mercoledì 21 giugno 2017

N. PARDINI LEGGE: "PIU' NON NASCE IL SUO CANTO FRA LE SPIGHE" DI M. EBE ARGENTI




Maria Ebe Argenti: Più non nasce il suo canto fra le spighe. Genesi Editrice. Torino. 2017. Pgg. 104. Euro 12,50


E’ la prima poesia a mettere da subito in evidenza quello che sarà il percorso narrativo della silloge; che fa da prodromico ingresso, da antiporta ad un excursus fortemente critico nei confronti della società in cui viviamo, e soprattutto su certi comportamenti inaccettabili, tristi e avvilenti di certi Uomini ; Siamo messi molto male, secondo la poetessa. Per quanto tempo ancora si dovrà restare indifferenti a questi eventi? A questa assenza di rispetto e di spiritualità? A questa violenza che impera a scapito della grazia del gentil sesso? Sembra che poco o niente sia stato fatto per risolvere questi problemi: due i momenti fondanti dell’opera: il primo dedicato alle vittime di tale massacro; secondo a tutte quelle grandi figure che hanno dato del loro per il bene e la crescita del mondo civile:

Tante sono le Donne del Pianeta
in balia dei marosi della vita
per avere uguaglianza fra i due generi.
Quanto lungo e tortuoso fu il percorso
disseminato di minacce e trappole
costellato di luci intermittenti
sui diritti e misure da adottare.
(…) (Davvero siamo messi molto male)

E la poetessa, con grande creatività, affida alla allodola, al suo simbolico canto, il compito di elevare al cielo le anime che hanno subito tanta violenza. Un uccello che cessa di cantare di fronte a tanta malvagità ma che riprende il suo trillo verticale di fronte a tante anime nobili che danno forza e animosità ad un nuovo volo.
Maria Ebe Argenti si presenta sulla scena letteraria con questa nuova silloge di impegno civile; di grande intrusione umana e sociale. Un vero prosimetro, un alternarsi di poesie a ritagli giornalistici e commenti che riportano i delitti più cruenti commessi soprattutto sulle donne. Questa la tematica centrale: la condizione della donna nel mondo occidentale. La poetessa affida al suo stile personalissimo, fatto di  endecasillabi sciolti di euritmica sonorità, tutto il suo impegno civile e umano; tutta la sua filosofia sulla vita e sul rapporto, quale dovrebbe essere, fra Donna e Uomo. La versificazione si scioglie in una fluidità contaminante e contagiante, in un procedere talmente musicale che non di rado, con la sua euritmia, stride di fronte ai tali argomenti trattati, crudi e esiziali per i loro risvolti disumani: il massacro delle due diciassettenni Donatella Colasanti, e Rosaria Lopez; l’uccisione del sindaco Angelo Vassallo; l’uccisione di Chiara di Vita e di Fiorella Maugeri per mano dei rispettivi mariti….  Ma quello che più ci affascina e più ci coinvolge è la potenza inventiva e la forza creativa di Ebe; la sua metaforicità che la trascina in un mondo di ingenue trasparenze: l’allodola, che rappresenta la purezza del volo verticale, che simboleggia il profumo della Bellezza e la simbiotica fusione con la spiritualità delle anime gentili, è demandata ad occupare un ruolo determinante nel testo. Suo compito è quello di portare le anime lassù:

(…)
Nell’aria è tutto un sussultare d’Anime
da portare lassù. Dio ti perdoni
se al bimbo e al cane dai la precedenza
e se non te la senti di cantare. (Dio ti perdoni)

E il racconto continua con i crudeli eccidi di Nicoletta Giannarusso, di Magda Vacelian, Antonia Osaf, Andrea, ragazza transessuale, … fino ai versi dedicati al silenzio del volatile:
“Ed ecco l’allodola- scrive la poetessa- inserita nelle misere storie di dolore e di morte, alcune delle quali tenderebbero all’antitesi del “femminicidio”. Parola lugubre, soprattutto sbagliata, che mai potrebbe oscurare il grande valore di tante Anime  splendide, per le quali l’allodola non deve smettere di cantare.
Quindi, con altri occhi esplorerò altre terre.
Se verrà il buio, accenderò le stelle. Non sarà un viaggio verso Paesi lontani. Sarà come ripartire  da un nuovo punto di partenza”.

(…)
Ora il tuo canto non si sente più,
poiché il dolore  ti congela il cuore.
Mi duole il tuo silenzio, allodoletta. (Mi duole il tuo silenzio)

E la storia cambia il suo registro nella seconda parte, quando l’Argenti,  in un novello Paradiso, incontra anime nobili che hanno dato la vita per il bene della comunità; hanno speso il loro esistere facendosi esempi di tradizione morale, edificante. Si alternano così personaggi di grande spicco umano, di cultura e di influenza etica: NUOVE ISPIRAZIONI: Sant’Agostino, Emma Bonino, Samantha Cristoforetti, Fabrizio De André, Luciano De Crescenzo,… fino a Camillo Sbarbaro, Vittorio Sgarbi, Maria Luisa Spaziani, David Maria Turoldo, Umberto Veronesi.
Uomini per il cui valore l’allodola, Spirito del Grano, riprenderà il suo canto in versi di ontologico nutrimento, di caldo afflato ispirativo, con animo nuovo, rinato, a inneggiare di fronte a tanta magnanimità; come a quella di Vittorio Sgarbi che, nelle tenebre, trova la forza dello spiraglio di luce (L’ombra del divino nell’arte contemporanea, Siena, 2011).
Questo il canto a lui dedicato dall’Argenti:

(…)
 Mi può tenere in scacco un giorno intero
fino a manifestarmi la Bellezza
dell’ultimo, vibrante raggio viola
che il sole sfoggia, prima del declino. (Luce)

Un susseguirsi di versi, capaci di contenere un’anima tutta volta alla bellezza del cielo e della spiritualità, fa da corpo ad idee e trasporti emotivi di grande intensità lirica.  A volte, di fronte ad argomenti di tale impegno culturale, l’ispirazione potrebbe venire meno, avere delle defaillances, delle soste in tanta narrazione; ciò che non succede in questo racconto folto di personaggi storici di urgente rilevanza rappresentativa. Sì, la Poetessa sa tenere la barra di comando dritta ad un porto luminoso e di sicuro ancoraggio. L’animo si fa sempre più fulgente, le parole si susseguono con ritmo incalzante, senza tante dispersioni retoriche, tanti congegni iperbolico-allusivi; tutto scorre liscio  e leggibile; e la sintassi poetica si offre generosa ad uno spirito zeppo di rimandi e di esemplari vicende.

(…)
Anche il giardino dorme e tutto tace.
Felicità: soltanto qualche bolla
iridescente può averti concepita,
ma se mi viene voglia di sfiorarti
subito tu mi scopri fra le dita. (Basta crederci) (Al libro La mia Sardegna, di Grazia Deledda)

“Il problema della guerra e della pace sarà radicalmente diverso il giorno in cui le donne contribuiranno con lo stesso peso dell’uomo alle sorti del genere umano. Le madri e le mogli hanno una sola risposta a questi problema: la pace”, scrive Sofia Loren.

E la poetessa:

(…)
La via vuole sempre averla vinta,
mai paga di quei doni che le rendono
più morbido lo sconto di una pena.
Anche la mente mia si disorienta.
Cirri sfrangiati dai riflessi d’oro
lentamente nel cielo si dissolvono.
Pace, l’invoco. Dimmi che ci sei.” (Dimmi che ci sei)

Il testo si chiude con alcuni emblematici pensieri dell’Autrice, fra cui “… mentre io persisto nell’affermare che sia principalmente la parola”femminicidio” ad avere grosse pecche e magari, chissà, anche grosse colpe. Essa, infatti, simboleggia le femmine, non le Donne. Fissa l’attenzione sulle vittime, non su chi uccide.
Non sonno questioni da poco. (E mi domando: potrebbe dirsi “maschilicidio”  se fossero le Donne ad uccidere gli Uomini?”.

Ed infine:

“… Soprattutto vorrei che tali omicidi, comunque denominati, non accadessero più e che l’allodola riprendesse finalmente a trillare i suoi bellissimi canti di gioia.

Quale allodetta che ‘n aere si spazia
Prima cantando, e poi tace contenta
De l’ultima dolcezza che la sazia,

tal mi sembiò  l’imago de la ‘mprenta
de l’eterno piacere, al cui disio
ciascuna cosa qual ell’è diventa. (Dante Alighieri, La Commedia, Paradiso, XX, 73-78)

Ed è così che la silloge si conclude, con la voce del divino Poeta.

Nazario Pardini



DAL TESTO

La lenza si alzò lentamente e regolarmente e poi la superficie dell’oceano si sollevò davanti alla barca e il pesce uscì…. (dal libro Il vecchio e il mare di Ernest Hemingway)





In riva al mare, con la luna piena

Si fa sera. Lamine d’argento
scendono in mare e su beati scogli
per regalarti un po’ di paradiso.
Cosa  mai ti trattiene dal fidarti.
Ascolta. Ascolta il mare che ti parla,
mettiti comodo in panchina. Senti?
E’ la più bella musica del mondo.
Se chiudi gli occhi, puoi lasciarti andare
e il pensiero, che in cima ha la follia,
disembrica e smattona ogni dolore.

E se ai confini del tuo cielo
l’orizzonte è investito dalle nubi
ed un riflesso vigile propina
una tenebra immensa ed angosciante,
rimani pure sulla tua panchina
in riva al mare, con la luna piena
là, dove un’onda simile al delfino
salta, s’impenna e si rituffa in acqua
srotolandosi adagio sulla rena,
fra i bimbi che l’accolgono gridando.

S’arriccia l’acqua sugli scogli aguzzi.
Nessuno ha mai risolto il grand’enigma
dell’onda che lambisce e prende tutto
lasciando tante scorie sulla spiaggia
e possono contarsi sulle dita
gli ultimi guizzi dei suoi pesci vivi.
E tu avrai sempre intatta l’emozione
di una serata come questa,
pur modellata da sottile angoscia
che più dolente fa il tuo sentimento. (Pgg. 66-67)

5 commenti:

  1. Cara Ebe, sono contenta di sentirti dopo un così lungo periodo di silenzio. I tuoi versi, sempre molto musicali, sono di grande impatto sociale. Unico appunto: nella tua rinovellata "Divina Commedia" non avrei inserito Vittorio Sgarbi degno secondo te del Paradiso. Il simpatico "guascone", che io conosco benissimo, penso che non lo gradirebbe, teso come è da anni a mostrarsi controcorrente, litigioso e offensivo, insomma in una veste un po' luciferina. Questo non inficia certamente la tua opera che, per i temi che tratta, avrà grandissimo successo. Ciao e complimenti.

    Carla Baroni

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  2. Anche in questa silloge Maria Ebe Argenti dimostra finissima sensibilità poetica ed umana. Attinge talvolta dalla cronaca, e dunque legge, ascolta, interpreta, vive, condivide, compatisce (nel significato etimologico di cum + patior, soffro insieme). In versi, naturalmente. Altre volte è una frase, un pensiero, un aforisma, un passo di un libro a scuotere Maria Ebe e a spingerla alla scrittura. Impellente, necessaria. Così il lettore, scorrendo questa silloge, in una pagina trova la citazione (in genere tratta da opere o detti di noti e spesso grandi personaggi del passato e del presente, ed anche, come già scritto, da notizie di cronaca) e nella pagina a fronte la poesia, che ha la funzione molteplice di commento, riflessione, approfondimento, chiosa, canto intenso e scolpito. Il tema è la violenza, soprattutto quella contro le donne, che troppo spesso sfocia nel gesto estremo, finale dell’assassinio. E Maria Ebe Argenti denuncia. Lo fa con le uniche armi di cui dispone, quelle della poesia.
    Pasquale Balestriere

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  3. Mentre sto ancora volando, insieme alla mia allodola, sui grani maturi dell’isola di Lèucade, rinnovo a Nazario Pardini il mio “grazie” dal profondo del cuore per la sua personale, attenta ed appassionata lettura dell’ultimo mio libro di poesie, ma anche per avermi nuovamente offerto l’emozionante esperienza di farmi entrare nella sua vetrina!
    Vorrei aggiungere che, dopo aver letto “Il viola dei cisti”, io sono diventata “assorbente” come una di quelle carte utilissime quando si usava la cannuccia con il pennino da intingere nel calamaio, per poter scrivere.
    È affresco dipinto col pennello dell’anima (M. Rizzi).
    […] e ti ritrovi “ospite di terre in mezzo al mare”, lontano dal quotidiano e miserevole travaglio (M. G. Ferraris).
    Chi avrebbe potuto elaborare una simile bellezza se non il poeta Nazario Pardini, riuscendo a sublimare quello che alcuni neppure saprebbero percepire?

    Maria Ebe Argenti

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  4. Ringrazio Carla Baroni per l’intervento (conoscere Vittorio Sgarbi significa apprezzare tutte le versioni del suo carattere affascinante, dolce, sensibile, gentile, riservato, simpatico, curioso, logico, divertente, discreto, geniale, coraggioso e molto generoso. Qualità, queste, percepibili e indelebili nella sua Anima, ma che non riposano su mere provocazioni altrui).
    Un abbraccio.

    Maria Ebe Argenti

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  5. Stupenda questa sintesi che, con grande perizia, estrapola dal profondo le parti più rilevanti della mia scrittura. Il soffio del mare ischitano riesce sempre a suggerire la giusta intonazione alle corde di Pasquale Balestriere, poeta d’intensa ricchezza interiore che tanto ammiro per il suo stile garbato ed avvolgente come la musica del suo mare.
    E, umilmente, ringrazio di cuore.

    Maria Ebe Argenti

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