lunedì 23 gennaio 2017

FRANCESCO PACISCOPI: "SAN GERVASIO"

IN RICORDO DI UN AMICO, DI UN GRANDE POETA, PREMATURAMENTE SCOMPARSO 
da Nazario

DAL TIRRENO DEL 21 marzo 2003


Addio al professor Paciscopi


LA ROTTA. Il mondo della scuola e della cultura pisana sono in lutto. È morto all'improvviso, stroncato da un infarto, il professor Francesco Paciscopi. Aveva 60 anni e abitava alla Rotta. Lascia due figlie, Ambra e Alice. Plurilaureato, docente stimatissimo dai suoi allievi - ne ha cresciuti a centinaia - Paciscopi insegnava lettere alla scuola media di Montopoli Valdarno dove era arrivato nel 1984. 



Premio Rabelais 1996, IL TEMPO DEL VINO,
BLU DI PRUSSIA EDITRICE, 1996
VINCITORI A PARI MERITO:

Pia Bandini
Paolo Cabascia
Domenico Cara
Anna Maria Fattorosi Macciò
Roberto Fioraso
Francesco Paciscopi
Paolo Polvani
Fryda Rota
Vinicio Saviantoni


DI FRANCESCO PACISCOPI

SAN GERVASIO

Un profumo insidioso di lentischi
mi dilata il ricordo.

E scioglie la campana
il verde spento delle mie vallate
richiama alle  ragioni dell’attesa
percorsi avvelenati.

Scandisce l’ondeggiare dei vigneti
il cielo grande delle mie colline
a ritrovare l’erba scolorita
di lontane vendemmie.

Volti sciupati
si dilatano all’aria di settembre
sbaragliando la sera.

Siete scomparse per non ritornare
voci d’aria e di pena visi smorti
stampati nel tramonto.

E lenta la campana
martella cieli d’abbagli scordati
rincorre coi rintocchi allucinati
la fine del mio mondo nelle siepi.


3 commenti:

  1. Mi associo nel ricordo : questo eccezionale artista ha lasciato un grande vuoto . La sua poesia è lirismo e pathos,sempre dolcissima nelle immagini e nella scelta della parola ,suadente e nobile. Un verseggiare inconfondibile , nei versi liberi di grande armonia musicale. Ebbi modo di commentarlo ( ne sono felice e orgogliosa) e lo definii poeta post-romantico.
    Ringrazio Pardini che ha offerto l'occasione di ricordare questo caro amico troppo presto scomparso.
    Edda Conte.

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  2. Porto qui il mio ricordo (scarno, purtroppo) di Francesco Pacìscopi, con il quale mi sono incrociato un paio di volte in occasione di premi letterari. Di uno ho memoria più vivida: l’Alessandro Contini Bonacossi 2001, dove Dante Maffia vinse per l’edito, io per l’inedito, secondo Paciscopi. Alto, magro, severo, lo ricordo -al momento della premiazione- arrancare (mi pare fosse affetto da lieve zoppia) verso il tavolo della giuria nell’ampia corte della villa medicea di Capezzana . Non ci fu occasione di scambiare qualche parola e neppure di conoscerci, perché andò via subito dopo la cerimonia di premiazione o forse prima ancora che questa finisse. Mentre scrivo recupero un altro ricordo, meno nitido:la vittoria di Paciscopi al “Città di Quarrata” nel 1991, anno in cui partecipai per la prima volta a questo premio, risultando tra i dieci segnalati. Qui fui io ad andare via subito dopo la cerimonia per motivi di rientro a casa. Mi piacque molto quella cerimonia di premiazione, molto ben organizzata dal compianto Vivaldo Matteoni, autentico inventore di quel Premio; e al mio fraterno amico Luigi che mi aveva accompagnato da Ischia a Quarrata (e che ora non c’è più) confidai che mi sarebbe piaciuto molto vincere quel premio. Cosa che accadde nel 1995. Mi accorgo di essermi fatto prendere dalla memoria. Torno al poeta Paciscopi, per il quale ho avuto sempre grande rispetto, stima e ammirazione. È stato un vero poeta. E anch’io, come l’amico Nazario, voglio ricordarlo con una sua poesia.

    Poggio al vento

    Il tremolio contratto delle siepi
    scivola sui ricordi

    Martella la campana
    il verde stinto delle mie vallate
    richiama alle regioni dell’attesa
    i percorsi sciupati

    Scolpisce la stagione dei vigneti
    il tempo grande di queste colline
    mi riporta fra i fieni indefiniti
    di perdute vendemmie

    Volti senza assoluto
    sciamano nelle brume di settembre
    sbaragliando la sera

    Ammucchiava la raffica di roncole
    i grappoli spezzati
    nel vento delle argille abbandonate
    alla teoria dei pampini giallastri

    Controluce sui gioghi di lavanda
    le donne nel delirio delle crete
    scioglievano la fuga dei calanchi

    Ed un’eco di terre solitarie
    portava la canzone di Manola
    alle prode deluse

    Siete spariti per non più tornare
    inni d’erba e di pena visi spenti
    sui tralci di vitalba

    Lenta la mia campana
    rincorre cieli di giorni distanti
    flagella di riverberi inquietanti
    la giovinezza spersa tra le siepi

    Francesco Pacìscopi

    Ed io ti ringrazio, carissimo Nazario, per aver messo generosamente in atto ciò di cui spesso abbiamo parlato nelle nostre conversazioni telefoniche: ridare voce a chi non ha più voce.

    Pasquale Balestriere



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  3. Non ho conosciuto il Poeta Pacìscopi ma lo conosco adesso attraverso quest'omaggio del Prof. Pardini e ancora di Pasquale Balestriere.Componimenti in endecasillabi e settenari che che, molto simili nelle tematiche e in alcuni versi, accostano la natura al proprio sentire che si perde tra le siepi di leopardiana memoria. Ogni verso ha in sé dolore in un lirismo chiaro, quasi in contrasto.: Il profumo è insidioso, i percorsi avvelenati,l'erba scolorita,visi smorti e quella lenta campana che ritorna in entrambe le liriche a flagellare il suo mondo perduto. Grazie.
    Patrizia Stefanelli

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