Dalla Prefazione di N. Pardini
... La nostalgia di giorni passati e di antiche primavere dà un contributo vivace a
questa silloge. La Poetessa ama la vita, e dà anima e corpo a questa avventura,
alla sua divina venuta; grida col canto
l’attaccamento ai giorni e alle stagioni; ed è per questo che intende
fare del passato un presente da ri-vivere, magari, rinfoltito di nuova
passione. Personaggi e ambienti trascorsi sono riportati alla luce con un
pathos di forte emotività. Tanto che l’ieri, l’oggi e il domani si embricano in una continuità vitale di speranza e di amore:
ci attrasse la quercia che or
sé spande morta
e ripetemmo insieme i versi
amati al singhiozzo
verde dello
strapiombo di cielo e mare
tra i funghi colorati e
allegri dell’autunno luminoso. (Surge
et accipe…et fuge),
dove
la natura si fa collaboratrice assidua nella concretizzazione degli stati
d’animo; compagna fedele nelle espansioni sentimentali; e la quercia, una volta
viva ed ora morta, assume un significato analogico con lo scorrere del tempo;
con la fragranza di un giorno che ritorna a vita nella memoria della Nostra. E,
alla fine, quello che vince è il grande amore per una realtà fatta di carne e
di sogni, di sguardi e di voli; per una realtà spiritualmente traslata in mondi
di fede; per una stagione di affetti che la Moscariello vorrebbe tenere con sé,
un domani, oltre il guado che demarca il giorno dalla notte; in un afflato di
contaminante spiritualità in cui:
… nelle ginestre intrecciate
d’ amore
ho scorto Madonna il tuo fiato
ho teso la mano, ho atteso il
mio giorno di Pace.
Nazario Pardini, 17/11/2014
Instrumentum
legendi
Se ti
vengo a cercare
mio passato
congiungerò le mani
perché
finalmente io possa
bere
alla coppa del sole per mai più incontrarti
perderti
finalmente in edifici vuoti
nella
fitta nebbia mattutina
nell’occhio
malato della pietra bianca
riposa
il sogno misterico. E’ qualche dettaglio
essere
antichissima figlia della vaghezza
per un
tempo che non è, né mai sarà.
Carmen Moscariello
Da L'orologio smarrito, Napoli 2014
Istintuale, sanguigna, calda come 'la coppa del sole'... Inutili le mie parole dopo l'introduzione di Nazario, ma la lirica sveglia echi assopiti, riporta sulla riva del fiume antico, affida al passato il compito del pozzo dal quale attingere energia, per poi, in linea con Baumann, il Sociologo che ci ha lasciato proprio oggi, affrescare 'la vaghezza di un tempo che non è, nè mai sarà'. Un tempo che si esaurisce nel qui e ora. Che esclude la progettualità.
RispondiEliminaMi cullo nella vaghezza di Carmen Moscariello, certa che quella coppa che le permette di bere raggi di sole sia il suo Vaso di Pandora e, tra gli altri sentimenti, contenga la Speranza! Grazie. Un abbraccio a lei e uno al nostro Nazario!
Maria Rizzi