mondo poetico alto,
autentico e onesto. Sono grata al poeta per avermi dato la possibilità di
poterlo fare qui, nella sua Terra, a cui tanto sono legata. Per quanto io ami
la parola, per quanto la rispetti e per quanto m’impegni a collocarla nel luogo
che le compete, sono anche consapevole che non sempre si riesce a dare
espressione verbale all’emozione che si prova davanti ad un bel libro di
poesie, come nel caso di “Si aggiungono voci”.
Per
aiutarmi a parlarne, mi piace chiamare in soccorso una voce che, meglio e più
autorevolmente di me, può introdurci con mirabile e suggestiva penetrazione ai
tesori di questa silloge. E lo voglio fare prima di ogni mia parola, non solo
perché questa voce è parte della vita stessa di Sandro, ma anche perché
appartiene ad uno dei più grandi poeti e letterati del panorama italiano.
Parlo
di Gianni Rescigno che, pochi giorni prima della sua scomparsa, si rivolge così
al nostro autore:
“Carissimo Amico Sandro,
ricevo
e leggo con vivo interesse la raccolta poetica “Si aggiungono voci”. In questo
cammino di parole, partorite dalla tua non comune vena inventiva, mi vedo; e
vedo quelli come me, cioè tutta l’umanità sperduta, simile a foglie solitarie e
tristi nell’abbandono autunnale e tragico della morte. L’inno che scaturisce
dalla tua anima è l’invito agli uomini di risorgere, a guardare ancora al sole
e oltre, perché essi si uniscano agli angeli e infine a Dio, genuflessi nella
preghiera di ringraziamento per il dono della vita, fiore più bello della
natura, così stupenda ieri e oggi così martoriata dall’egoismo umano. Un
abbraccio da Gianni Rescigno “
Anch’io - lo confesso - durante la lettura della
silloge mi sono sentita parte di questa “umanità
sperduta”, essendo convinta - come il poeta Rescigno - che Sandro Angelucci abbia, “in questo cammino di parole”, invitato
gli uomini a “guardare ancora al sole e
oltre”, a far sì che lo spirito sia sempre spinto ad elevarsi oltre
l’aspetto fenomenico delle cose e della natura: tale appare infatti il tema
principale di questo libro.
Una natura che ci viene mostrata nei suoi tanti
aspetti particolari: il grano, l’acqua,
la terra, il sole, i petali di un fiore, il vento.. e nella incantevole
molteplicità delle creature che la popolano: l’ape, il merlo, il gatto, il pettirosso, lo scoiattolo, la lucertola
..
Una natura che sorprende per la sua bellezza, per
l’infinita varietà degli elementi che ne dipingono il fantasmagorico affresco
creativo, ma che dichiara al tempo stesso la propria sofferenza per le ferite e
le offese patite a causa dell’uomo, sempre più ottusamente e autolesionisticamente
incurante dei danni che egli stesso le procura, procurandole a se stesso. Tutto questo ci appare immediatamente già
dalla prima poesia: “Abiezione”, che apre la parte prima dell’opera - Icaro: “..
l’uccello non finisce di cantare, il vento prende a respirare con le foglie e
le montagne (immobili, sicure) aspettano l’arrivo della luce.. Noi, soltanto noi (distratti, inebetiti) a
spargere catrame, a bestemmiare…”
E se è vero che la poesia è il poeta, o meglio è lo
sguardo che il poeta ha sul mondo, Sandro Angelucci immerge tutti i colori del
mondo nella propria iride.
Il poeta, tanto acutamente sensibile al richiamo di
quel paesaggio che tende a trascendere le proprie stesse apparenze visibili,
sembra spingerci passo passo a condividere il suo urgente bisogno di ridefinire
un panorama etico fin troppo alterato dagli atti umani. E se questo appare il
messaggio accorato della natura a lui rivolto, l’uomo è allora chiamato al
recupero di quelle condizioni di elevazione dello spirito che permettono,
attraverso il rispetto e l’amore per il Creato, di oltrepassare la materia
stessa e guadagnare – forse – la salvezza.
Una simile verticalità – altrove, peraltro già
proposta dal poeta – che tende ad unire la terra al cielo, il corpo allo
spirito, diviene così il maturo, prevalente soggetto di questa silloge.
C’è vita consapevole e vissuta con senso, in queste
delicate poesie. Vita che è tanto più “vera” quanto più le sue radici si
protendono oltre ciò che appare, oltre ciò che si mostra. Rivelatore di questa
ricerca di armonia tra essenze apparentemente opposte è il dialogo: “Ciò che conta è il confronto” (Molestie) perché
sa che “l’anima della fune resta intatta,
si snoda intorno al mondo collega gli universi. Niente, nessuno sfugge: un solo
filo può tenere insieme la vita e la morte” (L’anima della fune) e gli
opposti si confrontano: ”I morti sono
vivi. Per un solo raggio di Sole dall’alba tramuta in tramonto dal buio diviene
chiarore il nostro cammino” (Per un solo raggio di sole). I contrari, così
come dev’essere, si parlano con fiducia - senza piagnucolii - con armonia
espressiva che vuole e sa essere presente in tutti questi canti.
Canti che fanno del volo il violino delle corde
emotive. In “Saranno i voli”: “E poi
picchiare ancora, ancora risalire,
fino a sera finché c’è fede e amore e forza nelle ali ..”
Canti rivelatori del nostro essere ed esistere, quelli
di Sandro Angelucci che – come specialmente accade ai poeti, sublimi
ed intuitivi indagatori dell’umano – invoca un’armonia profonda - percepita
come salvifica - tra uomo e ambiente, tra sogno e realtà. Canti di estrema
raffinatezza musicale che esaltano e danno forma al significante del verso e combaciano
con la forza dell’intendimento di vita dell’uomo che è anche spiritualità del
poeta “Era già alto il Sole e intorno
ancora s’ascoltava la preghiera..” (Abiezione).
C’è
una preghiera nei versi di Sandro Angelucci che, da poeta autentico, non è
semplicemente attratto – come tutti gli umani –
dal mistero, ma anche lo penetra intuitivamente fino a svelarlo. I veri poeti,
infatti, sanno leggere ciò che per gli altri è indecifrabile, hanno confidenza
e sovente dialogano con ciò che è oltre il visibile, e perfino indovinano nelle
forme della natura le epifanie del divino. Una preghiera, dicevo dunque, che sa
di verità del sentire “.. il dramma, le
fughe, le lacrime degli ipocriti, la colpa come sempre attribuita alle
malvagità della natura. Ciò che non passa, ciò che non si vede è la sola
verità” (Nella terra degli ibischi).
Il poeta, in questa silloge, nel ricercare e
rintracciare questa verità, finisce anche per collegarla alla natura
stessa dell’uomo con mano sicura, con acutezza, trascurando false piste,
certezze illusorie, simulacri vacui di senso.
È
questa la conquista della sua Verità. E
la verità è sempre bellezza.
“Questo
mondo nel quale viviamo ha bisogno di bellezza per non cadere nella
disperazione”, affermava Paolo VI rivolgendosi agli artisti nella chiusura del
Concilio Vaticano II. E aggiungeva: “La
bellezza, come la verità, è ciò che infonde gioia al cuore degli uomini, è quel
frutto prezioso che resiste al logorio del tempo, che unisce le generazioni e
le fa comunicare nell’ammirazione”.
La
poesia vive di bellezza e Sandro ci invita ad abbracciarla “Chi può dirlo da dove viene, dove arriva la poesia? …Svelare è il
rischio che dobbiamo prendere…” (Svelare è il rischio)
E’
un abito melodioso quello che per natura indossa Sandro Angelucci. Usa la parola
come una nota in cui la pluralità di significati si compenetrano e riflettono
il moto interiore che il poeta modula e arpeggia con serena, velata malinconia.
Quella benedetta malinconia che porta alla meditazione, all’introspezione di
chi vuole essere e non solo esistere.
Ecco,
il poeta “è” e lo dimostra non solo con la qualità dei suoi versi, ma anche con
quella ostinata esplorazione nelle profondità della natura umana. Un viaggio
dal sensibile al trascendente, il cui esito è tuttavia il ritorno alle radici e
a quella sua particolare, potente metafora dell’esistenza “E l’albero torna con le foglie. Come se non le avesse mai perdute”.
Sonia
Giovannetti (21 giugno 2015)
Sonia mia,
RispondiEliminahai accarezzato i versi del nostro Sandro con i toni che meritano,con la sensibilità di chi sa divenire 'compagna di viaggio' senza eccedere nelle interpretazioni.Sillogi come "Si aggiungono voci", a mio umile avviso, vanno rispettate. Lette, introiettate, amate e sussurrate a bassa voce. Anche la rabbia che Sandro esprime verso noi uomini, sordi agli avvertimenti di madre - natura é espressa con tale delicatezza che diviene lievito di pace.
Sonia é stata la relatrice ideale. Solo la grazia può rendere il giusto omaggio a un Poeta simile. E il dono della lettera dell'indimenticabile Gianni Rescigno ha reso il suo intervento magico. Ringrazio lei, Sandro, il grande Rescigno, che ho potuto conoscere solo attraverso la monografia di Sandro e, naturalmente, Nazario, che inanella perle e rende il Suo scoglio
un cenacolo di ostriche...
Maria Rizzi
Ero presente, domenica 21 giugno, a Valle Cupola (Rocca Sinibalda), nel reatino, in quel luogo magico dove le voci della natura sono più limpide, e i silenzi più verdi e profondi e il manto della terra sembra un tappeto volante nell'azzurrità. Incantevole è stata la presentazione di Sonia, la cui grazia si è unita al coro di quegli angelici voli amplificandone l'intensità. Lei ha toccato molteplici tasti della poetica di Sandro, e di moltissimi altri, a suo dire, ha dovuto tacere per dovere di brevità. "Era già alto il sole e intorno ancora s'ascoltava la preghiera". Mi sono emozionato tantissimo alla lettura di questi versi, ma non meno mi sono emozionato di fronte agli appelli accorati, ed anche rabbiosi, del poeta per l'ottusità dell'uomo che procura danni alla natura, procurandoli a se stesso. Ma la cosa che più mi ha toccato, nella relazione di Sonia, è stato il riferimento al dialogo, alla necessità di stabilire relazioni amichevoli (il confronto costruttivo degli opposti) con la profondità della Terra-Madre e del divino da cui è abitata nel tentativo di tornare a far girare i nostri meccanismi mentali secondo ingranaggi universali.
RispondiEliminaFranco Campegiani